
Dopo l’aggressione al giovane nigeriano avvenuta ad Anzio nei giorni scorsi ho scritto, di getto, su facebook che la città non è questa. Una posizione criticata – e ci mancherebbe – ma che provo a spiegare meglio qui, anche alla luce dei particolari che stanno emergendo.
Partiamo dai precedenti, almeno da quelli che ricordo per averne raccontato negli ultimi 30 anni: egiziano pestato in piazza Pia, spedizione punitiva al residence “Corallo” a Nettuno (mica arrivano solo oggi, i migranti), indiano bruciato alla stazione di Nettuno, aggressione nei pressi dell’allora “Caravella” ad Anzio ai danni di un tunisino. Possiamo dire che basta questo per associare alle città il razzismo? O vogliamo dire che ci sono tanti, tantissimi esempi di integrazione? E tanti, tantissimi cittadini – da ultimo Franco Gallinari che ha soccorso il ragazzo nigeriano – pronti a intervenire al di là del colore della pelle?
Ecco, io penso che Anzio e Nettuno siano Franco, siano i bambini che frequentano le scuole e che parlano meglio italiano della loro lingua “madre”, siano il centro accoglienza Don Orione – che bruciò misteriosamente e siamo stati in grado di ricostruire meglio di prima, facendo continuare a svolgere il suo ruolo indispensabile – o le tante associazioni che si occupano di integrazione.
Poi c’è altro, il clima di odio che non è di oggi e non riguarda solo chi ha governato fino al mese scorso ma che un ministro come Salvini ha certamente acuito.
Ma non è questo il punto, a modesto parere di chi scrive, come non lo sono le prese di posizione ufficiali della politica di casa nostra o coloro che in risposta a un nigeriano aggredito ad Anzio postano su facebook le “gesta” di un migrante in qualsiasi altro posto d’Italia.
La questione è altra e va posta a chi ci governa da oltre un ventennio. Uno dei genitori dei ragazzi che hanno aggredito il nigeriano ha detto “la politica l’abbiamo vista quando c’erano da attaccare i manifesti per le elezioni, a 8 euro”. Indovinate per chi li attaccavano, dai non è difficile…
Cosa c’entra? Provo a dirlo: cosa ha fatto la politica di casa nostra – al di là del “sistema Anzio” che ruotava e ruota intorno all’appalto dell’immondizia e ad altri pubblici – per i suoi ragazzi e quelli immigrati? Oltre quello che definisco “collocamento per disperati” – nel quale gli aggressori sono purtroppo cresciuti – quali politiche di integrazione sono state portate avanti? Quali politiche sociali – non i fondi a pioggia – sono state poste in essere? Non c’entra semplicisticamente il razzismo, no. Anzi, è quasi troppo comodo. C’è sicuramente anche un razzismo più che latente – basta leggere certe risposte sui social – e dobbiamo interrogarci su cosa lo alimenti, non c’è dubbio. Ma la città che accoglie ha sempre dimostrato di essere più forte. È debole la città figlia del “sistema Anzio”, quella sì. La città che deve ricorrere al “collocamento dei disperati”, di chi con il miraggio di una casa a basso costo si è trasferito, è residente, e che non conosciamo. E su questo servono risposte.
Le deve fornire anzitutto l’amministrazione (dopo mesi di brand e sold out, non troviamo la presa di posizione del sindaco sul sito ufficiale del Comune rispetto a questa aggressione, per esempio) dobbiamo provare a darle tutti insieme. È una sfida, bella e difficile. Perché c’è la vittima dell’aggressione e ci sono due ragazzi altrettanto vittime. Di una città senza futuro.