
Si erano dimesse, insieme, ed erano tornate in giunta. Sempre insieme. Per due volte. Sembrava un legame indissolubile quello tra Laura Nolfi e Roberta Cafà, ma le loro strade si divisero alle elezioni del 2018. La Nolfi con la maggioranza uscente, allargata per l’occasione agli ex avversari che nel 2013 avevano sostenuto la candidatura dell’attuale sindaco, la Cafà da sola, contro la sua ex maggioranza. “Per coerenza”, quella di non sostenere chi aveva messo a repentaglio il centro-destra 5 anni prima. Scelta coraggiosa, quest’ultima, con parti di programma persino condivisibili. Vittoria degli ex alleati, come era quasi scontato, ma poi nella politica anziate che riproduce se stessa tutto è cambiato. Sono tornate insieme, nella stessa maggioranza, Cafà ci ha ripensato, è andata a dare soccorso al sindaco che prima voleva mandare a casa, (insieme a Palomba, altro da “armiamoci e partite”) e la coppia si è riformata. Con posizionamenti ora in un gruppo ora in un altro, cambi di partito, “conta” di consiglieri comunali…
Solo che la Nolfi era rimasta assessore, la Cafà doveva accontentarsi di essere consigliere. Doveva. Perché – con vicende che sfuggono ai non addetti ai lavori – adesso la Nolfi, una delle più votate in quella coalizione, è fuori (stessa sorte toccata ad Alessandroni, il sindaco dimentica che senza i voti delle liste e quelli dei “big” delle preferenze non avrebbe vinto al primo turno) e la Cafà sarebbe in bilico tra un posto in giunta o la presidenza del Consiglio comunale. Siamo ad Anzio, non c’è da stupirsi. Nemmeno se qualcuno dell’entourage dell’assessora defenestrata proverà ad andare “a prendersi” il Pd, uno dei giochi più in voga in città nel suicidio assistito di quel partito o di quel che ne resta.
Direte: che c’entra la biogas? Ci arriviamo. La Nolfi avrebbe sollevato dei problemi sulla scelta di andare a conferire lì i rifiuti, quando in campagna elettorale il sindaco in pectore prometteva che sarebbe andato fino all’Onu per non farla aprire. Ha ragione l’ex assessore all’istruzione, doveva andare a spiegare a Sacida – nella scuola di Sacida – che in Comune quella scuola avevano dimenticato di inserirla tra i documenti per la biogas per esempio. E sempre a Sacida, suo quartiere, oggi la Cafà spiegherà i benefici di quell’impianto per il quale nei giorni scorsi in Regione c’è stata l’ennesima conferma che c’è ben poco da fare. Si poteva agire prima, con la proposta che “sfiorò” il consiglio comunale, avanzata dal movimento “Città futura” rappresentato da Chiara Di Fede. Una modifica per le quali “non c’erano le condizioni politiche”, disse l’allora sindaco Luciano Bruschini. Chi era presente? Molti degli attuali consiglieri comunali di maggioranza, certamente l’intera giunta di oggi (Mazzi escluso). Nessuno battè ciglio. Modifica che avrebbe bloccato l’impianto per il quale – oggi – la dirigente regionale viene a dirci che “è in esercizio e autorizzato, non è possibile revocare l’autorizzazione perché non ci sono i presupposti, il riesame è possibile a certe condizioni o particolari problemi (ma non è il caso) o per nuovi elementi relativi alle carte”. Perché la scuola nei pressi sia stata “dimenticata” resterà un mistero, perché assessori che non c’entravano andavano a sollecitare provvedimenti sulla captazione dell’acqua a chi oggi è diventato dirigente altrove pure, che quell’impianto lo volessero – e lo vogliano – nella maggioranza di allora e di adesso è nelle carte.
Quelle giudiziarie, da una parte, quelle del Comune oggi. Nelle prime l’ex assessore Placidi – un tempo male assoluto come oggi la Nolfi – spiega per filo e per segno che l’impianto stava bene a tutti. Nelle seconde che lì si “deve” andare. In pratica – come ha spiegato l’assessore Fontana in commissione alla Regione – vogliamo la revisione dell’autorizzazione ma intanto conferiamo. E’ come – per fare un esempio – che dobbiamo divorziare, ma intanto compriamo casa insieme… Vogliamo far chiudere un distributore di carburante perché inquina ma intanto andiamo a farci benzina…
E comunque lasciateci qualche dubbio, in una città appiattita sul “copia e incolla”: la manifestazione di interesse indica 25 tonale settimanali, la determina a seguito dell’ordinanza del sindaco parla di 70 tonnellate. Dove portiamo le restanti 45 e a quale prezzo rispetto a quello “suggerito” – guarda caso – nel proporre una convenzione dalla società che gestisce l’impianto?
E già che ci siamo, chi prometteva di cacciare la Camassa entro due mesi (ricordando che era tutta colpa del fatto che fosse commissariata, oltre che dell’amministrazione precedente da lui stesso sostenuta) non è forse l’attuale primo cittadino? Lo sappiamo attento e capace, l’appalto nel frattempo non è scaduto? E l’Anac ha più risposto al quesito se occorre partire dall’aggiudicazione o dalla firma del contratto? Siamo in proroga senza saperlo? Di più: in quel capitolato c’è un costo per portare l’umido a destinazione, ora che l’impianto è più vicino, qualcuno – tra dirigente che non potrebbe essere in quel posto perché “a tempo” e funzionario che era opportuno non rimettere all’ambiente – si è preoccupato di questo? Stiamo decurtando le somme?
Speriamo. Intanto fra crisi, solenni impegni ad andarsene se avesse toccato gli assessori di Fratelli d’Italia smentiti il giorno dopo, fiducia rinnovata al sindaco (e ci mancherebbe) da chi teme di andare a casa perché il primo cittadino minaccia di lasciare, nessuno sembra girare per la città. O lo fa, senza rendersi conto delle condizioni di abbandono nelle quali si trova. A chi “fa” politica piacciono crisi, documenti, annunci roboanti anche per l’ordinaria amministrazione, pantomime. Intanto si dà la responsabilità alla precedente amministrazione – della quale si votarono un paio di bilanci (basta andare a rileggersi le delibere) – se c’è un disavanzo di 4 milioni di euro.
E’ tutto a posto, siamo ad Anzio…