Sorpresa sbarco di Anzio: “Il museo è privato”

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Una premessa indispensabile: a Patrizio Colantuono, presidente del museo dello sbarco di Anzio, va fatto un monumento. Per aver immaginato, con altri, quella realtà, per l’impegno che profonde e la passione che ci mette. Detto ciò abbiamo appreso ieri sera, nel corso dell’evento organizzato dall’associazione “00042” su 365 giorni di turismo, che  “il museo dello sbarco è privato“. Cioè?

Non solo, che c’è un non meglio specificato progetto – che da quello che ho sentito sarebbe pure condivisibile – di mettere insieme  i cimiteri di guerra di mezza Europa e farne un percorso della memoria. Proposto da chi? E con il Comune coinvolto o non?

L’intervento di Patrizio Colantuono ha seguito quello di chi scrive – che riporto subito dopo – e di Angelo Pugliese, nei quali si è parlato delle enormi possibilità dello sbarco se non limitato al museo odierno e alle manifestazioni del 21-22 gennaio. Non era, non è e non sarà mai un “attacco” alla persona, ma a una città dove si fa fatica a mettere a sistema il buono che c’è. Altrove potrete seguire dibattito e interventi – personalmente ho molto apprezzato quello dal pubblico di Riccobelli (esperto di pianificazione) e di una signora che ci ha ricordato come prima di tutto dobbiamo amare la città cominciando a raccogliere le carte per terra, ma anche le buone pratiche che già esistono illustrate da Maurizio Criscuolo e Gigi Crescenzi  – qui sorgono alcuni dubbi sul museo “privato” e che ha “dal Comune 5000 euro l’anno, quando li dà“. Ma che significa privato? E’ a Villa Adele – spazio piccolo, angusto, puzzolente ormai – da quando è stato realizzato. Merita una collocazione assolutamente diversa, vero, ma da oltre 20 anni usa uno stabile del Comune, energia e tutto il resto a carico della collettività, ha anche contributi e poi è privato? Vuol dire che domani può anche chiudere e portare via tutto?

E’ comprensibile lo sfogo di chi si è sentito attaccato – ma, ripeto, non era e non è una questione legata alla persona che può solo avere gratitudine – ma questa cosa va assolutamente chiarita. Di seguito, l’intervento di chi scrive. Volto – com’era l’appuntamento di ieri – a costruire insieme un percorso, non a difendere ciascuno il suo “fortino“.

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Dalle occasioni mancate alle nuove possibilità

Due frasi: “Niente di più bello, niente di più quieto, niente di più ameno” (Cicerone) e “Mare, cultura e natura” (Pierluigi Cervellati)

Un paragone azzardato, fuori luogo forse, ma che la dice lunga su cosa è stata questa città e cosa doveva essere anche quando, 2000 anni dopo le parole di Cicerone, si è cercato di mettere mano alla programmazione del territorio e l’urbanista ha provato a dare una linea che ripercorresse quella del passato.

Un atteggiamento: “Siamo Anzio, il posto più bello del mondo, dove c’è il clima migliore, l’enogastronomia senza eguali, dov’è nato Nerone e dove hanno sbarcato gli americani. Devi venire, pagare (tanto) e sbrigare ad andartene perché cominci a darci fastidio”. E’ quello che ci tramandiamo, dal punto di vista culturale, da decenni, quando “la stagione” andava da giugno a ottobre e che le nuove generazioni non sembrano voler scardinare anche se adesso il periodo di presenza dei “forestieri” si è notevolmente ridotto.  Nonostante questo, continuiamo a non avere un’adeguata politica di accoglienza.

La realtà del territorio: “Varianti, cemento e furbizie”. Dalla teoria alla pratica il fallimento del piano regolatore, strumento che si era reso indispensabile dopo anni di stop, è misurabile con uno slogan del genere che traduce – a parere di chi scrive – in modo chiaro il motivo per il quale siamo di fronte a una “villettopoli” fra l’altro di scarsa qualità. Da “palazzopoli” delle vecchie previsioni, dalle convenzioni che hanno deturpato intere aree del territorio (Zodiaco, Anzio 2, Caracol), alla “villettopoli” odierna, l’unico filo conduttore è stato: consumare suolo, costruire, immaginare che fatte le case “qualcuno ci verrà”.

Ecco le occasioni mancate:  nel fiore dei suoi anni, in pieno boom economico, mentre nascevano la Costa Smeralda e la Riviera romagnola, Anzio ha scelto di essere altro. L’edilizia tirava, “qui devono venire”, ma il territorio via via spariva e oggi – come ebbe a prevedere Giuseppe De Rita anni fa – si fa fatica a distinguersi dalla periferia di Roma. Perché lo sviluppo è stato sempre collegato alle case da costruire, mai ai servizi da dare…

E’ possibile invertire la rotta? Lasciamo in pace Cicerone, ma usiamo proprio la frase di Cervellati: mare, cultura e natura.

Sono una linea di sviluppo chiara, marcata, solo da percorrere. Certo, tornare a essere attrattivi è difficile, non basta dire “qui è nato Nerone” per far sì che qualcuno arrivi, soprattutto se trova una villa abbandonata a se stessa, un museo dove si fa tutto – anche provare a promuovere l’archeologia – nessun percorso reale e tanto meno virtuale, manca una promozione, l’approfondimento, l’attività di ricerca su figure come lo stesso Nerone o Caligola. Possibile che Cerveteri fa una mostra al palazzo delle esposizioni a Roma e noi – con quella su Nerone ai Fori – non riusciamo a collegarci?

Non basta dire “qui hanno sbarcato” e ridurci a carnevalesche ricostruzioni o affidarci ai parenti dei reduci, mettere corone o affibbiarci medaglie. Giusta la memoria, ma se Anzio è “la città della pace”, se ha la fortuna e l’onore di avere come concittadino Roger Waters, deve rendere questo un percorso. Da vivere il 22 gennaio, certo, ma anche nel resto dell’anno. Da inserire in un progetto europeo che va dalla Sicilia a Salerno, da Anzio a Roma liberata, alla Normandia.

Il mare, una bandiera blu che deve lasciare le polemiche e trasformarsi – d’intesa con gli operatori – in un’occasione. Il mare tutto l’anno, approfittando del clima mite, pensando ad Anzio come a una sorta di California d’Italia oltre che come luogo vicino a Roma dove continuare a trascorrere vacanze non solo d’estate.

Le aree verdi da valorizzare, insieme agli insediamenti archeologici, affinché siano fruibili a chi svolge attività a contatto con la natura, dall’1 gennaio al 31 dicembre.

La grande tradizione enogastronomica, la ristorazione rinomata in tutto il mondo (ma non stellata, chiediamoci il perché) i prodotti di qualità, sono un altro filone da mettere “a sistema”, quello che farebbe una città vera,  non un paesone che insegue sagre improbabili o bancarelle di quarta serie.

Abbiamo mancato occasioni, abbiamo ancora la possibilità di recuperare. Puntando su mare, cultura e natura con servizi moderni, valorizzazione di quello che abbiamo, qualità assoluta.

 

Porto, il presidente senza poteri e i licenziamenti. Fateci capire…

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C’è il nome del presidente ma, a seguire, nessun “potere“. La visura aggiornata della Capo d’Anzio conferma quello che si diceva da qualche tempo: il presidente della società che deve realizzare il nuovo porto, nominato dal sindaco che rappresenta il 61% delle quote pubbliche, non ha alcun potere gestionale. Quello che da questo umile spazio era stato segnalato – senza ricevere risposte – e cioè se un avvocato potesse, per le regole imposte dalla professione, avere ruoli gestionali in una società, viene confermato dagli atti:  Ciro Alessio Mauro, presidente dal 9 marzo 2016, non gestisce nulla. Se lo facesse, non potrebbe esercitare come avvocato o verrebbe meno al “dovere di evitare incompatibilità” previsto dal codice deontologico. Può stare lì perché non ha poteri.

Nessuno vieta che la presidenza possa essere svolta in questo modo, sia chiaro, ma per una questione di trasparenza e finché i cittadini saranno proprietari del 61% andava detto. E’ una questione di correttezza. Il porto è, temiamo ancora per poco, di Anzio attraverso la società controllata dal Comune, questo è bene non dimenticarlo mai.

Apprendiamo anche che Mauro sarà presidente fino alla prossima assemblea, ma questo è un atto dovuto poiché è lì che si ratifica la carica, il consiglio d’amministrazione ne ha semplicemente preso atto.

Allo stesso consiglio, ora, è demandato tutto. A Mauro resta sì e no l’ordinaria amministrazione. L’esatto contrario di ciò che era per Luigi D’Arpino che poteva/doveva: “ Dare esecuzione alle delibere assunte dal consiglio di amministrazione adottando ogni provvedimento all’uopo necessario; firmare la corrispondenza della società; procedere all’apertura e chiusura di conti correnti di corrispondenza, di altri conti separati o speciali; effettuare la girata su effetti, assegni, vaglia cambiari e documenti allo sconto e all’incasso; richiedere fidi bancari ed anticipazioni di credito in genere; dare disposizioni ed effettuare prelevamenti da detti conti, anche mediante assegni bancari all’ordine di terzi a valere sulle disponibilità liquide e sulle disponibilità  derivanti dalle concessioni di affidamenti a favore della società; procedere alla costituzione di depositi cauzionali; stipulare contratti di locazione (…) rappresentare la società di fronte ai terzi ed in giudizio in cause attive e passive nonché in procedure di qualsiasi natura in qualunque grado e davanti a qualsiasi giurisdizione (…)  nominare e revocare avvocati e procuratori per gli atti e procedimenti tutti di cui sopra, conferendo loro ogni più ampio potere inerente al mandato; rappresentare la società in assemblee di altre società, associazioni (…) fare tutto quanto necessario o utile per il buon fine del mandato, nei limiti dell’ordinaria amministrazione e nell’interesse della società, salvo quanto espressamente di spettanza del consiglio di amministrazione e dell’assemblea“.

Chi fa adesso queste cose? Sindaco e presidente vogliono dircelo? E che significa che all’amministratore delegato, di nomina privata, ricordiamolo: “sono attribuiti tutti i poteri di ordinaria amministrazione, nonché le funzioni vicarie del presidente del consiglio di amministrazione“? I consiglieri comunali vogliono farsi sentire o sono presi da altro?

Ripetiamo: è questione di trasparenza. La stessa che la società sul proprio sito continua a ignorare pur essendo, ancora, al 61% del Comune. A oggi sul sito dell’ente i dati sono aggiornati al 27 gennaio  (è ancora presidente D’Arpino) si rimanda a al sito della Capo d’Anzio che pubblica in home page dati del 2013 perché nel frattempo è stato sostituito (in Comune lo sanno?) da quello di Marina di Capo d’Anzio dove però di trasparenza non c’è traccia.

E a proposito di trasparenza, perché non possiamo conoscere l’accordo con le cooperative, a maggior ragione oggi che ci sono stati due licenziamenti? Hanno ragione Luigi D’Arpino (che scopre troppo tardi le responsabilità del sindaco Bruschini) e Marco Maranesi, a sollevare perplessità e chiedere chiarezza. Non si può dire che la Capo d’Anzio non c’entra. Quel faticoso accordo, arrivato alla vigilia dello sgombero, prevede ciò che era stato proposto un anno fa ma non era andato bene, gli ormeggiatori avevano parlato di “proposta da usura” e la Capo d’Anzio non aveva mai quantificato l’ipotesi di intesa. Finché saremo proprietari, tutti i cittadini, abbiamo o non il diritto di sapere? A maggior ragione di fronte a due persone mandate a casa.

Ah, già che ci siamo: con il Circolo della Vela di Roma com’è finita?

 

 

La “carta vetrata” e il sonetto che non ti aspetti

Anni fa, quando ancora lavoravo a Latina Oggi, i colleghi mi regalarono un pezzo di carta vetrata. Era un modo per sottolineare che sono un tipo ruvido nei rapporti, scontroso, burbero e via discorrendo. E’ un po’ il nostro lavoro a portarci a questo, ma quel piccolo pezzo di carta vetrata l’ho portato sempre con me. Mai avrei immaginato, oggi, che ispirasse addirittura un sonetto nel quale c’è l’essenza del mio essere giornalista. Un autore che vuole restare anonimo, di sicuro un pensiero bello e inaspettato  che, in redazione, sarà affisso a fianco della carta vetrata. Grazie!

Scrivo a te, fiore de’ campo
che usi le parole come n’ lampo..
che illumina la notte anco più nera
cercanno verità… senza bandiera

L’appartenenza n’vero nun è pe’ li scrittori
armeno de’ quelli liberi…
dai più e…dagli editori

Che er potere vero poi de grazia…è quello de’ riporta’ giustizia..
n’ dove se’ subbita n’ ingiustizia….

Per questo scrivo a te che come er vento…
porti ai meschini pene e anco spavento…

A te che sei come na’ folata…
che smove si la carta…

ma solo se vetrata!!

Chi ha sparato a chi? Questa (e altre) mezze notizie

Nei giorni scorsi le cronache locali si sono occupate di un episodio molto grave. Gli spari a Santa Teresa, ad altezza d’uomo, verso una palazzina. I Carabinieri hanno fatto sapere di aver arrestato un ragazzo di 20 anni, hanno diffuso il video delle telecamere di sorveglianza che riprendono una scena che di solito vediamo in zone di ben altra criminalità, e lì si sono fermati.

Le forze dell’ordine, ormai, sono specializzate anche nel fornire supporti fotografici e video che accontentano le esigenze dei siti e dei giornalisti. Ma chi è il ventenne che ha sparato? Con chi ce l’aveva? Mistero. Se va bene, ormai, ottieni le iniziali di arrestati anche con decine di chilogrammi di droga, in nome di una privacy che viene interpretata a soggetto da chi – quale fonte – fornisce l’informazione e decide. Si tratti di un esponente delle forze dell’ordine o di un magistrato.

Si dimentica – e i primi a non ricordarlo sono i giornalisti, a maggior ragione a livello locale – che quanti svolgono questo straordinario lavoro non sono e non hanno da essere dei passacarte. Certo, ci sono i rapporti da mantenere. Certo, l’arrestato non è un condannato. Ma diamo una ripassata al codice di autoregolamentazione della privacy che i giornalisti si sono dati e andiamo a vedere: rilevanza sociale del fatto, particolare evento e via discorrendo.

E allora? Si deve sapere o meno chi ha sparato e verso chi erano diretti quei colpi? Certamente sì, ma gli investigatori non danno nomi e anzi invitano a non chiedere oltre. Ebbene, sarebbe ora che se vogliono che diamo mezze notizie, cominciamo a scrivere che l’ufficiale P.C. e il magistrato Z.M. hanno riferito che…. Privacy per chi compie atti rilevanti socialmente e sul nome dei quali il giornalista ha una deontologia che stabilisce quali pubblicare e quali non? Privacy per tutti . E’ una provocazione, evidente, ma di fronte alle mezze notizie qualcosa va pur sostenuto.

Dagli spari al voto imminente a Nettuno e alla campagna su Anzio che è già nel vivo. Ebbene titoloni, annunci e analisi su Danilo Fontana – consigliere comunale di Anzio e consigliere dell’area metropolitana di Roma – che si candida a Nettuno. Fa un comunicato senza sconti, parla di “vecchi volponi” della politica, è una cosa che fa certamente notizia. Soprattutto se va a sostenere Nicola Burrini che ha il suo riferimento – nel Pd – tra quanti secondo Candido De Angelis (che Fontana sostenne e del quale è alleato) votarono Bruschini al ballottaggio di Anzio. Bene, ma poi? Fontana non può candidarsi per legge, a meno di dimettersi da consigliere comunale e perdere anche l’area metropolitana o diventare assessore. Lui si guarda bene dal farlo sapere, ma i giornalisti di casa nostra lo sanno. Da una parte la notizia non esce, dall’altra si dice che “ha rinunciato“.

E’ solo un esempio delle mezze notizie di casa nostra. Liberissimi, tutti, di fare come vogliono. Ma un po’ di attenzione in più non guasterebbe. Per i lettori, anzitutto.

Porto, finalmente. Ma ci sono ancora risposte da dare

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Vanno fatti sinceri complimenti al sindaco di Anzio, Luciano Bruschini, al presidente della società Ciro Alessio Mauro, all’amministratore delegato Enrico Aliotti e al consigliere d’amministrazione Antonio Bufalari per l’intesa raggiunta ieri con le cooperative di ormeggiatori.  Va dato atto anche a loro di aver combattuto strenuamente una battaglia che non era facile e di essersi arresi solo di fronte all’ennesimo ricorso andato male. Uno sgombero, già predisposto per quanto ne sappiamo, sarebbe stato uno schiaffo che non meritavano loro né la città. Lo ha ricordato Candido De Angelis in consiglio comunale: se gli ormeggiatori non avessero firmato nel 2011 l’intesa che li “ricollocava” nel nuovo porto oggi non saremmo qui. E questo va riconosciuto.

Resta l’amarezza per essere dovuti arrivare all’ultimo minuto dell’ultimo giorno, quando un’intesa poteva e doveva essere trovata prima. Lo abbiamo sostenuto tante volte, ma dobbiamo riconoscere che la pazienza del primo cittadino – con il quale non siamo stati e non siamo mai teneri – alla fine è stata premiata. Restano dei dubbi, però, e siccome il 61% della Capo d’Anzio è ancora dei cittadini – e continuiamo ad auspicare che ci resti, anche se è stato fatto di tutto per metterlo in mano al socio privato Renato Marconi – li poniamo.

Il primo: cosa è cambiato rispetto alle intese proposte prima? Erano semplicemente “antipatici” Luigi D’Arpino e Franco Pusceddu i quali, come l’avvocato Ciro Alessio Mauro e il commercialista Zanetti, non hanno fatto altro che seguire le linee dettate dall’assemblea dei soci e quindi anche dal sindaco? Gli ormeggiatori hanno parlato, allora, di proposte “da usura“, la Capo d’Anzio non ha mai ufficialmente presentato le proprie. Oggi che l’accordo c’è, sarebbe bene farlo conoscere nei dettagli ai cittadini. E già che ci siamo, è bene sapere anche com’è finita con il circolo della Vela e gli altri “sine titulo

Altro quesito: chi al bando per gli ormeggiatori è risultato idoneo, ha partecipato a vuoto? I soldi che il sindaco ha detto serviranno a far quadrare i conti della Capo d’Anzio per il 2015 e cioè quelli che gli ormeggiatori dovrebbero dare, come si inseriscono in bilancio? C’è la disponibilità delle cooperative a “girarli“? Perché sull’ultimo numero del Granchio Renzo Tulli è stato chiaro: noi abbiamo lavorato, con strutture nostre, e poi dovremmo pagare loro….  Ecco, come si esce da questa vicenda? Una cosa è certa, con l’accordo firmato prima e la Capo d’Anzio operativa oggi non ci sarebbero problemi con la fidejussione, il Life e tutto il resto.

Speriamo di averle queste risposte, dal sindaco che rappresenta il nostro 61% o dal presidente che ha nominato, ma oggi godiamoci questo giorno. Il porto, finalmente, è a gestione di una società “nostra“. Che non è quella immaginata nel 2000 da Gianni Billia e Candido De Angelis, intorno alla quale si è giocata – dall’ingresso di Italia Navigando in poi – una partita più grande di noi, il bacino non è (e non può più essere) quello mega pensato allora. Sono trascorsi 16 anni e mezzo da quando è stato dato mandato di costituirla, quasi 16 dalla firma davanti al notaio, 11 da quando è stata chiesta la concessione – altro che inizio lavori nel 2005, slogan elettorale di De Angelis al secondo mandato – siamo passati per ostacoli di ogni genere, più o meno corretti, pareri “a soggetto“, procedure che andavano bene oggi e male domani, scissioni societarie, gare deserte, vendita di improbabili “dolt”  e via discorrendo. Possiamo scrivere un libro sul sostanziale fallimento della legge Burlando che non accelera un bel niente, abbiamo avuto la Regione di Marrazzo e Montino assolutamente contro, quella di Zingaretti che ha sollecitato perché si partisse, ma almeno ora c’è chiarezza su chi è il concessionario.

Il quale non farà il mega porto ma gestirà l’attuale ed è ancora per il 61% dei cittadini di Anzio. Oggi per questo dovremmo batterci. C’è la legge Madia, è vero, ci sono i bilanci in perdita, c’è stata una scissione che abbiamo impugnato tardi e male, però come ricorda l’ultima mozione approvata all’unanimità dal Consiglio comunale il porto “è” Anzio. E francamente dopo anni di “mazzate“, doverla cedere quando comincia a essere operativa e fare reddito, a dare ricadute – messe nero su bianco – alla città, sarebbe una beffa.

Sindaco, maggioranza, opposizione (o governo?) di centro-destra, Pd, operatori, cittadini, dovrebbero andare in delegazione da Renzi e la Madia a spiegare che Anzio è un caso di studio per com’è s’è sviluppata la vicenda porto-società pubblica e che – tutti –  vogliamo che il porto non sia nelle mani totalmente di un privato. Chissà….

 

+++Porto, rigettato il ricorso degli ormeggiatori+++

 

pefcapodanzioE’ stato rigettato il ricorso delle cooperative ormeggiatori che chiedevano di sospendere il provvedimento di sgombero. Il Tribunale amministrativo regionale (Tar) si è pronunciato poco fa.

L’udienza per trattare nel merito è stata fissata l’11 maggio. A questo punto è da verificare se si procederà con lo sgombero forzato o si attenderà la decisione.

Da quanto si apprende in ambienti del Comune, la mancata riunione di venerdì – con gli ormeggiatori che hanno disertato l’incontro – è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Il sindaco, finora aperto al dialogo come nessun altro, non ha affatto gradito.

Porto e ormeggiatori, una storia infinita e un solo responsabile

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Era scontato il ricorso delle cooperative di ormeggiatori contro l’ordinanza del sindaco che intimava lo sgombero da dopodomani. La storia diventa infinita e il responsabile, al di là di come andranno ricorsi e compagnia, è uno solo: il sindaco Luciano Bruschini.

Di questo contenzioso e del fallimento, ormai prossimo, della Capo d’Anzio. Qualora il ricorso fosse accolto, infatti, anche nel bilancio 2016 ci sarebbe un buco enorme che nessuna azione di ingegneria finanziaria con quote a carico delle cooperative, né esperti chiamati al capezzale del nuovo management, potranno sanare.

Quando la Regione Lazio ha invertito il crono programma il sindaco aveva il dovere di andare dagli ormeggiatori e spiegare che non sarebbero stati “ricollocati” nel nuovo porto – perché il raddoppio, in quel momento, passava in secondo piano, serviva fare “cassa” partendo dall’interno – ma si doveva fare un bando e che la loro partecipazione sarebbe stata, automaticamente, assunzione.

Agli ormeggiatori non sarebbe andato bene, immaginiamo, non a tutti, ma si poteva e doveva fare una trattativa allora. Quando è stato cercato il dialogo – dicendo una cosa nelle assemblee e nei consigli d’amministrazione della società (sgombero compreso), un’altra agli ormeggiatori e a chi politicamente, in maggioranza, andava a sostenere le loro ragioni – era tardi.

Oggi leggiamo che la Capo d’Anzio non avrebbe fatto proposte. Non che venerdì, proprio per tentare un accordo in extremis, è saltata la riunione che lo stesso sindaco aveva sollecitato. Come, prima del precedente ricorso al Tar, era già accaduto.

Gli ormeggiatori difendono il loro sacrosanto diritto al lavoro, lo fanno come meglio credono – spesso esagerando nei termini e non solo con chiunque si avvicini alla “loro” banchina, questioni all’attenzione della Procura della Repubblica – ma una soluzione andava trovata. Bruschini ci ha provato, vero, ha impiegato due mesi a fare l’ordinanza che la Regione ha chiesto all’inizio di gennaio, doveva mettere in conto il ricorso che oggi, se l’avesse fatta subito, era già deciso.Ha aspettato, promesso, limato, e il risultato è sotto gli occhi di tutti.

Avevamo fantasticato di un altro porto nel 2000 quando con Gianni Billia si costituiva la Capo d’Anzio. C’era anche Mario de Grenet, oggi come allora presidente del Circolo della Vela, altra realtà che ha preferito fare ricorso in attesa di un non meglio identificato “accordo” che ancora non vediamo.

Immaginavamo un porto della città e non di pochi operatori che si lamentano delle proposte della Capo d’Anzio definite “da usura” ma votano bilanci dai quali necessariamente si doveva partire per trattare: 497.000 di “valore della produzione” nel 2013 e 307.377 euro di “personale” mettendo insieme le due cooperative.

Volevamo un porto dei cittadini attraverso una società pubblica e non dei “giochi” della politica che ci ha imposto prima Italia Navigando (Marconi) e poi ha ceduto – come tanti ricordano solo ora, ma lo denunciammo quattro anni fa –  le quote al privato senza colpo ferire, tenendo nel cassetto il parere dello studio Cancrini per tre anni, ponendo addirittura il “segreto di Stato” quando Marco Maranesi andava a chiederlo. Oggi la Capo d’Anzio, al 61% del Comune anche se ancora per poco, ha una concessione ma non può farne uso. Il primo responsabile è il sindaco, per quello che si è provato a raccontare finora.

Tutto sommato è ciò che meritiamo. Per primo chi scrive, sciocco ad aver creduto che si potesse realizzare quello che, come ripetevano anche tanti finti fautori del progetto “non si farà mai“.

 

Mense: io, non residente, e la tariffa “ballerina”

Facciamo un esempio pratico. Io sono un cittadino e non risiedo ad Anzio, ma per varie ragioni iscrivo mio figlio a un istituto di primo grado della città. Prendo i moduli al Comune per usufruire del servizio mensa, firmo tutto e aspetto i bollettini.

Al momento dell’iscrizione apprendo che la tariffa sarà di 2,54 euro a pasto, salvo agevolazioni alle quali però non ho diritto. Mi spiegano che si paga in base ai pasti realmente consumati, che riceverò bollettini diversi e uno finale di conguaglio.

Tutto a posto, il servizio inizia e tutto sommato funziona pure. Certo, delle mense nessuno parlerà mai gran bene, a partire dai genitori e gli insegnanti, senza contare benpensanti consiglieri comunali. Però – tra alti (pochi) e bassi (molti) si va avanti.

Finalmente arrivano i bollettini, sui quali sorge qualche dubbio rispetto al calcolo dei pasti, anche se nessuno ha deliberato (e allegato al bilancio di previsione 2015, ma per i revisori è tutto a posto….) e successivamente vengono stabilite le tariffe, ma anche modificate le fasce Isee.

Sorpresa, i non residenti pagheranno 3,9 euro “come previsto dal regolamento“. Approvato a ottobre 2015 – come leggo anche sul Granchio

paginagranchiomense

ovvero quando io, cittadino non residente, avevo già fatto l’iscrizione e sapevo di dover pagare 2,54. Scopro anche dalla delibera sulle tariffe (ma ormai è una battaglia persa) che c’è l’ennesimo “data entry” da oltre 37.000 euro, oltre esperti ai quali il compenso è raddoppiato.

Ah, se fossi residente – e appassionato di formalità burocratiche – anche per farmi pagare i 2,54 serviva una delibera sui servizi a domanda individuale, ma pazienza…. Mio figlio ha mangiato finora e pago. E’ giusto che lo faccia, anzi è sacrosanto che vivendo (e pagando altre tasse) in un Comune diverso io paghi di più. Ma non possono cambiare le regole a partita iniziata.

Ecco, si mandano prima le richieste di  pagamento e poi si decide la tariffa, come se nulla fosse. E siamo proprio sicuri che non debba approvarla anche il Consiglio comunale? E’ il 3.0 “de noantri” o, se volete, la tariffa “ballerina“.

Ma tanto interessa a pochi e poi i non residenti sono una parte infinitesimale dell’universo. Comunque non dimentichiamo mai che siamo ad Anzio eh….

ps: è una ricostruzione volutamente forzata: risiedo e pago, ma per fortuna sono rimasti pochi giorni di mensa, salderò le rate dovute e pagherò il conguaglio quando arriverà.

ps1: apprezzabili le linee guida sulla nuova gara, deliberate insieme alle tariffe.

Magari interessa a pochi, ma a votare ci vado…

scheda-referendum-trivelle

Interesserà a pochi, ma a votare domenica 17 aprile ci vado…

perché è un mio diritto e intendo esercitarlo, come ho sempre fatto;

perché c’è chi si è battuto, è stato torturato, è morto perché avessimo questo diritto;

perché mia nonna non poteva votare e ricordava con gioia l’avvento “della democrazia”, per lei ben presto diventata anche “cristiana” ma questo conta poco;

perché il referendum è uno strumento previsto dalla Costituzione e – se non erro – dopo quelli voluti da centinaia di migliaia di cittadini, per la prima volta a chiederlo sono stati i Consigli regionali;

perché il mancato raggiungimento del quorum al referendum sulla caccia, insieme all’allora caporedattore di Latina Oggi – il compianto Mauro Benedetti – che mi mandò a intervistare le associazioni di cacciatori (proprio a me….), ancora brucia;

perché quando Craxi ci invitò ad andare al mare, da presidente di seggio al centro di Anzio ho fatto votare tutti coloro che non avevano documento, tanto li conoscevo e sento di aver contribuito al raggiungimento del quorum;

perché senza i referendum proposti negli anni dai Radicali, l’Italia sarebbe, oggi, un Paese arretrato;

perché quando i cittadini scelgono, qualsiasi cosa scelgono, hanno sempre ragione e mi fa arrabbiare chi dice “non hanno capito” quando perde, senza chiedersi se ha fatto di tutto per farsi comprendere;

perché rappresentanti delle Istituzioni dovrebbero ricordarsi che sono tali e non invitare all’astensione oggi e, magari, al voto domani (leggi referendum costituzionale);

perché è ora che Napolitano si goda la pensione;

perché se avesse fatto le stesse affermazioni Berlusconi da capo del governo sarebbe venuto giù il mondo.

Sì o No? Confesso, ci ho capito poco. Ma ho ancora tempo per approfondire. E votare secondo coscienza.

Anti corruzione e organico, qualcosa non quadra

pianocorruzione

C’è da chiedersi se sindaco e assessori che partecipano alla giunta sono soliti leggere gli atti sui quali votano. Già, perché allegati al piano anti corruzione del 2016-2018 c’è qualcosa che non torna.

Il piano, intanto, sembra copiato e incollato dal precedente e fin qui diciamo che può starci. Lo fanno tutti, a partire dai giornalisti, figuriamoci in una macchina complessa qual è quella del Comune. Diciamo che sull’anti corruzione qualcosa non quadra se in una delle precedenti relazioni si legge che nel 2015 non ci sono stati provvedimenti disciplinari, quando in realtà altrove è scritto che una dirigente è sospesa proprio perché sottoposta a procedimento in quanto condannata in primo grado.

Facciamo che non è questo il punto? Va bene, ma a scorrere gli allegati si scopre per esempio che la pianta organica non è quella approvata di recente ma la versione precedente. Ora, un assessore va in giunta e vota una dotazione organica – l’ennesima – poi ci torna qualche giorno dopo, vota un piano e non vede che in allegato c’è altro? E per cosa vale il piano, la prima o la seconda organizzazione?

Ammettiamo che era tutto pronto, ma come si dice fatto 30 si poteva fare 31… Aspettare qualche giorno e modificare il piano 2016-2018. Ammettiamo pure che poco cambi, quello che dirigenti (non ce ne sono più secondo il nuovo organico, dopo la prevista “cacciata” della Santaniello) funzionari e dipendenti devono rispettare sempre quello è….

Allora andiamo così, a campione, a sbirciare da profani altri allegati e abbiamo l’impressione – ci sbaglieremo – di avere tabelle di fac-simile prese e messe lì pari pari. O fatte per addetti ai lavori, perché francamente incomprensibili.

L’auspicio è che quanti hanno votato la delibera abbiano chiesto informazioni e, quindi, siano in grado di spiegarci quali sono le previsioni. A meno che non abbiano votato a scatola chiusa….