Ranucci assolto, Comune e “vittime” assenti. Si cambi registro

La sentenza che manda assolto Giuseppe Ranucci per lo “show” a seguito dei controlli alla sua palestra nel periodo Covid può stupire ma va rispettata. Non sono tra quelli che gioisce per una condanna o si dispera per un’assoluzione e per le vicende di Anzio ho sempre sottolineato le responsabilità politiche e mai quelle penali. Saranno da leggere le motivazioni, ma l’avvocato Francesco Mercadante ha sottolineato come tutto sia avvenuto in preda all’esasperazione. Il Tribunale ha accolto la sua tesi e la vicenda, salvo appello da parte della Procura, si è chiusa qui.

Il tutto – e torniamo alla politica che ha governato questa malandata città – in assenza del Comune e delle “vittime” indicate da Ranucci quella sera. Nessuno si è preso la briga di costituirsi parte civile, nessuno dall’ex sindaco al quale Ranucci ha riservato epiteti a non finire, al comandante della Polizia locale sbeffeggiato – e usiamo un eufemismo – in quella occasione, ha provato a far valere le sue ragioni in Tribunale. Forti con i deboli, deboli con i forti.

Solo che si crea un precedente pericoloso: da domani – in preda all’esasperazione – chiunque può andare a sdraiarsi sotto un furgone della polizia locale e fare lo stesso. Avrà la medesima garanzia dell’ex assessore Ranucci e cioè che il Comune e la polizia locale non si costituiranno nei suoi confronti?

In quella occasione Ranucci – che alla fine ha pagato con l’addio all’assessorato – dava nel video un sacco di quelle che un tempo si sarebbero chiamate “notizie criminis”. Mettevo in dubbio, allora, la presenza di un investigatore sul territorio ma in realtà la Dda (non certo la Procura di Velletri, assente su molti temi) stava già lavorando. E Ranucci – benché non indagato come i politici indicati nell’ordinanza dell’operazione “Tritone” – era uno di quelli più attivi nei rapporti con esponenti di ‘ndrangheta durante la campagna elettorale del 2018. Eccole le responsabilità politiche. Se poi andiamo a leggere la relazione della Prefettura circolata oggi e ricca di “omissis” ce ne sono di ulteriori, ma sarà oggetto di un altro approfondimento.

A proposito di “Tritone“, la commissione straordinaria non faccia come spesso ha fatto la politica: dia mandato di costituirsi parte civile contro la ‘ndrangheta. L’ex sindaco non lo fece per “Appia Mithos“, ad esempio. Invece è importante per stabilire, una volta per tutte, un principio che si sta calpestando: non è chi denuncia il malaffare e lo racconta il problema di Anzio, ma chi ha fatto sì che esponenti della criminalità organizzata fossero di casa in Comune, dessero sostegno elettorale, portassero fino all’onta dello scioglimento creando un danno di immagine senza precedenti alla città.

Scioglimento, fallimenti e lo strano “è tutto a posto” dei commissari

Le quattro pagine che accompagnano il decreto di scioglimento del Comune di Anzio per condizionamento della criminalità organizzata sono ormai di dominio pubblico e vedremo se il ricorso annunciato da chi governava ed era contiguo a certi ambienti sarà accolto o meno.

Diciamo che due livelli sono stati già toccati: i presunti affiliati alla ‘ndrina arrestati con l’operazione “Tritone” sono ancora in carcere, l’accusa di 416 bis ha retto e da ultimo la Cassazione ha rigettato l’istanza di scarcerazione di Giacomo Madaffari con motivazioni che lasciano pochi spazi a dubbi. I politici non sono più in carica, perché avrebbero favorito la “fitta trama – così si legge nelle quattro pagine a firma del ministro Piantedosi – di relazioni tra consorterie criminali e amministrazione locale“.

Abbiamo finito? Certo che no. Perché come amo spesso ripetere gli aspetti penali interessano poco, sono le responsabilità politiche quelle di cui deve rispondere chi ha governato la città. E tra queste c’è il terzo aspetto, quello che nessuno finora ha trattato. Vale a dire il fallimento del “modello di amministrazione” che per 25 anni è stato il mantra della destra anziate. Scrive sempre il ministro, riportando quanto accertato in sei mesi dalla commissione d’accesso, di “condizione generale di assenza di regole” e di “autentico disordine amministrativo in cui versano gli uffici comunali“. Di più: “Una gestione amministrativa improntata a criteri di mera conoscenza personale e clientelari” (ma dai?, quando lo dicevamo in pochi eravamo presi per matti) e soprattutto: “Un’azione amministrativa complessiva che non trova riscontro nelle più basilari norme di buona amministrazione“. Eccolo, il fallimento di chi guidava la città a soggetto e non guardando, evidentemente, al bene comune. Di chi ogni sei mesi disegnava dotazioni organiche per favorire chi era “allineato”, evidentemente, e non il buon funzionamento degli uffici.

Nelle quattro pagine – ma la relazione ne avrebbe in tutto almeno 800 – si parla di Capo d’Anzio e dei parcheggi regalati dietro al porto agli eredi di Malasuerte (da un dirigente fatto venire dalla politica, allora, tenuto dall’ultimo sindaco che lo invitava a togliere i sigilli a un ristorante), dei rifiuti – dove è stato tenuto un funzionario che era palese non potesse stare lì, quantomeno per opportunità – di un appalto con i nomi che “ce li hanno dati loro” e un frettoloso passaggio all’Aet che vedremo tra poco. Si parla del Demanio senza regole e del patrimonio idem, con il campo del Falasche che è solo la punta dell’iceberg. Di appalti sotto soglia, sistematicamente.

Ebbene a fronte di questo, va tutto bene e i responsabili di quanto accertato restano tutti al loro posto. Proprio oggi i commissari hanno tenuto una conferenza stampa durante la quale – da quello che si legge – avrebbero detto che è tutto a posto. Della serie che la commissione d’accesso ha scherzato?

Peccato non esserci, faccio altro nella vita com’è noto e questo spazio è un pungolo e un campanello d’allarme per chi vuole ascoltare, ma qualche domanda l’avrei posta. Se davvero i conti sono in regola, come ci si comporta con la mole di residui attivi per la Tari, per esempio? Sanno i commissari chi dirigeva l’ufficio tributi all’epoca della creazione di quei milioni di mancati incassi? Lo stesso che oggi dirige l’area finanziaria e che il 21 cesserà di essere “ex 110” e diventerà come tutti ormai sanno dirigente effettivo. Sulla Capo d’Anzio, ad esempio, si potrebbe chiedere sempre a lui perché prima voleva liquidarla com’è scritto in una relazione al bilancio 2018 e poi ha scritto alla società dicendo altro. Tanto la richiesta di rinvio a giudizio per falso mica riguarda lui ma i vertici di allora della Capo d’Anzio. Sulla quale avrebbe “ripensato” – ma questo dovrebbero dircelo sempre i commissari – anche alle procedure di assunzione. Sempre la Capo d’Anzio deve al Comune 517.000 euro di una fidejussione pagata dall’ente e mai restituita, tanto da finire tra i crediti di dubbia esigibilità. Vogliamo parlare del Demanio sotto sequestro? E del patrimonio riaffidato a chi c’era?

Se poi si vuole approfondire quanto accaduto con il passaggio ad Aet i componenti della commissione straordinaria possono dilettarsi con il “copia e incolla” del quale abbiamo dato conto, oltre che con la fretta di fare tutto all’ultimo minuto dell’ultimo giorno. Dirigente, funzionario e responsabile dell’anticorruzione erano gli stessi che ci sono ora. Ha “pagato” solo il secondo, tolto dall’ambiente quando ormai la frittata era fatta e la commissione d’accesso insediata.

A proposito, la segretaria generale che ha avuto il ruolo di controllore e controllata per un lungo periodo, ha redatto il piano anticorruzione 2022-2024 citando tra le criticità – di fatto – solo quanto accaduto all’ufficio anagrafe, sottolineato in neretto, mentre l’insediamento della commissione (senza i motivi) sono in fondo a pagina 12. Dimenticati i vari Evergreen, 27 proroghe, Malasuerte e compagnia o forse ritenuti irrilevanti. La giunta lo ha approvato il 28 aprile.

Ecco, c’erano i presunti ‘ndranghetisti (e pure quelli vicini alla camorra), c’erano i politici, poi c’è chi gli dava retta. A questi ultimi, almeno, alcuni dei quali continuano a essere presenti negli uffici come se nulla fosse cambiato. Dire che è tutto a posto non risponde al vero, dispiace. Non è facile il lavoro di una commissione straordinaria, ce ne rendiamo conto, il “treno è in corsa” come hanno sottolineato oggi, ma è bene rendersi conto fino in fondo di qual è la situazione prima di intervenire.

Per questo sarà bene ripartire da quella che da sempre mi piace definire “legalità delle cose quotidiane”. Ad esempio restituendoci l’albo pretorio che è “scomparso”, avviando una indispensabile rotazione degli incarichi senza cadere nel tranello che era della politica “e chi ci metto….” perché chi governava voleva una macchina come quella descritta nella relazione, la commissione straordinaria deve preoccuparsi che le cose funzionino. Già che ci siamo e visto che i commissari apprezzano la cucina di Anzio, quando vanno a pranzo evitassero di parcheggiare sulle strisce per le mamme in attesa. E’ una piccola cosa, certo, e non sarà la polizia locale a farlo notare, ma è di tanti piccoli gesti che abbiamo bisogno prima di dire che è tutto a posto.

ps, c’è grande attesa per la puntata di “Piazza Pulita” in onda questa sera, 15 dicembre 2022. Mi piace ricordare che eravamo pochi, vero, ma certe cose le abbiamo sempre dette…

Falso in bilancio alla Capo d’Anzio, chiesti tre rinvii a giudizio. Comune parte lesa

Bastava leggere le carte per capire che qualcuno stava mentendo. O lo aveva fatto il consiglio di amministrazione della Capo d’Anzio precedente, approvando il bilancio 2018 presenti i rappresentanti del Comune con 72.000 euro e spicci di perdita, o lo aveva fatto quello indicato dal sindaco De Angelis dopo la vittoria che invece quel bilancio lo aveva fatto chiudere in attivo.

Adesso la Procura di Velletri ha chiesto il rinvio a giudizio per Ernesto Monti, il professore esperto in crack presentato come colui che avrebbe salvato la patria (e che fino all’ultimo voleva farci credere che con la fideiussione si sistemava tutto) e i consiglieri di amministrazione Francesco Novara e Raffaella Barone. Tutti innocenti fino a prova del contrario, come è sempre stato in questo blog. A chi scrive la presunzione d’innocenza non deve certo insegnarla l’ex ministro Cartabia con la sua norma che è l’ennesimo tentativo di bavaglio alla stampa.

Il 24 febbraio 2023 compariranno di fronte al giudice dell’udienza preliminare con l’accusa di concorso in falso per avere esposto “fatti materiali rilevanti non rispondenti al vero”. Avrebbero cioè “taroccato” – Monti e Novara – il bilancio 2018, portando un utile di poco più di 13.000 euro, omettendo di inserire un fondo “svalutazione” per il compenso del direttore del porto, con il quale il bilancio sarebbe andato in perdita. Ai primi due imputati si unisce la Barone per il bilancio 2019, perché la manovra di ingegneria finanziaria è stata la stessa. Che il direttore non avesse – pare – un incarico formale ma che fosse ad Anzio ogni giorno e firmasse carte come tale, la dice lunga su quale controllo pubblico c’è stato negli anni.

Il 24 febbraio sono chiamate a comparire anche le parti lese, vale a dire la Capo d’Anzio (se sarà ancora in vita….), il Comune e Renato Marconi che aveva sporto denuncia sull’approvazione di quel bilancio. Nel frattempo dall’indagine è stata stralciata la posizione di Antonio Bufalari – che insieme all’altro rappresentante privato non votò il consuntivo 2018 – e Gianluca Ievolella che non c’era proprio. Il pubblico ministero si è basato sull’informativa della Guardia di Finanza di Nettuno e la relazione di un consulente tecnico. I nodi arrivano al pettine, purtroppo, e ha ragione Giorgio Buccolini quando indica il responsabile politico di questa situazione. Perché degli aspetti penali risponde ciascuno per sé e non interessano, di come la vicenda Capo d’Anzio e porto è stata gestita le responsabilità sono per intero di chi dal ’98 a oggi ha guidato e guida la città.

Il 24 febbraio le parti lese potranno costituirsi parte civile ovvero potranno farlo in udienza nel momento in cui venisse disposto il giudizio, per ottenere un eventuale risarcimento. Che farà la Capo d’Anzio e che farà il Comune? La prima è senza guida, il secondo ha la stessa per la terza volta e dovrebbe trovarsi a costituire contro chi ha nominato o gli è stato vicino in campagna elettorale. Cose che forse capitano solo ad Anzio… Di certo Marconi – ricordiamo tutti chi lo ha portato ad Anzio, vero? – si costituirà eccome.

Ah, il bilancio 2018 della Capo d’Anzio avrebbe chiuso in attivo se solo si fosse provveduto a far gestire alla società e non agli eredi di Malasuerte i parcheggi dietro al porto, come spesso abbiamo ricordato in questo umile spazio. E il dirigente “signorsì” voleva liquidarla, la società, è nella nota integrativa al bilancio del Comune. Poi, come dice il sindaco, le “vie infinite della politica…”

Io, Danilo e quel piatto di gnocchi…

“Guarda che mica ti abbiamo candidato sindaco”. “Guarda che lo so”. Avevo capito perfettamente che non ci sarebbe stata alcuna alleanza, ma visto che eravamo a Latina – un po’ una seconda casa per me – avrei offerto lo stesso quel piatto di gnocchi a Danilo Fontana. Le amministrative di Anzio del 2018 erano ancora abbastanza lontane, lui era nell’opposizione di lotta e di governo a Luciano Bruschini, insieme a Candido De Angelis e voleva sondare il terreno. Non era venuto autonomamente, avrebbe riferito, e quando dissi che potevo pure starci benché i principi fossero quello di cinque anni prima e cioè che andavano mandati “a lavorare” quelli che avevano scambiato il Comune per l’ufficio di collocamento e che avrei portato un prefetto che era stato commissario nei comuni sciolti per mafia come capo di gabinetto, la discussione prese un’altra piega. Si poteva anche accettare il nome “spendibile” e “nuovo”, ma che qualcuno andasse a mettere le mani nel “sistema Anzio”, no. Erano buoni quegli gnocchi, non c’è dubbio, e mi piace ricordare questo aneddoto oggi che il vice sindaco di Anzio ci ha lasciato. Delle tante cose che si leggono in queste ore ne condivido solo una: il modo nel quale ha affrontato la malattia. Un coraggio e una dignità senza eguali. Poi, come ho scritto sul libro delle firme in ospedale, “avversari sempre, nemici mai”. D’altra parte era difficile essergli “nemico”, benché non condividessi il suo modo di “fare” politica. Quel sorriso sornione, quel prendere una delega oggi da Bruschini e lasciarla domani, l’aver attraversato più partiti nel centro-destra pur di arrivare a essere lì. L’aver sostituito il potere di chi doveva “andare a lavorare” nel 2013 alleandocisi prima e facendo peggio poi, in questa maggioranza.

Passava per il “dottor Sottile”, era stato consigliere anche in Provincia, sapeva di tutto e di tutti, non gli sfuggiva nulla e anzi provava pure a intercettare qualcosa che andasse oltre il suo ruolo. Come nella vicenda del conferimento alla biogas per la quale il sindaco sarebbe andato all’Onu ma poi si è fermato alla Sacida. Di certo aveva un sorriso per tutti, sempre, anche nei momenti più bui. Della malattia avevamo parlato a una manifestazione per l’ospedale, si trattava di qualcosa di subdolo, c’era la cura sperimentale in Toscana, si doveva combattere. E lo ha fatto. Restando fino all’ultimo forse ormai l’unico – anche se parlava a bassa voce – a essere ascoltato dal sindaco De Angelis. Un rapporto che andava oltre la politica, diventato una solida amicizia, e se il primo cittadino faceva come al solito un po’ il presuntuoso lui ribadiva “eh, tu hai studiato, io batto i telai in carrozzeria….”. Invece si era laureato anche lui, nonostante la malattia. Un sogno che si era avverato. L’officina era però la sua “creatura” e se ti serviva una cosa non c’era domenica o festivo che non potessi chiamarlo. Diceva sempre che aveva stima di me e ricordava un episodio delle sue prime esperienze da consigliere, quando fu costretto alle dimissioni, mostrando gratitudine per come avevamo affrontato la cosa sulle colonne del “Granchio”. Non è da tutti, chi “fa” politica ad Anzio ha nel Dna una certa arroganza, lui se pure fosse non la mostrava. Le sue convinzioni sì: “Ma quale prefetto, lascia perde, serve un bravo segretario”. O un segretario che a volte guarda altrove, com’è stato per l’ultima che abbiamo avuto in Comune. Resta quel piatto di gnocchi e – visto quanto accaduto poi – la necessità davvero di un prefetto che se ne intendeva di condizionamento dei comuni. Ah, che non sarei mai diventato sindaco era chiaro da allora, ciao Danilo.

Campo del Falasche, l’ultimo scandalo a favore degli “amici”

Si è fatto un gran parlare, negli ultimi giorni, di possibili avvisi di garanzia arrivati ad Anzio a rappresentanti di giunta, consiglio comunale e funzionari. Notizia che non trova conferma, ma come è noto qui l’aspetto penale interessa poco. Quello di una gestione a dir poco singolare, invece, sì. Torniamo a parlare, allora, del campo di Falasche, già oggetto in passato di approfondimenti su questo spazio, e lo facciamo perché – indagine o meno – emergono particolari a dir poco interessanti.

Da quando la commissione d’accesso voluta dal prefetto di Roma, Matteo Piantedosi, si è insediata in Comune a febbraio, il sindaco ha amato ripetere che “gli atti sono regolari”. Ci mancherebbe. Ora si scopre che l’assegnazione al FalascheLavinio sarà anche stata senza macchia, ma il debito della precedente società nessuno lo ha pagato. Circa 100.000 euro, per i quali il dirigente “signorsì” e il responsabile del patrimonio (e prima ancora dell’ambiente) hanno cominciato giustamente a preoccuparsi.

Un passo indietro: l’impianto viene messo a bando, il Falasche che nel frattempo era passato dall’ex assessore Alberto Alessandroni alla nuova gestione si “fonde” con il Lavinio e mantiene la categoria calcistica (Eccellenza) che sarà una delle caratteristiche per ottenere l’affidamento dell’impianto. Un bando a “misura”? Chissà, non ci stupiamo ormai più di nulla. Il debito? Affari del Comune, perché la società dice di essere “nuova” e disconosce il passato: debiti e crediti. Si aggiudica il bando, ovviamente, e gestisce l’impianto, fino a quando arriva la Commissione che nel frattempo ha lasciato Anzio e preparato una corposa relazione. Se il Comune sarà sciolto o meno lo stabiliranno le istituzioni preposte, ma la singolare gestione resta e il votificio del campo di Falasche ne è l’ennesima dimostrazione. Il vice prefetto e gli ufficiali di carabinieri e finanza si sono concentrati, a lungo, sulla gestione proprio del patrimonio. Non sono sprovveduti, sanno che lì si può favorire o meno qualche “amico” (come era stato per il Deportivo, ad esempio) e se tra questi c’è qualche coniuge di una famiglia vicina alla ‘ndrangheta che il campo lo frequenta con un ruolo ben preciso….

Il dirigente “signorsì” e il funzionario, capiscono che forse qualcosa va chiarito. Così viene chiesto un parere legale. Quando arriva in Comune, raccontano i bene informati, il sindaco va su tutte le furie. Perché a De Angelis si possono muovere molte critiche, ma non è certo uno stupido e leggendo quanto afferma l’avvocato sa bene che l’ente si è infilato in un vicolo cieco. Motivo? Il professionista stabilisce due cose: c’è continuità tra una società e l’altra, quei soldi vanno richiesti, anzi se fosse stato riconosciuto allora che esisteva un debito nemmeno potevano partecipare al bando. Chi lo avrebbe spiegato all’assessore Mazzi – che quel campo lo frequenta quasi più dell’ex Alessandroni, anche per riunioni con la protezione civile – e alla consigliera Tirocchi che è moglie del presidente del Falasche?

Ma c’è dell’altro, la società ha risposto picche alla richiesta di rientrare dal debito, sostenendo che se fosse stato così, appunto, non poteva essere affidataria e che tutto sommato delle opere le ha realizzate e quindi….

Se questa vicenda ha portato ai vociferati avvisi di garanzia o meno, lo ignoriamo, però i fatti sono questi. Poi chissà se ci scioglieranno, comunque la destra continuerà a vincere, ma certi metodi fanno francamente ribrezzo.

Il Nautico a rischio, l’inutile “rimpallo”. Si facciano i lavori

La chiusura per problemi di sicurezza della succursale di Anzio dell’istituto nautico è una sconfitta. Nell’italico rimpallo di responsabilità, le scuole superiori sono di competenza della Provincia (oggi Città metropolitana di Roma) ma quella struttura che fino a qualche anno fa ospitava il tribunale è di proprietà del Comune.

Che la mise a disposizione senza cedere l’immobile, così volle il sindaco Luciano Bruschini. Sostenendo che è sempre un patrimonio ed è bene tenerselo. Si poteva fare? Evidentemente sì, ma quella scelta – come molte altre – non è mai piaciuta al sindaco di oggi, Candido De Angelis, il quale prima del consiglio comunale che discuterà anche del nautico incontrerà i dirigenti scolastici e i rappresentanti della Città metropolitana per trovare una soluzione. E’ noto che di Bruschini, del resto, gli sono sempre e solo serviti i voti, in nome di un’unità vincente alle urne ma di fatto mai esistita se non faticosamente nell’amministrare la città. Che non a caso è allo sbando.

Il punto non è questo, però. Avere una scuola vuol dire rispondere a una visione, dire che in questa città serve il Nautico, formare giovani per una delle vocazioni di Anzio. Il successo avuto lo dimostra, non è semplicemente la scuola “sotto casa” ma risponde a determinate esigenze. E’ noto come tra me e Laura Nolfi le posizioni siano distanti, ma quando venne annunciata quella scuola le feci i complimenti. Che ripeto oggi.

Per avere il Liceo classico che oggi è un gioiello l’allora amministrazione guidata da Giulio D’Amico, assessore Maria Vittoria Frittelloni, mise a disposizione un seminterrato a Lavinio per iniziare. Poi si acquistò l’ex Asilo Savoia. Non è che si brillasse per sicurezza e rispetto delle norme, anzi. Erano sicuramente altri tempi, ma oggi fare quei lavori al Nautico è un dovere. Non dimentichi, il sindaco, che ospita la polizia locale in uno stabile ristrutturato a forza di lavori sotto soglia, se è stato fatto quello (e lui si tenne il dirigente) non saranno i lavori per tenere aperta una scuola, in uno stabile del Comune, a mandarlo in rovina. Si facciano le procedure d’urgenza, quello che è consentito dalla legge, si valuti dopo tutti questi passaggi se cedere lo stabile alla Città metropolitana, ma non si perda quella scuola.

Avremmo perso tutti.

Capo d’Anzio, un altro addio e quel falso in bilancio. Sindaco, lascia…

Nessun alzabandiera né roboanti comunicati per miracolosi campi boa. Questa volta il Comune – che per conto dei cittadini detiene il 100% delle quote della Capo d’Anzio – non ci fa sapere che si è dimesso l’amministratore unico Francesco Lombardo. Però trova il tempo di dirci che Umberto Tozzi, “saltato” per la festa del patrono, suonerà il 10 luglio e che “ha espressamente richiesto il recupero di questo concerto per poter incontrare il pubblico di Anzio, che attendeva, con ansia, questo importante evento live sul nuovo palco di Piazza Garibaldi”. Bene, ma sulla Capo d’Anzio?

Il porto che doveva rilanciare la città al pari di un investimento della Fiat (ma lì con Marchionne moribondo si sbrigarono a far sapere cosa stava accadendo) continua a essere cosa loro e non dei cittadini. Se ne va l’amministratore salutato solennemente un paio di mesi fa e tutto tace.

Forse perché se ne va sbattendo la porta. Se è vera la metà di quello che si dice tra la banchina e Villa Sarsina, la lettera con la quale si è dimesso ha contenuti di fuoco. Saranno vere dimissioni o un modo come quello di uno dei predecessori, il generale Marchetti, per ripensarci e tornare, poi andare via di nuovo, o definitive? Lo vedremo. Certo è che se metti un magistrato della Corte dei Conti a svolgere quel ruolo, qualche pulce te la fa. Su questo e sui toni spesso accesi del sindaco, pare si sia consumato lo strappo.

Ma il discorso è un altro e cioè che la società fa acqua da tutte le parti. Oggi, come ieri, il problema del porto non è il progetto – allora avveniristico e oggi irrealizzabile – ma la società e le sue condizioni. Doveva farlo, il porto, la Capo d’Anzio. Si limita a gestire l’esistente usando – come ha fatto per anni – pontili altrui, catenarie, o cacciando (da ultimo) chi fa rimessaggio. Non è “bancabile” per la situazione di contenzioso con Marconi e per i bilanci che ha. A proposito dei quali sembra che finalmente se ne sia accorta anche la Procura. Sarà un caso ma il presidente se ne va all’indomani della convocazione di più di qualcuno negli uffici giudiziari per chiedere spiegazioni sull’ipotesi di falso in bilancio rispetto ai documenti del 2018 e 2019. Per il primo una relazione del consiglio di amministrazione – votata anche dai rappresentanti del socio pubblico – parlava di una perdita. Il dirigente dell’area finanziaria “signorsì” scrisse sulla nota integrativa del consuntivo 2018 del Comune (approvato da questa maggioranza) che la Capo d’Anzio andava liquidata.

Poi la magia, l’arrivo del professore specializzato in crack finanziari Ernesto Monti e i conti a posto. O lui o chi aveva fatto prima quel bilancio, ha detto una bugia che si è “trascinata” nel successivo esercizio e su cui la Procura ha aperto un fascicolo, ascoltando testimoni come “persone informate sui fatti”

Sarà stato per l’arrivo della commissione d’accesso – bloccata nel 2018 dalle “vie infinite della politica” – ma tutti i nodi cominciano a venire al pettine. Compreso quello dei consiglieri che all’atto della nomina hanno dichiarato il falso e che non avrebbero potuto partecipare alle attività del Comune. Alcuni per questioni veniali, fra l’altro nel frattempo hanno saldato, altri per vicende più serie delle quali né anti corruzione né dirigenti “signorsì” sembrano essersi accorti. Se aggiungiamo che due di loro, secondo l’operazione Tritone, sono l’anello di congiunzione con la Ndrangheta il gioco è fatto. Che a sollevarlo, prima qui e poi anche in consiglio comunale nell’unica partecipazione sia stato chi scrive, è un dettaglio.

Caro sindaco, cos’altro deve accadere per dire basta? Non lo chiede un amico profondamente deluso (per orgoglio, non lo faresti mai) e fuori da qualsiasi pretesa politica , ma la città. E’ ora che te ne renda conto

Delinquenti, fate schifo: Anzio è altro, adesso basta

Non è stato semplicemente un “attacco” al Pd e a Lina Giannino ma alla città e alla sua democrazia. Fosse accaduta la stessa cosa nella sede di un altro partito, userei i medesimi termini. Nella deriva alla quale ci ha abituato la classe politica che da trent’anni guida Anzio non s’era mai assistito a una cosa del genere. Nemmeno negli anni di piombo, qui da noi, qualcuno aveva immaginato di entrare nella sede di un partito, devastarla e fare scritte ingiuriose contro una consigliera comunale. Non era mai accaduto e deve essersene accorto anche il sindaco che stavolta – al contrario delle precedenti – si è sbrigato a spendere due parole ed esprimere solidarietà su quello che non è un atto vandalico come l’ha definito bensì un attentato vero e proprio.

Che arriva all’indomani della trasmissione “Piazza Pulita” che più di qualcuno non ha digerito, guardando al dito (chi ha dato informazioni a Nerazzini, autore della puntata) e non alla luna che sono i fatti narrati lì e prima ancora nell’inchiesta “Tritone” e in tutte quelle ad essa collegate. Sì, perché le tessere del puzzle, per chi sa metterle insieme, portano a Malasuerte ed Evergreen, a Ecocar e agli interessi sulla biogas, alle coop e sempre agli stessi personaggi. Alcuni interpreti principali e altri parte attiva del sottobosco della politica vincente di casa nostra, fatta di favori e promesse, di appalti da assegnare magari sotto soglia, di “squadre volanti”, cooperative, proroghe, amici degli amici. Perché? Semplice: in molti casi tutto questo si tramuta in voto di scambio. E se qualcuno prova a mettere in fila le cose, a chiedere spiegazioni, accedere agli atti, criticare, apriti cielo. Lina era stata già oggetto di pesanti intimidazioni, ma si era provato finora sempre a girarsi dall’altra parte se non a minimizzare.

Il sindaco – in aula consiliare (salvo fuggire davanti alle telecamere) – è solito usare toni minacciosi dei quali abbiamo parlato spesso in questo spazio. Nel suo soliloquio contro tutto e tutti – che sia lì dal ’90 e abbia attraversato prima e seconda repubblica è un dettaglio – dice “se soffre mio figlio soffre pure il tuo”, dà dei “sumari” agli oppositori, promette di “tirare fuori le carte” che stiamo ancora aspettando di presunti ricatti, urla indisturbato e senza che la presidente (sua ex avversaria) senta il dovere di richiamarlo all’ordine. Con un clima del genere nell’aula consiliare, cosa ci si può aspettare che accada? Basta che si senta minacciato uno del sottobosco che ha portato voti e ottenuto qualcosa in cambio, per andare a compiere un atto contro la Giannino che ha osato parlare.

Ecco, c’entrano sicuramente anche ‘ndrangheta e camorra negli affari di questa martoriata città e non da oggi, ma c’è pure l’imbarbarimento e la crescita di una cultura mafiosa. Certi atteggiamenti che dalla “guerra” del centro-destra nel 2013 a oggi sono andati in crescendo, la prevaricazione sistematica, la derisione dell’avversario che si vuole far passare per ironia o scherzo, il “c’avemo i voti”, il coinvolgimento di personaggi poco raccomandabili nell’agone pubblico, hanno portato a tutto ciò e la responsabilità politica è inequivocabile. Adesso è difficile tornare indietro. C’è da sperare solo che non ci scappi il morto. Perché i delinquenti che sono entrati nella sede del Pd sono capaci di tutto. Solo che debbono sapere che questa città è altro, non i loro mezzucci da vigliacchi, e devono farsene una ragione. Troveremo gli anticorpi perduti, perché delinquenti e mafiosi, sottobosco poco raccomandabile, ci fanno schifo. Che qualcuno, sapendo tutto, si è alleato e governi con i protagonisti politici di certe indagini che oggi riemergono è una pericolosa aggravante.

Ps, all’unanime e trasversale solidarietà a Lina Giannino ci è sfuggita (se è così chiediamo scusa) quella dell’Associazione commercianti di Anzio. Forse stavano lavorando.

Il Titanic, le dimissioni e il coraggio: adesso staccate la spina

C’è una scena del Titanic nota a tutti, è quella in cui il primo violino dice ai musicisti “Signori, è stato un onore suonare con voi stasera”. La situazione della maggioranza che ininterrottamente guida Anzio dal ’98 è forse peggio a quella del transatlantico che si schiantò sugli iceberg nel 1912. Qui la commissione d’accesso, conseguente agli arresti per ‘ndrangheta e agli interessi dell’organizzazione criminale sulle elezioni del 2018, è solo la punta di quell’iceberg.

Il Titanic della destra ha iniziato ad affondare molto prima, dalla lotta fratricida nel 2013 in poi si è rimasti insieme a suon di messaggi trasversali, minacce, voce grossa e favori ad amici degli amici. Ha provato, la destra, anche a darsi una riverniciata ma non è servito. Perché la prevaricazione, le urla, gli ultimi tentativi di salvare tutto dicendo “tiro fuori le carte” – come avrebbe fatto il sindaco mentre alcuni andavano a dirgli che si sarebbero dimessi – sono lì a certificare un fallimento. Stai bene a dire che apre il palazzetto e hai rifatto le strade – ci mancherebbe non le avessi fatte… – o ad autoproclamarti “capitale della cultura”. Questa città è morta e sepolta: zero progettazione europea, politiche ambientali alla giornata (ma grossi interessi sulle assunzioni alla ditta appaltatrice), bilancio che fa acqua nonostante le rassicurazioni, servizi sociali per i quali si litiga con Nettuno ma privi di una visione, villettopoli asfissiante, legalità delle cose quotidiane spesso calpestata, società per realizzare il porto prossima al default, indagini passate e presenti.

Basterebbe prendere il programma del 2018 e leggere cosa è stato fatto e cosa non per dire che è ora di staccare la spina. Ma c’è un fallimento che è ancora più grande, del sindaco in particolare. Al Titanic della destra aveva provato a dare una verniciata, una volta eletto aveva tolto di mezzo qualcuno che nel 2013 voleva “mandare a lavorare” (vedi Alessandroni) e aveva portato in Consiglio volti nuovi: l’ormai ex “delfino” Vasoli, la Amaducci, Camilli, Galasso. Gente che non si era mai affacciata in consiglio comunale e non “vive” di politica. Era alla seconda esperienza ed era stata premiata (giustamente) con la presidenza del consiglio comunale, ma poi defenestrata per allargare la maggioranza all’ex avversaria Cafà, Giusy Piccolo che di mestiere fa l’avvocato. Più navigato Marco Maranesi, il quale dalla maggioranza, anzi dal “recinto” si era già allontanato. Lo stesso avevano fatto Amaducci, Piccolo e Vasoli con il loro “Progetto Anzio”. Si sono dimessi, con un gesto coraggioso e non scontato, voltando le spalle a quello che ormai tutti chiamano il “Re”.

Al sindaco restano i fedelissimi e nemmeno tutti, perché Ranucci se ne era già andato dopo lo show nel quale aveva lanciato accuse pesantissime anche al primo cittadino. Oggi l’ex assessore all’ambiente è tra i più presenti nelle carte della Dda (non indagato) così come il suo successore, Gualtiero Di Carlo, altro fedelissimo di De Angelis. E chissà se chi entra in consiglio sarà o meno nel “recinto”, a questo punto.

Serviva coraggio ad andare via dal Titanic che stava già affondando, con decisioni non condivise o dubbie (vedi ingresso in Aet o fidejussione Capo d’Anzio), oggi che è arrivata la Commissione d’accesso anche di più. No, non è l’ammissione di una colpa che non hanno i dimissionari, è un gesto d’amore verso la città che si trascinerà per i prossimi mesi tra surroghe, paure, scioglimento sì o no, e sarà inevitabilmente ingessata. E’ un gesto di trasparenza e rispetto verso un’istituzione che altri hanno vilipeso.

Aveva questa grande occasione anche il sindaco, andarsene a modo suo, urlare che era colpa della “magistratura rossa” e del “sistema dei media” o della “macchina del fango”, dire che era “tutto regolare” (e vedi che non lo sia, salvo minacciare di “tirare fuori le carte”, quali?) ma ha preferito restare. E dai più “nuovi”, adesso, ha avuto una lezione. Non sappiamo come andrà a finire, ma oggi Amaducci, Camilli, Galasso, Maranesi, Piccolo e Vasoli hanno dato uno scossone forte. Sarebbe ora che un uomo che le istituzioni le conosce per aver ricoperto anche l’incarico di senatore, staccasse la spina

Già, si è dimessa anche l’assessore Nolfi ma questo non fa quasi più notizia perché in passato si contano tre analoghi tentativi e altrettanti ripensamenti. Stendiamo un velo pietoso sulla diatriba all’opposizione tra convocazione del consiglio o mozione di sfiducia (che non erano inconciliabili, anzi) e magari cerchiamo di pretendere che nella sede istituzionale per eccellenza l’argomento criminalità venga affrontato. E’ impossibile fare finta che non è successo niente, basterebbe dire “signori, è stato un onore suonare con voi” e andare a casa.

Il nido “regalato”, quello perduto e l’urbanistica a soggetto

L’area dove sorgerà il nuovo centro commerciale (foto Google Maps)

Si è fatto un gran parlare, nei giorni scorsi, della variante “Cosma”. La trasformazione di un’area da edificabile per uso abitazioni a commerciale, tra l’ospedale e via Rinascimento. Grazie a un “Programma integrato” presentato dalla proprietà ai sensi di una legge regionale, il Comune di Anzio avrà in cambio uno spazio per realizzare l’asilo nido – per circa 300 metri quadrati – e altre opere di urbanizzazione. Parte della maggioranza ha preferito uscire, parte di quella che era l’opposizione ha votato favorevolmente, ma non è la pantomima politico/elettorale che interessa.

Le successive dichiarazioni del sindaco, infatti, parlano di “primo asilo nido comunale” e che questo sarà realizzato “a costo zero” per l’ente. Una precisazione: lo stabile di via XXI aprile che attualmente ospita classi del liceo “Chris Cappell college” era stato realizzato, negli anni ’80, come asilo nido. Non fu mai aperto, anzi venne utilizzato prima per ospitare gli uffici della pubblica istruzione e la biblioteca, poi come sede “jolly” per le scuole. Un politico navigato come il nostro primo cittadino dovrebbe saperlo.

Non venne aperto – e non si pensò mai in maniera seria a un altro – perché i nidi pubblici creano solo problemi alle amministrazioni e la gestione non riesce sempre a coprire i costi. Anche chi lo gestiva direttamente, nel corso degli anni è andato verso un affidamento privato. Non è un caso che nel programma che presentai nella “disavventura” della candidatura a sindaco del 2018, si ipotizzava di realizzare il nido a Villa Adele, al posto dell’ex comando vigili, affidando la ristrutturazione dell’immobile e la gestione con un progetto di finanza. Nel programma del sindaco – malamente copiato e incollato da quello del 2013 – non c’era questa previsione, né altro per i nidi, ma per fortuna si è “convertito”.

Però un conto è dire che avremo il nido, un altro è spiegare come (e se) sarà realizzato. Sull’area di proprietà della “Cosma” è stata fatta una di quelle operazioni da urbanistica a soggetto tanto care a chi guida la città dal ’98 a oggi. Le case non si vendono più? Si cambia…. A maggior ragione se quella società è vicina a uno dei candidati nelle liste a sostegno del sindaco nel 2018 e tra i personaggi, come il primo cittadino, sulla scena politica da oltre 30 anni. Al posto di chi ha alzato la mano in consiglio comunale qualche problema me lo sarei posto. Atteso che sappiamo chi è che ha “sponsorizzato” la variante – Umberto Succi, senza girarci intorno – era il caso di verificare la solidità della “Cosma” che negli ultimi due anni non ha prodotto nulla e ha come uniche proprietà quelle dove si svolgerà l’intervento. Beni che molto probabilmente, ottenuto il via libera dal Comune, cederà a terzi. Una cosa già vista con il distributore di fronte a Tor Caldara, con parte della compagine sociale che è sempre la stessa. Ad Anzio funziona così. Direte che c’è una legge regionale, e non c’è dubbio, ma il Comune può decidere di approvare o meno delle varianti e come ha fatto questa amministrazione per i “quattro cantoni” in area Puccini – dopo una mozione dello scrivente e del resto dell’allora opposizione, altri nel frattempo sono diventati maggioranza – si poteva dire: “Quando il mercato delle costruzioni tornerà a tirare, farai quello che è previsto. Grazie, arrivederci”. Invece no, ci “regalano” un asilo nido….

Bene, diciamo intanto che quello che il Comune voleva realizzare in via del Tridente, nella villa confiscata alla banda della Magliana e ormai distrutta, non ha ottenuto il punteggio necessario per il finanziamento richiesto al Ministero nel bando di 700 milioni di euro per “realizzazione di asili nido e altri interventi per la prima infanzia”. Il Comune aveva chiesto 1.491.099,57 euro, di cui 60.119 per spese di progettazione, e non aveva previsto nessuna quota di cofinanziamento. L’intervento prevedeva demolizione e ricostruzione dell’edificio ma non si è classificato. Sempre nella “disavventura” elettorale di chi scrive, non è un caso che si prevedesse di creare un ufficio “studi e programmazione”. Forse avremmo evitato di vederci bocciare progetti in continuazione.

Ma adesso oltre al “regalo” il Comune ha un’altra occasione: i fondi del Pnrr, infatti, destinano alla realizzazione di nuovi asili nido la somma di 2,4 miliardi di cui 129,2 milioni per i comuni della Regione Lazio. L’amministrazione si “accontenterà” del regalo che dovrebbe ricevere fra tre anni (mentre il privato ha già visto aumentare il valore della sua area) o pensa di realizzare ancora un altro nido? Perché questa domanda?

Semplice: sulla base degli ultimi dati Istat disponibili il comune di Anzio nel 2019 ha una copertura (posti autorizzati ogni 100 bambini con età inferiore ai tre anni) pari all’11,4% (144). La legge di bilancio in discussione fissa come Lep (livello essenziale delle prestazioni) la quota del 33% comprensiva dei posti privati. I bambini con meno di tre anni al 1° gennaio 2021 sono 1124 quindi la copertura al 33% equivale a garantire 371 posti, di questi 144 sono già disponibili ne rimangono da realizzare 227. Non sarebbe bastato il progetto di finanza che avevamo immaginato – sono il primo ad ammetterlo – e non è sufficiente il “regalo” che se tutto va bene arriverà fra tre anni e del quale poi si dovrà decidere la gestione.

Quali politiche il Comune vuole portare avanti in questo delicato settore? Continuare con annunci mirabolanti, altre varianti “a soggetto”, o provare per una volta a programmare?