
L’area Puccini vista da google.maps
Domani mattina sarò in piazza, all’iniziativa del comitato per la difesa della Vignarola. Non sono un componente del comitato, ho aiutato per quel poco che potevo – dando un piccolo contributo – l’iniziativa del ricorso al Tar, ho partecipato quando mi è stato possibile alle manifestazioni. Sarò in piazza perché occorre esserci, perché quella della difesa di Tor Caldara e dell’area nota come Vignarola, ma aggiungerei anche di quella in mare, è una battaglia che deve essere della città. Come lo è stata quando c’era da sfrattare un campeggio o da fare una legge regionale per la riserva che mettesse d’accordo comunisti e democristiani di allora ovvero di andare a “cacciare” le cartucce da una riserva non ancora aperta ma che doveva essere ripulita. Una riserva dove sono ricordati, giustamente, Alfredo Cozzolino, Cosimo D’Andretta e Angela Liuccio per il loro impegno in quelle battaglie. Ben vengano, se servono a proseguirle, convocazioni di Consiglio e ordini del giorno. Dividersi su questioni del genere è un favore a chi vuole fare altro. Per questo la battaglia deve coinvolgere la città.
Motivo? L’amministrazione guidata dall’ex sindaco e quella attuale – sua naturale prosecuzione – stanno creando un precedente pericoloso.
Cerchiamo di capire. Nel piano regolatore del 1974 l’area di fronte Tor Caldara viene resa edificabile. Serve una convenzione, la cosiddetta “Puccini” che per fortuna non si farà mai. La previsione era di 500.000 metri cubi. La proprietà presentò una serie di ricorsi, a vuoto. Con l’incarico al progettista per il nuovo piano regolatore – nel ’99 – il Consiglio comunale, su proposta dell’allora capogruppo di Forza Italia Luciano Bruschini, decide che lì e alla cosiddetta “Pesaris” – Lido dei Gigli – non si dovesse costruire nulla. Salvo insediamenti turistico ricettivi. Nel caso di “Pesaris”, fra l’altro, il Comune ottenne pure in cambio un terreno e le licenze per costruire erano state rilasciate, ma le nuove norme lo impedirono.
Ma torniamo a “Puccini”. Nella prima stesura del Piano redatto da Pierluigi Cervellati l’area doveva essere completamente a verde, un “Parco urbano” annesso a Tor Caldara, un “central park” immaginato così nella relazione del progettista: “(…) D’accordo. Un parco all’interno di un territorio urbanizzato qual’è quello di Anzio, difficilmente potrà rimanere con le caratteristiche di natura quasi incontaminata come ha, per esempio Tor Caldara. Però un parco se non ha al suo interno percorsi, mete, piste per correre o per andare in bicicletta, galoppatoi ecc., non è un parco (urbano) ma un’area di riserva cui l’urbano non può accedervi. Un’area di riserva ambientale non può essere circondata da una miriade di costruzioni. (…)” La miriade di costruzioni c’è, del resto non vediamo nulla ma è un altro discorso. Restiamo all’ipotesi di piano: la proprietà presentò delle osservazioni, respinte, ma in Consiglio nella seconda stesura venne inserito ciò che era previsto fino alla delibera di giunta – anticipata in questo spazio – con la quale si arriva agli attuali “quattro cantoni”.
La previsione di piano, invece, inserisce un hotel con centro congressi nella zona nei pressi della chiesa di San Giuseppe, circa 200.000 metri cubi, con in cambio al Comune circa 60 ettari. La proprietà fa ricorso e perde in ogni sede. La vicenda sembra finire lì, ma nel 2015 arrivano i “quattro cantoni”. La maggioranza di centro-destra (poi allargata a chi governa oggi) approva in giunta, sostenendo che si tratta di una variante non sostanziale. Iniziano le proteste, la pratica va avanti, fino a tempi più recenti. All’ultima campagna elettorale che ha visto la “disavventura” di chi scrive come candidato sindaco. Nel programma avevamo inserito nel punto “Sviluppo senza mattone” a chiare lettere: revoca della variante Puccini. In un dibattito pubblico, l’unico svolto, con l’allora candidato e oggi sindaco De Angelis c’era stato l’impegno di quest’ultimo a mantenere le previsioni di piano. Feci notare che non era nel programma e lui disse ai suoi “va be’ scrivetelo….” Niente “quattro cantoni”, quindi. Al primo consiglio comunale presentammo – tutta la minoranza, esclusa Cafà che in giunta aveva votato lo “spacchettamento” – una mozione da me proposta che impegnava la giunta a revocare la delibera 110 del 2015. Anche lì il sindaco ribadì che era d’accordo. Al Consiglio successivo, discutendo la mozione, cambiò idea e la proposta venne bocciata. E certo, le esigenze della maggioranza vengono prima di quelle della città…
Nel frattempo la proprietà – che finora aveva sempre perso – è andata al Tar a chiedere che il Comune si sbrighi a dare seguito ai “quattro cantoni” ed è stato nominato un commissario.
Nella sentenza è chiaramente scritto che c’è (c’era?) solo una cosa da fare: “se l’Amministrazione intendeva esercitare il proprio potere di autotutela avrebbe dovuto, semmai, adottare un atto di ritiro della delibera dalla stessa ritenuto illegittimo, cioè provvedere, e non paralizzare l’azione amministrativa”.
Ed eccolo il precedente, pericolosissimo: tu proprietà chiedi una modifica, io Comune la adotto pur sapendo che ci sarà chi dice no. Io amministrazione/maggioranza ti dico pure che, tanto quelli sono i “soliti”, non hanno i voti, non capiscono…. ma la faccia devo salvarla. Così se non ti rispondo, vai al Tar che avrai ragione. A quel punto io Comune non potrò più nulla, anzi sarò giustificato di fronte a chi protesta. Ovviamente la speranza è quella di sbagliare ovvero di avere un sindaco che rispetta il piano che ha votato nel 2002, l’impegno preso in un dibattito prima e nella massima assise civica poi: “Su quello che riguarda Puccini, possiamo fare quello che volete, io ho preso un impegno in campagna elettorale che per quello che riguarda Puccini rimangono quelle che sono le programmazioni di PRG a meno che qualcuno viene qui e fa una proposta talmente bella in Consiglio Comunale, non in Giunta ma in Consiglio Comunale perché ritengo che l’urbanistica sia di Consiglio Comunale, su cui noi siamo tutti entusiasti e la discuteremo. Allo stato attuale non mi sembra, per cui rimangono le programmazioni di PRG”. È il verbale del consiglio del 28 giugno
Un sindaco che convoca la giunta e revoca la delibera, a costo di andare a casa se a qualcuno della maggioranza non sta bene.
Vedremo, intanto domani sarà importante esserci, per dire no all’ennesimo caso di varianti, cemento e furbizie nel quale il centro-destra ha trasformato lo slogan del piano regolatore che era: mare, cultura e natura. Ma quando mai…
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