La spiaggia della discordia e il sindaco che “dimentica”

La riunione sulla convenzione per la spiaggia di Lido dei Pini

Anziché dire “nzognende” e provare a ricucire come faceva il suo predecessore, il sindaco di Anzio accusa i componenti della sua maggioranza. La vicenda del bando in fretta e furia per la convenzione con la spiaggia di Lido dei Pini (brava Linda Di Benedetto a scovarla e renderla pubblica) riapre una spaccatura mai sopita in maggioranza. O diciamo “dimenticata” solo durante la campagna elettorale di un anno fa. C’era l’uomo vincente, era l’unico capace di mettere tutti d’accordo, addio divisioni e andiamo avanti. In questi mesi il sindaco qualche “sassolino” se l’è tolto, sconfessando più di qualcuno di chi l’ha portato nuovamente alla guida della città – a cominciare da Alberto Alessandroni – tornando al noto fare dirigista che tutti ben conosciamo. Soprattutto colui che ama ripetere “senza di me non vincevate“, pur prendendo 200 voti meno delle liste che lo sostenevano. Lo dico da “mister 6%” come ha avuto modo di definirmi, senza rinunciare a poter esprimere qualche concetto che va oltre i voti presi.

Lo sapevano anche i suoi sostenitori come la pensasse e come facesse il sindaco, ma poi per come vanno le cose nella politica di casa nostra un bando e 1500 metri di spiaggia diventano l’ennesimo motivo di scontro (ce ne sono altri, purtroppo con poco seguito mediatico) e il sindaco sbotta. Amo ripetere che non viene da Marte a fare il primo cittadino e nell’ultimo periodo di Luciano Bruschini è stato parte integrante della maggioranza. Nel primo ha fatto una opposizione “di lotta e di governo“. Ebbene oggi che il capogruppo di Forza Italia, Massimiliano Marigliani, va a chiedere spiegazioni sul bando e organizza riunioni, il sindaco non ci sta e “tuona

Venisse da Marte, appunto, avrebbe tutte le ragioni. Ma giova ricordare che Marigliani è stato anche assessore all’ambiente – sia pure per un breve periodo – in questa città. Lo avrebbe fatto, secondo il sindaco “senza cognizione“. Peccato che in quello stesso periodo De Angelis stringeva l’accordo per dare continuità al centro-destra e a Bruschini. Che avevano un assessore “senza cognizione“. E peccato che sugli impianti dei rifiuti e i “modus operandi” dice bene Patrizio Placidi – intercettato, sono atti pubblici – come siano andate le cose e quali fossero gli interessi. Non di De Angelis, è evidente, ma di chi lo ha ampiamente sostenuto un anno fa. A cominciare proprio da Placidi che ha in Marigliani il suo “delfino” e l’altro giorno era lì a Lido dei Pini alla riunione sulla spiaggia. E oltre l’ex assessore imputato in più procedimenti, in quelle carte ci sono i nomi – fatti da Placidi – di chi era nelle liste di De Angelis. I “modus operandi” dei quali parla il sindaco sono quello che amo definire il “sistema Anzio” . Forse “dimentica“, ma erano con lui. E non interessano i risvolti penali, per carità, ma quelli politici.

La spiaggia, allora: forse era destinata già ai titolari del vicino campeggio? Di certo servirebbe avere già attrezzature da decine di migliaia di euro e 15 bagnini disponibili per almeno 200.000 euro. Ma la spiaggia per la maggioranza e le sue tensioni è una scusa, alla fine, la discordia è quella che emerge palesemente e cova in altre stanze. Oltre a essere legata ai risultati del voto europeo e della vicina Nettuno.

Poi il sindaco è bravo, comunica le cose che non vanno (dalla sanità alla Nettunense), gode al solito di ottimo seguito, ma un anno dopo – esclusi il bilancio in tempo da record e l’annunciata stagione estiva dei grandi nomi – aspettiamo di vedere punti del programma attuati. Ad esempio che fine abbia fatto il porto. Ah, scusate, quello sul programma copiato e incollato dal 2013 (quando molti che l’hanno sottoscritto erano avversari) non ce l’avevano messo.

ps: rimpiango il sindaco che nella prima stesura del piano regolatore aveva “cancellato” le villette sulla duna, purtroppo i potenti proprietari fecero valere il fatto che erano su area demaniale….

Addio a Zucconi, quei ritagli e il piacere di leggerlo…

Vittorio Zucconi (foto da Repubblica.it)

Vorrei tanto dirlo a mio figlio, se solo ci fosse una cabina telefonica qui…” Di Vittorio Zucconi, il giornalista morto oggi, conservo un’infinità di “ritagli“. Quella di mettere da parte articoli, prima dell’avvento del web e dei pdf, è una vecchia passione. La frase che riporto all’inizio concludeva il primo pezzo su “Repubblica” del viaggio che intraprese in Italia sulle orme dello sbarco dei “Mille”. Raccontava – come solo lui sapeva fare – delle preoccupazioni del figlio per la situazione italiana, ironizzava, spiegava che sì il museo di Marsala era chiuso ma lui aveva trovato un custode disponibile e che gli aveva fatto da guida. Del fatto che nessuno lo aveva aggredito o derubato, per esempio, ma che non poteva dirlo perché fuori al museo non c’era modo di telefonare. E’ passato qualche anno, è evidente, le cabine sono un lontano ricordo. Ma non era cambiato il suo modo di raccontare, quello che ti prendeva dalla prima all’ultima riga, quello che ti faceva “vivere” insieme ai protagonisti, ti “portava” nei luoghi – in America, soprattutto – e ti spiegava cosa stava succedendo.

Leggerlo era un piacere, ascoltarlo anche quando si collegava con Radio Capital, i suoi pezzi non erano mai banali. Mai. Fosse il reportage sulle elezioni americane, il mondiale di calcio scritto da un’angolazione assolutamente diversa o il racconto della vittoria degli Usa contro Cuba alle Olimpiadi di Sidney Un evento storico, per chi conosce un po’ di batti e corri…

Chi aveva la passione per questo lavoro e ha avuto anche la fortuna di farlo, ha sempre avuto in Vittorio Zucconi un punto di riferimento, un fine conoscitore del mestiere prima ancora che delle cose del mondo, rese al pubblico – mi ripeto – in maniera affascinante. Non mi è mai capitato di incontrarlo, per quello che vale scrivo qui la stima che avevo per lui. E conservo ancora più gelosamente quei ritagli di stampa.

I nuovi morosi e la legalità delle cose quotidiane…

Mi viene da sorridere, perché sono trascorsi quasi quattro anni e torna di stringente attualità una vicenda che sollevai all’epoca e ho avuto l’ardire di riproporre all’unico Consiglio comunale al quale ho preso parte, dopo il voto. Il 20 ottobre 2015 su questo umile spazio, diedi l’informazione di consiglieri comunali ai quali era stato chiesto di “rientrare” dall’esposizione nei confronti dell’Ente, pena la decadenza.

Ne seguì uno dei dibattiti peggiori della storia dell’assise civica, almeno a memoria di chi scrive, al quale erano presenti molti dell’attuale maggioranza, sindaco in testa. Venni definito pseudo giornalista, al meglio, ma per chi volesse tutta la querelle è riassunta qui

E oggi? Ci risiamo… Si legge di minacce, addirittura, nei confronti di chi è andato a chiedere “lumi” forse con l’intenzione di prendere il posto del consigliere Di Carlo. C’è chi vede in questo una macchinazione politica (eh sì…) chi fa selfie e dice chiaramente da che parte sta, visto che è il capogruppo della sua lista.

Ma il problema non è Di Carlo – al quale mi lega fra l’altro un sincero affetto – non solo almeno. Perché se si mette mano a questo settore, in nome dell’annunciata (e poco vista) discontinuità, si scopre il vaso di Pandora. Il sindaco – che continuo a ribadire, non arriva da Marte a ricoprire il prestigioso ufficio – lo sa bene e conosce anche i modi usati per affrontare eventuali difficoltà in casi del genere. Un problema possono averlo tutti, ci mancherebbe, e non si è incompatibili fino a quando non si apre un contenzioso con il Comune. E qui sta il nocciolo della questione, qui si torna a quella che mi piace definire legalità delle cose quotidiane.

Si fanno piani di rientro, spero tanto di sbagliare, si paga una rata e si dimentica il resto. Fino al prossimo “polverone”. E lo si fa con uffici che rischiano di diventare “complici”, cosa che nessuno si augura. Il neo dirigente dell’area finanziaria, Luigi D’Aprano (auguri!) ricorderà di essere stato quasi “processato” per avere fatto le 16 lettere nel 2015, pertanto stavolta non si giri dall’altra parte e provveda a verificare immediatamente qual è la situazione. Perché è facile rispondere “non risultano messi in mora”, più difficile far rispettare i piani di rientro ovvero aprire i contenziosi che porterebbero alle incompatibilità. Ce ne sono? Magari in un gesto di trasparenza potrebbe dircelo lo stesso primo cittadino.

E questione di principio, chi segue questo spazio lo sa: ho chiesto in Consiglio comunale che cosa sarebbe stato delle nostre dichiarazioni sulla eleggibilità e compatibilità ovvero assenza di conflitti con l’Ente. La segretaria di allora, Marina Inches, rispose che c’erano state verifiche e non risultava nulla, ma ne sarebbero state fatte altre. Alla sua sostituta – Pierpaola Tomasello – ho scritto, con accesso agli atti, per conoscere cosa era stato fatto ed è arrivata dagli uffici la risposta che “non risultano situazioni per cui ci sia stata legalmente la messa in mora“. Altri – Amato Toti, primo dei non eletti – si sono rivolti all’Ente e sembra scoppiare un putiferio.

Come fu nel 2015, non c’è solo l’eventuale morosità/furbizia di pagare una rata e andare avanti, contando nella magnanimità che si ha nei confronti di chi “fa” politica ad Anzio, ma un reato. Perché se dichiari che è tutto a posto e non lo è, se lo confermi in consiglio comunale a precisa domanda e le cose sono diverse, si chiama falso. Altri, a quanto sembra, se ne stanno finalmente occupando. Ma dei reati, qui, interessa poco: era e resta questione di responsabilità politica. E della volontà, o meno, di ripartire dalla legalità delle cose quotidiane.

La balaustra e gli altri “sfregi” alle Grotte

Siamo tutti indignati per quello che è accaduto alla balaustra alle Grotte di Nerone. Il sindaco, attraverso la pagina facebook del Comune, auspica che siano individuati i responsabili e che a breve funzioni la videosorveglianza.

A commento della notizia la consigliera dei 5Stelle Rita Pollastrini ha messo in evidenza che le telecamere, lì, ci sono già. Evidentemente non funzionano e quella immagine – insieme a un altro paio delle quali parlo tra poco – confermano come sono andate le cose in questa città.

E’ un affronto quel danno, siamo d’accordo, vanno individuati i responsabili e speriamo avvenga presto. E’ stato toccato un simbolo di Anzio e non ci piove.

Però facciamocela qualche domanda, perché il sindaco – come amo ripetere – non arriva da Marte a fare il primo cittadino, né i suoi sostenitori vecchi e nuovi possono ignorare quelle telecamere che stanno lì e ciò che è accaduto – in termini di sfregio – sul sito archeologico. Altrimenti nella smania di comunicare #soldout e #brandAnzio facciamo a dimenticare, mettiamo taglie e tutti contenti.

Ebbene partiamo dall’immagine delle telecamere di piazza Caduti di Nassirya, montate, pagate (o da pagare in qualche debito fuori bilancio prossimo venturo) e dobbiamo desumere mai entrate in funzione. O comunque fuori uso, a oggi, altrimenti sapremmo già chi ha buttato giù la balaustra. Quando quelle telecamere venivano installate e più di qualcuno esprimeva dubbi, il sindaco e diversi suoi sostenitori avevano già un ruolo in questa città ma siccome è “politica”, non si interviene su vicende che riguardano altri. Sapete? Quelle telecamere ci portano – sbaglierò… – ai debiti fuori bilancio pagati per la sorveglianza della stazione ferroviaria e – sbaglierò ancora – ai lavori all’ex commissariato. Ecco, oggi indignarsi è sacrosanto ma se quelle telecamere non funzionano forse forse il “sistema Anzio” ci ha messo del suo.

E chi si indignò, dei vecchi e nuovi politici di casa nostra, quando una ruspa venne posizionata proprio tra i ruderi? Pochi… Era la metà del 2013, non c’è bisogno di ricordare chi amministrasse e chi fingesse di fare opposizione. Gli stessi pochi, cittadini, che segnalarono come la ditta che stava realizzando l’opera di “protezione” ormai lasciata come ecomostro aveva una interdittiva antimafia. Da questo umile spazio – così, per ricordare – affermavo: “Da quando una ruspa della ditta che poi è stata allontanata per l’interdittiva antimafia è stata piazzata sui ruderi e nessuno ha detto nulla, si capisce quale fosse l’interesse a difendere una delle principali bellezze del territorio“. Dal Comune il sindaco “nzognende” – principale sponsor e alleato della conferma dell’attuale – faceva spallucce, ricordava che i lavori erano di competenza regionale. Non ci furono provvedimenti per la ruspa sui ruderi, la stessa Regione se la prese con calma per mandare via la ditta, quel molo di “protezione” è rimasto lì a deturpare il paesaggio.

I cittadini che denunciavano, quelli che facevano comitati per in concorso “Fai” e riportavano il complesso della Villa imperiale al centro dell’attenzione – penso a Silvia Bonaventura, Chiara Di Fede e Francesco Silvia, ma anche a Claudio Tondi – chi si batteva per farne un monumento naturale era considerato “ominicchio” o “viperella” dall’allora primo cittadino, veniva deriso o si parlava di “strumentalizzazione”, termine molto caro ai politici di casa nostra. Oggi chi prova a dire cose diverse da chi governa è iscritto secondo l’attuale sindaco al “club dei rancorosi”. Sa che non è così, ma pazienza.

Chiudo prendendo da facebook una frase della giornalista Linda Di Benedetto che – è noto – non usa mezzi termini e pone anche qualche altra vicenda sul complesso archeologico: “La balaustra divelta alle Grotte di Nerone è solo un altro atto, che denuncia l’incuria e l’abbandono di questo sito archeologico. I granai della Villa Imperiale sono pieni d’immondizia, un uomo scava tra i resti da sempre, accogliendo addirittura i turisti ed è stato costruito un braccio di cemento armato sui resti del porto neroniano. Chi sono i vandali?