Una premessa indispensabile: a Patrizio Colantuono, presidente del museo dello sbarco di Anzio, va fatto un monumento. Per aver immaginato, con altri, quella realtà, per l’impegno che profonde e la passione che ci mette. Detto ciò abbiamo appreso ieri sera, nel corso dell’evento organizzato dall’associazione “00042” su 365 giorni di turismo, che “il museo dello sbarco è privato“. Cioè?
Non solo, che c’è un non meglio specificato progetto – che da quello che ho sentito sarebbe pure condivisibile – di mettere insieme i cimiteri di guerra di mezza Europa e farne un percorso della memoria. Proposto da chi? E con il Comune coinvolto o non?
L’intervento di Patrizio Colantuono ha seguito quello di chi scrive – che riporto subito dopo – e di Angelo Pugliese, nei quali si è parlato delle enormi possibilità dello sbarco se non limitato al museo odierno e alle manifestazioni del 21-22 gennaio. Non era, non è e non sarà mai un “attacco” alla persona, ma a una città dove si fa fatica a mettere a sistema il buono che c’è. Altrove potrete seguire dibattito e interventi – personalmente ho molto apprezzato quello dal pubblico di Riccobelli (esperto di pianificazione) e di una signora che ci ha ricordato come prima di tutto dobbiamo amare la città cominciando a raccogliere le carte per terra, ma anche le buone pratiche che già esistono illustrate da Maurizio Criscuolo e Gigi Crescenzi – qui sorgono alcuni dubbi sul museo “privato” e che ha “dal Comune 5000 euro l’anno, quando li dà“. Ma che significa privato? E’ a Villa Adele – spazio piccolo, angusto, puzzolente ormai – da quando è stato realizzato. Merita una collocazione assolutamente diversa, vero, ma da oltre 20 anni usa uno stabile del Comune, energia e tutto il resto a carico della collettività, ha anche contributi e poi è privato? Vuol dire che domani può anche chiudere e portare via tutto?
E’ comprensibile lo sfogo di chi si è sentito attaccato – ma, ripeto, non era e non è una questione legata alla persona che può solo avere gratitudine – ma questa cosa va assolutamente chiarita. Di seguito, l’intervento di chi scrive. Volto – com’era l’appuntamento di ieri – a costruire insieme un percorso, non a difendere ciascuno il suo “fortino“.
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Dalle occasioni mancate alle nuove possibilità
Due frasi: “Niente di più bello, niente di più quieto, niente di più ameno” (Cicerone) e “Mare, cultura e natura” (Pierluigi Cervellati)
Un paragone azzardato, fuori luogo forse, ma che la dice lunga su cosa è stata questa città e cosa doveva essere anche quando, 2000 anni dopo le parole di Cicerone, si è cercato di mettere mano alla programmazione del territorio e l’urbanista ha provato a dare una linea che ripercorresse quella del passato.
Un atteggiamento: “Siamo Anzio, il posto più bello del mondo, dove c’è il clima migliore, l’enogastronomia senza eguali, dov’è nato Nerone e dove hanno sbarcato gli americani. Devi venire, pagare (tanto) e sbrigare ad andartene perché cominci a darci fastidio”. E’ quello che ci tramandiamo, dal punto di vista culturale, da decenni, quando “la stagione” andava da giugno a ottobre e che le nuove generazioni non sembrano voler scardinare anche se adesso il periodo di presenza dei “forestieri” si è notevolmente ridotto. Nonostante questo, continuiamo a non avere un’adeguata politica di accoglienza.
La realtà del territorio: “Varianti, cemento e furbizie”. Dalla teoria alla pratica il fallimento del piano regolatore, strumento che si era reso indispensabile dopo anni di stop, è misurabile con uno slogan del genere che traduce – a parere di chi scrive – in modo chiaro il motivo per il quale siamo di fronte a una “villettopoli” fra l’altro di scarsa qualità. Da “palazzopoli” delle vecchie previsioni, dalle convenzioni che hanno deturpato intere aree del territorio (Zodiaco, Anzio 2, Caracol), alla “villettopoli” odierna, l’unico filo conduttore è stato: consumare suolo, costruire, immaginare che fatte le case “qualcuno ci verrà”.
Ecco le occasioni mancate: nel fiore dei suoi anni, in pieno boom economico, mentre nascevano la Costa Smeralda e la Riviera romagnola, Anzio ha scelto di essere altro. L’edilizia tirava, “qui devono venire”, ma il territorio via via spariva e oggi – come ebbe a prevedere Giuseppe De Rita anni fa – si fa fatica a distinguersi dalla periferia di Roma. Perché lo sviluppo è stato sempre collegato alle case da costruire, mai ai servizi da dare…
E’ possibile invertire la rotta? Lasciamo in pace Cicerone, ma usiamo proprio la frase di Cervellati: mare, cultura e natura.
Sono una linea di sviluppo chiara, marcata, solo da percorrere. Certo, tornare a essere attrattivi è difficile, non basta dire “qui è nato Nerone” per far sì che qualcuno arrivi, soprattutto se trova una villa abbandonata a se stessa, un museo dove si fa tutto – anche provare a promuovere l’archeologia – nessun percorso reale e tanto meno virtuale, manca una promozione, l’approfondimento, l’attività di ricerca su figure come lo stesso Nerone o Caligola. Possibile che Cerveteri fa una mostra al palazzo delle esposizioni a Roma e noi – con quella su Nerone ai Fori – non riusciamo a collegarci?
Non basta dire “qui hanno sbarcato” e ridurci a carnevalesche ricostruzioni o affidarci ai parenti dei reduci, mettere corone o affibbiarci medaglie. Giusta la memoria, ma se Anzio è “la città della pace”, se ha la fortuna e l’onore di avere come concittadino Roger Waters, deve rendere questo un percorso. Da vivere il 22 gennaio, certo, ma anche nel resto dell’anno. Da inserire in un progetto europeo che va dalla Sicilia a Salerno, da Anzio a Roma liberata, alla Normandia.
Il mare, una bandiera blu che deve lasciare le polemiche e trasformarsi – d’intesa con gli operatori – in un’occasione. Il mare tutto l’anno, approfittando del clima mite, pensando ad Anzio come a una sorta di California d’Italia oltre che come luogo vicino a Roma dove continuare a trascorrere vacanze non solo d’estate.
Le aree verdi da valorizzare, insieme agli insediamenti archeologici, affinché siano fruibili a chi svolge attività a contatto con la natura, dall’1 gennaio al 31 dicembre.
La grande tradizione enogastronomica, la ristorazione rinomata in tutto il mondo (ma non stellata, chiediamoci il perché) i prodotti di qualità, sono un altro filone da mettere “a sistema”, quello che farebbe una città vera, non un paesone che insegue sagre improbabili o bancarelle di quarta serie.
Abbiamo mancato occasioni, abbiamo ancora la possibilità di recuperare. Puntando su mare, cultura e natura con servizi moderni, valorizzazione di quello che abbiamo, qualità assoluta.