Tor Caldara e la scuola nel bosco, che succede?

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Un nastro bianco e rosso di quelli che si usano per segnalare un pericolo. I vetri che ricordi pieni di disegni dei bambini praticamente “cancellati“. Nella serra-aula qualcosa che ha poco a che fare con la didattica. Che succede a Tor Caldara? C’è ancora la “Scuola nel boscoinaugurata a maggio dello scorso anno?

Lo chiediamo all’assessore alle politiche ambientali e vice sindaco del Comune di Anzio, Patrizio Placidi,  alla sua collega che si occupa di istruzione, Laura Nolfi. Già che ci siamo anche al sindaco, Luciano Bruschini, che ricordiamo  firmare la convenzione allora con Fulco Pratesi del Wwf per la gestione della riserva, quando nel ’90 venne finalmente restituita alla città. Una battaglia vinta dai cittadini scesi in piazza in massa, dagli ambientalisti che ci hanno lasciato e in quell’area vengono ricordati, come Alfredo Cozzolino anzitutto, ma anche successivamente Cosimo D’Andretta e Angela Liucci.

Una battaglia che grazie alla legge regionale 50 del 1988, una delle poche cose buone fatte da Giorgio Pasetto per questo territorio, divenne realtà. Un luogo del quale i cittadini si riappropriarono andando a pulirla in memorabili giornate con le associazioni ambientaliste.

Una lunga ma necessaria premessa per ripetere la domanda: che succede con il progetto europeo della scuola fuori dalle mura? Perché quella che doveva essere un’aula, ristrutturata appositamente (dove ripararsi in caso di maltempo) oggi sembra di nuovo un posto abbandonato? Possibile che in questa città anche iniziative belle, condivise, all’avanguardia, debbano finire così?

Lo diciamo per capire, davvero, e perché circolano strane voci sulle quali l’amministrazione comunale ha il dovere di fare chiarezza. C’è chi avrebbe scoperto, per esempio, che c’è una fonte di acqua sulfurea (ma no?) fastidiosa per i bambini (!) oppure che la serra – dopo i lavori che qualcuno ha fatto eseguire e che altri hanno sicuramente dovuto in qualche modo approvare e/o verificare – non sarebbe a norma.

Può darsi eh… di solito in questo Comune la mano destra non sa quello che fa la sinistra, magari anche per questo è stato consentito a Checco Zalone di girare in quella serra più di qualche scena. Era a norma per “Quo vado“?

 

La politica, i compromessi, De Angelis che torna

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A questo punto manca solo Berlusconi. Hai visto mai che possa fare un comunicato sul prossimo sindaco di Anzio anche lui? E’ noto che io  di politica “non capisco un c…“, come ricordava la mia vecchia amica  comunista, però qualche riflessione posso sempre farla. Ebbene negli ultimi giorni c’è stato un fermento da piena campagna elettorale, con la manifestata esigenza di riunire il centro-destra per arginare l’avanzata “grillina“. Fine comprensibile, al quale si potrebbe arrivare – così emerge – solo indicando il nome di Candido De Angelis.

Lo ha dichiarato Luciano Bruschini al Granchio, uscito sabato scorso, da lì si è scatenato il putiferio. Sono intervenuti tutti e di più a livello provinciale e regionale. Manca solo Berlusconi, appunto, ma il discorso è altro. La politica, spiega sempre chi se ne intende, è compromesso e quindi possiamo capire che  dal secondo mandato di De Angelis al “continuiamo insieme” con il passaggio di testimone a Bruschini, fino a oggi, se ne cerchi uno. Dimenticando quello che è successo nel 2013, quando De Angelis sfidò Bruschini e assistemmo alla peggiore campagna elettorale di sempre. I due, senza che i rispettivi schieramenti si risparmiassero colpi di ogni genere, arrivarono al ballottaggio e vinse il sindaco uscente. Poi fuoco e fiamme, per poco, quindi il silenzio.

Ora si dimentica tutto, i grillini sono percepiti come il nemico pubblico numero uno (ma non è che all’opposizione abbiano brillato eh….) e Placidi candidato (e “sopportato” dai più) viene considerato perdente, quindi si va insieme. Si cerca l’ennesimo compromesso. Per vincere e fare cosa? No, perché fra i tanti intervenuti in questi giorni – da ultimi esponenti di Forza Italia (due sono  eletti con la lista Enea, ma pazienza) tra i quali c’è chi non ha mai aperto bocca – nessuno ha mai provato a cercare un compromesso che so per una strada, il porto, una manifestazione pubblica, un progetto da portare a termine, una visione condivisa della città. E se qualcuno anziché alle strategie, alle repliche, a cercare chi a Roma possa dichiarare qualcosa si fosse impegnato la metà del tempo per Anzio, oggi staremmo meglio. Ma no, loro preferiscono pensare al futuro sindaco,   tanto poi ci sono i compromessi.

Su una cooperativa piuttosto che un’altra, un dirigente con un titolo sbagliato sul quale tacere, i rilievi del Mef dimenticati, una mano alzata in cambio di una promessa, i bilanci che fanno acqua, la trasparenza che non c’è a cominciare dal presidente praticamente scomparso… E’ la politica, e ripeto non ne capisco, ma De Angelis che fa conferenze stampa con a fianco chi lo avversava in campagna elettorale ed è imputato al pari di Placidi, nello stesso procedimento? Le differenze dove sono?

Leggiamo che apre ai giovani, vuole un rinnovamento, riuscire dove è stato sconfitto nel 2013 con un progetto alternativo che nemmeno il Pd – in sede di ballottaggio – ha colto. Ma è acqua passata, l’ex sindaco e senatore ha ancora un appeal non indifferente, ma quale sarà il compromesso stavolta? Portare Placidi e Alessandroni alle nozze d’argento con il ruolo di assessore? Perché no, Sergio Borrelli con quelle da presidente del consiglio comunale? Ma soprattutto: quale idea di sviluppo della città – dopo averla martoriata e portata ai minimi termini soprattutto negli ultimi otto anni – ha il centro-destra di Anzio? No, ha i voti ovvero pensa di averli. Forse con le varie clientele di questi anni manterrà molto. Il resto pazienza. C’è una cosa iniziata e finita da Bruschini? Sì, la statua di Nerone. Punto.

Allora, compromesso per compromesso, forse è il caso che chi vuole un’alternativa decida di evitare di farsi del male da solo e cominci a presentarne una in grado di unire, non di dividere. E’ una riflessione, sia chiaro, io sono fuori dai giochi: l’ho detto e lo ripeto. Ma per immaginare davvero un’idea di città diversa, “altra” rispetto a chi l’ha governata finora, sarà bene uscire dalle liturgie di partito tanto care al Pd, fare tutti un bagno di umiltà, non uno ma dieci passi indietro, dialogare con chi è stufo di De Angelis-Bruschini-De Angelis ma non è attratto da Grillo, immaginare lo sviluppo di questa città e presentarsi sulla base di quello. Per qualcosa di bello, possibile, funzionale, duraturo e non contro qualcuno.

Decideranno gli elettori, il popolo è sovrano, ma dell’ennesimo compromesso del centro-destra questa città – a mio parere – non sa che farsene.

Anzio, i titoli e l’anarchia: vietato vietare

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Su qualche muro ingiallito dal tempo deve esserci ancora la A cerchiata con la scritta “vietato vietare“. Il simbolo e lo slogan dell’anarchia. Ebbene se c’è qualche nostalgico del movimento si affacci al Comune di Anzio, qui troverà una situazione idilliaca per il suo modo di essere. Manca solo un cerchio intorno alla prima lettera del nome della città, però che vai a guardare…. Anarchia intesa come assenza di ordine e di governo, attenzione, non come dottrina politica intesa a rovesciare l’autorità costituita. No no, ai cittadini di Anzio va bene che funzioni così.

La prendiamo da lontano, ironizzando sia chiaro, ma guardiamo al ritorno di Franco Pusceddu. Si sono sbagliati a mandarlo in pensione, hanno fatto pure una mezza crisi politica per non farlo tornare, alla fine lo hanno reinserito (ma sarà un caso, solo dopo che la commissione della gara mense era formata) e visto che in Comune aveva fatto tutto ora lo nominano anche dirigente dell’area tecnica. Siamo forse l’unico ente – o uno dei pochi – con un laureato in materie umanistiche che dovrà firmare vicende relative a lavori pubblici o urbanistica senza saperne assolutamente nulla. Sì sì, sicuramente si poteva fare, dovrà seguire solo i procedimenti amministrativi per carità, ma intanto… Ah, tra quelli ce n’è uno che vede un contenzioso su un palazzo a due passi da Villa Sarsina, forse questa nomina non è così compatibile ma che fa? Ad Anzio è vietato vietare. E poi nessuno lo voleva, Pusceddu, ma ha risolto una grana di niente consentendo ai bambini di continuare a usufruire della mensa. Perché, piaccia o meno, è stato l’unico faro in tutti questi anni in un mare sempre tempestoso.

Mense allora, leggiamo quell’atto e rendiamoci conto, tutti insieme, dell’incapacità di chi amministra questo Comune. L’1 settembre 2015 si affida la gara “ponte” e solo il 15 aprile del 2016, sapendo da molto prima che una gara vera e propria andava fatta, si deliberano le linee di indirizzo per la nuova. Si delibera di fare la stazione appaltante con Ardea il 5 novembre 2015 ma solo il 5 agosto 2016 si firma l’accordo senza il quale la gara non poteva essere fatta, quattro mesi dopo la delibera sulle linee guida, quasi un anno dopo l’assegnazione “ponte“. Ci vuole il 2 settembre per approvare i nuovi atti – perché nel frattempo le norme sono cambiate – l’8 la “stazione” viene incaricata, il resto è storia di questi giorni. Straordinariamente beffardo che il 30 dicembre chi presiede quella commissione scriva che non ce la farà a chiudere le procedure entro il 31, come previsto da una delibera di giunta. Così Pusceddu ha messo la “pezza“. Coprendo errori e ritardi della politica, alla quale in casi del genere piace – ovviamente – prendersela con gli uffici. Che avranno mille difetti, a cominciare per le mense da un “data entry” infinito e super costoso, ma che qui gli atti li avevano preparati per tempo. Il problema, però, non è chi ha causato tutto questo ma chi si stupisce, come chi scrive e pochi altri cittadini.

A dire oggi per domani che non ce l’avrebbe fatta a chiudere la gara è il dirigente dell’area finanziaria, chiamato a sostituire Pusceddu quando questi era andato in pensione e rimasto lì nonostante una procedura viziata. Gli dobbiamo delle scuse, perché se è possibile dirigere l’area tecnica con una laurea in Scienze Politiche, la sua in Giurisprudenza in luogo di quella richiesta dal bando in Economia è cosa veniale. E pazienza se in commissione a verificare i titoli stessi, al contrario di quello che dice il piano anti corruzione del Comune di Anzio, ci fosse chi ha patteggiato una pena per reati contro la pubblica amministrazione. Ricordate la A cerchiata? Vietato vietare, suvvia….

Per questo principio, inutile chiedere conto dei titoli di chi è stato chiamato a dirigere la polizia locale e forse ne aveva meno di chi è arrivato secondo. Inutile ricordare alla politica che si poteva e doveva programmare, date le uscite certe, e che c’è sempre una dirigente ancora inspiegabilmente sospesa nonostante abbia scontato la sua pena.

Ah, già che ci siamo, a dirigere la stazione unica appaltante che è anche del nostro Comune, c’è un dirigente di Ardea che secondo una sentenza del Consiglio di Stato ha copiato il compito con il quale ha vinto il concorso. E’ solo un caso, ma segretaria in quel Comune era la stessa che abbiamo oggi ad Anzio, certamente incompatibile alla società partecipata per il porto – ad esempio – ma che siede in quel consiglio d’amministrazione per garantire le quote rosa. Il Comune ha chiesto all’Anac, foglia di fico per ogni procedura ormai, e aspettiamo… Le norme dicono palesemente che non potrebbe starci, ma qui è vietato vietare e poi l’Anac potrebbe sempre sorprenderci con effetti speciali. A proposito di porto: soldi agli ormeggiatori? Bando? Finanziamento?

Vogliamo parlare della incompatibilità al patrimonio? No, per carità di patria. Tutti sanno, ma è vietato vietare. E  l’assessore Placidi che all’indomani dell’udienza rinviata spiega che la Procura ha preso una cantonata, sostanzialmente, che lui si candiderà e che “investirà” sull’editoria come un Berlusconi de noantri?  Prego, si metta in fila chi vuole un posto…..

In questa situazione è normale, giusto, scegliete voi l’aggettivo, che il sindaco Luciano Bruschini pontifichi dalle pagine dell’ultimo numero del Granchio per dirci che è tutto a posto o quasi.  E che indichi in Candido De Angelis il suo successore in una pantomima che forse è finalmente finita. Una cosa vogliamo chiederla, al signor sindaco, se mai decidesse di spiegare  per intero le situazioni. Riferendosi alla difficile situazione degli attentati ai danni di amministratori – da ultimo il proiettile recapitato a Zucchini – dice che ha scritto formalmente al Prefetto per chiedere un intervento. Sbagliamo o lo stesso Prefetto aveva detto che era tutto a posto non più di sei mesi fa? Con chi ebbe quel “colloquio”, signor sindaco?

Lo chiediamo da questo umile spazio – senza altre pretese, meno che mai elettorali come spesso sentiamo – perché notiamo che i consiglieri comunali sono poco reattivi su questa come su altre vicende. Dalla relazione del Ministero dell’economia e finanze rimasta nel dimenticatoio ai morosi, dai termini sul bilancio che cambiato il dirigente sono rimasti quelli di prima (cioè diluiti) a una commissione trasparenza della quale si sono perse le tracce . Del resto ci sono consiglieri che si occupano degli spettacoli,  delle sagre, delle cooperative e persino della “storia delle persone“, ma poco della città….

E’ vero, avete ragione. Alla portodanzese, ma qui è vietato vietare.

 

Sbarco di Anzio: il bello, l’inopportuno, la proposta

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Sono belle scene quelle alle quali assistiamo in questi giorni ad Anzio con le celebrazioni per ricordare lo sbarco alleato. Centinaia di bambini coinvolti, addirittura che cantano “Angelita” come si è sentito questa mattina, dopo averla studiata e imparata a scuola.

Credere o meno alla leggenda conta poco, quella canzone – e la scelta di dedicare questo appuntamento a tutte le “Angelita” moderne – è parte della storia contemporanea di questa città, ascoltarla da scolaresche e ricordare gli insegnamenti del maestro Pincini quando a scuola andava chi scrive, fa sempre un certo effetto. E sono state belle le parole del sindaco, apprezzabili per il messaggio di questo “nonno” che invita a lasciare da parte la tecnologia e pensare al confronto e al dialogo.

Sono giornate intese, piene di eventi molto seguiti dai ragazzi, con un lavoro che è stato fatto nelle scuole e che ha coinvolto il territorio. Ricordare la necessità della pace, in un mondo purtroppo ancora martoriato dalle guerre, con le scene che vediamo nel Mediterraneo, con l’Isis alle porte, è il messaggio che l’assessore Laura Nolfi ha scelto ormai da anni. E ha fatto bene. Ora si deve andare oltre, ma ne parleremo tra poco. Perché se questo è il bello, c’è pure l’inopportuno.

Non se la prenda il presidente del Centro di documentazione e ricerca sullo sbarco, Patrizio Colantuono, sulla simulazione che mostra scene di guerra sulla spiaggia di Levante non siamo d’accordo. Ne abbiamo discusso spesso, diventa una cosa quasi carnevalesca, con poco di storico e fuori il contesto del messaggio di pace che si vuole dare.

Dobbiamo andare oltre, si diceva, proporre, con lo sbarco che diventa centrale nella programmazione culturale della città. Bello portare i ragazzi al cinema a vedere “The Wall” ma con la fortuna di avere Roger Waters cittadino onorario, dovremmo farne un ambasciatore di pace della città di Anzio in Europa e nel mondo. Far sì che in questa settimana si svolgano iniziative, certo, ma che durante tutto l’anno si possa “vivere” un’atmosfera come quella degli ultimi giorni. Far sì che da Anzio parta, quotidianamente, un messaggio forte e chiaro. Non solo il 22 gennaio. E si può immaginare – allora – un grande progetto che coinvolga la Sicilia, Salerno, passi da Anzio (con un museo che merita finalmente spazi moderni e adeguati, da inserire in un progetto del genere), arrivi alla liberazione di Roma, ci conduca fino in Normandia. E’ un sogno? Un’utopia? Chissà, ma è solo così che si può immaginare di invertire la rotta rispetto a oggi, passando da belle manifestazioni e belle parole, a manifestazioni durature e capaci di attrarre anche dal punto di vista turistico-culturale.  Ci sarà un sacco di gente, domenica, alla simulazione? Sicuramente, ma sarà il successo di un giorno. Si deve cercare quello permanente.

Ricordando, con Oriana Fallaci, che “quasi niente quanto la guerra e niente quanto una guerra ingiusta, frantuma la dignità dell’uomo” (da “Niente e così sia“)  cominciando a pensare – proprio qui, ad Anzio, città decorata con la medaglia d’oro al merito civile per quello che hanno subito i nostri nonni e padri – che una guerra non sarà mai giusta.

Ciao Rossano e grazie di tutto

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A Penza, penza piano…” Acquacetosa di Roma, esame per tecnici di secondo livello. Eri nel baseball da una vita e – ironia della sorte – io che come tanti altri ragazzini ti avevo avuto allenatore, ero commissario in quella prova. Oggi mi diresti “E ma te avevi studiato…

Tu, con la tua voce inconfondibile, commentavi le domande, scambiavi battute con il vicino, e così il presidente ti aveva richiamato all’ordine. “Aho, mica sto a dà suggerimenti, qua sapemo tutto...” avevi risposto.  E tutti a ridere, perché caro Rossano, grande Kette, tu eri così. Spontaneo, vero, senza peli sulla lingua ma pure capace di non fare mai una polemica.

Quando ti arrivano notizie come quella di ieri, ci sono momenti della vita che ti scorrono davanti a una velocità impressionante. Rivedi chi ti ha allenato, ti è stato vicino quando muovevi i primi passi da allenatore, chi è stato un amico della tua famiglia, ti ha risolto un problema al Comune, ha smussato gli angoli in campo quando c’era qualche tensione con i più grandi, è stato anche avversario, ha vinto con te un campionato, ha fatto – da ultimo – qualche lancio con tua figlia perché iniziati i Dolphins ha voluto esserci. Rivedi tutto questo e pensi che lui, il Kette (si dice che data la sua movenza lo chiamassero gatto, Cat nel mondo anglofono del baseball, ovviamente Kette ad Anzio), non è mai stato sotto la luce dei riflettori. Mai in prima fila – aveva quella del Comune, dove ha lavorato da ultimo all’anagrafe, svolgendo nel passato anche altri ruoli – eppure a questo sport ha dato tanto. Ma non solo, perché magari lo ignorano in tanti, Rossano conosceva come pochi il mondo della cooperazione, vera, non  quella di oggi fatta di tanti, troppi sotterfugi.

Allora mi piace dire che il Kette ha in giro per Anzio tanti scudetti vinti, tanti campioni. Sono tutti quelli che avrebbero preso una strada diversa nella vita e che lui ha tenuto insieme su un campo, insegnando valori prima del baseball. Sono quelli che lo stanno piangendo e che lo accompagneranno domani nell’ultimo saluto (alle 15 al Sacro Cuore), quelli che chiedono cosa sia successo e che lo stanno ricordando sui social.

E chi dice che non fosse una cima nel batti e corri, non deve dimenticare che è molto, molto, molto più difficile tenere insieme dei ragazzini, evitare di fargli far male, insegnare i primi rudimenti che avere a che fare con chi è già formato. Aveva tanta pazienza e buona volontà, nessuna presunzione, e per chi conosce il gioco – per esempio – comprese subito che con la regola dei 4 punti nei “Ragazzi” non potevi più fare l’ordine di battuta mettendo ottavo il più scarso. No, quello doveva essere un altro quarto, perché se caricavi le basi portava a casa tutti….

Non ho mantenuto una promessa, Kette, hai ragione. L’immagine che mi avevi dato del Marconi per ricordare – giustamente – che se oggi ancora esiste l’Anzio è perché dopo la scellerata fusione con la Roma, quella società e quella formazione consentirono di mantenere il nome della squadra della città. Ne scriverò più avanti, scusa se non ce l’ho fatta.

Ma quell’immagine, quelle che mi scorrono ancora davanti, le tue ultime battute di spirito (inevitabilmente sul campo di baseball) la malattia che avevi brillantemente superato (“ammazza a Latina che reparto, bravi”) prima che un subdolo infarto ti fermasse, sono parte di me.

Ciao Rossano, grande Kette e indimenticabile amico. Grazie di tutto quello che mi hai dato. Se davvero c’è un campo di baseball dove tutti ci ritroveremo, è bello pensarti con James, con Stefano, con quanti sono passati dalle Quattro Casette, poi dallo stadio per il quale tanto abbiamo sofferto e ci hanno lasciato, magari siete arrivati lì con il camion di mio padre, Zi’ Carlo. Chissà…

E mi raccomando: “Penza piano...”

Il proiettile a Zucchini, adesso basta

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Non sarà la colorita discussione avuta con Giorgio Zucchini qualche sera fa a evitare di dargli tutta la solidarietà che si può esprimere in questa sede e dopo che il vicesindaco ha ricevuto – in Comune – un proiettile all’interno di una busta. Ho provato a spiegargli che quando si scrive è sempre per il ruolo pubblico che uno riveste, mai per vicende che riguardano la persona.  A maggior ragione dopo l’ennesimo attentato è ribadita e confermata la piena e incondizionata solidarietà umana. Perché scrivere e criticare è un conto, intimidire è un altro.

Afferma Zucchini, in una nota diffusa dal Comune: “Sono profondamente avvilito per quanto sta accadendo alla mia persona e di riflesso alla mia famiglia. Confido nelle indagini delle Autorità Competenti ed auspico che, quanto prima, venga fatta luce sulla vicenda e sui gravi atti intimidatori che sto subendo durante l’espletamento del mio incarico“. E’ comprensibile.

Il problema è che  qui da un pezzo i delinquenti stanno prendendo il sopravvento. Le due auto bruciate, ora il proiettile a Zucchini, le auto bruciate al compagno della Nolfi, gli spari a casa di Alessandroni e prima ancora di Placidi. Le forze dell’ordine li chiamano episodi “spia“, sono quelli che indicano un fenomeno ormai in atto. Il tentativo di intimorire chi governa o – peggio – l’avvertimento vero e proprio per eventuali promesse non mantenute o per cercare di avere benefici. E le indagini, finora, non hanno portato a risultati purtroppo.

No, è ora di dire basta. A questo clima, alle intimidazioni, ai delinquenti, a chi vuole appropriarsi di questa città o condizionare con la forza l’amministrazione o gli uffici. Basta al clima di “guerra” che si vive in questa maggioranza, costante e quotidiano. Clima  con il quale – purtroppo – si alimentano voci infondate, sospetti dell’uno sull’altro, certezze inesistenti. Basta con le regole – anche piccole – calpestate quotidianamente e nel disinteresse di chi dovrebbe essere baluardo proprio della legalità. E’ un clima – ne discutevamo con Zucchini – mai verificato prima. “C’era la politica” – ha commentato. Vero. Il timore è che adesso alla politica si sia provato a rispondere con gli affari o, peggio, a usarla per arrivare a questi. Sarebbe inaudito.

In tutto ciò restano sullo sfondo, senza risposta, le richieste che più gruppi parlamentari hanno presentato per verificare se ricorrono i presupposti per istituire ad Anzio la commissione d’accesso.

Sono condannabili i gesti di delinquenti che provano a intimidire, non c’è dubbio, ma è inaccettabile che le Istituzioni non forniscano ancora una risposta sulla necessità o meno di uno strumento di prevenzione qual è la commissione: Prefetto, Ministro, ci siete?

 

Porto, ormeggiatori e sindaco: chiarezza

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L’ennesima diatriba tra Capo d’Anzio e Cooperative di ormeggiatori mette a nudo, ancora una volta, la responsabilità del sindaco di Anzio, Luciano Bruschini. Sta succedendo con il presidente Alessio Mauro e l’amministratore delegato Antonio Bufalari quello che accadde con Luigi D’Arpino e Franco Pusceddu. Vale a dire che se l’assemblea dei soci – dove il sindaco rappresenta il 61% e cioè la maggioranza ovvero i cittadini di Anzio – decide una cosa, poi chi operativamente gestisce la società va e la fa. E il socio di maggioranza difende quelle scelte, non dice agli ormeggiatori “‘nve preoccupate, ‘nve caccia nessuno“. Prima ancora, quando il crono-programma venne invertito, va dagli ormeggiatori e cerca un accordo, sapendo che quell’inversione avrebbe creato problemi. Invece no, prima due anni di ricorsi, scontri, persino minacce che portarono alle dimissioni di Luigi D’Arpino (a proposito, le sue denunce hanno avuto un seguito?) e adesso la vicenda delle fatture non pagate, perché le cooperative sarebbero debitrici della Capo d’Anzio.

Attenzione, torniamo al sindaco. Disse in Consiglio comunale che avrebbe fatto inserire quei soldi in bilancio, perché dalla data della concessione al passaggio delle aree qualcuno doveva pagare. Sa bene che senza quelle cifre, frutto di una perizia che non è comunque mai stata resa pubblica, la Capo d’Anzio avrebbe portato i libri in Tribunale.

Detto questo, partiamo da un dato di fatto: i soci delle cooperative non ritennero di partecipare al bando per ormeggiatori deliberato dall’assemblea dei soci (sindaco presente), né alla successiva proroga. Avevano firmato un accordo per essere ricollocati in un’altra area, a lavori avvenuti, e su quell’accordo hanno intentato causa alla Capo d’Anzio, restando a gestire le loro concessioni fino all’intesa del 2016, una volta che anche il Consiglio di Stato aveva dato loro torto.

L’intesa prevede che le Cooperativa svolgano un lavoro per la Capo d’Anzio, in base a un service (che fine ha fatto il parere Anac?) e che questo sia retribuito dalla società. Gli ormeggiatori fanno notare che da ottobre le fatture emesse non vengono pagate e che per la prima volta in 40 anni non hanno lo stipendio, con difficoltà che sono facilmente immaginabili.

La Capo d’Anzio replica – e a tal proposito ha spedito una Pec agli ormeggiatori il 29 dicembre – che deve avere 250.000 euro e in assenza di un accordo  non pagherà le fatture. Fermi. Un passo indietro.

La concessione per il porto faticosamente ottenuta e arrivata nel 2014 è della Capo d’Anzio ovvero al 61% ancora dei cittadini di Anzio, se la società ha un credito – sul quale pende però un giudizio – è un credito che vanta anche la città e su questo non ci piove. Il porto non è di pochi, ma della collettività – come più volte è stato sottolineato –  e perciò comprendendo le ragioni di tutti, un’intesa su quel credito va trovata. Ma nel frattempo gli ormeggiatori vanno pagati e con loro – dei quali nel frattempo sono state utilizzate le attrezzature, per quanto vetuste – va definitivamente trovata un’intesa. Con un dialogo che il sindaco ha il dovere di allacciare, portare avanti, concludere nella maniera migliore per la città e per i lavoratori. Senza prove di forza, senza toni minacciosi – come purtroppo leggiamo da chi sarà pure esasperato ma così non aiuta se stesso – senza interferenze politiche per difendere rendite di posizione che non ci sono più.

Pagare, vedere come recuperare e se è possibile farlo quei 250.000 euro (ma occorre essere forti con tutti, dal Circolo della vela che parimenti ci ha fatto perdere due anni, a chi non ha mai siglato l’intesa e occorreva essere forti  in Regione, quando ci davano pareri contrari a “soggetto“) e poi fare chiarezza sul porto una volta per tutte. E deve farla chi ci rappresenta in quella società, Luciano Bruschini, senza se e senza ma. Deve spiegare ai cittadini il piano finanziario, il progetto di sistemazione interna, la gara, la vicenda ormeggiatori, che fine farà la graduatoria in essere e che fine faranno coloro che intanto sono assunti, che fine abbiamo fatto con il progetto Life, se stiamo pagando i canoni alla Regione Lazio, cosa succederà al prossimo insabbiamento e via discorrendo.

Ricordando al sindaco, infine – ma anche agli eletti distratti – che l’ennesima delibera unanime del consiglio comunale sull’argomento prevedeva tra le altre cose che l’avvocato Cancrini, pagato dalla collettività, venisse a relazionarci sulla causa intentata al socio privato Renato Marconi. Il sindaco ha, al solito, preso tempo, “annacquato“, rinviato. Oggi siamo di nuovo ai toni esasperati. Bruschini ha il dovere di chiarire, i cittadini il diritto di sapere.

Trasparenza e anti corruzione: criticità, proposte e piccole cose

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Scade venerdì il termine per presentare le osservazioni o proposte per l’adeguamento del piano triennale di prevenzione della corruzione e del programma per la trasparenza e l’integrità anni 2017/2019 del Comune di Anzio.

E’ un tema caro a chi scrive e se realmente si vuole immaginare #unaltracittà attuare pienamente le norme per la trasparenza è fondamentale. Comprendono meglio i cittadini, i politici  sono meno “tentati” dal chiedere qualcosa di difficile a dirigenti e funzionari perché gli atti – tutti e subito  – finiscono on line. Una garanzia anche per chi li predispone e li firma, non un mero passaggio voluto dalla legge e chiesto a gran voce da cittadini “scocciatori“.  Certo, serve una rivoluzione culturale, ma mai si comincia….

Più avanti trovate il documento protocollato, qui qualche breve considerazione. Il sito del Comune va definitivamente reso chiaro per chi accede, tenere un link all’Urp inesistente è una presa in giro (oltre che un potenziale falso), gli atti che vengono pubblicati devono essere chiari nel loro oggetto. Scrivere come ha fatto il dirigente della polizia locale di recente: “Acquisto attrezzature previste dalla normativa vigente” è certamente corretto, ma singolare. Anche perché nel corpo di quel documento nemmeno si riesce a capire cosa sia stato comprato.

Gli atti vanno pubblicati tempestivamente davvero, non dopo che le manifestazioni sono finite per esempio, e devono essere posti in un archivio nel quale si trovano con facilità. Da pubblicare anche  le convocazioni delle commissioni e in particolare di quella trasparenza, oggi inesistenti. Molte di queste indicazioni sono previsioni di legge, vero, allora la proposta è quella di “legare” alle performance dei vari responsabili il rispetto della norma. Pubblichi bene, per tempo, hai raggiunto l’obiettivo, ti pago il premio dovuto. Altrimenti non raggiungi il 100% che ad Anzio si dà, invece, come l’acqua fresca.

Stesso discorso per la rotazione del personale, chi è responsabile o comincia ad attuarla – è legge, non da oggi – o non ottiene il 100%. Scriverla nei piani e basta è inutile. Vanno rimosse, poi, situazioni di incompatibilità anche solo per motivi di opportunità prima che di legge  (l’ultima è al patrimonio, poi c’è quella della segretaria alla Capo d’Anzio) e pubblicate le relative dichiarazioni come previsto.

Va finalmente attivato un servizio per le segnalazioni on line dei cittadini, va rimosso lo scandalo del link che porta al vecchio sito della Capo d’Anzio e devono essere aggiornati i dati della società partecipata oltre a pubblicare l’ultimo bilancio.

Trasparenza e legalità partono dalle piccole cose, la corruzione si previene anche così.  Per completezza di informazione, nei giorni scorsi anche i Grilli di Anzio avevano inviato le loro proposte. Nelle foto sotto, quelle di chi scrive.

Il Granchio e queste città, 25 anni dopo

granchio

Era una fredda domenica di gennaio. Chi dice che quello che stiamo vivendo è l’inverno peggiore, spesso su basi non meglio specificate, ha evidentemente la memoria corta. Sì, domenica 11 gennaio 1992 faceva freddo più o meno come adesso ed era in edicola il primo numero del settimanale “Il Granchio“. Doveva uscire il giorno prima, nelle intenzioni di noi giovani e di belle speranze, ma i rigorosi tempi che avevamo provato a darci e la tecnologia dell’epoca non erano serviti a molto. La sfida iniziata qualche mese prima, con la costituzione della cooperativa editrice ancora oggi del settimanale, era appena iniziata. Ci davano per spacciati dopo le elezioni del ’92, poi dicevano che avremmo retto fino alle amministrative, via via hanno imparato che quel gruppo iniziale – e chi è arrivato dopo – è stato capace di reggere finora per 25 anni. Anzitutto auguri al Granchio, a chi c’è e a chi c’è stato, a chi ha anche solo una volta consegnato i giornali nelle edicole, a chi a vario titolo ha permesso di arrivare sin qui. Nessuno di noi, con me c’erano Giovanna Consolo, Ivo Iannozzi, Claudio Pelagallo, Elvira Proia e Nino Visalli,  immaginava che quell’idea di un giornale vero e “nostro” potesse avere una vita del genere. Invece è ancora qui e ci sarà per molto. Facevo i conti, ad Anzio sono passati sette sindaci e tre commissari, a Nettuno sei sindaci, una commissione straordinaria e due commissari, ma il Granchio è lì.

Un quarto di secolo dopo, con due generazioni e mezzo che nel frattempo sono passate, con chi è nato nel ’92 che intanto si sarà laureato o starà lavorando, la domanda è: senza il Granchio queste città sarebbero state le stesse? A parere di chi scrive assolutamente no. Il giornale ha esercitato ed esercita quel ruolo che avevamo immaginato di “cane da guardia” delle istituzioni locali. Ha portato un modo di fare giornalismo – dando spazio alla cronaca più che alla politica, allo sport più che al chiacchiericcio – ha messo la classe  dirigente di fronte a una prima pagina che mai avrebbe immaginato, ha incalzato il potere e le macchine burocratiche, ha cercato e pubblicato i documenti, ha espresso opinioni, è andato in piazza “contro ogni crimine“, si è scontrato, è rimasto sempre di chi lo mandava in edicola e non di altri, ha dato voce a chi non l’avrebbe avuta, ha avuto il riconoscimento dell’unico padrone possibile: il lettore. Indimenticabile l’aiuto di chi – in un periodo di crisi – decise di dare un sostegno economico o la frase di un’umile signora di Nettuno che in ospedale, al medico che fa il saccente verso il giornale, risponde: “Nci fosse o Granchio, tante cose nse saprebbero“.  Bellissime le parole di Luciano Bruschini, sindaco di Anzio, al 18° compleanno della testata: “Siete stati la vera opposizione“.

Non ho mai creduto alle funzioni pedagogiche di un giornale, a quelle di far conoscere a un pubblico il più vasto possibile quello che succedeva sì, senza guardare in faccia nessuno. Ho, abbiamo, interrotto amicizie, minato parentele, subito minacce, ricevuto querele e richieste di risarcimento. Emblematica una sentenza che non riconosce i 300.000 euro che avrebbero fatto chiudere il Granchio: le notizie vanno date con particolari a maggior ragione in una realtà locale. E fare il giornale nel posto dove sei nato e cresciuto, era e resta infinitamente più difficile che fare l’inviato, arrivare in un posto, raccontare e andare via.

Il giornale è stato ed è anche altro: un’impresa che dà lavoro, una “palestra” per chi si avvicina a questo mestiere, una rampa di lancio per quelli che passati per la redazione ora lavorano come professionisti. C’è da esserne orgogliosi.

Ha sbagliato il Granchio in questi 25 anni? Certamente, ma mai in malafede. Non sarebbe ancora qui, oggi. E a quanti, ogni settimana, hanno perso e perdono tempo a immaginare cosa o chi possa aver portato a scrivere una vicenda, a far “salire” o “scendere” qualcuno, basterebbe semplicemente far vivere quello che accade in “chiusura” del numero, il mercoledì. C’era l’idea – rimasta tale – di farne un  copione teatrale o un “corto“. Chissà….

Ho sbagliato, io che sono tra i fondatori? Sì, perché non si è perfetti, perché quando una notizia è uscita non la blocchi, perché le fonti devi verificarle non una ma dieci volte. Il più grande errore è stato quello di credere – e provare a far credere ai lettori – che il nuovo porto di Anzio era cosa fatta. Di certo per la prima volta dalle ipotesi eravamo passati alle carte e a un percorso definito, ma non è bastato e non è il caso di ripercorrere qui i motivi.

Tre anni fa il mio rapporto si è interrotto, ma come dico sempre equivale a essersi staccati da un figlio che oggi fa il suo percorso. Non ero d’accordo sul futuro “industriale“, avrei anticipato lo sbarco massiccio sul web, immaginato il Granchio non dei 25 ma dei 50 anni,  c’era stata una dura campagna elettorale, qualche screzio, avevo altre iniziative editoriali in mente e sono usciti, infatti, un paio di libri. A quello sul sangue infetto – che era già in lavorazione – non avrei potuto dedicare il tempo necessario

Oggi che molti si prodigano nel prendersela con “il Granchio” io posso solo fare gli auguri per queste nozze d’argento, invitando a non dimenticare mai che chi amministra va pressato – sempre e comunque, a prescindere da chi sia – che su battaglie come legalità e trasparenza anche le piccole cose sono importanti, che scrivere sul web impone un’attenzione anche maggiore di quella del settimanale, sia nel dare le notizie, sia nel modo di esporle. E’ giusto arrivare prima e cercare “click“, è doveroso arrivare per bene, dopo le verifiche, scrivendo con meno errori possibili se proprio non è possibile senza. E’ necessario limitare il “copia e incolla” e approfondire, sempre.

Infine un pensiero per chi ci ha lasciato. Sergio Moscatelli fu il primo grafico, aveva un “Mac” che sembrava un’astronave, lo scanner avrebbe “letto” i pezzi mettendoli in pagina. Ma le macchine da scrivere erano “sporche” e lo scanner impazziva… Ci mise professionalità e pazienza, soprattutto dovette piegarsi ai “floppy disk” morbidi….

Guglielmo Natalini fu tra i fondatori della cooperativa, un pungolo in più occasioni, un personaggio che voleva pubblicato dove e come diceva lui i suoi lunghi interventi…. Ci scontrammo spesso, sempre con grande onestà intellettuale.

Eugenio Mingiacchi, senza il quale non saremmo qui. L’imprenditore, quando si stava per chiudere, disse che ciascuno di noi avrebbe dovuto investire su quella sgangherata impresa, che il sabato il giornale doveva essere in edicola ma il lunedì le cambiali andavano pagate, trasformò quel gruppo di illusi in un’azienda. Anomala, come noi stessi la definivamo, ma azienda. Ci ha lasciato troppo presto, abbiamo dedicato al suo nome  borse di studio che fra l’altro hanno fornito dei lavori a queste città. E’ un’iniziativa che non va dimenticata, spero che presto torni la borsa di studio “Eugenio Mingiacchi”.

Auguri al Granchio, ma anche ad Anzio e Nettuno. Questo giornale avrà pure sbagliato, ma resta una delle poche certezze in queste martoriate città.

Porto, la Capo d’Anzio: “Ecco perché non paghiamo”

La nota della Capo d’Anzio sulle recenti vicende dei mancati pagamenti alle cooperative che svolgono il “service“, apparse in questo spazio e sui mezzi d’informazione locale.

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La Società, in risposta ai quesiti posti pubblicamente dagli ormeggiatori e dalla stampa circa il mancato pagamento dei corrispettivi dei servizi resi dalle Cooperative, precisa che la decisione di sospendere detti pagamenti non è il frutto di una scelta discrezionale e non è dovuta ad incapacità economica di far fronte all’impegno, come si tenta di accreditare, ma è determinata dall’obbligo di legge di salvaguardare il credito che la Capo d’Anzio, e quindi la collettività dei cittadini, ha maturato nei confronti delle Cooperative a titolo di risarcimento per la tardiva riconsegna delle aree portuali.

La Società ha più volte tentato di avviare un colloquio con il legale delle Cooperative, ma ha avuto come unica risposta una comunicazione di netto rifiuto di riconoscere quanto dovuto, neppure in forma dilazionata o di accordo bonario, come pure la Società aveva auspicato. La Capo d’Anzio si è trovata dunque nell’obbligo di legge di tutelare il patrimonio erariale, senza possibilità di diversamente operare. Per quel che concerne gli aspetti sociali della vicenda, la Società sin dal 2015 ha offerto al personale impegnato nelle Cooperative di trovare soluzioni temporanee per la salvaguardia dell’occupazione, al fine di tutelare le famiglie degli operatori. La Società Capo d’Anzio S.p.a., impegnata a portare finalmente a compimento un obiettivo di fondamentale rilievo per l’economia dell’intera Città, non può attendere ulteriormente, ed è per questo determinata a far rispettare le norme di legge nell’interesse di tutti, specie ora che il Ministero dell’Ambiente ha finalmente dato il consenso alla realizzazione dell’opera.

Le dichiarazioni minacciose apparse sui social per gettare discredito sulla Società e per intimidirne l’azione sono il segnale che la Società è nella gusta direzione, e verranno pertanto fermamente contrastate“.