Ranucci assolto, Comune e “vittime” assenti. Si cambi registro

La sentenza che manda assolto Giuseppe Ranucci per lo “show” a seguito dei controlli alla sua palestra nel periodo Covid può stupire ma va rispettata. Non sono tra quelli che gioisce per una condanna o si dispera per un’assoluzione e per le vicende di Anzio ho sempre sottolineato le responsabilità politiche e mai quelle penali. Saranno da leggere le motivazioni, ma l’avvocato Francesco Mercadante ha sottolineato come tutto sia avvenuto in preda all’esasperazione. Il Tribunale ha accolto la sua tesi e la vicenda, salvo appello da parte della Procura, si è chiusa qui.

Il tutto – e torniamo alla politica che ha governato questa malandata città – in assenza del Comune e delle “vittime” indicate da Ranucci quella sera. Nessuno si è preso la briga di costituirsi parte civile, nessuno dall’ex sindaco al quale Ranucci ha riservato epiteti a non finire, al comandante della Polizia locale sbeffeggiato – e usiamo un eufemismo – in quella occasione, ha provato a far valere le sue ragioni in Tribunale. Forti con i deboli, deboli con i forti.

Solo che si crea un precedente pericoloso: da domani – in preda all’esasperazione – chiunque può andare a sdraiarsi sotto un furgone della polizia locale e fare lo stesso. Avrà la medesima garanzia dell’ex assessore Ranucci e cioè che il Comune e la polizia locale non si costituiranno nei suoi confronti?

In quella occasione Ranucci – che alla fine ha pagato con l’addio all’assessorato – dava nel video un sacco di quelle che un tempo si sarebbero chiamate “notizie criminis”. Mettevo in dubbio, allora, la presenza di un investigatore sul territorio ma in realtà la Dda (non certo la Procura di Velletri, assente su molti temi) stava già lavorando. E Ranucci – benché non indagato come i politici indicati nell’ordinanza dell’operazione “Tritone” – era uno di quelli più attivi nei rapporti con esponenti di ‘ndrangheta durante la campagna elettorale del 2018. Eccole le responsabilità politiche. Se poi andiamo a leggere la relazione della Prefettura circolata oggi e ricca di “omissis” ce ne sono di ulteriori, ma sarà oggetto di un altro approfondimento.

A proposito di “Tritone“, la commissione straordinaria non faccia come spesso ha fatto la politica: dia mandato di costituirsi parte civile contro la ‘ndrangheta. L’ex sindaco non lo fece per “Appia Mithos“, ad esempio. Invece è importante per stabilire, una volta per tutte, un principio che si sta calpestando: non è chi denuncia il malaffare e lo racconta il problema di Anzio, ma chi ha fatto sì che esponenti della criminalità organizzata fossero di casa in Comune, dessero sostegno elettorale, portassero fino all’onta dello scioglimento creando un danno di immagine senza precedenti alla città.

Ranucci show, minacce e silenzi. Se ci fosse un investigatore…

Sono trascorse 24 ore dallo show dell’assessore all’ambiente del Comune di Anzio, Giuseppe Ranucci, e in Comune tutto tace. Non parla il sindaco, stanno in silenzio assessori e consiglieri di maggioranza. Il video ha fatto il giro del mondo dei social tanto amati quanto odiati dal primo cittadino, la notizia è finita sui media nazionali, ma finora all’assessore tutto è concesso. Anzi, i suoi accoliti e non solo lo definiscono come un eroe sugli stessi social. Peccato che quel pessimo spettacolo – per quante ragioni possa accampare Ranucci – è indegno di chi amministra una città. Domani se un vigile ferma una persona qualsiasi, magari politicamente vicina a questa amministrazione, come fa a dirgli di rispettare una regola? E quella persona è autorizzata a dare dell’imbecille, del miserabile, a bestemmiare e tutti gli annessi e connessi che abbiamo sentito, o non? Può, alla stregua dell’assessore che ha interrotto un pubblico servizio, oltraggiato, minacciato, chiedere di chiamare i superiori, il comandante, dire che se arriva il sindaco gli dà “uno schiaffo in capoccia”? Ecco, dire che ha agito da imprenditore e non da politico è una foglia di fico, dispiace per la salute anzi auguri di pronta guarigione, ma risulta che sia andato in ospedale per un codice bianco, mentre il dirigente della Polizia locale ha preso la strada della Procura della Repubblica e il video è stato acquisito dalla Polizia di Stato. Ecco, a questo punto occorre andare oltre. Se siamo arrivati fin qui è per quello che qualche giorno fa ha detto il sindaco e cioè che “le vie della politica sono infinite”. Anche se Ranucci è ancora al suo posto, evidentemente. Ma sapete cosa c’è? “Ha ragione lui”, come sento ripetere da più parti, oppure “Ha sbagliato il metodo, ma….”. Ecco dove siamo arrivati – non da oggi – a chi strilla di più. A chi minaccia di più. A una città fuori controllo che – dispiace per l’assessore – ha responsabili solo in chi la governa e lui è tra questi.

Allora, se ci fosse un investigatore di buona volontà, domani mattina convocherebbe Ranucci dicendogli che è indagato per quello “show”, ma poi si farebbe raccontare tutto. Le persone “sistemate”, i favori, i carri armati per fare le battaglie, perché ce l’avrebbero con lui, il motivo per il quale dopo l’assegnazione di una gara a una palestra diversa dalla sua ha dato in escandescenza a Villa Sarsina senza che nessuno facesse nulla, quello per il quale interruppe – impunito – i lavori del consiglio comunale o perché nel passaggio da Giva a Parco di Veio, nel 2014, andò a fare un medesimo show minacciando e picchiando. Vicenda, pensate, per la quale è a giudizio e tra le vittima c’è il funzionario responsabile del suo assessorato. Solo l’anticorruzione del Comune di Anzio non se n’è accorta.

Ecco, servirebbe un investigatore, un procuratore che ad Anzio e Nettuno abbiamo visto di rado, uno di buona volontà ad ascoltare l’assessore che “chiamate la magistratura, poi racconto io”. Uno che si mettesse a fare i collegamenti che vanno dalle “cooperative di Italo” citate in un’inchiesta che doveva prendere ben altra china, all’indagine su Giva e Parco di Veio, da Malasuerte a Ecocar e Touch Down, dalle “27 proroghe” a chi gestiva un impianto pubblico senza pagare un euro ed evadendo l’Iva, nel frattempo amministrando Anzio. Uno che leggendo le intercettazioni sulla Biogas e il terreno per il secondo impianto, con tanto di nomi e cognomi, cominciasse a tirare le fila. Uno che avesse voglia di risalire a certi investimenti che sarebbero impossibili per comuni mortali lontani dalla politica, ad alberghi chiusi con ordinanze del sindaco che diventano centro di accoglienza per i migranti, distributori di benzina ai quali paghiamo i danni, decreti ingiuntivi non opposti e diventati debiti fuori bilancio. Perché no, una società che doveva fare il porto e non presenta bilanci…. A capire chi sono i “ricattatori seriali” dei quali ha parlato il sindaco, se davvero fu pagata una tangente sull’appalto delle mense anni fa e se veramente le tensioni con l’assessore all’ambiente sono riconducibili – come si dice – al prossimo appalto dei rifiuti. Per non parlare del fatto che conferiamo con una procedura singolare il verde alla biogas per la quale qualcuno voleva andare all’Onu. Servirebbe, forse, a comprendere perché spararono a casa di Placidi e Alessandroni, bruciarono le auto a Zucchini e al compagno dell’ex assessore Nolfi. Perché no ai toni “accesi” nei confronti di un consigliere non eletto che andava a chiedere gli atti di suoi colleghi rispetto alla regolarità dei tributi. Ancora, un magistrato di buona volontà che capisse perché l’ex segretario Savarino e la dirigente Santaniello hanno denunciato pressioni, chi ha mandato i proiettili all’ex segretaria Inches. Un investigatore che ricostruisse la vicinanza di una società finita nell’inchiesta di camorra ad Avellino, ma con sede ad Anzio. E la vicinanza di noti pregiudicati a sostegno di certi eletti se non quella delle famiglie di ‘ndrangheta. Troverebbe tanti volti noti della maggioranza di ieri e di oggi – che in fondo è sempre quella – gli stessi nomi di Malasuerte in più occasioni. Magari anziché soprassedere come è stato in passato, indagherebbe sui “soci elettori” dei quali si legge in altra inchiesta, sul rapporto tra politica e camorra emerso proprio nell’indagine partita su un’estorsione per i parcheggi al porto e i soldi che finivano al boss Raffaele Letizia. Storia nella quale hanno pesato “le pressioni esercitate dalla politica” come si legge nella sentenza. Nessuno ha avuto il coraggio di indagare su quelle pressioni. I parcheggi al porto, rieccoci all’inizio, alle “cooperative di Italo”.

Non c’è stato quel magistrato e forse non ci sarà, ma tutti questi intrecci erano e sono ben noti al Prefetto di Roma, al Ministro dell’Interno, alla commissione parlamentare antimafia. I responsabili di quello che accade oggi, di quel mondo fatto di “sistemazioni”, “favori”, minacce, impunità e chi più ne ha ne metta, urlate da Ranucci, sono da un lato il prefetto di allora – Paola Basilone – dall’altro il ministro dell’epoca, Marco Minniti. La situazione con una commissione d’accesso – pronta e bloccata dalla politica, come ha raccontato il sindaco – sarebbe stata congelata e forse non saremmo a questo punto. Dal quale si esce con un solo gesto nobile: le dimissioni del sindaco e un sano e duraturo commissariamento. Non basta che Ranucci paghi per tutti, a maggior ragione quando il figlio – consigliere a Nettuno – scrive sui social “dobbiamo preservare le nostre famiglie, non si sa cosa ci può succedere”. È un’affermazione gravissima.

Per quanto attiene a chi scrive, è noto che tentai invano l’impresa di diventare sindaco. Ringrazio il nostro Santo Patrono di non avercela fatta, temo che oggi non sarei qui a scrivere per l’idea che avevamo di amministrazione, lontana anni luce da questa. Ricordo bene, però, l’unico intervento in consiglio comunale, al termine del quale fui anche aggredito verbalmente da un allora assessore. In quell’intervento si diceva al sindaco che da quel momento c’era un solo responsabile di una maggioranza che affondava le radici in vicende che penalmente erano delle persone coinvolte, ma politicamente disdicevoli: lui.

Sindaco “ostaggio”, meglio staccare la spina

Il sindaco di Anzio, Candido De Angelis, ha fatto bene ad azzerare la giunta, ma poteva e doveva fare meglio. Ad esempio entrare in Comune questa mattina e revocare l’assessorato a Giuseppe Ranucci dopo lo “show” di ieri in diretta televisiva planetaria. Conosco Pino da quando siamo ragazzini, so quali sono i suoi modi di fare e lo sanno anche in maggioranza, ha detto senza peli sulla lingua quello che pensa dei suoi alleati. Lo ha fatto alzando la voce, come da ex consigliere interruppe la riunione della massima assise civica o come intervenne nel passaggio tra Giva e Parco di Veio minacciando i presenti o come, guarda caso per una vicenda relativa all’affidamento di palestre, poco più di un anno fa a Villa Sarsina. Pino è così, ma dopo le pesanti accuse di ieri è evidentemente incompatibile con la sua funzione. Per un semplice motivo che il sindaco non ignora: se passa il “metodo Ranucci” da domani mattina ciascun cittadino è autorizzato a entrare in Comune e pretendere a suon di parole pesanti o, peggio, di minacce. Il problema, però, non è Ranucci (come in passato non era solo Placidi) è che questo metodo è proprio di una maggioranza dove vince chi urla di più, dove se un primo dei non eletti si permette di chiedere chiarimenti viene minacciato, dove si mandano messaggi nemmeno tanto trasversali, dove ciascuno ha i suoi interessi che saranno pure legittimi ma che a volte cozzano con la funzione pubblica.

Con un elemento che si è aggiunto dopo ieri e che speriamo non sia vero: dicono che qualche consigliere abbia manifestato la sua preoccupazione a partecipare al chiarimento politico odierno a Villa Sarsina e che lo abbia fatto per paura. Sì, paura che finisse quantomeno a schiaffi. Come si rischiò nei seggi, nel 2018, quando le prove muscolari la fecero da padrone.

Di questa maggioranza e di quella confluita nel cosiddetto “Patto del popolo” – che lo hanno fatto eleggere, altrimenti al primo turno non avrebbe mai vinto – De Angelis è “ostaggio”. Adesso, e con l’azzeramento della giunta, prova a dire che sta facendo sul serio e il sindaco è lui. Se ha il coraggio deve andare avanti, mandando via Ranucci – certo – ma anche gli altri. E staccare la spina. Perché il video dell’assessore ai lavori pubblici se ci fosse una Procura che avesse voglia di occuparsi delle cose di Anzio dice molte cose. Troppe. E se quella dell’azzeramento è una pantomima, l’ennesima del centro-destra anziate, con queste premesse De Angelis sa bene che non va lontano.

Quando Luciano Bruschini è diventato sindaco per la seconda volta, nel 2008, dopo l’esperienza degli anni ’90, gli chiesi in una intervista quale fosse la principale differenza rispetto al passato. Rispose, mostrando il telefono cellulare: “Questo… ti stanno sempre a chiamare”. Oggi De Angelis, dodici anni dopo la fine dei primi due mandati, deve fare i conti con i social. Lui che è così attento a quello che si pubblica è “vittima” di chi, nella sua maggioranza e non altrove, scrive e crea i casi che poi sono reali. E’ bastato il post sulla piscina di Vasoli – che molti indicano come erede designato di De Angelis – per far dire ad esempio a Di Carlo che era solidale con Ranucci e che se in Comune qualcuno aveva sbagliato avrebbe pagato e per far esplodere lo stesso assessore ai lavori pubblici. Un post, pensate, la miccia che ha avviato una deflagrazione. Pensate a chi dopo il “sold out” va a cercare Anzio su google e vede la trasmissione con Ranucci. Facebook è globale, non dimentichiamolo, si vede in tutto il mondo e Anzio ha fatto una figura pessima, insieme all’amministrazione che lo guida. Dice “Ci vediamo ad Anzio, l’anno prossimo”. Già, questo rischiamo qualche schiaffone…

Ma come De Angelis aveva l’abitudine di dire del suo predecessore, che poi lo ha “incoronato”, il responsabile di questa situazione era, è e resta lui: il sindaco . E non gli è bastato, evidentemente, allargare la maggioranza a due ex avversari come candidati primo cittadino, se le premesse sono queste. Il De Angelis che abbiamo conosciuto aveva cacciato Ranucci da tempo, come fece ad esempio con Di Carlo nel primo mandato perché al posto dell’allora assessore ai lavori pubblici in Comune ci andava Piero Marigliani. O come fece con Guerrisi che aprì “abusivamente” un bar mentre era assessore. Un sindaco che non era “ostaggio”.

E che oggi per correre dietro a queste vicende finge di non vedere un bilancio che per i revisori fa acqua, una società per il porto praticamente fallita, i rifiuti che riempiono le strade, la biogas pronta ad aprire, la vicinanza pericolosa di personaggi legati alla criminalità alla soglia di Villa Sarsina, le singolarità in alcune procedure per troppe cose, dall’ex commissariato per la polizia locale e fino alla piscina. Un sindaco che potrà pure prendersela con chi scrive – senza contradditorio – o con l’opposizione, con la Regione o l’Area metropolitana, ma non attacca più. Il fallimento ce l’ha davanti e al suo interno e se vuole uscirne faccia come all’epoca Castore Marigliani: scenda con le sue gambe le scale del Comune, stacchi la spina. Potrà sempre vantarsi del fatto che senza di lui non si vinceva e dire che ha provato a rinnovare, però glielo hanno impedito. C’è chi sarebbe ancora disposto a credergli.

La piscina, le istituzioni, gli amici degli amici…

Non credo di essere mancato a molti, diciamo che i diversi impegni mi tengono un po’ lontano da questo blog. Però le recenti vicende anziati portano a una riflessione, intorno alle istituzioni – sulle quali do ragione al sindaco sul “rispetto” che vale sempre – e a come, però, si “usano” in questa città . Partiamo dalla vicenda della piscina che ha riaperto a tempo di record dopo che le analisi Asl hanno sancito l’assenza di carica batterica. Ne sono felice. Mi definisco un cittadino consapevole, ribadisco che la mia esperienza politica è finita, rivendico il ruolo di “oppositore” da questo umile spazio in perfetta continuità con ciò che ho sempre fatto: portare alla luce vicende a dir poco singolari. Ebbene stiamo ai fatti: il 27 di gennaio la Asl scrive al sindaco e chiede una ordinanza di chiusura della piscina, lui è l’autorità sanitaria sul territorio, il Granchio ne dà notizia il 29 riportando una nota di Lina Giannino. Il giorno dopo è la società che gestisce l’impianto – denominata Anzio Waterpolis, ma aggiudicataria come Latina pallanuoto – a chiudere in “autotutela”. Principio che vale – ma ho già ammesso la mia ignoranza – per le amministrazioni pubbliche…. Però chiude e mostra al tempo stesso analisi del laboratorio privato “Simo” datate 28 gennaio e “post trattamento”. Non ci sono batteri. Solo che valgono le analisi Asl, nel frattempo effettuate e che danno esito negativo, quindi si può accedere in acqua. È l’1 febbraio, l’azienda sanitaria chiede al sindaco di revocare ciò che non ha mai emesso. Questi sono i fatti. Si parla – ma le chiacchiere le porta il vento – di chissà quali “sabotaggi” e intorno a questa vicenda si scatena un putiferio che è tutto interno alla maggioranza che governa Anzio. Il consigliere Vasoli cita (e poi cambia il post su facebook) i “competitor” e non si fa attendere la replica delle altre due piscine di Anzio, una delle quali fa capo notoriamente all’assessore Ranucci e al figlio che, invece, è consigliere a Nettuno.

L’assessore è andato in tv, ha confermato che la palestra è praticamente sua che è andato a vedere gli atti della piscina, ha sparato a zero – non facendo fare una figura eccelsa alla città, diciamolo – e chissà se De Angelis lo terrà ancora in giunta o meno, dopo averlo fatto rientrare a seguito delle dimissioni.

Certo è che è in atto una “guerra” ed è tutta in maggioranza, il consigliere Di Carlo commentando i fatti della piscina ha annunciato che “se qualcuno ha sbagliato paga”. Una guerra – lo lamenta anche il presidente della pallanuoto – ma per cosa? Parliamo di impianti, da tempo un tallone di Achille per le amministrazioni di centro-destra ovvero uno dei modi di gestire il potere. Vi dice nulla Falasche? Ecco, ad Alessandroni (ritengo ancora, giustamente) sono state fatte sempre le pulci, è bene prestare massima attenzione su tutti gli impianti.

E dicevamo delle istituzioni: il sindaco che non firma l’ordinanza fa – in perfetta continuità, del resto l’ha rivendicato – pari pari quello che il suo predecessore fece per l’hotel di un consigliere di maggioranza, oggi politicamente schierato con questa. L’ordinanza arrivò mesi dopo, quando non era più possibile girarsi altrove. Perché quando ci sono i propri sostenitori o chi è particolarmente vicino all’amministrazione, tutto è possibile ad Anzio.

Come fu per la precedente gestione della piscina, attuale e passata maggioranza tutte presenti, che si girò sulla questione Deportivo. Se il consigliere Vasoli – insieme al presidente della Latina pallanuoto – vogliono sapere chi ha ridotto la piscina nello stato attuale basta chiedere da De Angelis in giù. E basta rileggersi il comodato tra società e Deportivo, mai rispettato, passato sotto silenzio. O un affidamento sul quale provò a fare un’interrogazione Mariolina Zerella e venne sbeffeggiata. Ah, il muro venne fatto d’urgenza (a spese del Comune) perché ufficialmente pericolante. Serviva in realtà per le uscite di sicurezza della discoteca, usata indovinate da chi, in campagna elettorale?

Ma guai a far notare certe cose. Ben vengano gli investimenti, l’affidamento, il bando. Ben vengano i posti di lavoro, anche se cinque persone sostengono di non essere state confermate. Sommessamente, si può far notare che presentandosi questa società – da sola – in una prima fase ha “dimenticato” di allegare il progetto? E che per decidere se accettare o meno la sua proposta, prima di cambiare procedura, il Comune ha pagato 3000 euro di parere legale? Si può dire o è vietato? E che uno dei progettisti – sarà un caso – è anche presidente dell’associazione che per fare beneficenza ha incassato meno dei soldi ottenuti dal Comune per due spettacoli?

Perché qui funziona così, si va per amici degli amici, come è stato per circa 40 anni con la piscina, fino a che non si è scoperto un potenziale danno al Comune che dovrebbe pagare – in solido – chi ha consentito tutto quello. A proposito di istituzioni…

Ecco, il sindaco “concede” il consiglio comunale all’opposizione che chiede di parlare di porto, ospedale e biogas. Lo fa da “re”, dando degli incapaci agli oppositori e richiamando persino la presidente del consiglio comunale che lo aveva negato all’ultimo giorno utile perché mancano le firme autografe dei consiglieri. Formalmente ineccepibile, forse, ma siccome la presidente frequenta i tribunali, sa un po’ da trucco da “avvocato Paglietta”. Bastava chiamare i consiglieri e dire firmate, non cercare scuse tipo la Pec che non si trova e arriva solo dopo una quindicina di giorni sul suo tavolo. Suvvia… Le analisi della piscina sono arrivate in tempo reale, come mai? Diciamo che i temi proposti sono scomodi. La Capo d’Anzio è al fallimento, sull’ospedale siamo alle promesse e la casa della salute è un palliativo, la biogas apre senza alcuna opposizione di chi doveva persino andare all’Onu. A proposito di istituzioni, ci sono cose delle quali non si “deve” parlare?

Ho iniziato dando ragione al sindaco, sinceramente, e concludo con un plauso a lui, all’assessore Nolfi e agli uffici per le iniziative legate allo sbarco. Suggerisco dal 2021 in poi di ristampare e distribuire nelle scuole “Diario di uno sfollato anziate” di Padre Leone Turco.

Ricordo che con De Angelis immaginavamo – all’indomani del 22 gennaio istituito come giornata della pace – il premio che è stato conferito nei giorni scorsi al collega Paolo Borrometi. Il quale ha detto palesemente – nel silenzio della buona parte dei media locali – che Anzio e Palermo sono accomunate da “mafia e guerra”. Poi Paolo, il quale vive sotto scorta, ha detto la sua sul Campo della memoria e questo ha fatto notizia come è giusto che fosse.

Il richiamo alla mafia è sfuggito, continuo a sostenere che la situazione di Anzio dovesse essere attenzionata tempo fa per il pericoloso avvicinamento di certi personaggi alla cosa pubblica, sanciti dalla precedente commissione antimafia e sui quali anche quella attuale si concentrerà come annunciato dal presidente Nicola Morra. A proposito di istituzioni, solo l’allora prefetto Paola Basilone ignorò tutto, con la complicità del ministro Pd Minniti. Ma anche di questo non si deve parlare.

Il ritorno di Ranucci, la pagina “sparita”: tutto previsto

Doveva essere discontinuità, è perfetta continuità. “Le parole – diceva Nanni Moretti, tanto caro al nostro sindaco – sono importanti“. E lui ne ha usata una nel programma elettorale – discontinuità, appunto – e ne applica un’altra a Villa Sarsina, dicendosi orgoglioso di essere la continuità di Bruschini. Ci sarebbe da chiedersi se il buon Luciano va orgoglioso della “investitura” fatta superando ogni ostacolo, ma non è questo il punto.

Partiamo dalle rientrate dimissioni di Ranucci, il quale a proposito di continuità fa quello che fece (e per due volte) “il vero sindaco di Anzio” – come l’ha definita – e cioè Roberta Cafà, entrata in una maggioranza che non è mai stata così ampia. Sì, sì, l’impeto, le ragioni politiche, i chiarimenti, va bene tutto. Ma è difficile distinguere passato e presente. Ed era previsto che Ranucci rientrasse, bene hanno fatto Il Granchio e Laura D’Amore su Controcorrente a scrivere di “sceneggiata”. Come lo fu, allora, quella della Cafà e della Nolfi che pure si dimise e tornò sui propri passi. E’ Anzio, signori, non ci stupiamo. Qui, però, almeno ci si toglie lo sfizio di farlo notare.

Tra “Patto della pizza”, fuga da Forza Italia, nomi che iniziano a circolare, abbiamo la medesima continuità: pensare al prossimo candidato sindaco e non alle cose da fare per la città. Come – ad esempio – provvedere all’emergenza buche, già che parliamo di Ranucci. Mica una cosa difficile, su: i soldi in bilancio c’erano, bastava utilizzarli bene. Non come a via di Valle Schioia rifatta e già colabrodo o nelle zone limitrofe di Lavinio e in tutto il resto del territorio.

Stupisce, nel frattempo, che sia “sparita” la pagina facebook del Comune di Anzio, ma anche qui era ampiamente previsto e prevedibile. E sapete perché? Non basta avere un comunicatore ufficiale – che dimostra di saper fare bene le campagne – si pagava chi aggiornava quella pagina. Perché il “sistema Anzio” mica è solo di Placidi e compagnia, non prendiamoci in giro… Fa comodo dire che fosse tutta causa sua (ma i voti, al momento opportuno, sono serviti) ma poi nel “sistema” ci sono le associazioni vicine al sindaco che parlano di Rinascimento, quelle delle fatture numero 1 a settembre e via discorrendo. Ebbene qualcuno ha fatto notare – giustamente – che non si può pagare per aggiornare una pagina facebook dato che paghiamo già chi comunica ed è sparita. Pensate, nel suo maccheronico 3.0 anche Luciano Bruschini aveva capito l’importanza dei social, il sindaco consulta spesso facebook, la pagina finora era stata utilizzata al meglio per promuovere le iniziative dell’Ente ma si è volatilizzata.

E’ un errore, al quale va posto rimedio e pure subito. Ammesso che sia stato tolto un incarico che facciamo, il “dispetto” di tenerci le password? Suvvia… Peccato che solo il consigliere Marco Maranesi abbia sentito l’esigenza di far notare – sui social – che si buttava un decennio di lavoro. Al suo posto – e di qualche altro eletto di buona volontà (non disperiamo…) – andrei ad analizzare le spese che per aggiornamenti, software e compagnia ha il Comune ogni anno. C’eravamo rifatti da un pezzo l’intero sistema informatico. Ma questa sarebbe stata #unaltracittà e come ama dire il nostro sindaco, gli elettori hanno scelto diversamente.

La continuità, appunto.

Il sindaco, Ranucci, l’Udc e il “patto della pizza”

Come se niente fosse. Un assessore si dimette sbattendo la porta, il sindaco passato dall’annunciata discontinuità alla rivendicata continuità “nzagnende”, i media locali annunciano incontri, rientri e via discorrendo ma alla fine dal canale istituzionale del Comune arriva la sorpresa. Si “allarga” la maggioranza non a una forza politica che c’era già bensì a due avversari dell’ultima campagna elettorale, Cafà e Palomba. A chi ha provato a farlo perdere, De Angelis, il quale era cosciente che o superava il 50% o sarebbe stata la fine di questa classe politica e dei suoi modi di fare. Ma ormai il sindaco è politico navigato, così quando quasi un anno fa ha rischiato di andare sotto in consiglio comunale (era il 28 dicembre) si è precipitato a salvarsi.

Prima evitando – attraverso Patrizio Placidi – che il consigliere Massimiliano Marigliani facesse mancare il numero legale nella seduta di bilancio, poi aprendo a Cafà e Palomba, “transitati” per Fratelli d’Italia il tempo necessario a dire che Alessandroni non si toccava (che in politica equivale a scaricarlo, così è stato) e poi accasati nell’Udc e organici alla maggioranza con il benestare degli altri capigruppo. A memoria non ricordo senatori o deputati – a partire da quelli locali – così presenti ad Anzio per alchimie di maggioranza o dichiarazioni, ma ai tempi della “dichiarazia” tutto è possibile.


Così leggiamo di attestati di stima da una parte e ringraziamenti dall’altra, ma rischiamo di perdere di vista il caos che regna nella coalizione che guida la città e non da oggi. In poco più di un anno Alessandroni è stato messo alla porta, Ranucci se n’è andato, il sindaco grazie alla coalizione e alle centinaia di voti di preferenza anche degli ex assessori appena citati, ha potuto fare quel “rinnovamento” al quale tanto teneva ma che è inevitabilmente passato per chi i voti li ha presi. Non a caso, per la prima volta da quando si presenta, De Angelis ha ottenuto meno dei voti delle liste. E non a caso – ma ci arrivo tra poco – nasce il “patto della pizza” e lui allarga la maggioranza.

Ma prima Ranucci, il quale se non vuole fare come Cafà e Nolfi nella precedente consiliatura deve starsene a casa. Al posto del sindaco, l’ho scritto, ce l’avrei mandato quando ha fatto lo “show” a Villa Sarsina per la vicenda dell’affidamento della palestra del Centro formazione professionale. Con la scusa che il personaggio è così, prendere o lasciare, si è andati avanti. Come sostenni allora, il De Angelis conosciuto nei precedenti mandati avrebbe detto “arrivederci e grazie”. Ora sembra quasi togliersi un peso. Ranucci, suo fidatissimo anche nella campagna contro Bruschini del 2013, se ne va e lo fa sostenendo che certe critiche non le ha digerite. Suvvia, Pino…. Il ruolo pubblico impone critiche anche dall’interno, il “fuoco amico” – al tempo dei social a maggior ragione – va messo in conto.

Allora ha ragione Luca Brignone: Ranucci e il sindaco devono dirci cosa è successo per davvero. Non è questione di opere pubbliche, quelle grazie ai piani triennali precedenti le avrebbe fatte chiunque. Forse evitando i “selfie” che Ranucci ha postato spesso e la esposizione mediatica su mezzi chi sembravano pendere dalle sue, ma si sarebbero fatte. Perché in bilancio i soldi c’erano.

Dà fastidio l’attivismo di Ranucci? Sembra strano… Certo è che in una maggioranza abituata ad alzare i toni – chiedere ad Amato Toti cosa è successo dopo un suo accesso agli atti…. ma qui si dimentica in fretta – una delle novità è il “patto della pizza” che vede protagonista non solo Patrizio Placidi ormai organico al movimento di Toti, ma tutti coloro che sostenuto De Angelis si sono ritrovati con un pugno di mosche. E se la logica è quella di chi ha portato voti, prima o poi quel “patto” al sindaco andrà a chiedere conto. Il “sistema Anzio” è questo. E De Angelis non è Bruschini, che mediava, metteva pace, rinviava, no: lui manda tutti a quel paese nel momento in cui ha raggiunto il risultato. Quel “patto” – che definirebbe in vari modi (e lo sanno) visto che il sindaco non è che li sopporti molto (però i loro voti servivano) – può metterlo in difficoltà e non è un caso l’allargamento della maggioranza. Che sta creando più di qualche fibrillazione. Al punto – e se Agostino Gaeta scrive, segno che qualcosa ha carpito – di far vacillare la giunta. In tutto questo che la Capo d’Anzio va sciolta – come è scritto nella relazione al bilancio consolidato – non sembra interessare. E la città invasa dai rifiuti? Che problema c’è…. Ci sono “crisi” da seguire, posizioni “politiche” da conquistare….

Certo, candidarsi contro De Angelis e poi trovarcisi alleati non è che sia segno di grande coerenza per Cafà e Palomba. Avranno le loro ragioni, per carità, cambiare idea ci può stare, ma sarebbe il caso di sapere cosa ne pensa il resto dell’Udc locale e rileggere le solenni prese di posizione della campagna elettorale. E sapere cosa ne pensano i sostenitori di Cafà (che bene o male tornano a casa, nel centro-destra) e quelli di Palomba, a partire da coloro che oggi sono tornati in pompa magna nel Pd. Evviva Anzio!

Il caso Ranucci, la “discontinuità”. Chi tace acconsente

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Storia di pochi spicci e tanto livore”. Non potrebbe essere definita meglio di come ha fatto Laura D’Amore la storia che vede protagonista l’assessore ai lavori pubblici di Anzio, Giuseppe Ranucci, che viene ricostruita sul numero in edicola di controcorrente. La vicenda, accaduta a Villa Sarsina qualche giorno fa, era già stata anticipata sul profilo facebook di Agostino Gaeta. Era nota, ma l’unico organo di informazione a riportarla è Controcorrente. Che avrà mille difetti e con il quale spesso ci siamo attaccati e ci attacchiamo, ma in questo caso (come in altri) ha il merito di avere reso noto un fatto grave. Gravissimo.

Lo sa bene l’assessore Ranucci che promette chiarimenti ma  non è nuovo a “sparate” del genere. Solo che quando interruppe il consiglio comunale non aveva un incarico in giunta e quando intervenne nel tumultuoso passaggio di consegne tra Giva e Parco di Veio, era formalmente all’opposizione. Nel primo caso non si ha notizia di provvedimenti (intervennero i Carabinieri) nel secondo c’è una più vasta indagine della Procura di Velletri perché quel giorno – fra l’altro – c’è chi andò a minacciare e sfondare la porta all’allora dirigente Walter Dell’Accio.

Ciò non toglie che anche in quelle occasioni Ranucci fosse fuori dalle righe, ma in questa crea l’ennesimo problema al sindaco De Angelis.

Del quale ricordiamo ben altre gesta, come la “cacciata” di Concetto Guerrisi che da assessore al commercio si mise a far caffè in un bar non autorizzato dove si trova l’Eurospin ad Anzio 2. Era il suo, gli uffici tardavano, lui aprì e pagò con la delega revocata quell’errore. Va ricordato, in una città usa a dimenticare in fretta. Altri tempi, evidentemente, e forse anche un sindaco che la pensava diversamente.

L’eredità di Bruschini – che il primo cittadino conosceva e pure bene – è pesante. E il sistema che trascina con sé – fatto di equilibri sottili, minacce, assessorati in dote a mariti, consiglieri che lasciano per una indagine e assessori che restano al loro posto pur in presenza di vicende gravi (lo ricorda “Il Granchio” in edicola oggi) – era di sicuro confacente al carattere dell’ex sindaco ma mal si attaglia a questo. Il quale proverà pure a imitarlo nel tenere buoni tutti, ma non può e non deve fare finta di nulla.

Per quello abbiamo già chi “all’interno del Palazzo comunale ha fatto finta di non vedere e di non sentire” come scrive Gaeta. C’era la Polizia locale che speriamo abbia verbalizzato l’accaduto, le minacce, una bacheca sfondata al piano terra. Perché si fa presto a prendere premi prestigiosi per un’operazione dei Carabinieri e della Procura di Latina (ai quali si è dato l’unico supporto di avere individuato una frutteria) ma poi è sul territorio che si deve tenere la guardia alta.

Ecco, speriamo che la Polizia locale abbia non solo tenuto da parte Ernesto Fiorillo (che al tempo stesso deve denunciare) per la sua incolumità, ma agito di conseguenza. Così come chi è lì e deve occuparsi di anti corruzione e ha saputo che un assessore è intervenuto su una gara. Di “pochi spicci” – vero – ma che la dice lunga sul sistema Anzio. Chi l’ha preceduta in quel ruolo la affidò proprio alla palestra che oggi Ranucci “difende”, come racconta sempre la D’Amore. A maggior ragione quello che è successo a Villa Sarsina non solo è intollerabile, ma crea l’ennesimo precedente. Perché Ranucci ha sì minacciato il direttore del centro formazione professionale, ma negli anni abbiamo assistito a un ex assessore che è andato a menare al dirigente dell’area finanziaria e per tutta risposta ora ottiene i compensi tutti i mesi. Abbiamo assistito a chi sfondava porte per essere pagato. A chi dava uno schiaffo, dimettendosi subito dopo da assessore, all’allora direttore generale Franco Pusceddu. A chi urlava contro il responsabile dell’ufficio comunicazione “reo” di non si sa bene cosa. Va ricordato, in una città usa a dimenticare in fretta.

Ecco, non è questione di commissione d’accesso o meno – ormai immaginare che arrivi è utopia – di chi va da un sottosegretario che la auspica (Gaetti, 5stelle) e chi da un altro per collaborare (Candiani, Lega) ma di un sistema che si trascina e va avanti a chi strilla più forte. Ci vuole un segnale vero di discontinuità con il passato – ad esempio ricordare ciò che avvenne con Guerrisi – perché dire che Ranucci e gli altri hanno preso i voti e vinto è una verità di comodo. Sono i metodi che vediamo a non poter più essere tollerati.

E magari a farsi sentire in tal senso dovrebbe essere, oltre l’opposizione che speriamo lo faccia, oltre ai “mafiologi” di casa nostra, anche qualche giovane rampante di maggioranza che nulla ha a che fare con questo modo di fare. Chi tace, acconsente.