Signor ministro (già prefetto) è ora di sapere. Ma mettiamo che…

Il ministro Matteo Piantedosi

Le elezioni si sono svolte, il governo è in carica, sarebbe ora di conoscere la sorte del Comune di Anzio (e di quello di Nettuno) rispetto all’ipotesi di scioglimento per condizionamento della criminalità. Il neo ministro dell’interno, Matteo Piantedosi, prefetto di Roma fino a qualche giorno fa, è colui che ha nominato le commissioni di accesso e ne conosce le relazioni. Sa anche di più, avendo presieduto i comitati per l’ordine e la sicurezza pubblica, ascoltato i vertici della Dda in passato (e forse anche di recente) su quali siano le ramificazioni di ndrangheta e camorra da queste parti. Ignoriamo se abbia già proposto – o meno – lo scioglimento di Anzio e Nettuno. Magari ha lasciato la patata bollente al suo successore. O magari ha ritenuto che non ci fossero gli estremi per procedere. Per questo è ora di sapere. Da febbraio a oggi sono trascorsi ormai otto mesi, le commissioni hanno lavorato, le carte di “Tritone” – compresa l’informativa – sono note a tutti o quasi, è bene che si decida: sì o no.

Perché, signor ministro, si può anche decidere di far votare a giugno 2023, ma mettiamo che: il figlio di un boss abbia riferito al padre che il futuro sindaco aveva dato garanzie; un futuro assessore abbia chiamato un boss ai domiciliari; un altro futuro assessore abbia promesso lavori e un futuro consigliere altrettanto, anche dopo la sua elezione. Mettiamo che tra i consiglieri ci sia chi abbia trattato per debiti di droga e sia stato invitato da esponenti di ndrangheta a soprassedere sull’acquisto di una pescheria e che altri si siano prodigati per le assunzioni alla Camassa. Non solo, che due funzionari dicano ” i nomi ce li hanno dati loro”, riferendosi ai politici. Mettiamo pure che un futuro assessore sia il gestore di fatto di un impianto pubblico e che lì abbia un ruolo di responsabilità la moglie di uno degli arrestati in Tritone. Aggiungiamo le vicende di “Malasuerte” ed “Evergreen”, pure citate dalla Dda…. Tutto penalmente irrilevante, almeno finora, per i rappresentanti eletti, ma politicamente disdicevole. Che nel frattempo un ex consigliere di maggioranza, candidato a sostegno dell’attuale sindaco, sia stato condannato per bancarotta nel settore dei rifiuti e in “Tritone” sia stato vittima di minacce, è un dettaglio. Basta a sciogliere un Comune? La commissione ha scoperto diverse magagne, alcune per “leggerezze” amministrative, altre forse per favorire chi poi riferiva a ndrangheta e camorra. Un paio di cose, allora, sono certe.

La prima: la città merita una risposta, non si può andare oltre, dato che con la scusa degli “atti regolari” (insomma, per il campo di Falasche mica tanto) in Comune ad Anzio si è proseguito come se nulla fosse e ora la priorità (dimenticati tutti i punti del programma) sono le luminarie natalizie.

La seconda: se si vota è a rischio l’ordine pubblico. Proprio per essere stato prefetto di Roma, Piantedosi sa quanto la situazione sia esplosiva. A maggior ragione se si riproponesse una spaccatura come quella del 2013 – molto probabile – nella destra. Allora ci furono toni accesi e azioni poco piacevoli, stavolta se non si sta attenti ci scappa il morto.

Ecco, si decida. Senza pensare ad appartenenze di partito o a “vie infinite” della politica. I cittadini hanno il diritto di sapere: sì o no.

Io, Danilo e quel piatto di gnocchi…

“Guarda che mica ti abbiamo candidato sindaco”. “Guarda che lo so”. Avevo capito perfettamente che non ci sarebbe stata alcuna alleanza, ma visto che eravamo a Latina – un po’ una seconda casa per me – avrei offerto lo stesso quel piatto di gnocchi a Danilo Fontana. Le amministrative di Anzio del 2018 erano ancora abbastanza lontane, lui era nell’opposizione di lotta e di governo a Luciano Bruschini, insieme a Candido De Angelis e voleva sondare il terreno. Non era venuto autonomamente, avrebbe riferito, e quando dissi che potevo pure starci benché i principi fossero quello di cinque anni prima e cioè che andavano mandati “a lavorare” quelli che avevano scambiato il Comune per l’ufficio di collocamento e che avrei portato un prefetto che era stato commissario nei comuni sciolti per mafia come capo di gabinetto, la discussione prese un’altra piega. Si poteva anche accettare il nome “spendibile” e “nuovo”, ma che qualcuno andasse a mettere le mani nel “sistema Anzio”, no. Erano buoni quegli gnocchi, non c’è dubbio, e mi piace ricordare questo aneddoto oggi che il vice sindaco di Anzio ci ha lasciato. Delle tante cose che si leggono in queste ore ne condivido solo una: il modo nel quale ha affrontato la malattia. Un coraggio e una dignità senza eguali. Poi, come ho scritto sul libro delle firme in ospedale, “avversari sempre, nemici mai”. D’altra parte era difficile essergli “nemico”, benché non condividessi il suo modo di “fare” politica. Quel sorriso sornione, quel prendere una delega oggi da Bruschini e lasciarla domani, l’aver attraversato più partiti nel centro-destra pur di arrivare a essere lì. L’aver sostituito il potere di chi doveva “andare a lavorare” nel 2013 alleandocisi prima e facendo peggio poi, in questa maggioranza.

Passava per il “dottor Sottile”, era stato consigliere anche in Provincia, sapeva di tutto e di tutti, non gli sfuggiva nulla e anzi provava pure a intercettare qualcosa che andasse oltre il suo ruolo. Come nella vicenda del conferimento alla biogas per la quale il sindaco sarebbe andato all’Onu ma poi si è fermato alla Sacida. Di certo aveva un sorriso per tutti, sempre, anche nei momenti più bui. Della malattia avevamo parlato a una manifestazione per l’ospedale, si trattava di qualcosa di subdolo, c’era la cura sperimentale in Toscana, si doveva combattere. E lo ha fatto. Restando fino all’ultimo forse ormai l’unico – anche se parlava a bassa voce – a essere ascoltato dal sindaco De Angelis. Un rapporto che andava oltre la politica, diventato una solida amicizia, e se il primo cittadino faceva come al solito un po’ il presuntuoso lui ribadiva “eh, tu hai studiato, io batto i telai in carrozzeria….”. Invece si era laureato anche lui, nonostante la malattia. Un sogno che si era avverato. L’officina era però la sua “creatura” e se ti serviva una cosa non c’era domenica o festivo che non potessi chiamarlo. Diceva sempre che aveva stima di me e ricordava un episodio delle sue prime esperienze da consigliere, quando fu costretto alle dimissioni, mostrando gratitudine per come avevamo affrontato la cosa sulle colonne del “Granchio”. Non è da tutti, chi “fa” politica ad Anzio ha nel Dna una certa arroganza, lui se pure fosse non la mostrava. Le sue convinzioni sì: “Ma quale prefetto, lascia perde, serve un bravo segretario”. O un segretario che a volte guarda altrove, com’è stato per l’ultima che abbiamo avuto in Comune. Resta quel piatto di gnocchi e – visto quanto accaduto poi – la necessità davvero di un prefetto che se ne intendeva di condizionamento dei comuni. Ah, che non sarei mai diventato sindaco era chiaro da allora, ciao Danilo.