Pizza, hotel e cartelli. Anche nei fuori bilancio il “sistema Anzio”

All’ordine del giorno del consiglio comunale convocato per il 5 febbraio ci sono una mole di debiti fuori bilancio. L’eredità del sindaco Luciano Bruschini e della sua amministrazione, ben nota al predecessore/successore che per un periodo ha “tuonato” e poi i bilanci li ha votati. Ma non è solo questo il punto. In quei numerosi atti da approvare c’è un sistema di gestione fallimentare. Ci sono posizioni non liquidate benché ci fossero gli “impegni” sul bilancio, seguiti a previsioni di spesa, ma soprattutto ci sono situazioni di dubbia provenienza rispetto all’articolo 191 (fossi soprattutto nei giovani consiglieri di maggioranza, prima di alzare la mano lo rileggerei bene) del testo unico degli enti locali. E che confermano il “sistema Anzio”.

Un paio, in questo umile spazio, furono segnalate a suo tempo. Si va in consiglio comunale, per esempio, per i cartelloni che nel 2013 nessuno chiese sulla bandiera blu e per i quali l’ex sindaco dispose di non opporsi al decreto ingiuntivo fatto dall’azienda. Su quei cartelli, nella campagna 2013, De Angelis fece giustamente fuoco e fiamme, Bernardone andò in Procura (ma conosciamo Velletri, quindi fece probabilmente un viaggio a vuoto), oggi il sindaco paga. E certo, sembra si sia obbligati a farlo, ma al posto suo avrei cercato ogni strada per dire: no, grazie, se la vedano altri. Quando la vicenda venne resa pubblica De Angelis – ma anche Fontana, Ranucci, Ruggiero… – erano opposizione (!?) ma nulla fecero. Oggi pagano, anzi mettono a carico dei cittadini ciò che la loro alleanza ha fatto per la campagna elettorale di Bruschini e Placidi – allora avversari – del 2013.
Allora, se pure siamo obbligati a deliberare, comunque il sindaco faccia di tutto perché alla fine paghi chi ha fatto quel debito. Anche se oggi è nella sua maggioranza. Per chi vuole, la storia è riassunta qui

E si va in consiglio comunale – molto probabilmente, anche se spero di essere smentito e perciò chiedo scusa sin d’ora – per un singolare conto tra il Comune e l’hotel dell’ex assessore, consigliere e oggi attivista Udc Succi. La vicenda si può leggere qui. E’ questo il debito?

Quello che avevo solo sentito dire ma che mai immaginavo diventasse un debito fuori bilancio è relativa al conto di Pizzamore, dove qualcuno dal Comune mandò a mangiare i ragazzi del gemellaggio con dire che poi si sarebbe pagato… Ovviamente non c’era impegno e nulla, oggi lo ritroviamo tra i fuori bilancio. Che a chiedere quella cena, oggi a carico della collettività, fosse chi ancora oggi naviga dalle parti della maggioranza è semplicemente scontato.

Il “sistema Anzio” è anche questo…

Ciao Rolando, “il giornalaro” che ci ha visto crescere

Non è il mondo che è fatto male, so i monnaroli“. Quanta verità nelle parole di Rolando Valerio – per tutti “il giornalaro” – che oggi ci ha lasciato. Qualche giorno fa i suoi ultimi racconti, in diretta facebook, per ricordare cosa avvenne nei giorni dello sbarco. E per ricordarci tanti nomi di persone di Anzio e quello che avevano patito.

Rolando è stato, per anni – e prima ancora di lui il padre – un punto di riferimento per chi doveva comprare quotidiani e riviste. Li andava a vendere, rigorosamente scalzo, con un vecchio carretto che prima ancora aveva usato proprio il papà. Certo, ci andava in spiaggia, ma lui camminava senza ciabatte anche sull’asfalto rovente. Chi ha vissuto la guerra, del resto, può praticamente tutto. E lui ricordava alla perfezione quel periodo, come ha dimostrato fino ai giorni scorsi. Ed era un pozzo di aneddoti per tante vicende della vita cittadina. Mitico, invece, il suo racconto della crociera che i figli regalarono a lui e Vittoria (un abbraccio a lei, a Stefano, agli altri familiari) per i 50 anni di matrimonio: “Chi appena sposato, chi 10 anni, chi le nozze d’argento… Aho, noi avemo fatto la crisommola“. Ma anche “Mi fije avevano messo il vestito bello in valigia, sti tedeschi stavano tutti mezzi spojati, ho detto mo ve faccio vede io…” E senza preoccuparsi del protocollo fece la crociera rigorosamente in pantaloncini e ciabatte. E poi la passione per la Lazio, i commenti ogni lunedì, la cortesia – se qualcuno doveva darti un documento – di poterlo lasciare lì. Dicevi “da Rolando” e stavi a posto, anche se dovevi incontrare qualcuno. Non c’era bisogno di aggiungere altro. E anche adesso che da tempo è Stefano a gestire il chiosco, quando si organizzò una diretta facebook sulla falsariga di quella di Fiorello venne chiamata “Edicola Rolando”.

In mezzo ai “suoi” giornali siamo praticamente cresciuti, quando non c’era una lira Rolando non stava lì a preoccuparsi se ti avvicinavi all’edicola e li sfogliavi. Con fare benevolo fingeva di girarsi dall’altra parte… Sapeva della tua passione per questo mestiere, ma era in grado di dirti anche solo guardandoti a chi “appartenevi”, per esempio, cioè da quale famiglia provenivi. E capiva al volo – quando ormai molti di noi, cresciuti e con figli andavamo in edicola non solo per il giornale – se era il caso di dire ai bambini che più di tanti pacchetti di figurine o improbabili “cucciolotti” e simili non potevano essere venduti. Un “complice”, insomma.

Come quando – nell’ormai lontano 1994 – andarono per comprare tutte le copie del Granchio in edicola perché la notizia riportata infastidiva un politico di casa nostra e lui rifiutò l’offerta. Perché vendere giornali è anche, intimamente, apprezzare la libertà di stampa.

Se vogliamo, come molti stanno ricordando sui social, una “istituzione” nel suo campo e uno che la Anzio degli ultimi decenni l’ha “fatta”. Grazie, allora, noi “monnaroli” di oggi non possiamo che conservare uno straordinario ricordo.

Il sindaco, Puccini-Vignarola e il porto. Parliamone

La commissione urbanistica sulla Vignarola

Chi segue questo spazio perdonerà i silenzi. Altre vicende mi tengono un po’ troppo lontano dall’esprimere qui il mio pensiero. Anzitutto tranquilli, se avete sentito o continuate a sentire l’ultima “certezza” della politica di Anzio non date retta: non farò il capo di gabinetto al sindaco, tanto meno mi occuperò della sua comunicazione. Dopo il voto nessuno me lo ha chiesto, comunque non avrei mai accettato, e prima avevo scartato l’ipotesi che alcuni avevano paventato a patto che ritirassi la candidatura. Su questo non c’è altro da aggiungere.

Sull’intervista che il sindaco ha rilasciato ad Agostino Gaeta una settimana fa, sia concessa qualche riflessione. Ho avuto modo già di dire come la vicenda per la quale De Angelis è indagato – e innocente fino a prova del contrario – poco interessa. Non deve stupirsi, però, della eco avuta e del fatto che fosse sui giornali prima che finisse di essergli notificata. Nell’epoca del web, lui “erede” di un sindaco che si diceva 3.0, le forze dell’ordine hanno imparato da tempo a fare dei “lanci” stampa.

E veniamo al contenuto che ci riguarda più da vicino. Il sindaco assume per la terza volta l’impegno sulla vicenda Puccini-Vignarola, in settimana l’assessore all’urbanistica lo ha confermato in commissione .

Al netto della agiografia che alcuni fanno sulla vicenda, va ricordato che nel suo programma “copia e incolla” De Angelis non aveva la revoca della delibera. E’ sempre stato contrario allo “spacchettamento” e gli va dato atto – salvo allearsi con chi lo aveva fatto – si è impegnato in un dibattito pubblico a revocarla, lo ha fatto in Consiglio comunale, poi alla proposta dell’opposizione ha risposto picche. Ora si prepara una delibera che non ci sarebbe mai stata – perché in maggioranza non tutti sono d’accordo – se il Tar non l’avesse imposto. Ne prendiamo atto e non ci giriamo troppo intorno: la previsione di piano esiste, se e quando la proprietà potrà realizzarla bene, altrimenti l’area resta così e non c’è da scandalizzarsi. Come non deve scandalizzarsi un politico navigato qual è il sindaco se l’opposizione al primo consiglio comunale porta avanti una sua proposta programmatica e cerca di farla approvare… Altro che fretta, è stato un passaggio che oggi deve essere rivendicato, insieme alla mobilitazione del comitato.

Sul porto qualcosa va puntualizzato. Intanto che l’approvazione dell’ordine del giorno proposto dai 5stelle in Consiglio regionale e nel quale è confluita anche una mozione del Pd, non fa decadere domani la concessione. Però è un segnale chiaro: non si gioca più alla telenovela degli annunci e si rispettano gli impegni, a cominciare dai canoni che vanno pagati e ora sono a ruolo. E se mai la concessione dovesse decadere, è evidente che la Regione – per la storia che ha il porto “nella” città – non potrebbe che passare per un discorso pubblico. La decadenza non sarebbe “alla cieca” come qualcuno suppone e dobbiamo salvaguardare la pubblicità del porto per eventualmente rivedere anche il progetto originario – partendo dal fare solo il bacino interno – e non viceversa.

Perché qui l’impressione, forse qualcosa in più, è che invece il porto rischiamo di affidarlo a Marinedi e Marconi. Il 31 gennaio, tra una settimana, è atteso per l’ennesima volta un bando. Così dice il sindaco e vedremo. Certo vogliamo capire cosa significa che Marinedi “conferisce” alla Capo d’Anzio 7 milioni al tasso del 5,5%, dopo aver detto non solo che intende cedere le sue quote a un fondo (sì, sempre quello maltese….) ma ha presentato anche un’offerta al Comune per prendersi il 61%. Su questo il sindaco che ha sempre difeso la natura pubblica del porto deve essere categorico. E poi, ci facciamo “conferire” 7 milioni mentre abbiamo un contenzioso aperto con il socio privato? Già in passato, banalizzando, ho sostenuto che è un po’ come una coppia che sta divorziando e va in banca a chiedere un mutuo per la prima casa….

Sui bilanci della Capo d’Anzio, invece, De Angelis conosce bene la situazione. Sono “ballerini”, per ammissione stessa di chi li ha compilati, forse il generale Marchetti ha lasciato la presidenza proprio perché si è reso conto di cosa sarebbe andato a sottoscrivere. Di certo il sindaco non può dire che nel 2005 la società “era pronta per fare una gara da 140 milioni”. Il motivo? Nel 2005 è stata chiesta la concessione, non c’era alcuna gara all’orizzonte. Poi che la Regione abbia creato ostacoli nel periodo Marrazzo/Montino/Astorre (spinti dai seguaci locali) lo abbiamo detto mille volte, è vero, ma da quando Capo d’Anzio ha la concessione (2011) a oggi ha fatto poco o niente. E a leggere le carte il Comune, epoca Bruschini, ancora meno per mandare via Marconi. Perché se la causa è ancora in piedi lo dobbiamo alla serietà dell’avvocato Cancrini.

A proposito di Bruschini colpisce che il sindaco attuale, “incaricato” dal predecessore, dica di essere stato fuori da tutto addirittura dal 2008. Suvvia, D’Arpino alla presidenza della Capo d’Anzio era frutto di un accordo preciso, i primi anni del mandato – fino alla nascita di Fli – sono stati d’amore e d’accordo. Poi dall’opposizione di lotta e di governo, dal 2013, si è arrivati a votare i bilanci. Tutto questo, come diceva l’ospite di una delle prime edizioni di Quelli che il calcio, “per la precisione”.

Lo sbarco, le “solite” divisioni. Continuo a non capire

Cerimonie istituzionali insieme – e ci mancherebbe – altri programmi “separati”. Dopo una sorta di trattativa, messaggi trasversali, iniziative non condivise, tavoli di confronto e chi più ne ha, ne metta. Succede ogni anno, ad Anzio e Nettuno, mancando un progetto comune di ampio respiro e di caratura internazionale come l’evento meriterebbe.

Non voglio tediare oltre, continuo a non capire e comunque l’ho sempre pensata come è possibile leggere cliccando sulle prese di posizione precedenti espresse in questo umile spazio. Per chi ha tempo e pazienza, basta collegarsi.

In ciascuna famiglia con origini in questo territorio c’è chi ha vissuto quell’epoca, chi ha i ricordi di nonni e padri, le città sono decorate con medaglia d’oro al merito civile. Perché continuare a dividersi? Cogliamo l’occasione, pensiamo da oggi all’ottantesimo anniversario, costruiamo qualcosa che resti . E’ chiedere troppo?

I casi Cupelli e Alessandroni, l’anonimo. Un brutto clima

Succedono cose singolari al Comune di Anzio. Non è da oggi, ma ci sono un paio di vicende recenti che meritano una riflessione. Parliamo della storia di Maria Cupelli e di quella – arrivata in forma anonima a diversi media – di Alberto Alessandroni. Direte: e che c’entra? Un momento… andiamo con ordine.

Maria Cupelli, vigile urbano, attivista politica da una vita, una che non ha mai “mischiato” le due cose, scrive sul proprio profilo facebook il 5 dicembre: “Con tutto il rispetto per la presunzione di innocenza e ci mancherebbe altro, ma dire che la vicenda è marginale nella sostanza, che riguarda fatti privati che potrebbero capitare a chiunque, mi sembra troppo. Quando si accede a cariche pubbliche per servire la comunità non si è come gli altri, talune cariche impongono un rigoroso prestigio morale e di fronte a talune vicende, seppure private, dovrebbero imporre scelte drastiche. Ma parliamo di politica con la P maiuscola, di cui hanno perso il senso e la storia anche i migliori commentatori”. Nei giorni scorsi nei suoi confronti è stato avviato un procedimento disciplinare. Lesa maestà, evidentemente. Mi è venuto di getto scrivere sul mio profilo che tutto ciò avviene: in un Comune dove chi è ancora maggioranza si vantava di avere “in cassaforte” l’ex segretaria, dove si parlava e si parla di dipendenti allineati, dove c’è chi per volere di un assessore ancora in carica fornisce notizie sulla biogas a un imprenditore interessato, dove un dirigente spacchetta e fa lievitare i costi di un lavoro fatto seguire irritualmente a lui e uno è stato qui con un titolo per un altro, dove viene gravemente offeso e rimosso l’ex responsabile dell’ufficio stampa. Il problema di questo Comune è la libera manifestazione del pensiero? Con Maria – alla quale ribadisco la mia piena solidarietà – ci siamo trovati spesso su posizioni divergenti. Ma questo è il sale del confronto e della democrazia.

E l’avvio di un procedimento disciplinare, ammesso abbia violato il codice di condotta dei dipendenti, sembra tanto rientrare in un clima da caccia alle streghe o – peggio – del “abbiamo vinto e facciamo come vogliamo, guai a chi è contrario”. Basta la cronaca dell’ultimo consiglio comunale per avere conferma. Poi che si vadano a guardare le pagine social, soprattutto di chi la pensa diversamente, non è una novità. All’indomani di quella vicenda, scrissi che il sindaco non era per quello che avrebbe dovuto dimettersi ma per tutto ciò che ha intorno e che conosceva alla perfezione.

E qui veniamo ad Alessandroni. A chi ha mandato una mail anonima dico che è un vile. Ci sono scritte cose arcinote, pubblicate, si deve avere il coraggio di non celarsi dietro un sistema di posta elettronica che garantisce (dovrebbe) l’anonimato.

Sarebbe interessante che l’assessore – dal quale sono distante anni luce, com’è noto, e che mi ha pesantemente apostrofato dopo il mio primo e unico intervento in consiglio comunale – sporgesse denuncia alla polizia postale. Per capire chi si cela e magari per scoprire – sbaglierò – che questa vicenda rientra nel “fuoco amico” di una maggioranza che ha dovuto tenerselo assessore per i consensi presi quando qualcuno nel 2013 voleva mandarlo “a lavorare”.

Cupelli all’ufficio procedimento disciplinari e la mail su Alessandroni sono probabilmente facce di una stessa medaglia e confermano il clima che era irrespirabile con Bruschini, lo è ancora di più oggi.

Puccini/Vignarola, precedente pericoloso. Importante esserci

puccini

L’area Puccini vista da google.maps

Domani mattina sarò in piazza, all’iniziativa del comitato per la difesa della Vignarola. Non sono un componente del comitato, ho aiutato per quel poco che potevo – dando un piccolo contributo – l’iniziativa del ricorso al Tar, ho partecipato quando mi è stato possibile alle manifestazioni. Sarò in piazza perché occorre esserci, perché quella della difesa di Tor Caldara e dell’area nota come Vignarola, ma aggiungerei anche di quella in mare, è una battaglia che deve essere della città. Come lo è stata quando c’era da sfrattare un campeggio o da fare una legge regionale per la riserva che mettesse d’accordo comunisti e democristiani di allora ovvero di andare a “cacciare” le cartucce da una riserva non ancora aperta ma che doveva essere ripulita. Una riserva dove sono ricordati, giustamente, Alfredo Cozzolino, Cosimo D’Andretta e Angela Liuccio per il loro impegno in quelle battaglie. Ben vengano, se servono a proseguirle, convocazioni di Consiglio e ordini del giorno. Dividersi su questioni del genere è un favore a chi vuole fare altro. Per questo la battaglia deve coinvolgere la città.

Motivo? L’amministrazione guidata dall’ex sindaco e quella attuale – sua naturale prosecuzione – stanno creando un precedente pericoloso.

Cerchiamo di capire. Nel piano regolatore del 1974 l’area di fronte Tor Caldara viene resa edificabile. Serve una convenzione, la cosiddetta “Puccini” che per fortuna non si farà mai. La previsione era di 500.000 metri cubi. La proprietà presentò una serie di ricorsi, a vuoto. Con l’incarico al progettista per il nuovo piano regolatore – nel ’99 – il Consiglio comunale, su proposta dell’allora capogruppo di Forza Italia Luciano Bruschini, decide che lì e alla cosiddetta “Pesaris” – Lido dei Gigli – non si dovesse costruire nulla. Salvo insediamenti turistico ricettivi. Nel caso di “Pesaris”, fra l’altro, il Comune ottenne pure in cambio un terreno e le licenze per costruire erano state rilasciate, ma le nuove norme lo impedirono.

Ma torniamo a “Puccini”. Nella prima stesura del Piano redatto da Pierluigi Cervellati l’area doveva essere completamente a verde, un “Parco urbano” annesso a Tor Caldara, un “central park” immaginato così nella relazione del progettista: “(…) D’accordo. Un parco all’interno di un territorio urbanizzato qual’è quello di Anzio, difficilmente potrà rimanere con le caratteristiche di natura quasi incontaminata come ha, per esempio Tor Caldara. Però un parco se non ha al suo interno percorsi, mete, piste per correre o per andare in bicicletta, galoppatoi ecc., non è un parco (urbano) ma un’area di riserva cui l’urbano non può accedervi. Un’area di riserva ambientale non può essere circondata da una miriade di costruzioni. (…)” La miriade di costruzioni c’è, del resto non vediamo nulla ma è un altro discorso. Restiamo all’ipotesi di piano: la proprietà presentò delle osservazioni, respinte, ma in Consiglio nella seconda stesura venne inserito ciò che era previsto fino alla delibera di giunta – anticipata in questo spazio – con la quale si arriva agli attuali “quattro cantoni”.

La previsione di piano, invece, inserisce un hotel con centro congressi nella zona nei pressi della chiesa di San Giuseppe, circa 200.000 metri cubi, con in cambio al Comune circa 60 ettari. La proprietà fa ricorso e perde in ogni sede. La vicenda sembra finire lì, ma nel 2015 arrivano i “quattro cantoni”. La maggioranza di centro-destra (poi allargata a chi governa oggi) approva in giunta, sostenendo che si tratta di una variante non sostanziale. Iniziano le proteste, la pratica va avanti, fino a tempi più recenti. All’ultima campagna elettorale che ha visto la “disavventura” di chi scrive come candidato sindaco. Nel programma avevamo inserito nel punto “Sviluppo senza mattone” a chiare lettere: revoca della variante Puccini. In un dibattito pubblico, l’unico svolto, con l’allora candidato e oggi sindaco De Angelis c’era stato l’impegno di quest’ultimo a mantenere le previsioni di piano. Feci notare che non era nel programma e lui disse ai suoi “va be’ scrivetelo….” Niente “quattro cantoni”, quindi. Al primo consiglio comunale presentammo – tutta la minoranza, esclusa Cafà che in giunta aveva votato lo “spacchettamento” – una mozione da me proposta  che impegnava la giunta a revocare la delibera 110 del 2015. Anche lì il sindaco ribadì che era d’accordo. Al Consiglio successivo, discutendo la mozione, cambiò idea e la proposta venne bocciata. E certo, le esigenze della maggioranza vengono prima di quelle della città…

Nel frattempo la proprietà – che finora aveva sempre perso – è andata al Tar a chiedere che il Comune si sbrighi a dare seguito ai “quattro cantoni” ed è stato nominato un commissario.

Nella sentenza è chiaramente scritto che c’è (c’era?) solo una cosa da fare: “se l’Amministrazione intendeva esercitare il proprio potere di autotutela avrebbe dovuto, semmai, adottare un atto di ritiro della delibera dalla stessa ritenuto illegittimo, cioè provvedere, e non paralizzare l’azione amministrativa”.

Ed eccolo il precedente, pericolosissimo: tu proprietà chiedi una modifica, io Comune la adotto pur sapendo che ci sarà chi dice no. Io amministrazione/maggioranza ti dico pure che, tanto quelli sono i “soliti”, non hanno i voti, non capiscono…. ma la faccia devo salvarla. Così se non ti rispondo, vai al Tar che avrai ragione. A quel punto io Comune non potrò più nulla, anzi sarò giustificato di fronte a chi protesta. Ovviamente la speranza è quella di sbagliare ovvero di avere un sindaco che rispetta il piano che ha votato nel 2002, l’impegno preso in un dibattito prima e nella massima assise civica poi: “Su quello che riguarda Puccini, possiamo fare quello che volete, io ho preso un impegno in campagna elettorale che per quello che riguarda Puccini rimangono quelle che sono le programmazioni di PRG a meno che qualcuno viene qui e fa una proposta talmente bella in Consiglio Comunale, non in Giunta ma in Consiglio Comunale perché ritengo che l’urbanistica sia di Consiglio Comunale, su cui noi siamo tutti entusiasti e la discuteremo. Allo stato attuale non mi sembra, per cui rimangono le programmazioni di PRG”. È il verbale del consiglio del 28 giugno

Un sindaco che convoca la giunta e revoca la delibera, a costo di andare a casa se a qualcuno della maggioranza non sta bene. 

Vedremo, intanto domani sarà importante esserci, per dire no all’ennesimo caso di varianti, cemento e furbizie nel quale il centro-destra ha trasformato lo slogan del piano regolatore che era: mare, cultura e natura. Ma quando mai…

ps, per chi vuole “ripassare” qualcosa sull’argomento, basta un clic  

L’illuminazione in tutta fretta, le regole, gli atti che vanno pubblicati

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Volevano ripartire dalle regole. Così dicevano. Continuano a calpestarle. Su questa frettolosa vicenda dell’illuminazione pubblica – a memoria non ricordo una determina lo stesso giorno della delibera, tra l’altro delibera votata il giorno dopo una commissione nella quale non c’erano documenti disponibili – l’atto è all’albo pretorio.

Ebbene in quel documento  si fa riferimento a cose che la giunta evidentemente conosce, ma i cittadini no. E siccome la trasparenza deve essere totale – è la legge che lo dice, ad Anzio dovrebbe vigere come altrove – ho formalmente presentato istanza di accesso civico affinché si provveda a far sapere a tutti (quindi con la pubblicazione on line) cosa contiene la seguente documentazione, indicata in quella delibera, ripresa dalla determina a tempo di record: 01 – Piano Dettagliato Interventi 02 – Allegato A – Interventi e preventivo di spesa per contratto standard 03 – Allegato B – Interventi e preventivo di spesa per contratto esteso 04 – Allegato C – Verbali di sopralluogo 05 – Allegato D – Computi metrici tipologici e “Relazione di fattibilità tecnico-finanziaria ad oggetto “Servizio di pubblica illuminazione nel territorio comunale – Adesione Convenzione Consip “Servizio Luce 3 – Lotto 5” del responsabile del Servizio Pubblica Illuminazione”.

Ci dicono che è tutto a posto e che risparmieremo, va bene, intanto ignoriamo ancora chi ha deciso di incaricare una ditta neonata e per quale motivo sono stati dati 31.5000 euro in sei mesi a quell’azienda che ha svolto il lavoro preparatorio del quale beneficerà ora l’azienda che ha il lotto Consip, di fatto. Senza contare che intorno agli affidamenti pubblici come questo le ditte coinvolte ruotano o hanno ruotato intorno alla “galassia” di Verdini e soci.  Tutti innocenti, sempre, fino a prova del contrario.  Nel frattempo, però, almeno gli atti dovuti, è bene renderli noti.

Ah, sento dire che sono “pesanti”, ma chi prende il posto dell’amministrazione 3.0 avendone condiviso buona parte del percorso avrà nel frattempo trovato un modo di condividere attraverso un “link” file del genere. Suvvia…  

Illuminazione, il doppio incarico in 6 mesi a una società neonata…

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Alla fine, così dicono, risparmieremo sulla bolletta energetica del Comune. Lo stanno facendo anche altre città, esiste una convenzione Consip vantaggiosa e ad Anzio la morosità dell’ente per l’energia è molto elevata. Detto questo, la vicenda come sempre accade assume contorni singolari. Non saremmo , del resto, nell’ultradecennale impero del centro-destra di casa nostra. Proviamo ad andare con ordine, iniziando dalla delibera con la quale il giorno dopo la commissione lavori pubblici, la giunta ha deciso la “Adesione alla convenzione Consip- luce 3 lotto5” . Siamo al 4 gennaio 2019, delibera fatta in fretta e furia, sembra per evitare che si “esaurisse” il plafond a disposizione di Consip, un carrozzone all’italiana che a volte costringe a spendere più del dovuto ma in questo caso sembra vantaggioso.

Un impegno di oltre 9 milioni di euro per 9 anni, grazie al quale – stando alla delibera – ci sono una serie di vantaggi per il Comune “non solo sotto il profilo squisitamente economico ma anche sotto quello funzionale, in considerazione della connessa possibilità di mettere a norma gli impianti esistenti, contestualmente assicurandone la gestione da parte di soggetto specializzato, già a decorrere dalla data di attivazione della fornitura” Siamo d’accordo, però qualcosa non torna.

E restiamo alla delibera. Si afferma che la vicenda va avanti “dal 2016” e che esiste un “Piano Dettagliato degli Interventi (PDI) aggiornato a seguito dell’apposita richiesta comunale dalla Conversion & Lighting s.p.a. e acquisito in atti con prot. n.63727 del 27/11/2018 costituito dai seguenti elaborati: 01 – Piano Dettagliato Interventi 02 – Allegato A – Interventi e preventivo di spesa per contratto standard 03 – Allegato B – Interventi e preventivo di spesa per contratto esteso 04 – Allegato C – Verbali di sopralluogo 05 – Allegato D – Computi metrici tipologici”. Documenti che non sono allegati alla delibera, anche se forse sarebbe il caso di renderli noti. Delibera nella quale non si fa cenno, fra l’altro, al piano triennale delle opere pubbliche che di norma è un libro dei sogni, ma appena una settimana prima indicava per “potenziamento e adeguamento impianti di illuminazione” 125.000 euro. Risolveranno in qualche modo, non c’è dubbio. Proprio nei giorni successivi a  quel 27 novembre c’è stata baruffa in Comune, con la giunta che non ha votato e l’assessore ai lavori pubblici (questo raccontano le cronache) su tutte le furie, in particolare con gli esponenti della Lega. Ma questo riguarda i rapporti di maggioranza, così come l’attenzione che a questa vicenda avrebbe un noto esponente dell’Udc di Roma, un passato in Forza Italia. “Ma quale Udc – è la telefonata del presidente locale del partito, Piero Marigliani, avvenuta oggi 7 gennaio – se parliamo di Verzaschi, tanto lo sa tutta Anzio, non è mai stato dell’Udc“.

Restiamo ai documenti, allora. E torniamo al 3 gennaio, alla commissione. Ai presenti viene fornita, su richiesta, la documentazione relativa alla vicenda ed escono fuori tre studi predisposti da una società denominata Esco Tecnhology: consumi del Comune, fatturato e report finale a settembre 2018. Un lavoro dettagliato, non c’è dubbio, dal quale si evince anche la morosità della quale si diceva all’inizio.

Chi ha chiesto alla Esco di farlo? Nessuno: la società si è proposta da sola l’8 marzo 2017. Costituita appena sei mesi prima, con un capitale sociale di 10.000 euro, amministrata da una cittadina ucraina, la Esco technology si iscrive alla stazione unica appaltante Ardea-Anzio e si presenta. La richiesta per il lavoro è di 12.000 euro più iva, resta lì fino al 28 luglio, quando il responsabile dell’ufficio tecnico chiede al dirigente dell’area finanziaria di procedere. Detto e fatto, l’1 agosto arriva la determina. Chi oggi guida la città era in consiglio comunale, ma come è successo per molte cose la vicenda deve essere sfuggita alla loro attenzione. Eppure si dicevano all’opposizione, l’attuale sindaco e il suo assessore ai lavori pubblici.

Arriviamo al 18 maggio di quest’anno, in piena campagna elettorale, il dirigente – ad Anzio sempre con un titolo per un altro, ricordiamolo – scrive una nuova determina per la Esco, con il medesimo oggetto di agosto 2017: “Affidamento per l’esecuzione dell’attività di supporto alla diagnosi energetica ed anali dei consumi sostenuti dall’ente per edifici comunali”. La cifra? 19.500 euro più iva. Il 9 maggio l’ufficio tecnico aveva chiesto un preventivo, il 14 era arrivato, a tempo di record ecco la determina. Nella quale si afferma che c’era stato un precedente lavoro e “gli esiti di tale analisi sono stati trasmessi, con nota prot. 62116 del 12/12/2017, all’Ufficio Tecnico per le valutazioni ed iniziative di ordine tecnico-operativo”. Cosa dicevano? Chissà… Trasmessi ed evidentemente lì rimasti, se neanche sei mesi dopo si dà un altro incarico aumentando di oltre un terzo la spesa di quello precedente. In questo caso chi oggi guida la città era già parte integrante della maggioranza di allora, nella quale (solo per la cronaca) era l’assessore ai lavori pubblici chi oggi è ai servizi sociali.

Ora è evidente che il Comune ha speso  in due tranche 31.500 euro più iva per uno studio propedeutico all’adesione alla convenzione Consip, ma nella delibera non viene fatto cenno di questo, bensì di un lavoro (che in commissione non è stato fornito e alla delibera non è allegato) svolto dalla Conversion e lighting che si è aggiudicata il lotto Consip. Va bene tutto, per carità, ma forse andrebbe capito se pagheremo due volte lo stesso lavoro, se la Conversion ha fatto suoi i dati prodotti dalla Esco e pagati dal Comune o se i due incarichi alla società costituita nel 2016 sono stati una “esigenza” di qualche politico di casa nostra. Si sa, andava e va così…