La città, la processione, l’indifferenza di chi governa

Al sindaco di Anzio vanno sinceri auguri di pronta guarigione. Conoscendolo, deve essergli costato tantissimo essere assente alla processione di Sant’Antonio che finalmente è stato possibile rivivere dopo due anni di pandemia. Non sono tra coloro che fanno dietrologia, a memoria non si ricorda un sindaco assente all’evento che unisce la città tra sacro e profano come nessun altro. Quindi le ragioni sono sicuramente serie. Sulla salute non si scherza, nemmeno si ironizza, tanto meno si fanno battaglie politiche.

Una riflessione – dopo un po’ di tempo ed eventi che mi tengono lontano da questo spazio – l’avrei fatta a prescindere. Dall’arrivo della commissione d’accesso a oggi, dall’operazione “Tritone” in poi, chi governa la città ha fatto come se nulla fosse accaduto. Una sostanziale indifferenza, anzi la spinta a mostrare e mostrarsi. Della serie: ecco cosa abbiamo fatto, guardate quanto siamo bravi, gli atti stanno a posto (e ci mancherebbe altro), con la ‘ndrangheta non c’entriamo.

Formalmente anche ineccepibile, se vogliamo: nessuno è indagato, tra i politici, e chi è finito in carcere per associazione a delinquere di stampo mafioso (e finora c’è rimasto, l’accusa ha retto fino in Cassazione) è innocente finché non sarà condannato definitivamente.

Il sindaco, per primo, è persona intelligente e sa che la forma in questi casi non basta. Ignoriamo se il Comune verrà sciolto o meno, ma nelle carte di “Tritone” ci sono i pesanti legami con un mondo che dalla politica dovrebbe stare lontano e che invece era contiguo, se non imponeva certe scelte. Non sappiamo cosa proporrà la commissione d’accesso al prefetto di Roma, Matteo Piantedosi, e il rispetto per le istituzioni non verrà meno qualunque sia l’indicazione. Chi ha fatto dell’istituzione comunale altro, è in quelle carte. Lo sa il sindaco, lo sanno gli assessori e i consiglieri rimasti nel “fortino”, i nuovi entrati, la segretaria generale controllore e controllata. Le cronache degli ultimi giorni raccontano il ritorno della Dda in Comune, le attenzioni su ambiente e demanio per vicende che in pochi abbiamo raccontato in questi anni.

Allora l’indifferenza, il mostrarsi ora a premiare uno, ora ad annunciare altro, ora a rivendicare bandiere, ora a mettere nomi degli assessori su un bus, diventa quasi un’offesa. Come se in “Tritone” non ci fossero aspiranti consiglieri che andavano a casa di un presunto boss ai domiciliari, non telefonassero per chiedere voti, come se le proroghe “sine die” alla Camassa fossero la norma per garantire il posto a figli di presunti boss, parenti e amici che avrebbero garantito pacchetti di consensi. Come se non ci fossero promesse di lavori pubblici, intese per affidarne altri, minacce a ex consiglieri (in lista con la coalizione vincente nel 2018) e dipendenti del Comune. E non c’è un consigliere comunale che “tratta” per un debito di droga e oggi è onnipresente? Certo. E qui non vale il principio per cui la politica è una cosa e la vita privata un’altra o che non si è indagati. No, dispiace, quando si ha un incarico pubblico si deve (dovrebbe) essere al di sopra di ogni sospetto. Il sindaco si riferisce spesso alle precedenti gestioni del Comune, cercando come suo solito di scrollarsi di dosso una responsabilità politica che è sua per intero: con le precedenti gestioni ha convissuto facendo finta opposizione, fino a un certo punto, poi le ha “imbarcate” per vincere al primo turno. Che oggi qualcuno si sia dimesso, altri si siano allontanati, non ammanta di nuovo qualcosa che è stantìo. Basta ascoltare gli echi che arrivano da Villa Sarsina e parlano delle tensioni in maggioranza persino per far togliere le strutture per il passaggio della processione.

Il metodo non è cambiato, anzi. Le urla, la sopraffazione, tutto quello che sappiamo, con la commissione d’accesso sembrano persino aumentati. Della serie: dopo di noi, il diluvio. Povera città