Igea Banca finanzia il porto, quello che dobbiamo sapere

granchiporto

Igea banca, nata dalle ceneri della Popolare dell’Etna, è pronta a finanziare con 10 milioni di euro la Capo d’Anzio per una parte della realizzazione del bacino interno. Quelle che l’ultimo numero del “Granchio” indica come indiscrezioni sono realtà e l’istituto con sede a Roma e tre filiali in Sicilia, intorno al quale ruotano numerosi professionisti di grido, ha detto sì.

L’iter va avanti, quindi, il consiglio d’amministrazione della società che per il 61% è ancora del Comune e perciò dei cittadini, convocato per lunedì 26 febbraio, dovrà decidere il da farsi. Dagli ultimi annunci a oggi non sappiamo ancora qual è il contenuto del bando ma scopriamo che il finanziamento non è una possibilità bensì una cosa ormai praticamente definita.

Chi presterà le garanzie? La Capo d’Anzio ha debiti e criticità che Igea banca – ma basta chiunque sappia leggere minimamente i bilanci – conosce bene. Il Comune, che ha già passato i suoi guai con la fidejussione concessa alla Banca Popolare del Lazio e restituita, in teoria non può dare garanzie. Sempre dal “Granchio” leggiamo che “Come garanzia la Capo d’Anzio darebbe gli attuali posti barca esistenti all’interno del bacino portuale“.  Passiamo dal dover fare il porto a “impegnare” quello che già esiste… Un po’ come quando Acqualatina prese un mutuo con la Depfa bank e alcuni Comuni diedero in pegno le loro quote della società.

Ecco, fateci capire: è così? E chi lo ha deciso?  Ma prima ancora – pur apprezzando il lavoro e la presenza mediatica del presidente Ugo Marchetti –  è il nostro rappresentante del 61% di quote pubbliche a dover fornire qualche spiegazione. Vale a dire il sindaco, Luciano Bruschini. Che continua a sottrarsi non con chi scrive, ma con i cittadini. Lui che prometteva incontri da Sacida al centro e si limita a parlare di porto con pochi e selezionati interlocutori.

Allora, come sempre, chiedere è obbligo e rispondere è cortesia. Questo spazio è a disposizione, può usarne altri se vorrà, le domande sono queste:

  1. Qual è la situazione dei conti della Capo d’Anzio? Si ha un quadro almeno di massima sul bilancio 2017?
  2. E’ vero che è stato sottoscritto un piano di rientro dei canoni demaniali mai versati?
  3. Se sì, cosa prevede e abbiamo iniziato a pagare o non?
  4. Al di là della disponibilità della banca, la società può sopportare un indebitamento di altri 10 milioni di euro?
  5.  Quali rischi corre il Comune contraendo un prestito del genere se il progetto non si realizza?
  6.  E’ vero, come si dice negli ambienti, che la garanzia è pronta a fornirla il socio privato della Capo d’Anzio, quel Marconi che il sindaco avrebbe “cacciato, parola d’onore” e con il quale ha poi firmato la “road map” per arrivare alla realizzazione del porto?
  7.  Se così fosse, la garanzia di Marconi come inciderà qualora il Tribunale – al quale ci si è rivolti tardi, tenendo il parere di Cancrini nei cassetti – decidesse che il Comune aveva prelazione nella cessione delle quote di “Italia Navigando“?
  8.  E’ così difficile rendere noto ai cittadini, sempre proprietari del 61% delle quote, il contenuto del bando? O è l’ennesima sorpresa elettorale, dopo quelle proposte nel 2003, 2008 e 2013?
  9. Che fine ha fatto il contenzioso con le cooperative degli ormeggiatori?
  10. Qual è la situazione della Capo d’Anzio rispetto alla cosiddetta “legge Madia” sulle partecipate?

Si attendono risposte, l’1 marzo c’è pure un Consiglio comunale, hai visto mai che qualcuno si svegli e chieda…

 

 

 

L’ambiente, Placidi e chi si girava dall’altra parte. Troppo comodo

commissariatoanzio

Chi ha la bontà di seguire questo spazio potrà, volendo, andarsi a rileggere quanto si affermava sulla gestione dei rifiuti e del settore ambiente ad Anzio. Nessuna “rivincita“, non sono tipo, ma quelle che erano evidenze oggi sono indizi di reato nelle operazioni   “Evergreen” e “Touchdown“.

Non che avessi la palla di vetro, anzi, mettevo nero su bianco qui (e prima ancora dalle pagine del Granchio, ad esempio sui molteplici interessi imprenditoriali di Placidi), ciò che sentivo, riscontravo, mi veniva raccontato. Quando Patrizio Placidi è stato arrestato molti di quelli che si giravano dall’altra parte – dal sindaco alla maggioranza, fino a chi nella struttura comunale era deputato a controllare – hanno risposto in coro “eh, ma si sapeva….” Troppo comodo.

Già che si sapeva, cosa è stato fatto? Walter Dell’Accio metteva, nero su bianco, che subiva pressioni per adottare atti e nessuno se ne accorgeva, evidentemente. Servivano le carte dell’inchiesta per dirci che Placidi andava a sollecitare i pagamenti – tutti a tempo di record – per le vicende che riguardavano il suo assessorato? Nessuno aveva da dire, né ci si preoccupava di andare a fare i riscontri. Venne affermato, palesemente, che si preferiva un’azienda per un’altra nell’appalto dei rifiuti e non ricordo responsabili dell’anti corruzione stracciarsi le vesti o rendere noto – come poi è stato per altro – che andavano dai carabinieri. Eppure, oggi lo leggiamo nelle carte, l’emergenza era scientemente voluta e i servizi aggiuntivi servivano per far lavorare chi era rimasto fuori perché l’appalto non lo aveva vinto chi voleva Placidi e la maggioranza.

E quei servizi, alcuni previsti dal contratto e quindi allo stesso costo, nel frattempo erano fatturati come extra e pagati senza colpo ferire.

Sarà andata a raccontare questo, Angela Santaniello, alla dirigente del Commissariato? O era lì per una visita di cortesia? Non trapela di più sull’incontro avuto nella sede di Anzio 2, tranne la certezza che la Santaniello non è andata come indagata.

L’ho detto dall’inizio e lo ripeto, Placidi è l’emblema di come è stato inteso il modo di gestire la cosa pubblica ad Anzio e pensare che sia lui l’unico responsabile è troppo comodo.

Di certo, in #unaltracittà, sindaco e assessori non si preoccuperanno di chi vince le gare, né avranno squadre “volanti” da andare a prendere in qualche bar, ma di far rispettare i contratti.

 

Altro che accesso, il problema è negare l’evidenza

prefettura

La Prefettura di Roma

Ammettere l’esistenza della mafia sul pianerottolo di casa propria significa poi dover dire cosa sto facendo io per separare la mia vita, il mio destino da quelle delle persone che abitano sullo stesso pianerottolo. Un conto è dirlo; altro conto è farlo”. Ecco, uso le parole di un magistrato, Michele Prestipino, pronunciate quasi tre anni fa, perché il problema non è se arrivi o meno una commissione d’accesso – ho sempre sostenuto che sarebbe un’onta, non cambio idea adesso – ma è rendersi conto di ciò che abbiamo intorno.

Io non ho mai avuto dubbi sull’onestà che il sindaco, Luciano Bruschini, va sbandierando a ogni piè sospinto. Lo conosco e mi fido. Così come non può pagare Pasquale Perronace per il fratello, né Marco Maranesi per aver chiesto un prestito.

Non mi fido più – ma senza mettere in discussione l’onestà del sindaco, bensì il suo modo di intendere la politica – nel momento in cui, nel corso di questi anni, ha sempre ribadito che lui con le forze dell’ordine ci parla, conosce e sa tutto, che la situazione è sotto controllo. Ebbene il prefetto Basilone (a proposito, l’ha più ricevuto a Bruschini? E cosa si sono detti?) ha sostenuto chiaramente in antimafia che il comune di Anzio è quello “per il quale si sono susseguiti maggiori segnalazioni di criticità”.

Non ci voleva la relazione conclusiva della commissione parlamentare per dirlo. Lo abbiamo vissuto sulla nostra pelle, mentre Bruschini – dal suo punto di vista e da quello dei maggiordomi di corte anche comprensibilmente – negava l’evidenza che usciva fuori prima dall’indagine e poi dal processo “Malasuerte”, quindi dall’inchiesta “Evergreen”.  Non è mafia, attenzione, ma pessima gestione della cosa pubblica e frequentazione con chi ha aderenze in ambienti tutt’altro che puliti. Ed emergono atteggiamenti mafiosi, non si venga a dire il contrario, toni al minino fuori dalle righe.

Non serviva la relazione (approvata all’unanimità, tra l’altro) per dirci che ci sono sentenze che confermano la presenza di clan anche sul nostro territorio.  Il discorso era, è e purtroppo sarà – perché la commissione d’accesso in campagna elettorale non la manda nessuno – se queste presenze abbiano avuto porte almeno socchiuse in Comune, nemmeno spalancate. Se abbiano avuto agganci, portato voti, ottenuto lavori, condizionato o fatto “allineare” qualcuno.

E non serve la commissione d’accesso – lo ripeto da un paio d’anni – a stabilire che è stato fatto mettere il vestito bello a qualche personaggio locale nemmeno tanto “border line” per farlo entrare in politica o per farlo sostenere questa maggioranza. Non serve che venga preso a testate un giornalista (finora ci si è fermati a querele e richieste di risarcimento solo annunciate) per dire che Ostia, nei metodi, è già qui.

Su questo, al posto del Prefetto e del Ministro, di chi li rappresenta sul territorio, terrei alta la guardia. Ah, non ho idea di chi siano i riferimenti del sindaco Luciano Bruschini quando dice che lui con le forze dell’ordine ci parla tutti i giorni. Nella relazione si dice che va tenuto conto dello “scambio di informazioni con la procura, con la Polizia, i Carabinieri e la Dia”. Segno che la direzione investigativa antimafia, delle nostre parti, si sta già occupando…

Cosa sto facendo, per riprendere il discorso di Prestipino all’inizio? Semplice, non nego e mai ho negato l’evidenza – andavo in piazza oltre 25 anni fa, quando si raccoglievano i morti per strada…. – e con certi personaggi non ho avuto e non voglio avere nulla a che fare. #unaltracittà si costruisce anche così

Alessandroni (e non solo) simbolo di un sistema finito

falasche

Anche nel caso che riguarda Alberto Alessandroni, arrivato a far causa al Comune per far ridurre il pignoramento nei suoi confronti, potrei essere soddisfatto ma non ci riesco. Perché personalmente non ho nulla contro di lui, come non ce l’avevo con Placidi e Campa, come con Luciano Bruschini, sindaco e responsabile di questo sistema che è finito.

La vicenda di Alessandroni aiuta a raccontarlo, ma come spesso ho sostenuto parlando del caso Falasche, di quell’impianto che ha dato e dà una serie di grattacapi all’ex assessore ed ex presidente di quella società – della quale resta un punto di riferimento – è solo la punta dell’iceberg. Quello che emerge del sistema Anzio e di chi “fa” politica per aggiustare vicende che altrimenti, in un posto con un minimo di regole, sarebbero finite da un pezzo. Invece no.

Alberto aveva i voti, tanti, era decisivo per vincere o perdere le elezioni, e poi “fa er sociale“, sta lì “pe i ragazzini“, che vai a controllare l’impianto di Falasche? Ma quando mai… Su quello spazio, pubblico, pagato da tutti noi, si è consumata una maxi evasione con sponsorizzazioni fasulle. Fatture da diverse migliaia di euro, Iva che le aziende “scaricavano” e che la società non versava. Storia vecchia, che “sapevano tutti” – nell’ambiente fanno così quando scrivi, per sminuire – ma che oggi arriva al pettine. Su quell’impianto, pubblico e pagato da tutti noi, si sono attaccati abusivamente all’energia elettrica, sono in causa per la mancata assicurazione negli spazi affittati, hanno ripreso a pagare quello che dovevano al Comune dopo ciò che è stato scritto qui e sul Granchio. Non c’entra “er sociale“, nemmeno “i ragazzini“. Troppo comodo. Il sistema si girava dall’altra parte perché Alberto aveva i voti, anzi aumentava i consensi utilizzando quello spazio.

E non aveva i voti Patrizio Placidi? Certo. Anche qui, tutti sapevano e tutti si giravano dall’altra parte, salvo scaricarlo quando lo hanno arrestato. Eppure non era il male assoluto, ma è meglio farlo passare per tale. Bruschini dimentica (e De Angelis insieme a lui, ma allora era avversario e oggi alleato) che il “porta a porta” avviato senza copertura finanziaria fu decisivo per vincere nel 2013. Dimentica che ha tollerato quanto oggi leggiamo nelle carte processuali ma che pochi scrivevano, prendendosi improperi se non minacce. Dimentica la Biogas, voluta anche da Placidi, ma che è evidente interessava a tutti.

E non vai a festeggiare prima del ballottaggio al “Deportivo“? Tutto senza regole – lo dice la Finanza, anni dopo – ma lì c’era un potente ex dirigente del Comune, uno che conosce vita, morte e miracoli di Bruschini e della sua gestione.

Poi hanno i voti anche gli altri, certo.

Chi aveva un albergo chiuso da un’ordinanza e l’ha affittato alle coop che gestiscono l’affare migranti o si è visto revocare una concessione perché non pagava i  canoni, provvedimento oggi sospeso dal Consiglio di Stato. Chi ha società a lui riconducibili che devono al Comune decine di migliaia di euro e si inalbera se qualcuno lo scrive. Chi è imputato, con Placidi, per le proroghe che “favorivano i soci elettori” – lo dice il magistrato – ed è un pezzo importante della vecchia e nuova maggioranza. Chi è riferimento per certe cooperative, a cominciare da quelle dei parcheggi al porto finite nell’indagine “Malasuerte” o di associazioni che ottengono spazi, poi se hanno pagato o meno i rifiuti si vedrà.  Ce li ha pure, ma non lo abbiamo mai saputo (ah, la privacy….), chi era moroso nei confronti del Comune e non poteva restare al suo posto.

Altro che Alessandroni, il sistema che è arrivato al capolinea è questo e il quadro – c’è da temere – è per difetto. E c’è arrivato con la distrazione, diciamo così, di chi doveva preoccuparsi dell’anti-corruzione ma lo ha fatto evidentemente poco. Di chi sta lì e deve rispondere alla politica, perché c’è arrivato con titoli tutt’altro che a posto.

A proposito: spendiamo 1600 euro per un avvocato che dovrà difendere il Comune da un ex assessore (non s’era mai visto….) ma per dire cosa? Il “terzo pignorato”, di solito, non si presenta. A meno che non debba andare a dire che l’ex assessore ha ragione. Sai com’è, se c’è da opporsi al decreto ingiuntivo sui cartelli della bandiera blu 2013 si decide di soprassedere, ma se c’è da aiutare chi ha portato voti…

Poi il centro-destra, unito, diviso, fintamente litigioso, potrà ancora vincere le elezioni e se ciò avverrà i cittadini avranno fatto la loro scelta. Che andrà democraticamente rispettata.

Continuo a pensare, da inguaribile ottimista, che ad Anzio possa ancora nascere #unaltracittà.

Ospedale e sanità, il modello al quale puntiamo

C’è un punto che va chiarito subito: in materia di programmazione sanitaria i consigli comunali, congiunti o meno, possono dare al sindaco una indicazione e questi ha il dovere di portarla alla conferenza locale sulla sanità e tentare di farla inserire nell’atto aziendale. Funziona così, chi dice altro prende in giro i cittadini. La grande attenzione di questi giorni “elettorali” per le sorti dell’ospedale di Anzio-Nettuno conferma che alla “politica” di casa nostra piace, evidentemente, giocare.

Quello che la Asl – e la Regione Lazio – dovevano decidere per il “Riuniti” è avvenuto nel 2014, con la conferenza dei sindaci che all’unanimità ha approvato la riorganizzazione allora proposta dal direttore generale Fabrizio D’Alba. Ignoro se ci fosse Bruschini, a quella conferenza, o se avesse delegato l’assessore alla sanità Placidi sperando di poter dire poi che lui, il sindaco, “non sapeva“. Ma l’atto pubblicato sul bollettino ufficiale della Regione Lazio nel 2015 è chiarissimo.

Ecco, questo è il passato che speriamo di lasciare alle spalle definitivamente, tra qualche mese.  Per ciò è bene indicare qual è l’idea che abbiamo e che porteremo all’attenzione della Asl se dovesse toccarci l’onore e l’onere di guidare la città. Non gridiamo “l’ospedale chiude…” perché non è così. Neanche uno scriteriato chiuderebbe una struttura che serve un bacino d’utenza come quello di Anzio-Nettuno che raddoppia se non triplica le presenze d’estate. Stiamo assistendo, però, a un progressivo e inaccettabile depotenziamento. Soprattutto se non c’è una risposta adeguata che riguarda la presa in carico dei pazienti – a partire dai cronici – sul territorio.

Questo è il paradigma che dobbiamo rovesciare. Un ospedale come quello di Anzio-Nettuno deve garantire un pronto soccorso efficiente (e la Asl il personale necessario), cardiologia e chirurgia d’urgenza, punto nascita, traumatologia, tutto ciò che riguarda i pazienti “acuti“. Deve essere quello che in gergo è definito uno “spoke” e se ci sono casi gravi deve avere un “hub” di riferimento. E’ già in larga misura così, il modello dei “raggi” e del “mozzo” è realtà non nel Lazio, ma in Italia e nel mondo ormai. Chi difende un singolo posto letto o un reparto con sopra il suo nome quale dirigente e magari fa perorare la sua causa dal politico di turno, fa una battaglia di retroguardia. Questo modello, efficiente e in grado di soddisfare le emergenze è certamente da migliorare, ma non si può tornare indietro.

E poi? C’è la “rete” del territorio, quella che va dai medici di base agli ambulatori specialistici, che “prende in carico” il paziente e non lo costringe ad andare in pronto soccorso con un codice bianco o verde. Qualcosa c’è già, dalla mai abbastanza pubblicizzata “Unità di cure primarie” (più medici di base associati, se non c’è il mio di famiglia  è disponibile un altro) al cosiddetto “Ambufest” nei giorni festivi. Nel primo caso ci sono Comuni che hanno messo a disposizione ambulatori condivisi, nel secondo la Regione ha fatto già dei passi in avanti.

Diverso il discorso di “presa in carico” che un’amministrazione deve fare proprio d’intesa con la Asl: persone fragili, malati cronici, non devono cercare da soli le prestazioni, per esempio, e magari attendere mesi. No, si deve programmare quello che è prevedibile per un diabetico piuttosto che per un malato di Parkinson, tanto per fare degli esempi. Un Comune deve guardare a questo, alla creazione di un modello virtuoso di integrazione socio-sanitaria. Lo fanno in tante realtà, è sicuramente meglio che gridare “ci chiudono l’ospedale“.

Così come un Comune deve essere in prima linea nella prevenzione, dalla promozione dei corretti stili di vita al sostegno alla Asl nelle campagne di screening per i tumori e tutto il resto.

Poi c’è il discorso legato alla riabilitazione, alle residenze sanitarie assistenziali, settori nei quali i privati continuano a guadagnare e il pubblico arranca, quando invece potrebbe rappresentare una parte consistente della risposta.

Ecco, se toccherà a noi non ci scandalizzeremo per un posto letto in meno, se a quello corrisponderanno due servizi in più sul territorio. E quando saranno convocate le conferenze dei sindaci lo diremo a cittadini e operatori, chiedendo un loro parere. Non è mai stato fatto, in passato,  non sembra nelle corde di chi oggi finge di correre ai ripari. Anche per questo  proponiamo #unaltracittà

Commercianti, ottimo inizio. Imparare dagli errori….

commercianti

Foto da “Il Caffè”

Nel film “Philadelphia” – che racconta di una grande battaglia legale per le discriminazioni subite da un malato di Aids – c’è una battuta simpatica: “Cosa sono cento avvocati in fondo all’oceano? Un buon inizio”

Non se la prendano, i commercianti di Anzio che hanno riempito la sala consiliare di Villa Sarsina, per il paragone. La loro presenza in quell’aula è certamente un ottimo inizio. L’appello lanciato da Walter Regolanti e Giorgio Buccolini, insieme ad altri, ha trovato la risposta che ci si attendeva.

Ora l’augurio, sincero, è che questa associazione non faccia la fine delle altre e che, al tempo stesso, sia l’unica a rappresentare i commercianti, senza divisioni di sorta e senza interessi – come è stato in passato – dei partiti.

Ne abbiamo bisogno, sia dal punto di vista delle rivendicazioni sindacali della categoria (controlli sul rispetto delle regole, agevolazioni per chi differenzia i rifiuti realmente, interventi sulla fiscalità locale ove possibile) sia, soprattutto, dal punto di vista delle proposte operative (si è parlato della destagionalizzazione, speriamo sia la volta buona).

Invertendo la rotta rispetto anche al recente passato, fatto del fallimento – per esempio – del centro commerciale naturale. Un’idea che altrove, dopo i finanziamenti pubblici, è andata avanti e che qui è stata gettata al vento. Ci sono rimaste le paline arrugginite, cedute dal Comune a quell’associazione mestamente finita. Doveva esserci molto altro, non a carico dell’ente locale però.

Nel loro intervento il sindaco Luciano Bruschini – padrone di casa, fatto giustamente parlare – e l’assessore Giorgio Bianchi, hanno provato a mettere “pezze” a una situazione compromessa. Come se amministrassero altrove. Fa sorridere, per esempio, il primo cittadino, quando dice che le strutture commerciali sono troppe.

Dimentica che quando già governava, prima si autorizzavano le cubature, poi si decideva di metterci i supermercati. A Zodiaco, per esempio. Dimentica (ma il fratello che sostiene la Cafà era poco distante) che quando si doveva approvare il piano del commercio proprio Luigi Bruschini disse rispetto ad Anzio 2 in consiglio comunale, a Carlo Marigliani allora presidente Ascom: “non c’è nessuna Standa e nessun Berlusconi” e quelli avevano, invece, già comprato e deciso di aprire.

Rimase nei cassetti – per volontà dell’amministrazione ma anche di più di qualche commerciante – la “Società popolare anziate” che Giorgio Moscatelli provò a costituire in fretta e furia per avere quelle licenze. Così come naufragò, non certo per colpa del Comune, il Gruppo acquisti del Tirreno che anticipò (e di molto) i tempi…

Passato, vero, da citare per non ripetere gli errori. Anzi, per imparare da quelli. Meglio guardare avanti, comunque,, e far sì che un’associazione rinasca con lo spirito che si respirava ieri: “Quello che è successo a livello turistico è colpa nostra” – ha ammesso – con grande maturità Walter Regolanti.

Buon lavoro a lui – se avessi diritto di voto lo indicherei come presidente di questa nuova associazione – a Giorgio e a tutti gli altri. E’ negli stati di crisi che si reagisce meglio, appartiene allo spirito italiano, quindi il momento è propizio.

Di commercianti maturi, capaci, in grado di stimolare l’amministrazione che verrà e non semplicemente di “chiedere”, di fare proposte e metterci del proprio se necessario, di muoversi nel rispetto reciproco dei ruoli, Anzio ha tremendamente bisogno. Al resto ha già dato.

Ciao Sergio, grazie. Mantenesti la parola data

sergio

Sergio Borrelli

Aho, guarda che se prendo un impegno lo mantengo“. Poteva lasciar perdere, il giudice aveva proposto l’archiviazione della denuncia che avevo presentato nei suoi confronti per l’infelice uscita sull'”infame“, riferita al sottoscritto e pronunciata in Consiglio comunale. Invece Sergio Borrelli, presidente nell’ultimo ventennio della nostra assemblea civica, mantenne la parola data.

Voglio ricordarlo, oggi che ci ha lasciati, partendo da questo aneddoto. In politica è difficile, è noto, che qualcuno rispetti gli impegni. Invece lui – uomo della Prima Repubblica, persona per bene – andò lì e prima di iniziare fece le scuse concordate.

Ero arrivato a presentare denuncia perché in una precedente seduta si era superato il limite. Altri consiglieri avevano già provveduto, lui tentennava, mi spiegò che non ce l’aveva con me, che rispettava il mio lavoro e che  qualche “infame” voleva sfruttare politicamente quella vicenda dei morosi (mai chiarita, peraltro). Anzi, era convinto di sapere chi mi avesse dato la notizia, gli dissi che sbagliava come in effetti era. Ma l’iter era partito, concordammo le scuse e il ritiro della querela, ma con una solerzia senza eguali il magistrato propose l’archiviazione. Velletri sa sempre stupire, del resto… Sergio poteva persino contro denunciare, invece andò lì e spiegò.

Andai a stringergli la mano, subito dopo. Lo conoscevo da tempo, ero ragazzino e lui era già in Comune. Con lui se ne va un modo di interpretare la politica che – come ricordava nelle sue parole di chiarimento – non ho mai condiviso. Però ci siamo rispettati. E chiariti in quella occasione.

Borrelli in questa città è stato tutto, da assessore a presidente del consiglio comunale, da presidente dell’allora comitato di gestione della Usl Rm35 a consigliere all’acquedotto di Carano. Dai tempi della Dc in poi ha attraversato la vita politico-amministrativa sempre da protagonista.  Con risultati che fatico a vedere, per i cittadini, ma questo è un aspetto che in un momento del genere passa in secondo piano.

Non sono mai stato tenero con lui, da ultimo alla guida del Consiglio comunale (dai giornalisti identificati ai regolamenti interpretati a soggetto), non la pensavamo alla stessa maniera sullo sviluppo della città, ma gli riconosco di essere stato leale.  Non è da tutti.

Ciao Sergio, grazie. E un abbraccio ai tuoi familiari

 

 

 

Ospedale: senologia addio, i tumori si operano ai Castelli

 

senologia

Foto da Il Clandestino

L’attività chirurgica per la mammella è “ricondotta interamente ed esclusivamente al centro senologico aziendale” tradotto le donne di Anzio e Nettuno che avranno bisogno di un intervento, in presenza di un tumore, saranno operate solo a Marino o Albano.

Quello che era nell’aria, è adesso nero su bianco e urlare ora – come fa certa politica che annuncia consigli comunali congiunti – ignorando gli atti propedeutici alla decisione assunta dal direttore generale Narciso Mostarda, è praticamente una beffa. Sulla base di “volumi ed esiti” si decide che qui non sono stati fatti, evidentemente, interventi sufficienti e quindi i chirurghi andranno ai Castelli. I documenti preparatori di questo risalgono al 2010 e 2014, chi partecipa alla conferenza locale della sanità – il sindaco o suo delegato – cosa hanno fatto? E la Regione con chi si è confrontata?

Soprattutto alle donne, chi ci pensa? A chi si sente diagnosticare un tumore, sente crollare il mondo addosso, avrebbe bisogno di qualcosa di “vicino“, chi spiega che allo strazio della malattia si unisce il viaggio della speranza a Marino o Albano?

Sia chiaro, qui non si difendono posti letto tanto per…, né ospedali sotto casa,  meno ancora primariati (anzi, unità operative complesse o semplici) che portano consensi ai politici che poi decidono certe cose, attraverso i direttori generali chiamati a rispondere a chi li ha nominati. No, qui si parla di tumori e non possono esserci “numeri” a stabilire che ti opero  a Marino e non ad Anzio, ad Albano in una delle sedute previste e non a casa tua.

Il dottor Mostarda e chi ce lo ha messo, si dirà, è lì per razionalizzare e seguire le “linee guida“, le disposizioni della “rete oncologica” e via discorrendo. Lecito, per carità, ma i ragionieri si possono fare magari sui letti di medicina, sulla riconversione dei posti di otorino in spazi per Rsa, di quelli di oculistica – andiamo per sommi capi – in spazi per post acuti. Non con i tumori.

Anche perché ad Anzio e Nettuno esiste – e a questo punto viene smantellato – uno dei primi servizi oncologici creati nel Lazio. Qui una benemerita associazione come l’Andos ha realizzato iniziative che la moderna “presa in carico” dei pazienti si sogna, in anni nei quali i predecessori di Mostarda sprecavano risorse, la politica nominava i Comitati di gestione delle Usl, e le volontarie seguivano le donne operate al seno. Qui una benemerita associazione come il Comitato contro il cancro di Anzio-Nettuno ha dedicato alla senologia risorse, tempo, impegni che la Regione e Mostarda neanche immaginano.

Ecco, se gli esami del sangue si fanno a Latina, è marginale. Se arrivo in pronto soccorso e in elicottero mi portano a Roma  perché non possiamo curare ovunque un ictus o un infarto “Stemi” (quello per il quale serve l’emodinamica, per capirci) siamo pure d’accordo. Si va ormai verso ospedali – come quello di Anzio-Nettuno – dedicati alle prime cure  e poi pronti a mandare i pazienti dove necessario per salvar loro la vita.

Altro discorso è la “presa in carico“, nella quale i tumori rientrano al di là dell’intervento chirurgico in sé. Qual è il “percorso” che si fa in questa Asl, operare a Marino e Albano le donne di Anzio e Nettuno per centrare gli obiettivi di budget? E un’idea di “Breast unit” a questa azienda è mai venuta?

Poi sarebbe interessante sapere anche cosa si vuole fare per i pazienti cronici, evitare l’affollamento del pronto soccorso, i malati che possono essere assistiti a domicilio e via discorrendo. Si sta smembrando un ospedale, in cambio di? Ribadisco, sono per tutte le razionalizzazioni possibili – e spesso necessarie, dopo decenni di sprechi – sono d’accordo persino con i reparti chiusi se a questi corrispondono servizi sul territorio, ma non quando si parla di tumori.

Nel documento che segue, comunque, trovate le decisioni della Asl deliberasenologia

Spunti per il programma, il confronto sia su questo

Ho ribadito spesso, negli ultimi giorni, che come sono candidato a guidare la città allo stesso modo sono disposto a fare un passo indietro in nome dell’unità della coalizione di liste civiche e delle forze di centro-sinistra che stanno confrontandosi sulla definizione di un quadro politico e del programma amministrativo. Come ho detto e ripetuto, importante è dimostrare ai cittadini che non solo chi ha amministrato e vuole continuare a farlo ha fallito, ma avere una proposta alternativa seria, credibile e unitaria. A prescindere da chi sarà il candidato sindaco della coalizione. Per questo – dopo confronti con amici, conoscenti, persone che vivono altrove e che abbiamo sentito grazie a Skype, gente che con la politica locale non ha mai avuto niente a che fare e ha deciso di essere nel movimento civico #unaltracittà – abbiamo ritenuto di divulgare gli spunti per un programma. Sono quelli sui quali ci sarà il confronto. Altri campi non ci appartengono.

#unaltraprospettiva

Realizzare, non costruire perché di costruito c’è fin troppo. Stop al consumo di suolo e attività mirata alla riqualificazione ambientale come punto principale del programma amministrativo.

1) Revoca della variante “Puccini”

2) Revoca del piano del centro urbano.

3) Incentivi per il ripopolamento del centro legati a sgravi (fiscalità locale) per chi sceglie di risiedere; premi (eventuale cubatura, ovviamente limitata) per chi riqualifica, realizza ascensori e posti auto; premi (fiscalità locale) per chi realizza iniziative tipo B&B e albergo “diffuso”

3) Interventi legati alla legge di rigenerazione urbana

4) Studio di eventuale moratoria dell’applicazione del piano regolatore generale, da verificare perché esistono diritti acquisiti.

#unaltraprogettualità

Il Comune non può essere inteso come ufficio di collocamento per amici degli amici o portatori di voti, bensì come “motore” di iniziative che abbiano ricadute nel breve, medio e lungo periodo.

1) Porto: trattare con la Regione Lazio affinché sia parte attiva del progetto, liquidando se necessario il socio privato della Capo d’Anzio. Coinvolgere ove necessario l’Autorita di bacino che ha mezzi anche finanziari per la realizzazione dell’opera che veda come prioritaria la riqualificazione del bacino interno. Il mega progetto può attendere

2) Investire risorse sui punti di forza della città: mare, mare, mare…. da Nerone allo sbarco, dall’enogastronomia al turismo balneare, con eventi di respiro nazionale e internazionale.

Stop ai fondi a pioggia per manifestazioni di basso profilo, coinvolgimento di altre realtà – soprattutto riguardo allo sbarco – per un grande progetto europeo.

3) Immaginare l’ingresso in una Fondazione già esistente e di spessore per realizzare eventi in sinergia, verificando la possibilità di inserire il Paradiso sul Mare nel patrimonio della stessa Fondazione, in cambio della ristrutturazione dell’immobile e dell’uso garantito alla città.

#unaltramacchinamministrativa

Dove dipendenti, funzionari e dirigenti non abbiano il fiato sul collo della politica e i ruoli siano rispettati. Gli obiettivi da raggiungere ambiziosi e certi, la premialità sia legata ai risultati raggiunti.

1) Un sistema informatico unico, funzionale, che risolve i problemi dei cittadini.

2) Un ufficio relazioni con il pubblico aperto dalle 9 alle 18 come unico accesso per l’utenza, in grado di prendere in carico e risolvere le esigenze dalla carta d’identità alla pratica edilizia

3) Un ente in grado di fornire servizi senza passare per richieste di favori. Serviranno dirigenti, funzionari e dipendenti lineari, non “allineati” come pretenderebbe qualcuno

4) Un ente che prende “in carico” i cittadini bisognosi, li segue e li assiste senza distribuzione di fondi a pioggia ma con progetti di inserimento d’intesa con le realtà del terzo settore e utilizzando ogni possibile sistema di incentivo in cambio di servizi per la collettività

5) Un ente che grazie a un ufficio studi e programmazione conosce i dati, li analizza, interviene sulla base di questi, partecipa a bandi regionali, nazionali ed europei.

#unaltrapulizia

Riduzione della bolletta dei rifiuti, oggi tra le più alte in Italia, attraverso un sistema di raccolta differenziata efficiente e redditizia

1) Blocco della realizzazione di ulteriori impianti sul territorio

2) Verifica della riduzione della capacità di lavorazione dell’impianto autorizzato grazie alla volontà delle amministrazioni uscenti

3) Sgravi reali per chi differenzia, attraverso un sistema di “pesatura” del rifiuto, sistema già in atto in numerose città

4) Totale passaggio al solare e solare/termico degli edifici pubblici; sostegno del Comune – anche attraverso una centrale acquisti – ai cittadini che intendono passare all’energia solare e solare/termica

5) Adesione ai principi del manifesto “Territorio zero” e sua graduale applicazione nel tempo

#unaltratrasparenza

Perché la legalità – a partire dalle cose quotidiane – sia presidio universale.

1) Censimento del patrimonio pubblico, verifica della legittimità dell’occupazione/uso, piano di rientro per i morosi, schede on line sul sito del Comune; certezza attraverso bandi nell’assegnazione e utilizzo degli spazi.

2) Censimento della situazione delle scuole, verifica delle esigenze, programma di interventi a breve, medio e lungo periodo, schede on line sul sito del Comune

3) Disponibilità di spazi pubblici per la cittadinanza, a prezzo calmierato, per lo svolgimento di riunioni e/o incontri

4) Streaming delle sedute di consiglio comunale e commissioni consiliari, di qualità e senza interruzioni pubblicitarie

5) Partecipazione dei cittadini alla vita del Comune anche attraverso opportune modifiche allo Statuto

#unaltramobilità

Immaginare per il trasporto su gomma un sistema che si leghi al “nodo” della nuova autostrada Roma-Latina e allo svincolo Cisterna-Valmontone. Incentivare il trasporto su rotaia e tutto ciò che riguarda la mobilità sostenibile

1) Intesa con Regione Lazio e Trenitalia per la verifica di passaggi “express” per alcuni dei treni da e per Roma, con eliminazione di fermate intermedie (dopo quella di Anzio, solo Lavinio o Padiglione)

2) Parcheggi di scambio ovunque è possibile e incentivo all’uso di navette

3) Estensione dei progetti pedibus in tutti gli istituti scolastici

4) Nodi di scambio treno-bici con percorsi ciclabili che dalle stazioni conducono verso il mare o i parchi.

5) Immaginare – nel lungo periodo – a Padiglione un unico nodo di scambio ferroviario Anzio-Nettuno, con parcheggio multipiano, e riutilizzo della linea ferroviaria con mezzi più “leggeri” o in alternativa la riqualificazione della stessa sul modello della High Way di New York o della pista San Candido-Lienz, con la creazione di un parco urbano ciclabile e “snodi” verso i parchi e il mare

#unaltrasanità

Fatta di servizi sul territorio, presa in carico delle persone con fragilità, meno accessi impropri in ospedale e più prevenzione. Il Comune partecipa alla conferenza dei sindaci, in quella sede dovrà chiedere e ottenere

1) Garanzia dell’assistenza di qualità in fase di emergenza/urgenza

2) Servizi di prossimità per il cittadino affetto da patologie gravi e da patologie croniche

3) Attività di screening e prevenzione che parta dalle scuole elementari per le vicende legate all’alimentazione e arrivi fino alle patologie più serie

4) Realizzazione di servizi per post acuti e lungodegenza e/o Rsa pubblici

#unaltraccoglienza

In una città dove l’immigrazione sia vista come una risorsa e mai come un peso, sviluppando modelli di integrazione.

1) Analisi dei dati e verifiche delle esigenze sul territorio, interventi mirati ove necessario

2) Modelli di integrazione sulla falsariga di ciò che avviene già nelle scuole del territorio

3) Adesione allo “Sprar” per la gestione di eventuali richiedenti asilo

Porto, bando elettorale e una proposta alternativa. Pubblica

porto_palafitte

Il bando per il nuovo porto di Anzio somiglia ormai alla vecchia gestione del trasporto pubblico di Ponza, vale a dire alla signora che con un cappellone di paglia urlava “parte, parte, parte!” e non faceva muovere il bus fino a quando non era carico. Lì, almeno, c’erano i passeggeri, qui una società che si barcamena – è proprio il caso di dirlo – come può.

Sgombero il campo, l’ho fatto pubblicamente e lo ribadisco qui, per coloro che osservano “ma tu sei sempre stato a favore”. Vero, non lo nego. Altri tempi e situazioni. Qualcuno dimentica – conviene – tirai fuori la presenza del privato nella “Capo d’Anzio” che ci era stata data per pubblica e per fare il porto di tutti. Dovevamo mandare via subito Italia Navigando, in Comune non lo fecero. E dovevamo impugnare subito l’atto di cessione a Marconi, in Comune non lo fecero. Ebbene – come, da solo, ripeteva Aurelio Lo Fazio – il problema non erano tanto le procedure (corrette) ma la Capo d’Anzio.

Che da tempo, ormai, pur con una concessione il porto non è in grado di realizzarlo. Lo vuole solo gestire, cosa che interessa il socio privato e la sua rete “Marinedi” che altrimenti – se ne avesse avuto le capacità – doveva apportare i capitali previsti dai patti parasociali e darci il nuovo porto.

Socio privato – nessuno che si è alzato in consiglio comunale a farlo notare – che il sindaco Bruschini prima ha solennemente promesso di “cacciare, parola d’onore” e con il quale ha poi firmato una inutile “road map”, qualche giorno dopo.

C’è chi lo scriveva – in un umile spazio come questo blog – e lo ha scritto. Chi trovava i documenti, i verbali, i bilanci e li rendeva noti e chi ha continuato a guardare il dito e non la luna.

Sgomberato il campo, qualche considerazione e una proposta di via d’uscita. Sulla quale confrontarsi, per chi vuole, senza pregiudizi di sorta.

  1. Perché la Capo d’Anzio per realizzare il primo passaggio dei lavori – sistemazione del bacino interno – non può andare in banca e chiedere un muto di circa 20 milioni di euro? Perché i suoi conti non tornano, nessun istituto di credito – anche per i criteri di Basilea – concede finanziamenti a chi ha bilanci come quelli della società per il 61% ancora del Comune di Anzio. Da qui il bando, con in permuta i posti barca da quello che capiamo. Bando del quale si parla, ormai, da oltre un anno e che sarà l’ennesima occasione di campagna elettorale.

  2. Mettiamoci nei panni della banca X: concedereste un mutuo a moglie e marito che dicono di voler comprare casa e intanto si stanno separando? Ecco, il Comune ha – con colpevole ritardo – iniziato la causa contro il socio privato. Nessun istituto si mette a rischio e questo è un altro ostacolo verso la gara gestita direttamente dalla società. Che punta, invece, a restare a galla – poi quando la Cassazione deciderà chi aveva ragione, vedremo – per far quadrare i bilanci con la gestione.

  3. Come se ne esce? Mandando via il privato, il quale dal primo momento ha chiaro in testa di fare ciò che ha fatto con “Italia Navigando”: prendere più soldi possibili da un’operazione nella quale ha investito ben poco.

  4. E poi? La Capo d’Anzio ha una concessione (a proposito, quanto vale? La famosa stima, pure quella annunciata da più parti?) che la Regione non ha revocato per chissà quale buon ufficio o carità di patria. Decide di sistemare solo il bacino interno – unico “spendibile” e fattibile – ma deve trovare i soldi…

  5. Va coinvolta la Regione stessa, attraverso ad esempio l’Autorità portuale che non si occupa di porti turistici, ma potrebbe anche iniziare a farlo e che, comunque, su quelli commerciali ha competenza e potrebbe – ieri…. – pensare subito all’escavo del canale di accesso. Quello che invece compete, da concessione, alla Capo d’Anzio. L’idea, quindi, è quella di coinvolgere la Regione, entrare nell’autorità portuale, far confluire lì la concessione, affidare alla stessa lavori e futura gestione con una clausola di salvaguardia per i lavoratori che c’erano prima – unici a pagare, finora – e per quelli di adesso. Autorità alla quale il Comune non deve chiedere posti, consiglieri d’amministrazione, nulla se non che il porto resti pubblico.

    Quello che doveva essere all’inizio e che non si è rivelato.