Sindaco, minacce e cultura mafiosa. Le mie scuse (per altri) agli elettori

Al sindaco possiamo dire tutto, tranne che sia uno stupido o uno sprovveduto. La sua veemente presa di posizione in Consiglio comunale è la risposta al fatto che sa bene – benissimo – che da qui all’esito della commissione d’accesso è costretto a “sopravvivere” nell’amministrare la città. Sa ancora meglio che si gioca il tutto per tutto continuando a ripetere che gli atti sono regolari (e ci mancherebbe pure) e a parlare di infiltrazioni, quando è dimostrato non da oggi che esistono delle presenze criminali. Poteva, ad esempio, costituirsi parte civile nel processo Appia Mithos già nel 2005 ma se ne è ben guardato. Era ‘ndrangheta, la stessa di adesso. Con la differenza che allora, forse, era ancora lontana dal Comune. La sua responsabilità e quella di chi ha governato prima di lui, è quella di non essersi accorto di cosa stava accadendo o di avere minimizzato mentre altri lanciavano l’allarme.

ITALIA VIVA

Il sindaco sa, ancora meglio, che se la commissione d’accesso accerterà il condizionamento del voto e dell’amministrazione, avrà indegnamente concluso la sua carriera politica. E preferisce “sopravvivere”, grazie a surroghe fatte in fretta e furia, con il numero legale mantenuto da chi ha fatto una campagna elettorale contro e ora si ritrova, anche lei, in maggioranza: Anna Marracino. Vedete, non è bastato vincere al primo turno, sbeffeggiare gli altri per il pessimo risultato ottenuto, avere 16 consiglieri su 24. No, per poter “sopravvivere” come ha fatto in pratica dal primo giorno, ha dovuto prima prendere due sfidanti alla carica di sindaco, Cafà (promossa presidente) e Palomba, quindi ha avuto il via libera da Italia Viva che evidentemente a governare con Lega e Fratelli d’Italia si trova a suo agio, pazienza essere stata eletta avendo un altro programma e contestare (allora) la destra anziate in tutte le sue forme. Siccome il candidato sindaco della coalizione con la quale la Marracino è entrata in consiglio comunale era chi scrive, chiedo scusa io agli elettori per questa inversione di rotta.

I SILENZI/1

Ma restiamo al primo cittadino. Come è stato all’epoca per i “ricattatori seriali”, poi per i “72 milioni che volavano” rispetto alla gara dei rifiuti, ci auguriamo che abbia sporto regolare denuncia anche per la presunta estorsione della quale ha parlato in consiglio comunale, dando un minaccioso “benvenuto” al neo entrato Giorgio Buccolini.

Perché se ci sono irregolarità vanno denunciate. Va ricordato al sindaco, comunque, che se pure avessero chiesto un contributo forse sono gli unici a non averlo ottenuto. La lista, tra spettacoli, manifestazioni, associazioni culturali, incarichi e locali pubblici (uno a una neo entrata consigliera, è compatibile questo?), è piena di suoi sostenitori alle ultime elezioni. La chiamano “buona amministrazione”.

LO “SPETTACOLO”

Frequentando il consiglio comunale dal 1990 – eletto nelle fila Dc – il sindaco sa bene che le sue prese di posizione fuori dalle righe, minacciose e arroganti, sono uno dei momenti più bassi dell’istituzione che con toni solo apparentemente da Luciano Bruschini indica ai neo entrati come il posto nel quale esprimersi. Peccato avesse usato, prima, quelli più coloriti alla Piero Marigliani (ha governato con entrambi). Forse solo uno “show” al centro ecumenico (sindaco Mastracci) e le bestemmie ascoltate alla palestra della scuola “Giovanni Falcone” (sindaco Bertollini) sono stati momenti peggiori. Lui c’era, in entrambi i casi. L’istituzione, con la presidente che consente di tutto, è vilipesa dall’atteggiamento del primo cittadino. Sa anche questo, ma non conosce modi diversi: “poi vediamo”, “facciamo i conti”, “sumari” e via accuse “a quelli che scrivono sui giornali” e agli “odiatori seriali su facebook”. No, non è consentito usare certi toni e non chiediamoci, poi, perché la cultura mafiosa ha attecchito ad Anzio. Se un sindaco può esprimersi come ha fatto – e non è la prima volta – per quale motivo un cittadino non dovrebbe fare altrettanto? E se questo cittadino è abituato a delinquere e magari è stato molto vicino a chi ha amministrato la città – come dicono le carte della Dda – o che si appresta ad amministrarla, il gioco è fatto.

I SILENZI/2

Per evitare di rispondere alla perdita di sei consiglieri e un assessore, di parlare della criminalità e dell’indagine e dare una risposta politica (finora dalla maggioranza nessuno ha condannato la ‘ndrangheta) il sindaco, al suo solito, l’ha buttata in confusione. L’altro assessore, grande protagonista nelle carte della Dda, è andato via senza motivazioni e il ringraziamento è singolare. I dati Ispra sono questi, pubblici, dove e come siano migliorate le cose lo sa solo il sindaco, insieme forse a un funzionario che non dovrebbe continuare a stare lì finché non risolve la vicenda della condanna della Corte dei conti. Lo stesso vale per i consiglieri entranti che potrebbero essere incompatibili e sui quali persino la segretaria generale ha glissato. E non abbiamo mai avuto risposte sul pirotecnico addio dell’allora assessore Ranucci.

Il sindaco che invoca il confronto, all’unico fatto in campagna elettorale nel 2018 chiedeva applausi ai suoi sodali e diceva “ma che so venuto a fa”. Il sindaco che dice di non avere avuto contestazioni in consiglio su gare e appalti, dimentica quello che chi resta all’opposizione ha fatto rispetto, ad esempio, al frettoloso ingresso in Aet o alla nuova fideiussione per il porto. Prima della commissione d’accesso venuta per gli arresti di ‘ndrangheta, allora, c’è stato il modo di “sopravvivere” di questa amministrazione coperto dalle sparate del primo cittadino nella sede istituzionale e nella tv pagata con i soldi dei cittadini. Che “c’avemo la televisione” come si legge nelle carte Dda, è un pesante dettaglio. Su una cosa, infine, sentiamo di essere d’accordo: “Se qualcuno ha sbagliato pagherà, a cominciare da me”. Non c’era bisogno che arrivasse la Dda, doveva accorgersene prima.

Il Titanic, le dimissioni e il coraggio: adesso staccate la spina

C’è una scena del Titanic nota a tutti, è quella in cui il primo violino dice ai musicisti “Signori, è stato un onore suonare con voi stasera”. La situazione della maggioranza che ininterrottamente guida Anzio dal ’98 è forse peggio a quella del transatlantico che si schiantò sugli iceberg nel 1912. Qui la commissione d’accesso, conseguente agli arresti per ‘ndrangheta e agli interessi dell’organizzazione criminale sulle elezioni del 2018, è solo la punta di quell’iceberg.

Il Titanic della destra ha iniziato ad affondare molto prima, dalla lotta fratricida nel 2013 in poi si è rimasti insieme a suon di messaggi trasversali, minacce, voce grossa e favori ad amici degli amici. Ha provato, la destra, anche a darsi una riverniciata ma non è servito. Perché la prevaricazione, le urla, gli ultimi tentativi di salvare tutto dicendo “tiro fuori le carte” – come avrebbe fatto il sindaco mentre alcuni andavano a dirgli che si sarebbero dimessi – sono lì a certificare un fallimento. Stai bene a dire che apre il palazzetto e hai rifatto le strade – ci mancherebbe non le avessi fatte… – o ad autoproclamarti “capitale della cultura”. Questa città è morta e sepolta: zero progettazione europea, politiche ambientali alla giornata (ma grossi interessi sulle assunzioni alla ditta appaltatrice), bilancio che fa acqua nonostante le rassicurazioni, servizi sociali per i quali si litiga con Nettuno ma privi di una visione, villettopoli asfissiante, legalità delle cose quotidiane spesso calpestata, società per realizzare il porto prossima al default, indagini passate e presenti.

Basterebbe prendere il programma del 2018 e leggere cosa è stato fatto e cosa non per dire che è ora di staccare la spina. Ma c’è un fallimento che è ancora più grande, del sindaco in particolare. Al Titanic della destra aveva provato a dare una verniciata, una volta eletto aveva tolto di mezzo qualcuno che nel 2013 voleva “mandare a lavorare” (vedi Alessandroni) e aveva portato in Consiglio volti nuovi: l’ormai ex “delfino” Vasoli, la Amaducci, Camilli, Galasso. Gente che non si era mai affacciata in consiglio comunale e non “vive” di politica. Era alla seconda esperienza ed era stata premiata (giustamente) con la presidenza del consiglio comunale, ma poi defenestrata per allargare la maggioranza all’ex avversaria Cafà, Giusy Piccolo che di mestiere fa l’avvocato. Più navigato Marco Maranesi, il quale dalla maggioranza, anzi dal “recinto” si era già allontanato. Lo stesso avevano fatto Amaducci, Piccolo e Vasoli con il loro “Progetto Anzio”. Si sono dimessi, con un gesto coraggioso e non scontato, voltando le spalle a quello che ormai tutti chiamano il “Re”.

Al sindaco restano i fedelissimi e nemmeno tutti, perché Ranucci se ne era già andato dopo lo show nel quale aveva lanciato accuse pesantissime anche al primo cittadino. Oggi l’ex assessore all’ambiente è tra i più presenti nelle carte della Dda (non indagato) così come il suo successore, Gualtiero Di Carlo, altro fedelissimo di De Angelis. E chissà se chi entra in consiglio sarà o meno nel “recinto”, a questo punto.

Serviva coraggio ad andare via dal Titanic che stava già affondando, con decisioni non condivise o dubbie (vedi ingresso in Aet o fidejussione Capo d’Anzio), oggi che è arrivata la Commissione d’accesso anche di più. No, non è l’ammissione di una colpa che non hanno i dimissionari, è un gesto d’amore verso la città che si trascinerà per i prossimi mesi tra surroghe, paure, scioglimento sì o no, e sarà inevitabilmente ingessata. E’ un gesto di trasparenza e rispetto verso un’istituzione che altri hanno vilipeso.

Aveva questa grande occasione anche il sindaco, andarsene a modo suo, urlare che era colpa della “magistratura rossa” e del “sistema dei media” o della “macchina del fango”, dire che era “tutto regolare” (e vedi che non lo sia, salvo minacciare di “tirare fuori le carte”, quali?) ma ha preferito restare. E dai più “nuovi”, adesso, ha avuto una lezione. Non sappiamo come andrà a finire, ma oggi Amaducci, Camilli, Galasso, Maranesi, Piccolo e Vasoli hanno dato uno scossone forte. Sarebbe ora che un uomo che le istituzioni le conosce per aver ricoperto anche l’incarico di senatore, staccasse la spina

Già, si è dimessa anche l’assessore Nolfi ma questo non fa quasi più notizia perché in passato si contano tre analoghi tentativi e altrettanti ripensamenti. Stendiamo un velo pietoso sulla diatriba all’opposizione tra convocazione del consiglio o mozione di sfiducia (che non erano inconciliabili, anzi) e magari cerchiamo di pretendere che nella sede istituzionale per eccellenza l’argomento criminalità venga affrontato. E’ impossibile fare finta che non è successo niente, basterebbe dire “signori, è stato un onore suonare con voi” e andare a casa.

Ci scioglieranno? Chissà. Ma se per voi è normale che…

Al Comune di Anzio continuano a inondare la pagina facebook istituzionale delle cose fatte, riprendendo campagne del passato. Provano – parafrasando Guccini – a dirci cose vecchie con il vestito nuovo. Comprensibile, dato il marasma che sta vivendo la città. Nel “fortino” di Villa Sarsina c’è chi assicura – dicono sindaco in testa – che non ci sarà lo scioglimento per condizionamento della criminalità. Continuano a uscire carte (e articoli di giornale) nelle quali leggiamo il contrario, però non si decide in base a quello e ci sono sempre “le vie infinite della politica”.

Facciamola lavorare, quindi, la commissione. Solo che ciò che hanno appurato la Dda e i carabinieri pesa come un macigno. Al di là dei reati, ricordo che la responsabilità penale è personale e si è innocenti fino a prova del contrario, lì emerge in maniera evidente il “sistema”. Nelle carte ci sono i collegamenti con ogni indagine precedente (Malasuerte, Evergreen…) gli interessi sui rifiuti, le assunzioni, i voti, persino le tangenti che avrebbero preso due funzionari che però in carcere non ci sono andati, forse per aver “consegnato” quello che era considerato il male oscuro dell’amministrazione. Invece…

Ecco, chissà se il Comune guidato dal ’98 dalla destra subirà l’onta dello scioglimento, ma possibile che questa città si sia abituata al fatto che tutto “è normale”?

Sì, per chi guida l’amministrazione e chi la sostiene “è normale” che si facessero accordi con persone diciamo poco raccomandabili, anche mentre erano ai domiciliari, oppure che si procurassero lavori e vantaggi. Normale che ci sia chi interviene per un debito di droga, viene minacciato per non compare una pescheria o perché ci sono lavori finiti a un’azienda di Aprilia e non alla loro. Normale che si faccia la conta dei voti e alla fine si dica “te ne hanno dati 10 di meno” ovvero che esistano liste di persone da far assumere alla Camassa, guarda caso in pieno periodo elettorale. Come accadde – pari pari – nel 2013, quando chi guida la città voleva “mandare a lavorare” chi poi è stato suo alleato nel 2018 e oggi lo porta dritto nell’inferno che leggiamo.

E a proposito di Camassa, ma anche di ingresso in Aet – la municipalizzata di Ciampino – è interessante l’interrogazione parlamentare presentata di recente da De Petris e Ruotolo

Ciò che emerge dall’indagine Tritone è che la politica – che dovrebbe essere un argine al malaffare – si è prestata in ogni modo e non sarà reato, non ci scioglieranno, ma si deve smettere di pensare che tutto questo sia “normale”.

Mentre c’è chi cita – con il suo ruolo istituzionale – Pierpaolo Pasolini, annunciando eventi prossimi venturi (la cultura è sempre un bene) qui è il caso di riprendere il famoso “Io so…” Così, per ricordare che qualcuno – tra i quali chi scrive, ma è un dettaglio – certe cose non le ritiene “normali” e non da oggi. Il “sistema Anzio” è a nudo, nero su bianco, non sarà reato e non ci scioglieranno ma per i danni fatti all’immagine della città, alle istituzioni, ai cittadini, è ora che vada a casa.