Comuni da sciogliere o non? Servitori dello Stato cercansi

La Prefettura di Roma

Nei prossimi giorni terminerà il mandato delle commissioni d’accesso nominate dal prefetto di Roma, Matteo Piantedosi, e al lavoro ormai dai sei mesi nei Comuni di Anzio e Nettuno. Non conosciamo cosa proporranno al rappresentante del governo nel nostro territorio, ma per il profondo rispetto che abbiamo delle Istituzioni sentiamo di chiedere di non tenere appese queste città.

Motivo? La scadenza del lavoro delle commissioni coincide – in pratica – con la presentazione delle liste per le elezioni di Camera e Senato e l’avvio ufficiale della campagna elettorale. Il prefetto ha 45 giorni di tempo per decidere se proporre o meno lo scioglimento qualora ne ricorrano i presupposti. Vuol dire che – se li prendesse tutti – saremmo andati già oltre le elezioni del 25 settembre. Il governo Draghi è – e sarebbe ancora, a quella data – operativo per gli “affari correnti” che comprendono anche l’eventuale scioglimento dei Comuni per il condizionamento della criminalità organizzata. Ma siamo in Italia, si sa, e spesso alle esigenze della politica si sono piegate quelle dell’ordinaria amministrazione. Lo scenario potrebbe essere, allora, che le commissioni hanno verificato il condizionamento, il prefetto chiede lo scioglimento, ma il ministro rimanda al governo “politico” una decisione che, invece, non deve essere tale. Ma può darsi anche che le commissioni abbiano verificato il mancato condizionamento e si decida comunque di aspettare l’esito del voto.

Ecco, evitateci questa attesa. Siate, tutti, servitori dello Stato che non antepongono altro al ruolo che svolgono. Niente calcoli, strategie, rinvii, soprattutto niente vie infinite che ad Anzio già nel 2018 evitarono di fare luce. I Comuni sono da sciogliere o non? Ditecelo subito, pazienza se qualcuno farà campagna elettorale su questo. Lo sono? Si provveda, al di là delle elezioni, perché non possiamo trascinare oltre questa onta alla quale chi guida le città o le guidava (come a Nettuno) ci ha sottoposto. Sono stati loro, e non altri, ad avere certi contatti per vincere e a trovare sponde in funzionari poi “premiati”.

Si faccia presto, dunque, in un caso o nell’altro. Se poi, come si vocifera, in caso di vittoria del centro-destra alle politiche il prefetto Piantedosi sarebbe in pole per essere ministro dell’Interno, siamo certi che Giorgia Meloni e i suoi alleati apprezzerebbero molto un servitore dello Stato che ha fatto il suo dovere fino in fondo, senza tenere “appese” due città.

A maggior ragione a 30 anni dalle celebrate (spesso a parole e basta) stragi di Capaci e Via d’Amelio e a 40 dal barbaro assassinio di Carlo Alberto Dalla Chiesa, il generale dei Carabinieri e prefetto di Palermo, mandato a combattere la mafia con armi spuntate, che non a caso diceva: “Finché una tessera di partito conterà più dello Stato, non riusciremo mai a vincere”.

“Il silenzio è mafia”, l’importanza di esserci

Ad Anzio non sarà un giorno qualunque, quello di domani, sabato 26 febbraio 2022. E sarà importante esserci, perché saremo in piazza a ribadire il no a qualsiasi forma di criminalità. La manifestazione si chiama “Il silenzio è mafia” e sappiamo bene quanto lo stare zitti, evitare di denunciare, essere omertosi, equivalga a far crescere chi fa del malaffare il suo mestiere. Allora andare in piazza equivarrà a dire che esiste un tessuto sano che non ha nulla da dividere con ‘ndrangheta e camorra che da tempo qui hanno messo radici e fanno affari. Che si sono pericolosamente avvicinate alle amministrazioni pubbliche.

Sarà il modo di dire, tutti insieme, che esiste chi è diverso e non si piega. Lo faremo come giornalisti che da anni seguono le vicende del territorio, con chi approfondisce questi aspetti professionalmente, con i rappresentanti di partiti (senza bandiere, è meglio), associazioni, ma anche semplici cittadini stanchi di uno stato di cose che l’operazione “Tritone” ha solo scoperchiato. Nessun giustizialismo ma tanta voglia di dire basta.

Anzio e Nettuno hanno dimostrato, negli anni, di avere anticorpi. Fu così negli anni ’80 contro il racket, fu così quando al passaggio del corteo “Contro ogni crimine” i commercianti abbassarono le serrande, sarà così domani.

Ospedale, quanta ipocrisia. E adesso chiudetelo…

La sollevazione del mondo politico contro la chiusura del reparto di ostetricia e della pediatria del “Riuniti” di Anzio e Nettuno è ipocrita e tardiva. Fa sorridere come gli stessi che – trasversalmente – per anni sono andati a prendere voti, si sono ingraziati i direttori generali e commissari chiedendo ora di spostare un dirigente, ora di nominare un primario, ora di avere una Uos – unità operativa semplice – e ora una Uoc, complessa, per il medico amico, oggi scendano in campo. C’è da chiedersi dove fossero, da destra a sinistra, quelli che non si sono accorti che di 10 ragazzini registrati all’anagrafe di Anzio, solo 3 nascono in ospedale, contro gli 8 di mica tanto tempo fa. Perché accade questo? Semplice, disarmante direi: quel reparto è stato abbandonato a se stesso dalla Asl, non si è “investito” su personale e mezzi, così da fiore all’occhiello è diventato un luogo in cui si viene, si “sverna”, magari si portano i pazienti verso Roma o altre località, perché qui non ci sono prospettive.

I sindaci, poi, quelli che si sono fatti il “selfie” con il direttore generale Mostarda, da una vita in questo ambiente, personaggio più navigato dei politici di casa nostra. Che ci dirà ora? Che sono i dati? O che arriverà qualche macchinario programmato e atteso da tempo e i nostri primi cittadini saranno più contenti? Oggi si indignano, ma ieri – non tanto Coppola da Nettuno che ancora non c’era quanto il nostro De Angelis, attraverso il suo vice Fontana – hanno consentito che si svuotasse anche otorino. Basta leggere il verbale dell’ultima conferenza dei sindaci. Almeno, stavolta, qualcuno c’è andato. Con Bruschini, del quale il nostro stesso sindaco rimangiandosi gli impegni solenni dice di essere la continuità, alle conferenze non si andava ma poi si facevano i “tavoli” e arrivavano le promesse. Inutili. Perché via via si perdevano la senologia, il centro trasfusionale e via discorrendo. E non è certo esente da responsabilità la Regione Lazio, a guida Pd – unico ancora a non esprimersi sulla vicenda a livello locale – che taglia oggi e taglia domani, apri un ospedale pressoché vuoto come quello dei Castelli, ha perso di vista le necessità di un territorio. E non da oggi, perché se passi da 800 a 300 parti non accade in un anno, hai scientemente scelto di non preoccuparti. Come fu, giova ricordarlo, in campagna elettorale. Quando per rispondere alle divisioni interne del Pd l’assessore D’Amato pose “impegni pregressi” e non partecipò a un dibattito al quale aveva dato la sua disponibilità. Gli impegni erano una inaugurazione a Pomezia, dalla quale Anzio dista 20′. Ecco, le logiche manco di partito ma di corrente, questo è.

E pagano i cittadini, pagheranno ulteriormente le donne private prima della senologia, ora di ostretricia e ginecologia che mica tanto, 10 anni fa, presentava un lavoro a livello internazionale sull’incontinenza urinaria ed era tra i reparti migliori del Lazio. Era un’eccellenza, con i vari Gilardi e Ambrogi, poi è finito tutto. E’ stato fatto finire tutto.

Non è un problema di pediatri – che mancano qui come altrove, in provincia di Latina hanno dovuto pagare cifre enormi e farli arrivare da una società di Bologna – è di scelte mancate. Si metterà anche una “pezza”, adesso, ma non basta. Perché la Regione Lazio deve dirci – e non lo ha fatto – cosa vuole fare di questo ospedale. E deve dircelo oltre le pie intenzioni e le belle parole, nei fatti. Devono dircelo – e non lo hanno fatto – sindaci, assessori, consiglieri comunali di lotta e di governo, magari medici in servizio e al tempo stesso impegnati in politica, proprio con l’ospedale bacino elettorale.

Perché i cittadini sono stanchi di essere presi in giro da chi si ricorda ora di fare una “battaglia” che andava combattuta nella conferenza locale sulla sanità e con i consiglieri regionali di riferimento, adesso è tardi. Perché Zingaretti, l’assessore D’Amato, Mostarda e chi c’è stato prima di loro – amo dire banalizzando che Storace ha gestito la sanità con le unità operative dell’unghia incarnita e Marrazzo dell’osso al piede, mentre negli anni precedenti c’è chi come Pasetto fantasticava di nuovi ospedali proprio al confine, ricordate? – devono prendere coraggio e dirci: signori, qui si chiude. Oppure, signori: qui resta un grande pronto soccorso (ma con il personale adeguato, non con le carenze di sempre) e per il resto dovete andare altrove, dove troverete le eccellenze (!?!) oppure vi arrangerete.

Perché se davvero “prendessero in carico” – e non in giro – i cittadini fragili e i malati cronici, dell’ospedale ci sarebbe bisogno solo per le urgenze reali. Ma si deve trovare il coraggio, una volta per tutte, e con altrettanta determinazione queste comunità debbono dimostrare che per un’utenza di 120.000 abitanti che raddoppiano l’estate serve un ospedale non che abbia tutto ma il minimo indispensabile e di livello. Non i medici che ora arriveranno dal “Bambino Gesù” e poi chissà, non i contratti a termine, non chi è qui sperando di andare via o di restare perché “sono voti”. Guardiamola in faccia, la realtà, è così. E o si investe per rilanciare i reparti e servizi che resteranno, sulla “presa in carico”, oppure meglio chiuderlo l’ospedale. E senza “selfie”.

Estate, rispunta Cappellari. Indignati ne abbiamo?

Chi sia e come la pensi Pietro Cappellari è noto. Non da oggi, né dalle sue esternazioni sulla propria pagina Facebook in occasione delle manifestazioni sul 75°  anniversario dello sbarco che hanno portato alla “cacciata” dei vertici della università civica. Personalmente il mio pensiero è lontano anni luce dal suo, ma in una democrazia tutti hanno il diritto di esprimersi. Chi sia e come la pensi sulla Storia del nostro Paese e di questo territorio – in uno dei periodi più bui dell’Italia –  è ed era noto quando. – oggi come in passato- viene inserito nel cartellone ufficiale dell’estate nettunese il suo “Premio Tridente”


Giusto. Come era giusto (e noto chi lo proponeva, Cappellari appunto) inserirlo nel programma delle manifestazioni di gennaio, anche in virtù di quanto organizzato nei 7 anni precedenti con il premio. Solo che l’ex commissario Strati e la stessa dirigente che disse sì allora come oggi, si sbrigarono in fretta e furia a far pagare al vertice della Università civica le esternazioni di Cappellari non durante le cerimonie ma sui social.

Bene, se sono valide quelle ragioni qualcuno oggi vuole spiegare perché è nel programma ufficiale? E se qualcuno gli ha già imposto di non esprimersi sui social ovvero lo controllerà a vista? Perché se così non fosse nemmeno andava inserito nel programma.

Qualche mese fa  la vicenda finì addirittura in Parlamento, risvegliò dal letargo persino qualche giovane virgulto del Pd, poi poco votato alle elezioni. Il commissario cacciò la direttrice dell’Università civica e decapitò il “board”  a furor di popolo. Aveva dimenticato, insieme alla stessa dirigente,  di avere autorizzato tutto. E adesso, indignati ne abbiamo? Parlamentari di lotta e di governo? Qualcuno che chiede le dimissioni di Coppola o la “cacciata” della dirigente ?

Eh no, dovrebbero adirarsi solo perché si dà spazio a chi la pensa diversamente. Non il massimo della democrazia ovvero il medesimo comportamento che avremmo avuto se 75 anni fa avessero vinto quelli che Cappellari prova a riabilitare.

Il clan, Anzio e Nettuno, gli “omissis” che fanno tremare…

Per chi si diverte a parlare senza sapere, posto anzitutto la foto sopra. Anno 1993 o 1994, manifestazione organizzata dal settimanale “il Granchio” a seguito delle operazioni di polizia note come “Tridente” e “San Valentino” e di un delitto legato al traffico di droga. Qualcuno – soprattutto tra chi è uso cambiare partito a seconda di come tira il vento – è solito dimenticare. Ma l’impegno civile di chi scrive – come per fortuna
(non elettorale, vero, per chi la vede solo da quel punto di vista) di molti altri sul territorio – non inizia e tanto meno finisce oggi. Non era e non è legato ad alcun tornaconto, non avevo e non ho bisogno di “fare” politica per trovare una sistemazione. Il mio curriculum professionale, per chi vuole, è anche su questo sito.

Ora la Lega di Nettuno – mai chiamata in ballo – ha sentito il dovere di replicare alla citazione di atti giudiziari nei quali un clan che a Latina – secondo il racconto di pentiti – ha avuto una certa “vicinanza” con esponenti di quel partito, spiega i rapporti con la criminalità del territorio, compresa quella di Anzio e Nettuno. E’ un fatto. Ho dato spazio, qui ce l’hanno tutti, alla nota arrivata che (perdoneranno gli autori) lascia il tempo che trova.

Perché nei verbali dei pentiti la cosa più interessante – e al momento ignota, spiace per chi mi invita a fare nomi e riferire circostanze – sono gli “omissis”. Sì, le parti che non vengono rese note, perché i collaboratori di giustizia hanno evidentemente segnalato potenziali reati e coinvolto persone sulle quali la magistratura può svolgere accertamenti. A un certo punto, dopo che vengono resi noti i contatti con gli Sparapano e i Gallace – ad Anzio e Nettuno (anche la Lega dovrebbe sapere di chi parliamo, giusto?) c’è un lungo “omissis”. Chi si è pentito ha riferito circostanze che evidentemente possono far tremare chi sa di aver avuto rapporti diciamo poco raccomandabili.

Sono esponenti politici? Altri delinquenti? Persone insospettabili? Non lo sappiamo. Ciò che è noto sono altri atti dai quali certi rapporti escono, almeno su Anzio. Ho detto e ripeto che tutti sono innocenti fino a sentenza definitiva e che le responsabilità penali – ove esistano – sono personali. Ne facevo, ne ho fatto e ne farò sempre una questione di responsabilità (e scelte) politiche. Anche questo non lo dico da oggi, ma non ci sono sordi peggiori di quelli che non vogliono sentire.

Il clan e i rapporti sul territorio, la replica della Lega

Riporto il pensiero della Lega di Nettuno su un mio recente blog. Confermo quanto scritto lì e nelle carte dell’inchiesta. Lascio ad altri – compresa qualche evidente “manina” di Anzio – le vicende personali, professionali ed elettorali. E comunque sull’etica non accetto lezioni. Ribadisco che su questo territorio esiste una emergenza, non la denuncio da oggi ma da oltre 25 anni. Basterebbe avere la bontà di leggere gli archivi. A seguire la replica, questo è uno spazio aperto.

Come sempre accade vicino al periodo elettorale, una parte del centrosinistra e della stampa ‘intelligente’, quella che sale sui pulpiti e fa la lezione e la morale, torna a parlare di mafia associandola a partiti e coalizioni. In questi giorni, senza un’indagine, senza un’accusa, senza una denuncia, si è associato il termine Mafia alla Lega di Nettuno. Il tentativo evidente è quello di danneggiare chi sta portando avanti un percorso politico alternativo a quello di chi scrive.
La stampa ‘intelligente’ è quella che si può permettere di candidarsi a Sindaco ad Anzio con il Pd dopo aver fatto l’ufficio stampa al Sindaco del centrodestra e, dopo aver ben frequentato tutti gli ambienti della politica, oggi sapientemente giudica. E’ troppo facile davvero in questo modo tentare di gettare fango e cercare di favorire persone che sono politicamente più affini. Ma è un modo di agire scorretto e privo di etica personale e professionale. Se il giornalista e candidato del Pd Del Giaccio è a conoscenza di qualche fatto che in qualche modo coinvolge la Lega di Nettuno con atti criminosi o persino mafiosi, lo dica apertamente, faccia nomi, denunci. Se invece così non è dimostri più rispetto per sé stesso e per la sua professione, che ha ampiamente usato per avvicinarsi alla politica e usarla a suo piacimento e che continua ad usare oggi contro quegli avversari politici che lo hanno pesantemente sconfitto alle ultime elezioni
“.

Maurilio Leggieri

Coordinatore della Lega di Nettuno

I manifesti, il clan, la Lega e i rapporti con Anzio-Nettuno

La Prefettura di Roma

Le vicende che riguardano il clan Di Silvio e che portano alla luce – grazie a due pentiti – i rapporti che c’erano a Latina e provincia con esponenti della Lega e non solo, stanno facendo agitare le acque persino nel governo.

Un ministro che ribadisce che lui la mafia la combatte e rischia di avercela in casa – stando a quanto emerge dalle carte – non ci fa una bella figura.

L’uscita su “Repubblica” della sentenza definitiva di Malasuerte e di quanto ad Anzio era ignoto solo a chi finge di non vedere, rimettono in evidenza quanto esponenti della politica di casa nostra abbiano almeno lambito certi ambienti.

E dalle carte emerge, adesso, chi attaccava quei manifesti per conto di noti esponenti politici di Latina e provincia, molto presenti dalle nostre parti, passati da una precedente militanza o saliti in fretta e furia sul “carro” della Lega. Gente che si muoveva tra estorsioni e attacchinaggio a pagamento, nonché compravendita di voti, ad Anzio e Nettuno aveva rapporti con famiglie potenti, note alle cronache. Nelle loro ricostruzioni, i pentiti Renato Pugliese e Agostino Riccardo descrivono per filo e per segno come si muovevano se dovevano andare in una zona non di loro competenza e come – comunque – fossero ampiamente conosciuti per il loro spessore criminale. Che – ricordiamolo agli smemorati o a chi finge di non vedere – è attenzionato al punto che c’è un processo per associazione a delinquere di stampo mafioso nei confronti del clan.

E di cronache si tratta, non di “collage” come scrive il sindaco di Anzio. E non si può rispondere come ha fatto il consigliere Maranesi – anche avendo ragione, anche comprendendo la rabbia del momento – che ci si deve lavare la bocca “con l’acido muriatico” che corrisponderebbe inevitabilmente a fare una brutta fine.

I giornalisti raccontano, gli esponenti di comitati denunciano o riportano quanto emerge da atti giudiziari e indagini, la presenza di ‘ndrangheta e camorra dalle nostre parti è nota e sappiamo adesso che con loro anche il clan Di Silvio si rapportava.

Non c’era bisogno che uscisse Repubblica per ricordarci quanto accaduto da queste parti: lo sapeva bene e lo ha scritto la commissione antimafia, ha finto di non accorgersene il prefetto di Roma, hanno dormito i ministri Alfano e Minniti. Le prove “muscolari” nei seggi di Anzio le ricordiamo tutti ed erano eloquenti. Così come i legami tra le diverse indagini (da “Malasuerte” alle cooperative del verde, da Ecocar a Touchdown e tutto il resto), i personaggi che vi troviamo e i loro rapporti con esponenti di camorra e ‘ndrangheta, l’imprenditore che voleva “ammazzare Placidi” e ha rapporti con la Lega e vorrebbe farlo con chi ancora oggi è in campagna elettorale a Nettuno…. Da ultimo la recente e misteriosa vicende di cronaca – a Lavinio – passata quasi inosservata e che invece ribadisce la contiguità di un certo mondo.

Vediamo cosa farà chi ci governa, che il faro va puntato oggi lo ribadisce Morra, presidente dell’antimafia – e va fatta chiarezza una volta per tutte.

Sbarco, Unicivica e new media. Precedente pericoloso

Al posto del commissario di Nettuno, Bruno Strati, avrei fatto la stessa cosa. Avrei cacciato Chiara Di Fede e Roberto Fantozzi, dandoli in pasto ai vendicatori da social o a quanti si fermano alle “certezze” dei new media. Ma sì, facciamo vedere che esiste una amministrazione pubblica che non guarda in faccia nessuno, decisionista e che non usa mezze misure. L’avrei fatto, se avessi avuto la certezza che quanto sostenuto da interrogazioni parlamentari, da redivivi personaggio del Pd locale, da ambienti del Ministero della difesa e da copia- incollatori di comunicati corrispondeva al vero. Ma così non è.

Ho atteso di capire. Ho letto le ricostruzioni di Controcorrente e del Granchio e ho maturato ancora di più la convinzione che il commissario – evidentemente preoccupato di lasciare Nettuno senza macchie sulla propria carriera- abbia ignorato le responsabilità sue e della struttura. Semplicemente perché se presidente e direttore della Università civica pagano per avere inserito nel programma – noto all’Amministrazione – iniziative alle quali partecipava Pietro Cappellari, allora dovevano essere rimossi tutti quelli che sapevano. E quelli che nel corso di questi anni lo hanno ammesso in Comune per altre manifestazioni. No, Chiara e Roberto non hanno pagato per questo, bensì per le esternazioni che lo storico ha fatto sulla sua pagina Facebook al di fuori di iniziative ufficiali, durante le quali è invece tutto filato liscio.

Affermazioni da rispedire al mittente e fuori dalla storia, senza se e senza ma. Certamente, però,  chi è Cappellari e come la pensa tutti lo sappiamo. Personalmente non condivido nulla di lui, ma una cosa va ricordata: il fatto che proprio grazie alla vittoria della democrazia oggi lui può esprimere le sue posizioni. Al contrario, se avessero vinto quelli di cui è nostalgico oggi non avremmo lo stesso diritto. Questa è la cosa migliore che possiamo opporre a lui e a quanti condividono posizioni fuori dalla  storia.
Il fatto che i social hanno permesso di esprimere tali posizioni a livello globale e che Cappellari lo abbia fatto in modo maldestro (ma nessuno si indignava quando gli stessi “tedeschi” erano ad Anzio) non autorizza a mandare via chi ha predisposto il programma. A farlo – Magari – per “rispondere alla politica”, come scrive il Granchio. O per distogliere l’attenzione da una vicenda – sbaglierò- come quella delle Pro Loco che sembra molto più seria.


Allora va bene seguire e “abituarsi” ai new media, va benissimo farne una fonte – per tutti -ma poi occorre verificare. Perché altrimenti si arriva – come in questo caso – ai licenziamenti causa posizioni altrui scritte su Facebook e si crea un precedente pericoloso. Pericolosissimo. 

Ps, anche il 75′ anniversario dello sbarco è stato- a mio modesto parere- una occasione mancata per far crescere questo territorio 
Ps1, è apprezzabile quanto dichiarato dal sindaco di Anzio sul fatto che finché ci sarà lui non si faranno “guerre” sulla spiaggia che sono anti storiche e abbiamo sopportato (e pagato) per troppi anni. Speriamo solo che nelle mostre fotografiche “liquidate” ci sia qualche immagine nuova, diversa, altrimenti è una ennesima “prebenda”

Lo sbarco, le “solite” divisioni. Continuo a non capire

Cerimonie istituzionali insieme – e ci mancherebbe – altri programmi “separati”. Dopo una sorta di trattativa, messaggi trasversali, iniziative non condivise, tavoli di confronto e chi più ne ha, ne metta. Succede ogni anno, ad Anzio e Nettuno, mancando un progetto comune di ampio respiro e di caratura internazionale come l’evento meriterebbe.

Non voglio tediare oltre, continuo a non capire e comunque l’ho sempre pensata come è possibile leggere cliccando sulle prese di posizione precedenti espresse in questo umile spazio. Per chi ha tempo e pazienza, basta collegarsi.

In ciascuna famiglia con origini in questo territorio c’è chi ha vissuto quell’epoca, chi ha i ricordi di nonni e padri, le città sono decorate con medaglia d’oro al merito civile. Perché continuare a dividersi? Cogliamo l’occasione, pensiamo da oggi all’ottantesimo anniversario, costruiamo qualcosa che resti . E’ chiedere troppo?

Ospedale: senologia addio, i tumori si operano ai Castelli

 

senologia

Foto da Il Clandestino

L’attività chirurgica per la mammella è “ricondotta interamente ed esclusivamente al centro senologico aziendale” tradotto le donne di Anzio e Nettuno che avranno bisogno di un intervento, in presenza di un tumore, saranno operate solo a Marino o Albano.

Quello che era nell’aria, è adesso nero su bianco e urlare ora – come fa certa politica che annuncia consigli comunali congiunti – ignorando gli atti propedeutici alla decisione assunta dal direttore generale Narciso Mostarda, è praticamente una beffa. Sulla base di “volumi ed esiti” si decide che qui non sono stati fatti, evidentemente, interventi sufficienti e quindi i chirurghi andranno ai Castelli. I documenti preparatori di questo risalgono al 2010 e 2014, chi partecipa alla conferenza locale della sanità – il sindaco o suo delegato – cosa hanno fatto? E la Regione con chi si è confrontata?

Soprattutto alle donne, chi ci pensa? A chi si sente diagnosticare un tumore, sente crollare il mondo addosso, avrebbe bisogno di qualcosa di “vicino“, chi spiega che allo strazio della malattia si unisce il viaggio della speranza a Marino o Albano?

Sia chiaro, qui non si difendono posti letto tanto per…, né ospedali sotto casa,  meno ancora primariati (anzi, unità operative complesse o semplici) che portano consensi ai politici che poi decidono certe cose, attraverso i direttori generali chiamati a rispondere a chi li ha nominati. No, qui si parla di tumori e non possono esserci “numeri” a stabilire che ti opero  a Marino e non ad Anzio, ad Albano in una delle sedute previste e non a casa tua.

Il dottor Mostarda e chi ce lo ha messo, si dirà, è lì per razionalizzare e seguire le “linee guida“, le disposizioni della “rete oncologica” e via discorrendo. Lecito, per carità, ma i ragionieri si possono fare magari sui letti di medicina, sulla riconversione dei posti di otorino in spazi per Rsa, di quelli di oculistica – andiamo per sommi capi – in spazi per post acuti. Non con i tumori.

Anche perché ad Anzio e Nettuno esiste – e a questo punto viene smantellato – uno dei primi servizi oncologici creati nel Lazio. Qui una benemerita associazione come l’Andos ha realizzato iniziative che la moderna “presa in carico” dei pazienti si sogna, in anni nei quali i predecessori di Mostarda sprecavano risorse, la politica nominava i Comitati di gestione delle Usl, e le volontarie seguivano le donne operate al seno. Qui una benemerita associazione come il Comitato contro il cancro di Anzio-Nettuno ha dedicato alla senologia risorse, tempo, impegni che la Regione e Mostarda neanche immaginano.

Ecco, se gli esami del sangue si fanno a Latina, è marginale. Se arrivo in pronto soccorso e in elicottero mi portano a Roma  perché non possiamo curare ovunque un ictus o un infarto “Stemi” (quello per il quale serve l’emodinamica, per capirci) siamo pure d’accordo. Si va ormai verso ospedali – come quello di Anzio-Nettuno – dedicati alle prime cure  e poi pronti a mandare i pazienti dove necessario per salvar loro la vita.

Altro discorso è la “presa in carico“, nella quale i tumori rientrano al di là dell’intervento chirurgico in sé. Qual è il “percorso” che si fa in questa Asl, operare a Marino e Albano le donne di Anzio e Nettuno per centrare gli obiettivi di budget? E un’idea di “Breast unit” a questa azienda è mai venuta?

Poi sarebbe interessante sapere anche cosa si vuole fare per i pazienti cronici, evitare l’affollamento del pronto soccorso, i malati che possono essere assistiti a domicilio e via discorrendo. Si sta smembrando un ospedale, in cambio di? Ribadisco, sono per tutte le razionalizzazioni possibili – e spesso necessarie, dopo decenni di sprechi – sono d’accordo persino con i reparti chiusi se a questi corrispondono servizi sul territorio, ma non quando si parla di tumori.

Nel documento che segue, comunque, trovate le decisioni della Asl deliberasenologia