Beata trasparenza, i presepi li abbiamo pagati…

pecos

Vedi a che serve la trasparenza, l’accesso civico, gli “open data“… Ancora una piccola somma, ancora una cosa fatta senza conoscere i criteri, ma alla fine si scopre che la manifestazione ” consistente nella esposizione di presepi natalizi creati dai Maestri Artigiani dei presepi di San Gregorio Armeno di Napoli e da maestri artigiani locali per il periodo dal 06 al 08 dicembre 2014″ si è svolta e l’abbiamo pagata.

Era stato affidato tutto all’Associazione Artigiani e commercianti piccole e medie imprese di Anzio (ma quante associazioni ci sono?) che aveva presentato un preventivo di 2000 euro. Quando riportammo la notizia l’assessore alle attività produttive, Giorgio Bianchi, si affrettò a far sapere che il criterio era quello per cui secondo lui andava bene e che comunque non essendosi svolta la manifestazione la determina sarebbe stata revocata. Adesso si apprende che “a causa delle avverse condizione meteorologiche il programma della manifestazione non è stato completato, in quanto, i Maestri Artigiani dei presepi di San Gregorio Armeno di Napoli non hanno partecipato all’esposizione delle proprie opere, pertanto l’evento ha visto la partecipazione esclusivamente dei maestri artigiani locali“. Da qui la liquidazione all’Associazione organizzatrice di 1650 euro e non più 2000. Segno che gli artigiani napoletani sarebbero costati 350, quelli locali il resto. Ma la manifestazione, avverse condizioni meteo o non, si è poi svolta?

La proposta del Pd e “Quale porto”? Perché è importante la Capo d’Anzio

ilportopd

La proposta del Pd – da quando si parla della vicenda porto praticamente la prima che non sia un semplice “no” a progetto e procedure – ha un merito: riapre la discussione sull’assetto della società che tutti a parole vorrebbero sotto il controllo pubblico e che sta, invece, pian piano scivolando verso il privato.

Inutile rimestare il passato, forse è l’ora di guardare avanti una volta per tutte e di chiarire perché si deve parlare della società, cosa che Aurelio Lo Fazio fece inascoltato all’inizio di questa avventura, e perché si deve provare a sparigliare. A scrivere un finale diverso del copione che, invece, rischiamo di vederci proporre.

E’ chiaro che la proposta di aumento di capitale è – lo dice la parola stessa – una proposta. E’ naturale, scontato, che senza il via libera degli attuali soci il Pd e il suo segretario Gianni De Micheli hanno dato un contributo alla discussione che lì resta. Ma perché si ha il dovere di parlare di assetto della Capo d’Anzio prima di chiedersi – come legittimamente fa qualcuno – “Quale porto”?

E’ semplicissimo. Mentre ci si continua a chiedere, più o meno consapevolmente, che tipo di progetto fare, si dimentica che oggi la Capo d’Anzio ha la concessione per realizzare l’intero bacino. Compreso il famoso “raddoppio“. La stessa società ha chiesto – e ottenuto dalla Regione (mentre ad Anzio ci si chiedeva se l’ipotesi di un referendum per riprendersi le quote della società fosse percorribile o meno) l’inversione del crono programma. Si parte dal bacino attuale, si sistema, si incassano i canoni, la Capo d’Anzio comincia a quasi venti anni dalla sua costituzione, a dieci dalla richiesta di concessione, ad avere introiti oltre i debiti da pagare.

In questo discorso, dopo l’ingresso del socio privato avvenuto con un sistema all’italiana e senza l’evidenza pubblica, con il Comune che ha chiesto un parere e poi non gli ha dato corso, si è inserita la legge finanziaria rispetto a società con capitale pubblico. Della serie: se non è strategico, vendi. Ah, non pensare di riprenderti le quote, né di ricapitalizzare. E’ impossibile. Che strada c’è allora? Liquidare (ma per farlo deve essere d’accordo anche Marconi) e ricominciare da capo, oppure vendere.

La terza ipotesi – e tale è ancora – è quella del Pd. Giusta, sbagliata, attuabile o meno, ma c’è e non è Vangelo, ma punta comunque a coinvolgere le altre forze politiche e gli operatori. Non è detto che si realizzi, ma è un’idea per uscire da una strada già tracciata.

Parte dal fatto – universalmente riconosciuto – che con una serie di atti il Consiglio comunale, essendo il porto un tutt’uno con la città, ha detto che l’opera è sicuramente strategica per Anzio e la sua economia. Ma è noto che questo potrebbe non bastare. Se saremo costretti a cedere le quote il socio privato, Marinedi ovvero Renato Marconi, avrà un diritto di prelazione. Potrà esercitarlo, quindi cedere la realizzazione a chi vorrà. Sarà il “famoso” gruppo pronto a investire – passato da statunitense a russo, da turco a cinese – del quale il sindaco parla (a pochi eletti) da mesi? Lo scenario se non si interviene sulla Capo d’Anzio è questo e va detto con chiarezza ai cittadini. Anzi, l’impressione è che in Comune si stia lavorando per questo. E chi prende la società con la concessione può realizzare – se ne ha la capacità e la forza economica – quel progetto, non altri.

Essere nella Capo d’Anzio, invece, come Comune, operatori e cittadini, può far ragionare tutti sul piano finanziario preparato da Marinedi e approvato in assemblea dei soci anche dal sindaco che dice – sostanzialmente – facciamo un passo alla volta. Partiamo dall’interno, ma intanto partiamo.

Un’ultima considerazione: giusto provare a riprendersi le quote finite nel modo che sappiamo in mano al privato, ma dimentichiamoci che saranno al valore nominale. Provarci tre anni fa avrebbe avuto un senso, farlo ora sarà molto più difficile. Senza contare che come ha fatto con Italia Navigando, l’ingegnere presenterà il conto (progettazione, consulenze, sito, incontri in Regione e via discorrendo) e a quel punto il Comune difficilmente avrà la forza di pagare.

Porto: un tweet, la proposta del Pd, le scomposte reazioni di D’Arpino

darpinofb

E’ bastato un “tweet” a scatenare un mezzo putiferio. Recita: “Porto dei cittadini. Il Pd di Anzio lancia azionariato diffuso per evitare che società finisca in mani private”. Una comunicazione in diretta, fatta da chi scrive, durante la conferenza stampa che era in corso nella sede del Pd, dove veniva presentata una proposta. Il che è già notizia, dopo anni di “rincorse” a dire che le procedure erano sbagliate e a non approfondire – invece – quello che Aurelio Lo Fazio, da solo, denunciò sin dall’inizio ovvero che Renato Marconi era già socio di Italia Navigando e che quindi non era pubblica come ci avevano fatto credere.

Il punto non è questo, comunque, ma la reazione scomposta – altro che dotte citazioni di Seneca…. – che il presidente delle dimissioni annunciate ma non formalizzate, Luigi D’Arpino, ha avuto. Annunciate e rispedite al mittente dal sindaco che in Consiglio comunale gli ha confermato la fiducia. Dimissioni beffa, insomma, a meno che D’Arpino ora non ci smentisca e le dia per davvero. Reazione su facebook – quello che si legge nella foto è solo l’inizio, ma basta e avanza – e nelle dichiarazioni rilasciate al Clandestino. Dimenticando di essere il rappresentante istituzionale nella società pubblica che deve (dovrebbe) realizzare e gestire il porto, anziché entrare in questioni di merito attacca. Nei giorni precedenti, sempre usando facebook, aveva dato dei “cazzari” ai giornalisti che scrivevano della candidatura, annunciata da lui, della moglie a sindaco. Nel frattempo è stato anche a Young tv e ha usato parole pesanti – o meglio da denuncia – nei confronti di ormeggiatori e forze dell’ordine che controllano il porto. Speriamo che sia già andato in Procura o che, nel frattempo, siano state acquisite le registrazioni e che si vada fino in fondo. Perché sono affermazioni gravi, fatte da chi rappresenta il socio pubblico nella “Capo d’Anzio” e non da chi passa per strada… Da chi ha un ruolo istituzionale e per questo ha – avrebbe – il dovere di mediare o eventualmente di denunciare nelle sedi opportune.

Non c’è dubbio che sul porto c’è chi abbia vissuto e viva di rendite di posizione, abbia sentito “suo” e non della collettività il bacino portuale. Qui – e prima ancora dalle colonne del “Granchio” – lo si sostiene da anni.

Ma il punto è ancora un altro. Fatte le debite proporzioni: cosa sarebbe successo se il presidente dell’Expo, manifestazione destinata a rilanciare le sorti dell’Italia avesse usato toni a dir poco “coloriti” come quelli di D’Arpino? E se il presidente del futuro comitato per ospitare le Olimpiadi del 2024 cominciasse a dare dei “parassiti” ai titolari delle bancarelle intorno allo stadio? Immaginiamo che capirebbe da solo di dover rassegnare il mandato. Il porto è per Anzio, così ci ripetono da anni, l’occasione di rilancio e chi scrive ci ha creduto e ci crede ancora.

D’Arpino è stanco, ne ha sopportate di tutti i colori come dice lui e dobbiamo credergli, ma fa il presidente della “Capo d’Anzio” per una indicazione squisitamente politica. Era un papabile candidato sindaco, si misero d’accordo Candido De Angelis e Luciano Bruschini, quest’ultimo sindaco e D’Arpino presidente della società del porto che aveva visto – in quel ruolo – il compianto Gianni Billia e Antonio Baldassarre. Oggi, con certe dichiarazioni, D’Arpino si fa fuori da solo. E’ evidente che non può restare lì a rappresentare il socio di maggioranza ovvero la città. Da persona intelligente qual è avrebbe dovuto andarsene prima, quando il sindaco in assemblea dei soci diceva una cosa e poi in Consiglio comunale un’altra. Ora il sindaco dovrebbe intervenire, ringraziare e passare oltre. Non prima di aver dato risposte a domande alle quali sfugge dall’ingresso di Marinedi a oggi.

D’Arpino ha anche rinunciato a parte dell’emolumento per far quadrare il bilancio 2014, gli va riconosciuto, ma va ricordato che resta tra i creditori della società per i soldi da presidente dal 2008 a oggi. Lui come gli altri componenti del consiglio d’amministrazione passati e presenti. E’ un debito – uno dei tanti, circa 2 milioni – che la “Capo d’Anzio” ha.

Pari pari a quello nei confronti di chi ha preparato il progetto “Life” e non ha visto un euro, oggi ha un decreto esecutivo ma di fatto inutilizzabile, mentre con i soldi arrivati dall’Unione europea “è stato fatto altro” – come disse il dirigente dell’area finanziaria in Consiglio comunale. Cosa è stato fatto? Ed è vero che si rischia di entrare in una procedura di infrazione della Ue? E la proposta del Pd di aumento di capitale, piaccia o meno al presidente dimissionario D’Arpino, è fattibile o non? Le alternative sono la liquidazione della società oppure la cessione delle quote del Comune come ha suggerito lo stesso dirigente dell’area finanziaria? E se quelle quote vanno cedute è vero o meno che Marinedi ha un diritto di prelazione? Sono domande alle quali la città deve avere le risposte, non il Pd o chi scrive, tanto meno gli operatori, almeno fino a quando il 61% resterà del Comune.

Perché se proviamo a guardare al futuro – e sarebbe ora, conosciamo a memoria i pareri “a soggetto” e tutto il resto che fa parte di un pessimo passato – il rischio che arrivi un privato al 100% era, è e resta dietro l’angolo. Si deve avere l’onestà di dirlo ai cittadini, a cominciare da quelli che hanno votato il centro-destra come il presidente dimissionario ci ripete a ogni occasione.

Ciao Andrea, è stato bello “scontrarsi”

bottone

Scrivo mentre ti stanno per dare l’ultimo saluto. Non ci sarò, purtroppo, conosci le infernali macchine di un giornale. Hai combattuto finché hai potuto con una grande dignità, caro professore. Perché questo eri, Andrea Bottone, prima di impegnarti politicamente e di fare il giornalista.

E’ stato bello “scontrarsi”, amichevolmente, su idee diverse di “fare” un giornale. Noi – con me Ivo e gli altri del Granchio –  legati al territorio, tu che andavi a cercare i leader nazionali e li portavi in trasmissione a Radio Omega sound. Noi che facevamo il giornale, te che guardavi anche alla politica.

Al punto di candidarti in solitario, alle ultime amministrative di Nettuno, perché il centro-destra, “quel” centro-destra che aveva portato allo scioglimento del Comune, non ti apparteneva più. Se ne va una persona perbene e soprattutto impegnata in ciò che faceva e questo è sempre un  male. Perché di impegno, tra Nettuno e Anzio, abbiamo grande bisogno.

Ti sia lieve la terra, Andrea, e un abbraccio alla tua famiglia.

Il libro sul sangue, i colleghi, l’auto-pubblicità

IMG-20150424-WA0002

Ai tempi dell’università il professor Domenico De Masi ci invitava a fare citazioni tra noi. Sosteneva, a ragione, che altrimenti nessuno ci avrebbe mai indicato per un lavoro fatto. Una lezione che ho evidentemente imparato, se oggi continuo ad auto-promuovere il libro “Sangue sporco. Trasfusioni, errori e malasanità” che da qualche giorno è disponibile nelle librerie di tutta Italia.

Ne hanno parlato agenzie, giornali e siti autorevoli, a cominciare dal “mio” – nel senso che ci lavoro – Messaggero e stiamo presentando o presenteremo  il libro edito da Giubilei Regnani in mezza Italia. Qualche giorno fa al Senato, con a fianco il presidente della Fnsi Santo Della Volpe, il collega e amico Lidano Grassucci e l’avvocato Renato Mattarelli  ho avuto l’onore di presentarlo in una sede istituzionale e il piacere di vedere tanti colleghi, oltre ad amici di una vita e altri invitati.

Mi soffermo sui colleghi perché questo, lo ripeto, è il libro di un giornalista. Di chi fa il proprio mestiere, come tanti e soprattutto nelle redazioni di provincia, in quel lavoro “di prossimità” – come ha ricordato Della Volpe – fondamentale per questo Paese. Perché piaccia o no, di giornalisti abbiamo ancora bisogno. E tanto. Non di chi “copia e incolla”, ma di chi ha ancora voglia di andare a scoprire e raccontare fatti. Non di chi si preoccupa delle possibili reazioni del “potente” di turno, ma di chi prova a mantenere la schiena dritta come ci ricordava il Presidente Carlo Azeglio Ciampi. Non di bavagli e lacci di vario genere, di querele temerarie o maxi richieste di risarcimento che minano la libertà di esprimersi.

Abbiamo bisogno, allora, anche di trovare tutti i modi per raccontare le storture delle nostre città e non solo. Fosse con i media tradizionali o con i libri d’inchiesta che ti fanno riscoprire il gusto di questo lavoro (e ce ne sono molti in circolazione) con i blog o i siti d’informazione, i social network.

Nell’era che stiamo conoscendo, quella dei cosiddetti “personal media” , c’è ancora molto bisogno di chi va, vede e racconta così come di chi si informa, va alla fonte e verifica prima di scrivere.  E’ il nostro dovere, nei confronti dell’unico padrone che ci ricordava Indro Montanelli: il lettore.

I giovani consiglieri, la replica di Maranesimar

Ricevo da Marco Maranesi e pubblico la sua presa di posizione su quanto espresso in un recente commento sul ruolo dei giovani consiglieri.

maranesi1

Caro Gianni,

sono un tuo assiduo lettore e consentimi alcune precisazioni rispetto al tuo ultimo editoriale sulle giovani leve della politica di Anzio.

Se volevo “LEGITTIME BREBENDE” delle quali parli nel tuo editoriale, sarei rimasto in maggioranza a fare il Capogruppo del primo partito del Consiglio Comunale e il Presidente della Commissione Ambiente.

Invece, unico caso ad Anzio, mi sono concretamente dimesso dai miei incarichi per essere LIBERO di dare seguito alla mia azione politica, che resta critica rispetto all’operato dell’amministrazione Bruschini.

Credo di aver dato un contributo positivo al dibattito e di averci messo sempre la faccia, assumendomi in prima persona tutte le responsabilità per le mie affermazioni.

Ho consentito alla città dopo tre lunghi anni, di conoscere il parere legale dell’Avv. Cancrini sul porto, segretato dal Dott. Pusceddu e dal Sindaco.

Oggi quel parere è noto a tutti ed ha “OBBLIGATO” il comune ad intraprendere la causa, che avrebbe dovuto fare tre anni prima, per riprendersi le quote della Capo d’Anzio S.p.A..

Per non parlare della mia azione “SULL’AFFARE MENSE” e su quanto si celava dietro quell’appalto, nel silenzio generale, con un servizio pessimo rivolto a circa 3500 bambini.

Non sono censore di nessuno, ma svolgo con passione il mio ruolo di Consigliere Comunale a servizio della cittadinanza.

Ho un progetto di città, al quale sto lavorando insieme a tanti amici, che al momento opportuno sarà sottoposto al giudizio dei cittadini.

Sogno una città normale, dove tutti i cittadini possono accedere ai servizi del Comune perché ne hanno diritto, e non perché sono gli amici del politico che amministra la cosa pubblica.

Sono certo che da buon giornalista mi darai atto che, a differenza di altri miei colleghi, sono rimasto coerentemente all’opposizione nonostante le “LEGITTIME PREBENDE” che ho rispedito al mittente.

Ti auguro buon lavoro e ti ringrazio anticipatamente per lo spazio che riserverai a queste mie precisazioni.

 Marco Maranesi

Consigliere Comunale di Anzio

Movimento Civico “LIBERI DI CAMBIARE”

Lavori in corso, le sedi “fai da te”. Capo d’Anzio in piazza? No, sorpresa….

piazzapia

Noti un insolito viavai in piazza Pia, nei locali che furono dell’azienda autonoma di soggiorno e turismo,  del Comando vigili urbani, del centro per disabili “Elena Castellacci“, quindi concessi per manifestazioni temporanee, dalle primarie del Pd alla raccolta di generi per l’alluvione in Sardegna. L’ultimo in ordine di tempo a “occuparli” è stato il delegato al turismo, Luciano Bruschini, per vendita biglietti e promozione degli eventi l’estate scorsa, il quale sottolineò come aveva sistemato i locali a sue spese.

In realtà quello spazio è stato assegnato, da tempo, alla Capo d’Anzio, la società nata per la realizzazione e gestione del porto, oggi ospite dell’Associazione marinai d’Italia. Lo sancisce una delibera di giunta, sulla base della quale – udite udite – l’ufficio patrimonio del Comune ha chiesto alla società arretrati per 33.000 euro. C’è la delibera, vero, ma la Capo d’Anzio non ha usato nemmeno per un giorno la sede che doveva essere di rappresentanza, in pieno centro, per promuovere l’idea del nuovo porto che rischia di rimanere una mera intenzione. Ma intanto si chiedono gli arretrati, a conferma che la mano destra non sa quello che fa la sinistra in questo Comune.

Allora pensi che i lavori, finalmente, siano per dare una sede quando forse ormai è troppo tardi alla Capo d’Anzio. Sbagliato! Lì ci andrà un non meglio specificato museo delle conchiglie. Lo sappiamo per sentito dire, perché di atti ufficiali non ce ne sono o se esistono vengono tenuti nei cassetti. Di certo nessuno ha formalmente revocato i locali alla Capo d’Anzio per assegnarli a chi deve fare il museo. Quindi sulla base di quale presupposto si stanno facendo quei lavori? Chi li ha autorizzati? Chi li paga?

Dimentichiamo, siamo ad Anzio, dove della Casa delle libertà è rimasto il motto televisivo di Corrado Guzzanti e si fa un po’ come si vuole. Sulle sedi, poi, sentiamo di combattere una battaglia persa e ci facciamo prendere in giro da chi dice di fare inventari da anni quando invece  si scopre che la Corte dei Conti ci “bacchetta” proprio perché ignoriamo la consistenza del nostro patrimonio. E perché ancora oggi non c’è un criterio secondo il quale si assegnano gli spazi, basta pensare che il centro anziani al posto di quella che doveva essere la casa delle associazioni è “provvisorio“.

Comunque, di grazia, se è possibile sapere chi sta facendo il museo, qual è il valore aggiunto per Anzio, in quale proposta culturale rientra (ne sa nulla, assessore Nolfi?), qual è il criterio seguito per assegnare quei locali, che indotto si presume in termini di visitatori e via discorrendo, ne saremo grati.

Se questi sono i giovani, ridateci i vecchi…

davide

Il passaggio di Davide Gatti in maggioranza ad Anzio era ampiamente atteso. E come lui altri dell’insolita opposizione di centro-destra aspettano solo un cenno per fare il salto. E’ naturale nella politica di oggi, dove cambiare casacca è normale e dove ci si preoccupa di “posizionarsi” possibilmente nel gruppo vincente o comunque di “contare“. Così il giovane Gatti (“vedrai che sorpresa” – diceva l’allora candidato sindaco Candido De Angelis) decide di passare nel gruppo che fa capo all’assessore Alberto Alessandroni e al consigliere Velia Fontana. I quali, almeno alle ultime europee, facevano parte dell’Ncd e alle amministrative erano in Forza Italia, domani chissà se con Salvini o altri. Esattamente erano all’opposto di Gatti che con Fratelli d’Italia sosteneva altro. E che evidentemente ha dimenticato di essere stato in corsa con un programma alternativo a quello del sindaco Bruschini. Ci dicono che sia la politica, ma francamente di fronte a questi giovani virgulti del panorama anziate ci viene quasi da rimpiangere i vecchi.

Uno si aspetta che dal rinnovamento ci sia almeno un’alzata di scudi. Un po’ come faceva Candido De Angelis al suo primo mandato consiliare, nel ’90, contro – guarda caso – i Bruschini, Borrelli & C. che ancora ci sono oggi o Aurelio Lo Fazio quando insieme a un allora giovane Bruno Tuscano mandava a casa Piero Marigliani, nell’84. Invece no, Marco Maranesi si accorge che le cose non vanno dopo averle condivise e cambia ma qual è la sua visione del futuro di Anzio la ignoriamo. E’ diventato il censore, ma secondo i bene informati è solo per cercare visibilità e qualche legittima prebenda che in maggioranza non avrebbe più avuto. Diciamo che almeno si è smarcato, via…

Valentina Salsedo dopo l’alzata di scudi di mesi fa è tornata nei ranghi, Massimiliano Millaci era stato “dissidente” con Maranesi ma è diventato capogruppo, di Donatello Campa si sono perse le tracce, Velia Fontana almeno si occupa delle mense che conosce da vicino, Giusy Piccolo è nel “fortino” della sua delega al cimitero che finora non ha prodotto risultati visibili e lì si ferma, Laura Nolfi ha alzato il tiro sulla vicenda mense dopo aver ondeggiato a lungo, Giacoponi è al secondo mandato ma è Attoni-dipendente. Ecco, questa sarebbe la classe dirigente di domani ma al di là di piccoli “aggiustamenti” non riusciamo a vedere – sbaglieremo, per carità – se hanno o meno un disegno di città. No, il problema è oggi. E’ se stare con Patrizio – inteso come Placidi – o contro. Il tutto in vista di elezioni che verranno solo nel 2018, salvo scossoni. A loro cosa importa? Sembrano ben adeguarsi ai leader della vetero politica locale, ai “ragionamenti” fini a se stessi.

E viene da chiedersi se questi esordienti consiglieri hanno qualche dubbio che ogni tanto li assale, fosse sui residui di bilancio o sul tortuoso iter del porto, sul programma che hanno sottoscritto con Bruschini e non è stato attuato o sulla raccolta e smaltimento dei rifiuti. E’ come se vivessero altrove, in quel brodo di coltura di una classe dirigente vecchia ma che resiste. In bocca al lupo, anche se ci aspettavamo ben altro.

Un aneddoto, infine: quando Pasquale Perronace, il consigliere comunale oggi di più lungo corso in assise, lasciò la Dc per passare al Psdi eravamo giovani cronisti e con Ivo Iannozzi aspettammo a lungo di poter sentire il suo intervento in Consiglio o di intervistarlo. Era un momento quasi “tragico“, cambiare partito quando era un “affronto” addirittura andare da una corrente all’altra. Non rimpiangiamo quei partiti, il sistema che rappresentavano, ma c’erano almeno dei punti fermi. e si provava – sia pure a vuoto – a immaginare una città possibile.

Qui basta avere un pacchetto di voti, chiedere fiducia e poi chi vuole Dio se lo prega. La città può attendere, loro devono “ragionare“.  Proprio come chi proviene dalla Prima Repubblica.

La gara per le mense e quella dei rifiuti, due pesi e due misure

rifiuti

La gara per l’assegnazione del servizio di refezione scolastica si avvia verso una revoca che pare l’unica strada percorribile dopo il parere dell’Autorità nazionale anti corruzione (Anac) che parla di composizione della commissione “illegittima” e i disservizi che sta creando l’azienda che ha vinto. Della vicenda si è ampiamente scritto e ormai si tratta solo di verificare il modo di uscire dall’angolo nel quale il Comune si è cacciato. Cosa sulla quale sarà necessario vigilare.

Rispetto all’altro appalto al centro di una vicenda a dir poco singolare, quello dei rifiuti,  si procede con l’attuale gestore come stabilito dal Tribunale amministrativo regionale (Tar) che ha sospeso l’assegnazione e l’immediata esecuzione alla Camassa, arrivata seconda ma assegnataria per la vicenda dell’interdittiva antimafia a carico di Ecocar. Interdittiva sulla quale il Tar si è riunito per il merito senza ancora decidere. Intanto i cittadini pagano di più, ma il punto è ancora un altro.

Prima Marco Del Villano dalle fila della maggioranza, poi Andrea Mingiacchi da quelle del Pd, hanno sollevato questioni sulla regolarità della nomina della commissione giudicatrice. Sulla scorta di quanto riferito dal settore ambiente del Comune nel primo caso il segretario generale, Pompeo Savarino, ha riferito che era tutto a posto. Sul secondo ora qualche dubbio sorge. Intanto perché l’ingegnere Fabrizio Piemontese non è dipendente della Provincia, anche se è praticamente in ogni commissione di gara. Anche questo non è il punto, però. Nella determina che costituisce la commissione giudicatrice per l’appalto si cita la lettera spedita alla Provincia “per l’individuazione e la disponibilità del terzo componente esperto“. E’ del 28 maggio. Lo stesso giorno la Provincia risponde (poi dici che le amministrazioni pubbliche non funzionano…) ma è, di fatto, un semplice “nulla osta” perché a indicare Piemontese è stato lo stesso dirigente del Comune, Walter Dell’Accio. Sì, nella missiva si legge  che “dovendo provvedere alla nomina…. chiede la disponibilità dell’ingegner Piemontese“. Si farà così, anche se qualche dubbio emerge, ma un conto è chiedere un esperto un altro è indicarlo, a nostro modestissimo parere. E’ come se dovendo fare la terna arbitrale per la  partita di calcio uno dica all’organizzazione degli arbitri di mandare un guardalinee indicandone già il nome.

Qui nessuno è andato all’Anac, ripetiamo che sarà anche così che si procede, ma intanto la gara è impantanata e spunta anche questo singolare passaggio. Viene da chiedersi cosa sarebbe successo se a farlo fosse stata Angela Santaniello, ormai “rea” di tutto ciò che avviene in Comune. Due pesi e due misure?

Ecco, diciamo che un po’ di chiarezza anche su questa commissione non guasterebbe. Così come una presa di posizione del sindaco per far sì che le gare si facciano tutte per tempo e alla stessa maniera. E’ così difficile?

Lo sbarco di Anzio, Ulisse e l’inutile campanilismo

sbarco

Va detto grazie ad Alberto Angela e alla trasmissione Ulisse andata in onda sabato scorso per come è stato ricostruito l’intero contesto dello sbarco di Anzio nell’ambito della seconda guerra mondiale e della liberazione di Roma e dell’Italia.

Anziché pensare al “solito” sbarco, alla carnevalata in piazza e al Tirrena, immaginiamo sin d’ora di invitare Alberto Angela il 22 gennaio 2016 e prima di mandare in onda in tutte le scuole il suo lavoro e quello dell’équipe della trasmissione. Lo sbarco alleato sulle nostre coste, noto come “di” Anzio, è nulla se lo si esclude dal contesto nel quale è avvenuto. Meno ancora se pensiamo semplicemente a stabilire il punto esatto dove sono arrivati gli americani e dove gli inglesi, se alle vicende storiche sostituiamo quelle campanilistiche.

Ad Anzio è stata istituita la giornata della pace, si sta cercando di lavorare in tal senso, poi a gennaio abbiamo visto la guerra scimmiottata. Meglio, ovviamente, quella che ci ha fatto rivivere Angela, inserita in un percorso generale, che riguarda la liberazione di Roma ma anche le sofferenze patite a Cisterna, Aprilia, Lanuvio e quelle a sud del Lazio con Cassino e i dintorni. Perché quella è stata la guerra vissuta dai nostri genitori e nonni, da lì si parte per costruire la pace. A maggior ragione oggi, quando il Mediterraneo vive una guerra non dichiarata che vede morire migliaia di poveri immigrati che sognano semplicemente l’Europa e fuggono da conflitti che fingiamo di non vedere.

Per questo sono inutili tanto il campanilismo quanto le manifestazioni, spesso rabberciate, messe in piedi e che restano fini a se stesse. Spendiamo gli stessi soldi per fare un reale percorso di pace, per cominciare a costruire ad Anzio, Nettuno, Aprilia, Cisterna un grande museo diffuso delle atrocità vissute dalle nostre popolazioni. Un percorso da fare tutto l’anno, non solo il 22 gennaio. Facciamo di questo territorio un simbolo, lanciamo da terre devastate e popolazioni sfollate un messaggio all’Europa e al Mediterraneo. E’ uno nostro dovere per ciò che hanno vissuto e visto quanti ci hanno preceduto.