Le due facce di Bruschini, il porto che ci meritiamo. Arrivederci

Il 30 settembre sarà trascorso un anno. Allora, in Consiglio comunale, nella sede istituzionale per eccellenza, il sindaco diceva senza mezzi termini che avrebbe cacciato il socio privato Renato Marconi con le buone o non e che fino a quel momento aveva perseguito una precisa strategia per arrivare all’inversione del crono programma.

Si parlava della nuova fideiussione con la Banca Popolare del Lazio, quasi un anno dopo ignoriamo se e quante rate sono state pagate di un prestito rinnovato più volte e per il quale sarebbero stati usati i soldi degli incassi dei canoni demaniali. Il sindaco aveva svelato la sua strategia, era pronto per una nuova gara.

Fino a 13 giorni dopo, quando ha sottoscritto proprio con Renato Marconi la “road map” della società confermando tutto ciò che era stato fatto fino ad allora.

Il documento firmato da Bruschini e Marconi il 13 ottobre 2014

Il documento firmato da Bruschini e Marconi il 13 ottobre 2014

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In un Comune nel quale pochi leggono i documenti, ma tanti sono avvezzi alla dichiarazia spesso ignorando di cosa parlano, basterebbero questi due passaggi per dire: “Caro sindaco, non si può prendere in giro una città sull’unica opera che vede tutti concordi nel dire che potrebbe essere quella del rilancio“.

Un cittadino, proprietario di quella piccola parte che ognuno di noi ha del 61% delle quote della Capo d’Anzio, cosa dovrebbe pensare? E un potenziale acquirente? A quale faccia di Bruschini credere, quella dello stratega che caccia Marconi o del socio che firma e conferma la linea seguita?

Non è tutto. Perché Bruschini al bando ha dimostrato di crederci davvero e lungi dal cacciare Marconi – la causa dopo il parere dello studio Cancrini rimasto a lungo nei cassetti e persino secretato,  poteva iniziare nel 2012 –  e dal rispettare la “parola d’onore” data in tal senso in Consiglio comunale, ha incaricato uno studio legale di redigerlo. A dicembre 2014, due mesi dopo la firma con Marconi che sanciva come “Tale  nuovo piano realizzativo rappresenta l’unico modo per mantenere la continuità aziendale e salvaguardare l’iniziativa e la società”, è stato incaricato lo studio Venturella.

Bando arrivato, al quale mancherebbe il piano finanziario e che tanto ha “agitato” consiglieri comunali di maggioranza e stampa locale. Quello che non si dice? E’ disarmante: il piano c’è, è agli atti, se Bruschini vuole apre gli armadi e lo allega alla proposta dello studio Venturella.

E’ che il bando non si può fare, perché andrebbe prima fatto un progetto esecutivo, quindi andrebbe pubblicata la gara europea (per la cronaca, ci sono i soldi per pagare la Gazzetta ufficiale?), infine attese le eventuali proposte. Un anno per l’esecutivo, due mesi di pubblicazione, sei per le offerte. Senza contare che in Regione sono già stufi della “tarantella” seguita all’inversione del crono programma di fatto mai attuata per vicende diverse.

Ora speriamo che qualcuno in Consiglio comunale, documenti alla mano, chieda: a quale sindaco dobbiamo credere?

In mezzo, nel corso dell’ultimo anno, storie di investitori turco-napoletani, gruppi interessati, ricorsi, politica ancora divisa, un presidente della Capo d’Anzio poco istituzionale, annunci sul bando da parte di alcuni componenti della maggioranza. Ma fateci il piacere, avrebbe detto l’immenso Totò.

In tutto questo c’è l’ombra del piano di razionalizzazione della Capo d’Anzio per il quale dopo una proposta in consiglio presentata da Candido De Angelis è calato il silenzio ovvero è stata messa la testa sotto la sabbia. Senza, la società va sul mercato.

Tutto ciò per dire che il porto così com’è, alla fine, ce lo meritiamo. Non siamo una città che guarda oltre gli interessi di pochi –  siano del politico di turno o dell’ormeggiatore, del concessionario abusivo che non vuole andarsene o di chi preme perché resti tutto così. Lo è stato per 40 anni… Questa è la città, del resto.

Comunque arrivederci a chi ha la bontà di leggere questo blog  e grazie della pazienza.

Per alcuni giorni chi apprezza dovrà fare a meno, chi vede in questo spazio una “scocciatura” tirerà il fiato. Appuntamento a partire dal 7 settembre.

Porto, la “road map” che il sindaco finge di non conoscere

L'atto firmato dal sindaco e da Marconi

L’atto firmato dal sindaco e da Marconi

Quattro pagine firmate da Luciano Bruschini, sindaco di Anzio, in rappresentanza del Comune proprietario del 61% delle quote della Capo d’Anzio e da Renato Marconi, in rappresentanza della Marinedi che detiene il 39% della società nata per costruire il nuovo porto ma costretta dagli eventi a provare a gestirlo.

Quattro pagine che per primo il sindaco, quindi coloro che si sbracciano per il bando, dovrebbero leggere. Sono la cosiddetta “road map” di quanto accaduto intorno al bacino e alla società dalla data della concessione al 13 ottobre 2014, quando l’atto viene sottoscritto.

E’ l’ennesima dimostrazione di quanto, sul porto, siamo arrivati a chi la spara più grossa. In quelle quattro pagine si ricostruisce l’accaduto e si dà atto delle scelte compiute per l’inversione del crono-programma e la gestione dell’attuale bacino, attraverso le fasi pubblicate poi sul sito della società.

Tale  nuovo piano realizzativo rappresenta l’unico modo per mantenere la continuità aziendale e salvaguardare l’iniziativa e la società“. Questo c’è scritto

Poi Bruschini ha deciso di chiedere il bando, oggi si “svegliano” prima Millaci e poi l’altro Bruschini.

Ecco, sarebbe il caso di ricordare cosa si firma, prima di chiedere bandi e di leggere gli atti – li ha forniti la Capo d’Anzio nell’unica e burrascosa conferenza pubblica che ha tenuto, a gennaio scorso – prima di intervenire.

Mense, un’altra informatizzazione. Sarà la volta buona?

L'assessore Laura Nolfi

L’assessore Laura Nolfi

Speriamo sia la volta buona e che sull’informatizzazione del sistema delle mense scolastiche si metta finalmente la parola fine. Nel Comune 3.0 promesso da Luciano Bruschini in campagna elettorale, gli ultimi bollettini sono stati consegnati ai bambini negli zaini, come si faceva dieci anni fa. Sperando che qualcuno paghi. Anzi, ci dovranno dire come immaginano di fare il “conguaglio” dell’ultima rata dello scorso anno scolastico, chi ha preso le presenze e dove sono…

Già, perché è noto che all’indomani della sospensione di Angela Santaniello e della “rivoluzione” decisa dal segretario generale Pompeo Savarino (il quale per non saper leggere né scrivere decise di smantellare l’ufficio) quello che è successo nella gestione delle mense dal punto di vista della gestione amministrativa è tutto da capire. Dati introvabili, di sicuro, ma perché il sistema non funzionava, perché c’era chi non lo sapeva far funzionare o perché c’è chi li ha fatti “sparire“? Ancora oggi lo ignoriamo.

Ora apprendiamo che la “solita” Maggioli, che come leggiamo dall’ultima determina agisce in esclusiva, si vede riconosciuti oltre 28.000 euro per “la fornitura del servizio di assistenza, manutenzione e aggiornamento del software di gestione in dotazione agli uffici di refezione e di trasporto scolastico per l’anno scolastico“.

Bene, capiremo finalmente qualcosa? Controlleremo on-line come facevamo, senza poi vedere misteriosamente sparire questo servizio? Pagheremo dal sito, una volta per tutte? Lo ignoriamo.

Quello che sappiamo, invece, è che fra il 2010 e il 2013 tra Tecnorg (ci collegavamo, funzionava….), Maggioli, Mercurio service e “data entry” vari abbiamo già speso 83.000 euro circa, ai quali aggiungere i 2900 di aggiornamento del 2014 e i 28.00 di adesso.

Fa 113.900 euro in meno di cinque anni, solo per questo settore. Sostanzialmente per saperne ben poco, viste le recenti vicende.

Chissà come avranno fatto a Caivano, oppure a Diano Marina, e quanto avranno speso, di certo con una cifra del genere dovevamo conoscere i dati e avere la possibilità di accedervi. Speriamo che questa sia la volta buona, davvero.

Di sicuro il 3.0 “de noantri” ha dimostrato ancora la sua totale inadeguatezza

Il bando del porto e l’ospedale, se tutto diventa “vero”

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E’ singolare, non usiamo altri termini, quanto sta accadendo rispetto al porto e all’ospedale di Anzio. Sembrano argomenti distanti tra loro, privi di legami, invece uno ce l’hanno. E’ l’eco mediatica che stanno avendo vicende irreali.

Come altri affermavano “ripeti una bugia cento, mille, un milione di volte e diventa una verità“. Era vero allora, lo è ancora di più oggi nell’epoca dei “personal media“, quando tanti colleghi smaniosi del copia e incolla riportano troppo spesso sui siti ciò che accade sui social network. Peggio, quando alla notizia che pure c’è non segue l’approfondimento.

Prendiamo il porto. E’ una notizia che il sindaco abbia chiesto di fare un bando, affidandosi a uno studio di fiducia, fa notizia che sia nei cassetti da mesi, ma detto questo e al netto delle esternazioni del presidente della Capo d’Anzio Luigi D’Arpino, vogliamo dire quello che è successo?

Il consiglio d’amministrazione del 19 dicembre 2013 ha approvato il nuovo piano finanziario della Capo d’Anzio, quello che prevede l’inversione del crono programma e l’avvio delle fasi 1 e 2 così come riportato sul sito della società. Il sindaco, che rappresenta il 61% della Capo d’Anzio ovvero i cittadini, sa da allora che per uscire dall’angolo ed evitare il fallimento della società era necessario procedere in questo modo. Il consiglio d’amministrazione ha approvato, le assemblee – lui presente – hanno ratificato. Le prime due fasi sono relative alla gestione, la terza alla possibile realizzazione del raddoppio. Nelle 27 pagine del piano c’è tutto, ma il  sindaco ha deciso che si doveva rifare la gara.

Tra il dire e il fare, però, c’è di mezzo il mare… Il bando è annunciato a più riprese, poi si scopre che è arrivato ma qualcosa non “quadra” tra società che ha un input diverso e Comune che evidentemente vorrebbe fare altro. Arrivano le roboanti dichiarazioni di chi dopo anni di silenzi “scopre” il porto, ma nessuno dice che il bando oggi come oggi non è fattibile. Solo tra pubblicazione e gara passa un altro anno, qualcuno vuole spiegarlo? Nel frattempo la società è fallita o è stata ceduta.

In realtà annunciare il bando serve al sindaco, ancora una volta, a tenere rabberciata una maggioranza specializzata ormai in bancarelle e distribuzione di biglietti agli spettacoli estivi. Della serie “Ora facciamo il bando, vedrete, 130 milioni di euro….”  E nessuno dei consiglieri sente di chiedere: “Scusate, ma il piano di razionalizzazione perché non lo abbiamo più fatto?” Era un obbligo, ma che importa… C’è l’associazione di qualche amico da accontentare, il resto può attendere. E il bando diventa uno specchietto per le allodole.

Lo stesso vale per l’ospedale. Il merito al presidio per aver alzato la guardia va riconosciuto, ma nessuno spiega ancora che il “Riuniti” non chiude. Anzi, si continuano a mandare messaggi tra i politici che sono al presidio – e sembrano gli unici duri e puri – e quelli che osano parlare di ospedale.

Ma scusate, l’atto aziendale della Asl qualcuno lo ha letto? E basta un accorpamento di reparti a far chiudere un ospedale? O l’allarme dato da chissà chi? La Asl farebbe bene a tenere una conferenza e a spiegare che si può discutere sui reparti di degenza intesi come “fortino” di qualche primario, ma l’emergenza, il punto nascita con pediatria e l’ oncologia non si toccano. Perché non ha senso e non è scritto da nessuna parte.

Solo che c’è il bando del porto, poi c’è presidio, l’hanno scritto su facebook, l’ha ripreso il sito… E tutto diventa “vero”. Dispiace, ma non è comunicazione.

Porto, non sono i giornalisti a fare confusione

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Una pagina del settimanale “il Granchio” dedicata al bando per il nuovo porto consegnato al Comune e lì rimasto ha scatenato la reazione del presidente della Capo d’Anzio, Luigi D’Arpino, che sui social network – dei quali fa un  uso abbondante e poco istituzionale – ha espresso il proprio dissenso su quanto pubblicato.

E’ un passaggio che serve come punto di partenza per dire chiaramente che sul porto non sono i giornalisti a fare confusione. Dovevamo avere il doppio porto, le crociere e tutto il resto, ci ritroviamo a gestire una bagnarola poco sicura e con il canale d’accesso insabbiato alla prossima mareggiata. Già questo basta e avanza, ma uno capisce che i tempi sono cambiati…

E scopre l’ondivaga posizione di chi rappresenta il 61% pubblico della “Capo d’Anzio” ovvero il sindaco di Anzio, Luciano Bruschini.

Nell’articolo del settimanale si afferma che il sospetto è che si voglia andare avanti con la sola gestione. Non è un sospetto, ma una certezza. E’ quello che ha stabilito l’assemblea dei soci della “Capo d’Anzio” – sindaco presente – per uscire dall’angolo di un mega porto irrealizzabile e cercare di non portare i libri in Tribunale.

Il piano finanziario è di dicembre 2013, poi è arrivata la richiesta (accolta) di inversione del crono-programma e di avvio della gestione per salvare la società. Mentre tutto questo avveniva, il sindaco andava in Consiglio comunale a dire che avrebbe fatto il bando e incaricava uno studio di scriverlo.

E’ cosciente, anche se dice sempre che lui “non sa“, che il bando oggi è un’avventura. Già solo pubblicarlo e aspettare eventuali offerte fa passare quasi un anno, poi? La Capo d’Anzio nel frattempo è andata fallita o ha ceduto la concessione al miglior offerente o per la spending review è finita al socio di minoranza Marinedi, Renato Marconi.

Ecco, la confusione non la fanno i giornalisti ma chi sul porto ci ha detto tutto e il suo contrario. Siccome i cittadini di Anzio hanno il 61% delle quote, il sindaco aveva (e ha) il dovere di avvisarli e di seguire una linea logica.

Invece dal singolare avvento di Renato Marconi in poi (vicenda che in altre sedi andrebbe indagata, ma ha avuto il placet nazionale di governi diversi e trasversali…) Bruschini ha dato una botta al cerchio e una alla botte.

Si poteva impugnare il passaggio di quote, per esempio, c’era un ordine del giorno del Consiglio comunale e un parere legale profumatamente pagato. Ma Bruschini prima ha detto che Marconi serviva “perché il Comune non poteva fare certe cose“, poi si è solennemente impegnato a mandarlo via, quindi ci ha messo un altro anno a scrivere una lettera per chiedere quote che andavano restituite “al valore nominale” secondo i patti parasociali che Marconi stesso aveva firmato quando presiedeva Italia Navigando. Si è atteso, dato carta bianca – dal nome al logo, al nuovo sito – a Marconi e ai suoi uffici, ora mandarlo via costerebbe un occhio della testa oltre a essere difficilmente proponibile.

E la relazione alla Corte dei Conti per dire che la società deve rimanere pubblica in quanto il porto è strategico? Il termine di marzo 2015 è passato da un pezzo, nulla è stato fatto, il Comune sarà costretto a cedere le quote e se arrivasse un nababbo a offrire 10 milioni di euro, Marconi avrebbe diritto a tenere tutto per sé alla stessa cifra.

E gli acquirenti, ora turchi ora russi, ora americani, dei quali si parla da mesi? Mistero. La vicenda della sede in piazza, poi, ha del surreale…. Assegnata, mai usata, affidata non si sa ancora a chi ma per la quale nel frattempo il Comune chiede i canoni arretrati.

Per non parlare della situazione creatasi con gli ormeggiatori: la società fa ricorso sulla sospensiva ottenuta dalle cooperative, vince al Consiglio di Stato, il sindaco – spinto da consiglieri comunali di maggioranza – li rassicura che qualunque sia l’attesa pronuncia del Tar  fanno “la stagione, poi si vede“.  L’hanno fatta, si attende la sentenza, ma la confusione resta tanta. Se dovessero perdere, cosa succede? Qual è l’offerta di assunzione fatta e mai resa nota ufficialmente? Cosa impedisce di farlo, quando è noto dai bilanci il costo che le cooperative hanno per il personale? E’ stato proposto meno di quello?

Senza contare quello che ha fatto la società, prima la vendita dei “Dolt” e poi la restituzione dei soldi, le dimissioni date dal presidente (e comunicate ai giornali) anzi no. Un parcheggio sul quale sono servite due delibere e non c’è ancora chiarezza. Sono i giornalisti a fare confusione?

Ma immaginiamo per un attimo l’assemblea Fca che decide di seguire un percorso, lo annuncia ufficialmente, mentre Marchionne alla prima occasione dice l’esatto contrario e dà mandato agli uffici di fare altro? Ecco,   il porto ad Anzio doveva rappresentare – per chi come scrive ci ha creduto e l’ha sostenuto – un maxi investimento della Fiat/Fca. E’ diventato altro grazie alla politichetta di paese e a qualche guru romano, ma  ripetere la storia è ormai inutile.

Una cosa è certa: al posto di D’Arpino, anziché scagliarsi su chiunque scrive, ce ne saremmo andati da tempo. Perché l’assemblea ha detto una cosa che lui, insieme al resto del consiglio d’amministrazione, ha portato avanti. Nel frattempo il socio di maggioranza ha scelto di fare altro. Alimentando la confusione

Sono i fatti, scriverlo è il nostro mestiere.

L’estate ha mille colori, anzi no. Quanto è difficile comunicare

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Tutti intorno allo stesso tavolo, un programma che si sforzava di essere unitario, nuovi il nome e il logo. Uno sforzo condivisibile, Anzio summer time “l’estate ha mille colori”. O forse no, perché a seconda di chi organizza la musica cambia.

Nel pubblicizzare gli spettacoli di Maurizio Battista (tutto pieno, anche troppo…) e quelli a seguire, infatti, rispunta Anzio estate blu.

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Per altri spettacoli, più semplicemente, è comparso Anzio estate 2015.

E’ chiaro che tutto questo disorienta, non è credibile, vanifica gli sforzi fatti per dimostrare che c’è un cartellone unitario – discutibile quanto si vuole e con criteri ancora una volta tutti da capire – e che “comunica” allo stesso modo.

Non c’è bisogno di guru della pubblicità per spiegare che il “brand” Anzio associato all’estate deve avere sempre lo stesso segno di riconoscimento. Speravamo dopo quella conferenza stampa che fosse stato capito. Evidentemente non è così.

L’estate ha mille colori, anzi no… Buon Ferragosto!

Mense, si mangia. Ma ora serve una svolta

L'assessore Laura Nolfi

L’assessore Laura Nolfi

Va dato a Cesare quel che è di Cesare. Nei giorni scorsi, provocatoriamente, chiedevamo se i nostri bambini avessero mangiato a partire dall’1 ottobre, dato il ricorso della cooperativa “Solidarietà e lavoro” alla quale era stato tolto l’affidamento perché conferito da una commissione ritenuta “illegittima” dall’Autorità nazionale anti corruzione.

Ricorso che è stato bocciato e ha consentito al Comune di proseguire con l’affidamento diretto per un anno, al prezzo più vantaggioso, in attesa di una nuova gara.

Ebbene c’è stato l’affidamento annuo, a ottobre i bambini avranno il servizio, ora ci aspettiamo altrettanta celerità nel bando e un ritorno a servizi decenti. Con menu a misura di bambino, una commissione che abbia finalmente un ruolo attivo (va riscritto ciò che deve fare e come) un Comune che stia dalla parte dei bambini prima che dell’azienda vincitrice.

Al tempo stesso aspettiamo di poter nuovamente avere un servizio di controllo da casa, di poter pagare on line, di assistere a una vera campagna di educazione. Ai politici perché non salgano sul carro dei contestatori e capiscano prima di cosa parliamo.  Educazione alimentare e civica per spiegare ai genitori e ai bambini che la mensa non fa “schifo” a prescindere, che spesso comprare due merendine costa più di quanto paghiamo per avere la mensa, che esistono criteri ministeriali per i menu.

Tutto ciò non giustifica eventuali disservizi, sia chiaro, ma è ora di cominciare a rendersene conto.

Serve una svolta, insomma, da parte della politica, della dirigenza, degli insegnanti, dei genitori.

Area Puccini, cerchiamo di capire. Con una petizione

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Le notizie relative alla prossima lottizzazione dell’area nota come “Puccini” hanno risvegliato qualche coscienza cittadina. Il piccolo contributo dato da questo spazio, prima annunciando la novità e poi ospitando le assicurazioni dell’assessore Sebastiano Attoni, così come le prese di posizione di Sel e Psdi non sono sufficienti.

In quell’ultimo lembo incontaminato di territorio ci si appresta a fare un intervento che è certamente previsto dal piano regolatore (albergo e centro congressi) ma che viene illustrato come qualcosa di diverso rispetto a quanto riportato nelle previsioni urbanistiche.

Per questo chiediamo di capire. Al sindaco Luciano Bruschini e all’assessore all’urbanistica Sebastiano Attoni. Lanciando una petizione on line per chiedere massima trasparenza, chiarezza assoluta su cosa è scritto nel piano e cosa, invece, si prevede di fare.

Una volta verificato questo, si potrà decidere di immaginare ulteriori iniziative o meno. Grazie a chi vorrà firmare.

L’appello, anzi no. Arriva il distributore e paghiamo pure i danni

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Chissà qual è stata la strategia seguita dal Comune di Anzio sulla richiesta di realizzare un distributore di benzina al chilometro 34,222 della via Ardeatina.

Dopo oltre dieci anni dalla prima richiesta della società proprietaria di quella particella di terreno a Cincinnato, a due passi da Tor Caldara e dal prossimo intervento sull’area Puccini, non solo potrà realizzare l’impianto ma ha diritto anche a un risarcimento del danno.

Lo stabiliscono delle sentenze, quindi non serve disquisire se sia giusto o meno. Chiedersi cosa ha fatto il Comune e come si è difeso sì, però.

Dopo la prima richiesta del 2003 e le eccezioni sollevate rispetto al piano regolatore vigente, la situazione sembra morire lì. La società torna a chiedere di poter realizzare il distributore nel 2006, ma ancora silenzio. Così va al Tar e qui abbiamo la prima sorpresa. Si legge nella sentenza: “La ricorrente ha quindi chiesto l’accoglimento del ricorso chiedendo al Tribunale di voler accertare direttamente la fondatezza della domanda. Il Comune di Anzio non si è costituito in giudizio“. Perché? Mistero. Siamo nel 2008, il “silenzio rifiuto” del Comune non è giustificato e quel distributore può essere costruito

Arriviamo al 2010, il Comune presenta appello avverso la sentenza di primo grado. Nelle more del giudizio il distributore non si fa, ma il 3 aprile del 2013 arriva la rinuncia. Evidentemente l’amministrazione ci ripensa, anzi leggiamo dal nuovo ricorso della società che il Comune ha rinunciato “dichiarando di voler prestare acquiescenza alla sentenza“. Cosa che non è avvenuta, tanto che si è tornati di fronte al Tar per l’ottemperanza della sentenza precedente e perché dall’ente hanno fatto sapere a novembre che non andava realizzato l’impianto, serve una variante urbanistica. 

E perché non farla valere in primo grado, allora, quando nemmeno ci si è costituiti? Perché non andare in appello e provare a dimostrarlo anziché rinunciare? No, il Comune nella richiesta di ottemperanza fatta dalla società si limita a ribadire che esiste un vincolo sulla base di una nota della Regione del 10 giugno 2014 e nemmeno contesta la pretesa dei danni.

Ora prova a correre ai ripari con una determina (la 64 del 6 agosto) che affida a un altro legale il compito di impugnare la decisione del Tar che condanna a rilasciare il permesso e a pagare 265.000 oltre interessi e rivalutazione. 

Sono sentenze, vanno rispettate. Ma a questo punto capire qual è stata la strategia del Comune di Anzio e di chi negli anni si è occupato della vicenda per conto dell’Ente, sarebbe il minimo. Non fosse altro che quei 265.000 euro saranno altri debiti fuori bilancio… 

Carrefour, tanto rumore per nulla. Arriva la maxi sala giochi

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Mesi di discussione, consigli comunali impegnati ore, comunicati stampa a più non posso e tanti copiatori-incollatori pronti a riportare le dichiarazioni di Tizio o Caio. L’argomento era il supermercato Carrefour ad Anzio centro, pronto ad aprire in fondo a viale Paolini, per intenderci all’ex ristorante cinese.

Mancano i parcheggi, va rivisto il regolamento, si uccide il commercio del centro anzi no, ricordate? Bene: resterà alle cronache inutili di questa città. Perché quei locali, un tempo sede di un negozio di autoricambi, tra qualche settimana saranno adibiti a sala Bingo, con giochi annessi.

I lavori sono in corso, è un investimento, i commercianti non si lamentano, assessori e consiglieri (salvo Ivano Bernardone che l’ha ricordato in una conferenza stampa del Pd qualche giorno fa) non sembrano stracciarsi le vesti. Non c’è problema di parcheggi, evidentemente, né negozianti da scontentare, né ci si preoccupa di prendere delle misure nei confronti di quello che è un fenomeno a tutti gli effetti e si chiama ludopatia.

Al solito in questo Comune mancano regole, al contrario di quanto sta avvenendo in tutta Italia. Basterebbe avere voglia e copiare (è stato fatto, male, per il regolamento sanitario ad esempio)  prendere quello di Formia piuttosto che di un altro centro.

Si ricorderà tutta la polemica sulle distanze, inserite nel cosiddetto decreto Balduzzi e poi eliminate, riprese da leggi regionali e appunto regolamenti comunali. C’è chi pone a minimo 500 metri da scuole e altri luoghi di aggregazione giovanili o di culto sale del genere, il Tar Lombardia ha anche detto che è corretto, ma se esistono regole si devono rispettare, nell’anomia ad Anzio siamo bravi a far e concedere tutto e il suo contrario.

Quella sala sarà a due passi dal “Colonna Gatti”, per esempio, come ce n’è una davanti al “Chris Cappell” e un’altra nei pressi di via Ambrosini dove ci sono elementari e medie, vero, ma un’iniziativa del genere è comunque un’attrazione. Senza contare le altre sale sparse in città. Che fa? Il problema era Carrefour, le ludopatie? E che sono… Si ignora, invece, che la vicenda è in discussione a livello nazionale e che nel Lazio i 5Stelle si stanno battendo, finora inutilmente, affinché si arrivi a dare un quadro di certezze. Il Lazio ha una legge sulla prevenzione e contrasto a ludopatie e gioco d’azzardo (è del 5 agosto 2013) ma ben poco è stato fatto. Anzi nulla.

Eppure il sindaco, quale responsabile della salute pubblica, qualche problema dovrebbe porselo. Ma al solito, sicuramente, lui “non sa“: della legge regionale e di questa sala, né vede le altre. Una giocata, qual è il problema….

Vero, sarà per questo che tra bancarelle di dubbio gusto, sale giochi a ogni angolo, ambulanti improvvisati, somigliamo sempre più a un paese dell’alto casertano….

Ma non è un supermercato, quindi inutile fare comunicati o dire la propria.