Addio a Bolero, il poeta che non le mandava a dire…

La scomparsa di Valerio Tulli, in arte Bolero, colpisce perché se ne va davvero un pezzo di città. Più che come “tassinaro” lo conoscevamo tutti come poeta dialettale e i ragazzi di oggi continueranno a conoscerlo perché lascia un segno indelebile ad Anzio.

Quando i social network sui quali è stato giustamente giubilato e i giornali on line non c’erano, quando per le poesie trovare spazio sui media tradizionali era praticamente impossibile, lui aveva il suo modo di comunicare: la bacheca in piazza. Con i suoi versi non le mandava a dire a nessuno: era diretto, schietto, sincero, senza peli sulla lingua.

Come quella dedicata al Granchio, “reo” di aver scritto del centro anziani assegnato “provvisoriamente”…

Non c’era evento che non commentasse, non si tirava mai indietro quando gli si chiedevano dei versi. Conservo nella bacheca dietro la mia scrivania quella dedicata all’amico Stefano Pineschi: “… l’amichi ricordannolo da vivo, quanno giocava a baseball drentro er campo, era un ragazzo bravo e comprensivo….” , sulla maglia di “Sei de Portodanzio se...” ci sono i suoi versi per l’evento legato ai soprannomi, in queste ore stanno circolando su facebook – una bahceca mondiale, altro che quella di piazza Pia che non c’è più – una serie di poesie.

Mi piace ricordarlo con i versi che aveva scritto per la sua dipartita che confermano che tipo di personaggio fosse. E  ringrazio Dio di averlo conosciuto. Ciao Bolero!

Er giorno che rimano a denti stretti
e vie’ la morte pe’ portamme via,
nun ve mettete a di’ l’ Avemmaria
e nun bagnate troppi fazzoletti.

Dite sortanto quarche povesia,
una peròmo, in uno o più dialetti,
all’ urtimo pe’ chiude, du’ sonetti
eppoi brindate all’ animaccia mia.

Però in campana…si m’ accompagnate,
quanno venite appresso ar funerale
li fiori addietro nun ve li portate.

Sippoi v’ arisentite un po’ per bene,
li sòrdi che volevio spenne male,
spenneteli pe’ l’ opere de bene.

Giornalisti, i tagli a ogni costo e senza prospettive

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Quello che sta accadendo all’agenzia Ansa è inquietante sotto diversi punti di vista e conferma l’abitudine degli editori a tagliare i giornalisti senza dare, però, delle prospettive per i loro prodotti. La riflessione che fa Vincenzo Vita è condivisibile, perché per anni si è occupato del settore e se “fiuta” una sorta di smobilitazione c’è da crederci.

Di norma, quando si apre uno stato di crisi nel nostro settore, ci viene detto “costate troppo“. E via chi sta per andare in pensione ovvero ha l’età e i contributi per lo “scivolo“. Via ai contratti di solidarietà e alla cassa integrazione. Con un peso sui conti dei nostri istituti di categoria (Inpgi su tutti, ma anche Casagit) non indifferente. Istituti, giova ricordarlo, che ci paghiamo da soli.

Costiamo troppo, in molti casi può essere  anche vero, ma la deriva presa da chi fa editoria in questo Paese è di fare giornali con chi costa meno (spesso precario, spesso a pochi euro a pezzo) o addirittura non è giornalista (“tanto che ci vuole…“), senza dare una prospettiva al prodotto che fa. Della serie: intanto riduco i costi, poi vediamo….

Mentre al New York Times fanno questo esperimento, da noi si fatica a far partire uno strumento – tutti insieme – che afferma un principio basilare: come vai (andavi) in edicola ad acquistare il quotidiano, così devi (dovresti) pagare sul web.

Ecco, dove vogliamo andare? Che prodotto vogliamo fare? Basta solo il click baiting – l’affannosa ricerca di contatti attraverso notizie diciamo… singolari – o davvero vogliamo riempire di contenuti i giornali on line? L’appello di Umberto Eco, in tal senso, è condivisibile. Dovrebbero riflettere i “tagliatori”, perché va bene – per modo di dire – il risultato immediato, ma poi?

Al tempo stesso abbiamo da ragionare noi. Facebook è uno spunto, certo. I tweet sono importanti, vero. Ma prima di far finire ciò che si afferma lì in un sito è necessario verificare, non basta copiare e incollare. Le notizie restano tali, a mio modesto modo di vedere, e le regole per cercarle e pubblicarle pure. A prescindere da dove verranno inserite.

Cercare e trovare notizie, confrontare le fonti, verificare, rispettare una deontologia, la carta dei doveri… Essere credibili. “Meglio arrivare primi su una notizia – diceva un ex direttore dell’Ansa – ma è più importante arrivare bene, con notizie certe“. Questo è e deve essere l’impegno dei giornalisti: fare il loro lavoro, copiando e incollando meno.

Senza i quali si potrà anche risparmiare e far respirare i bilanci delle aziende editoriali, ma non si farà mai un prodotto che possa invitare i lettori – soprattutto quelli digitali – a seguire quel mezzo di comunicazione.

La dichiarazia e i messaggi trasversali, se pensassero ad amministrare…

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C’è un interessante libro del giornalista Mario Portanova, si chiama Dichiarazia (Bur, Milano, 2009) ed è di assoluta attualità per quello che stiamo vivendo ad Anzio in questi giorni. Nella quarta di copertina c’è una frase di Giorgio Bocca: “Ognuno dica la sua, che sommata alle altre finisce nel pentolone del niente“.

Il libro è, anche, una sferzata alla nostra categoria fatta sempre più di copiatori e incollatori anziché di cercatori di notizie, di riempitori di spazi più che di attenti osservatori della realtà. Ma è solo un aspetto del problema. Ormai da giorni, nella nostra città, c’è la corsa al comunicato – con ampio uso/abuso del sito istituzionale dell’Ente – per dire a suocera affinché nuora intenda. Ha avuto spazio Piccolo? Ecco Zucchini. Parla Cafà? Replica Placidi. Maranesi chiede le dimissioni dell’assessore all’ambiente? Lui, sempre sul sito istituzionale, lo bacchetta. E’ un mandarsi messaggi e parlarsi addosso che capiscono in pochi.

Se poi quello che sprezzatamente, insieme ad altri, viene ritenuto un “giornaletto” scrive del terremoto e di presunte dimissioni di due assessori, allora interviene pure il sindaco. Oh, la Cafà e la Nolfi si erano dimesse davvero, così il primo cittadino fa sapere che lui ha respinto le dimissioni, conferma la fiducia e via discorrendo.

C’è chi copia e incolla: chi-che cosa, dove, come, quando e perché sono evidentemente rimosse. Già, perché si sono dimesse? Nessuno lo dice. Loro pure comunicano, ma evitano l’argomento e ringraziano il sindaco. Citano una sua lettera, confermano vicinanza, ma perché si sono dimesse? Mistero. Non siamo al condominio, ma ad amministrare una città, un po’ di trasparenza non guasterebbe.

Invece no, “messaggi“. Le dimissioni, a quanto sembra, lo erano per Placidi. Ci sono di mezzo la visita dell’antimafia in Comune e la storia degli ispettori ambientali. Pare che su questi ultimi, in giunta, fosse stato detto che erano altra cosa e non la ripetizione di quanto fatto un anno fa e sotto inchiesta in Procura. Tutto chiarito? Chissà. Nessuno lo dice, nessuno lo chiede.

In serata l’assessore Placidi usa la sua pagina facebook per dire che la revoca dell’interdittiva alla Ecocar “giova al paese“. Che lui facesse il “tifo” per questa azienda – e non si capisce ancora il perché un assessore debba preferire una ditta appaltatrice anziché un’altra- era noto. Sull’interdittiva una cosa è certa e l’ha scritta Agostino Gaeta: non può passare un anno per sapere che fine fa un’azienda, con quello che ne consegue nei Comuni. Detto ciò andrà capito il motivo per il quale – anche lì usando il sito istituzionale – ci si affretta a intervenire sulla vicenda della Dda in Comune proprio per la Ecocar.

Tra un messaggio e l’altro, dimissioni date e ritirate (un tempo si davano e basta, il mondo cambia però…) c’è una considerazione: se al Comune dedicassero ad amministrare 1/4 del tempo che usano per comunicati, strategie, capire chi dà le informazioni ai giornali e perché, trovare lo spettacolo per un’associazione amica, vedere chi sarà il prossimo sindaco e via discorrendo, questa città starebbe meglio.

Ah, a proposito di giornali. Normalmente hanno delle fonti: dirette, ufficiali e ufficiose. Queste ultime sono fondamentali. Se ne facciano una ragione i profeti della dichiarazia e i cacciatori di streghe.

Consuntivo, residui carta vince-carta perde. E il parere?

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Nello stesso giorno in cui, in extremis e secondo il Pd e buona parte della minoranza che non ha partecipato al voto senza aver rispettato dei passaggi, il consiglio comunale approvava il consuntivo 2014, la giunta procedeva al “riaggiornamento straordinario dei residui attivi e passivi“.

Vale a dire il problema dei problemi del bilancio del Comune di Anzio. Lo hanno sottolineato Corte dei Conti e revisori, ma l’amministrazione ha proceduto ugualmente.

Sappiamo solo da un paio di giorni, chissà stavolta quale guaio informatico ci sarà stato o se qualcuno avrà preso la febbre data la ritardata pubblicazione sull’albo pretorio, che la giunta il 4 giugno ha deliberato sullo stesso argomento smentendo quanto si discuteva in Consiglio comunale poco prima.

Attenzione, è una disposizione di legge. Il Consiglio accertava con il consuntivo gli “ordinari“, la giunta pensava al riaccertamento “straordinario“. Tutto normale, si dirà, ma intanto i conti non sono gli stessi  e ad esempio ne deriva che l’avanzo di amministrazione aumenta di circa un milione di euro.

E diciamo che va bene, ma finora la delibera è rimasta “nascosta“, allora uno si chiede il perché… Vuoi vedere che questo mistero è legato al parere dei revisori dei conti? Sì sì, quello avuto sul filo di lana (e anche quest’anno firmato da soli due dei tre componenti del collegio, una era febbricitante come la volta precedente) per il Consiglio comunale, nella delibera di giunta non c’è.

Eppure deve essere dato per legge. Quindi o non è stato dato – e l’atto mostra qualche lacuna, lo diciamo da profani – o c’è e dice cose scomode, quindi non viene citato. In entrambi i casi è grave e non parliamo di un cavillo qualsiasi. Forse prima di preoccuparsi di voto, alleanze, visibilità e via discorrendo, in maggioranza dovrebbero chiedere lumi. E dall’opposizione farsi sentire.

C’è o no quel parere?

Ah, sia chiaro: a guasti informatici, malesseri, posta certificata che non parte, protocolli che nessuno vede (mica è una sagra del peperoncino da autorizzare o un’ordinanza da revocare) e firme digitali che non funzionano, ormai facciamo fatica a credere…

La Dda in Comune, un’altra pessima “prima volta”

La sede di piazza Cesare Battisti, dove si trova l'ufficio tributi

La direzione distrettuale antimafia che arriva in Comune per prendere atti sulla gara dei rifiuti è un’altra pessima “prima volta” per la città. Ah, in questi mesi ce ne sono state altre…

Si parla di accertamenti, sia chiaro, ma da mesi intorno a questo appalto corrono le voci più disparate ed è evidente, lo afferma lui stesso, che l’assessore Patrizio Placidi – svolgendo il suo ruolo, dice – propenda per la Ecocar Gesam che ha offerto di assumere più lavoratori.

Oggi l’assessore, rispondendo a quel “Pierino” di Marco Maranesi, ci spiega che la Dda è arrivata per “indagini che partono da lontano, estranee ad attività amministrative“. Siamo contenti.

Dell’interdittiva antimafia della Ecocar si sapeva da un anno, a gara in fase di avvio, la corda si è tirata finché si è potuto ma a un certo punto l’appalto è dovuto passare alla seconda ditta classificata. Che non procede finché non ha il contratto, sembra “ostacolato” da Placidi stesso.

Forse anziché inseguire dichiarazioni, “disegni”, comunicati e chi più ne ha ne metta, sarebbe il caso di amministrare. E forse ci saremmo risparmiati qualche “prima volta”.

Ispettori ambientali, dopo il bluff si riparte. E i 100.000 euro?

ispettori

Sembra che abbia fatto la voce grossa pur di vedere approvata la delibera sugli ispettori ambientali. L’assessore all’ambiente Patrizio Placidi tira dritto, ripropone una figura che sarà pure necessaria ma lo scorso anno ha tutt’altro che brillato per l’attività sul territorio. Anzi è stata sostanzialmente un bluff.

Alcune delle associazioni scelte non risultavano iscritte al registro regionale, per esempio, ci furono dubbi sulle sanzioni elevate, sulla liceità dei decreti di “incaricati di pubblico servizio“, su un vigile controllore e controllato, sulla creazione di una inesistente “polizia ambientale“, sulla durata degli incarichi e ci fu persino un’aggressione, ma soprattutto tanti proclami e nessuna risposta ai dubbi. C’è un’indagine della Procura, anche, ma nessuno ha avuto da chiedere spiegazioni, evidentemente, tra Luciano Bruschini, Giorgio Zucchini, Laura Nolfi, Roberta Cafà e Giorgio Bianchi che insieme a Placidi hanno votato in giunta i 20.000 euro necessari ai rimborsi spese per i volontari. Nessun dubbio sul fatto che dopo averli spesi e aver proceduto alle determine di impegno a tempo di record (non sappiamo se sono stati liquidati) nelle casse del Comune non è entrato un euro.  Nessuna richiesta sull’utilità reale di queste figure nel mantenimento della città pulita. Nessuna curiosità sul fatto che alcuni ispettori hanno contribuito alle sorti della lista Enea.

Nessuna richiesta – e sono amministratori, conoscono o dovrebbero conoscere il bilancio – sul mancato introito di 100.000 euro del quale ha parlato Placidi in conferenza stampa e il neo presidente della commissione ambiente, Antonio Geracitano, in consiglio comunale. Né sono curiosi, evidentemente, i consiglieri di maggioranza. Magari, chissà, andranno a segnalare a Placidi qualche nominativo da inserire nei volontari da rimborsare…

Senza pensare che il 20 febbraio scorso il capogruppo Pd Andrea Mingiacchi aveva chiesto, senza mai ottenere risposte: “Quante sono le sanzioni elevate dagli ispettori ambientali; se corrisponde al vero la cifra di 100.000 euro, resa nota dall’assessore a mezzo stampa, o a quanto ammontano in realtà le sanzioni stesse; in quale capitolo d’entrata del piano esecutivo di gestione trova riscontro l’importo delle multe degli ispettori ambientali; se le eventuali cifre relative alle sanzioni sono certe ed esigibili per l’amministrazione; qual è stato il ruolo, a riguardo, della Polizia locale“.

Nulla, si va avanti e basta. Un anno fa circa Patrizio Placidi parlava di “tolleranza zero” e aveva pienamente ragione. Ma se trovo degli zozzoni incivili, li segnalo, ma quelli non hanno conseguenze, cosa li ho trovati a fare?

Questo nessuno l’ha chiesto in giunta. Spenderemo altri 20.000 euro, speriamo non ancora a vuoto.

I rifiuti e chi non paga, chissà quante sorprese emergerebbero….

Il vice sindaco Giorgio Zucchini

Il vice sindaco Giorgio Zucchini

E’ trascorso un altro anno e di chi non paga la tassa sui rifiuti ad Anzio – diventando persino “inesigibile” – non sappiamo più nulla. I solenni impegni del vice sindaco e assessore alle finanze e del responsabile dei tributi sembrano aver prodotto ben pochi risultati se buona parte dei residui sono legati proprio alle varie Tarsu-Tari e compagnia.

Peccato che non sia mai venuto in mente ai consiglieri di opposizione di fare come i colleghi del nuovo Centrodestra a Roma che hanno chiesto (e ottenuto) la lista degli insolventi. Ce n’è per tutti, come si legge nell’articolo del Messaggero.

Il caso adesso è in Parlamento, suggerimmo mestamente tempo fa di chiedere al garante della privacy se era possibile pubblicare i nomi degli evasori ovvero di mandar loro una nota dicendo: caro contribuente, visto che non paghi, ora lo faccio sapere…

Evidentemente non c’è bisogno, a Roma hanno fatto in modo diverso. Sono enti, vero, ma magari qui scopriamo che tra chi deve dare soldi al Comune c’è qualche consigliere o società “vicine” ad assessori, emerge qualche altra incompatibilità o quanto meno delle sorprese.

Perché continuiamo, dunque, a non poter sapere, visto che poi la “quota” di inesigibili è a carico dei cittadini onesti?

Torna l’acqua al “Borghese”, grazie al burocratico buon senso

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Immaginiamo che la dirigente del Comune di Nettuno, Rita Dello Cicchi, capisca di baseball quanto chi scrive di curling, ma è bastato un po’ di burocratico buon senso per risolvere uno dei problemi dello stadio “Steno Borghese”.

Fino a poche settimane fa, in Comune, sedevano grandi esperti di questo sport che per guardare alle diatribe fra le due società non si accorgevano, evidentemente, che l’acqua di pozzo poteva essere usata per irrigare.

La pessima figura che sta facendo la “Città del baseball” ancora oggi – con una delle squadre che rischia di giocare i play off in trasferta – forse si può rimediare. Viene da dire che se anziché mettersi a discutere, parteggiare per l’una o l’altra società, la politica cittadina a cominciare dall’ex sindaco Alessio Chiavetta si fosse messa seduta per decidere cosa era necessario fare per risolvere il problema, oggi non saremmo a questo punto.

Ah, forse Chiavetta sarebbe ancora al suo posto. Ma questo è un altro discorso.

Mense e rifiuti: gara che vai, usanza che trovi…

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L’annullamento in autotutela della gara per la refezione scolastica arriva ad anno concluso, senza una nuova gara possibile da qui a settembre – sarebbe un record, hai visto mai? – e viene adottato sulla base dell’ormai famigerato parere dell’Anac.

Viene da dire gara che fai, usanza che trovi. Già, perché ammettiamo che andasse realmente annullato l’appalto sulle mense, che quella partita si sia giocata con arbitri che non potevano essere ufficiali di gara per mille motivi (ma è singolare dire che non si è cercato all’interno, via, le professionalità dovrebbero essere note a chi bandisce una gara….), devono passare tutti questi mesi per decidere? In autotutela – ma di queste vicende, ammetto, capisco poco – significa che ti accorgi di un errore e intervieni subito. Qui si “maschera” una revoca del servizio forse nell’unico modo possibile. Di certo dopo il parere Anac e dopo le dichiarazioni pubbliche sulla “revoca” si arriva a una cosa diversa.

Soprattutto non si dice cosa accadrà l’1 ottobre. Non doveva essere scritto nella determina, ovvio, ma chi fornirà i pasti? Come si pensa di procedere?

Gara che vai, usanza che trovi, dicevo. Ebbene qui la composizione della commissione, come afferma l’Anac, era illegittima. E si è proceduto, con calma, di conseguenza.

E la composizione della commissione per l’appalto sui rifiuti? Lì l’arbitro è stato “scelto” direttamente e dopo le sollevazioni via comunicato prima del giovane Marco (Maranesi) e poi del capogruppo Pd Mingiacchi, sembra tutto messo a tacere. Quando il consigliere di maggioranza Del Villano aveva chiesto lumi sulla regolarità delle nomine in quella commissione il segretario aveva riferito che era tutto a posto ovvero che gli era stato riferito che era tutto in regola.

Si è scoperto dopo, invece, che il dirigente oggi chiede la nomina di un ingegnere e un quarto d’ora dopo si vede rispedire dalla Provincia un fax con scritto “nulla osta”, quindi lo nomina. E pensare che neanche è dipendente della Provincia ma di una società partecipata.

Certo, è un esperto e partecipa a diverse commissioni, ma non possiamo fare davvero che a seconda della gara cambiano i criteri. E che a seconda della gara da una parte si annulla, dall’altra si fanno le conferenze stampa per dire che è tutto a posto.

Un’ultima nota. Se la Camassa (aggiudicataria pur essendo arrivata seconda nell’appalto rifiuti perché la prima ha ancora un’interdittiva antimafia) non rispetta quanto ha scritto nel capitolato è giusto sanzionarla. Sarebbe interessante conoscere quante sanzioni ha avuto fino a oggi, dato che parte del servizio lo svolgeva già, e se ci sono state perché l’assessore Placidi – particolarmente attento a questa gara – non ha sentito il bisogno di comunicarle con la medesima urgenza.

Porto e ormeggiatori, adesso tutto alla luce del sole

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L’ordinanza con la quale il Consiglio di Stato ha deciso di sospendere il provvedimento che consentiva alle cooperative di ormeggiatori del porto di restare al loro posto fino alla trattazione di merito del 15 luglio dice una cosa elementare: se c’è una concessione unica, non possono esserci “isole” al suo interno.

Di più, si parla di “intervenuta scadenza delle concessioni rilasciate dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti in favore delle Cooperative attuali parti appellate” ed emergono questioni che più volte sono state affrontate, ascoltando le varie parti in causa, nei dibattiti pubblici, negli articoli di giornale e nelle prese di posizione sui social network: la sicurezza e le assunzioni.

Scrivono i giudici dell’appello amministrativo che lasciare le cooperative al loro posto “comporterebbe il ritardo nell’avvio degli interventi di messa in sicurezza delle aree demaniali con evidente rischio per l’incolumità degli utenti del porto di Anzio” e che esiste “la disponibilità della Società appellante ad assorbire la forza lavoro delle cooperative attuali parti appellate nella nuova gestione dello stesso porto“.

L’incolumità degli utenti, bene o male, c’è stata finora come da decenni sono lì le cooperative. Qui si continua a pensare che a crono programma invertito andassero convocati i rappresentanti e spiegato che l’intesa firmata quando si immaginava il “doppio porto” era da rivedere. Il Comune e la Capo d’Anzio dicono di averlo fatto, gli ormeggiatori no, ma è acqua passata ormai. La gestione è iniziata da parte della società e l’interesse intorno al porto è confermato.

Oggi, in teoria, le cooperative potrebbero essere allontanate, fosse pure per una ventina di giorni, da qui al merito, ma resta quella “disponibilità” .

Anche qui, gli ormeggiatori dicono di avere ricevuto proposte tali da “essere presi per il collo“, la Capo d’Anzio sostiene  il contrario.

Allora adesso si faccia tutto alla luce del sole. Una società pubblica capace di comunicare farebbe una cosa semplicissima: “Prendiamo atto della sentenza con soddisfazione, andiamo avanti, ribadiamo che siamo pronti ad assumere con queste condizioni e contratti….” E le renderebbe pubbliche, evitando e addirittura prevenendo la “processione” che ora inizierà da questo o quel politico, se non dal sindaco (che rappresenta pur sempre il 61% delle quote ovvero dei cittadini) per dire che una sistemazione va trovata.

Certo che sì, ma è bene che il 61% che era e finora resta dei cittadini, sappia quale nella massima trasparenza.