Caro Pd, che vogliamo fare? Io resto “indigesto” ma…

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Ho votato al congresso del Pd. Sono andato, come ogni volta dalle primarie del 2007 a oggi, per esprimere il mio pensiero nell’auspicio che l’esperienza di dieci anni avesse insegnato qualcosa. Avesse fatto comprendere che c’è (forse) un solo modo di essere protagonisti. Smetterla di essere “ex” qualcosa o dividersi tra chi sta con il segretario di turno e chi non, chi ci stava e ci ha ripensato, chi è uscito dalla porta e prova a rientrare dalla finestra. Comprendere che (forse) è il caso di rileggere ciò che si voleva fare nel 2007 ed essere ciò che praticamente non si è mai stati. Magari mandando a casa più di qualche “solone“. Auspicio che dato il clima avvertito in via Aldobrandini e quello che si sente a livello nazionale rischia di restare tale. Ad Anzio pesa ancora la scelta che mi ha riguardato con la candidatura a sindaco.

Entrando per votare non pretendevo il tappeto rosso, ma ad esempio una parola di solidarietà per quanto affermato da un assessore nei miei confronti forse sì. Perché quella che amo continuare a chiamare “legalità delle cose quotidiane” è fondamentale. Ma pazienza. I problemi erano altri, comprendo, anzi se ci sono stati errori si vada fino in fondo con massima trasparenza.

L’occasione, però, mi consente di puntualizzare qualcosa. Ho perso e della sconfitta mi sono assunto la responsabilità. Mi ha fatto piacere vedere in sezione chi in campagna elettorale era da una parte diversa, a sostegno – per carità legittimo – di Roberto Palomba o Luca Brignone. Della serie: considerato che Gianni non andava bene, per stereotipi che ancora oggi purtroppo resistono, si è sostenuto altri. Preoccupandosi di dire sempre “non è questione personale” che ancora oggi suona tanto (sbaglierò…) come quelle di chi inizia i discorsi sui migranti con “io non sono razzista”. Era evidentemente questione personale, oltre che di ripicche interne, però almeno ho trovato in chi mi ha sostenuto passione e lealtà assolute. E posso solo dire grazie a tutti quelli che ci sono stati. Del Pd e della civica, a chi non si sarebbe mai avvicinato al solo sentire il Partito democratico e che lo ha fatto per me.

Grazie a tutti loro, non ad altri. In particolare a chi ha usato (e continua a usare) espressioni fuori luogo. Si trattava di Anzio, altri hanno anteposto questioni che – ammetto la mia ingenuità – fatico ancora oggi a capire. Sarebbe lungo il discorso su quel “tavolo” saltato, sulla richiesta al Pd di fare un nome quando ad arte era stato fatto uscire quello di Roberto Palomba (schierato alle Regionali con Parisi e prossimo al riavvicinamento a destra). Sarebbe lungo dire che dal centro-destra veniva la certezza che non sarei stato candidato, dal “tavolo” quella che il Pd sarebbe stato commissariato, dagli stessi incontri quella che “tanto poi ci andiamo a prendere il partito” o di chi “a Roma” aveva altre informazioni.

E sarebbe lungo ricordare che in campagna elettorale chi oggi si candida alla guida del partito nemmeno ha detto “no, grazie ad Anzio non riesco“. Oppure che c’è chi sapeva prima del sottoscritto che l’assessore alla salute avrebbe mancato l’appuntamento preso, esponendomi ed esponendoci a una figuraccia visto che era a 20′ da Anzio. Per la cronaca, ci fosse stato il miracolo del ballottaggio sarebbe venuto De Luca, presidente della Regione Campania. Lui, almeno, la buona creanza di rispondere l’ha avuta.

Non avremmo vinto lo stesso e pur arrivati in Consiglio non hanno vinto Luca Brignone (lo avessero indicato prima forse qualche riflessione l’avremmo fatta) né Roberto Palomba. Abbiamo perso tutti – parte di quel “suicidio assistito” del centro-sinistra dal ’98 a oggi – e rischiamo di farlo ancora se il clima continua a essere ostile ad Anzio, figuriamoci nel resto d’Italia. “Prendersi ” il Pd di Anzio? E per fare cosa? Gli elettori ci hanno posto all’opposizione e quella va fatta, senza sconti, provando a unire anziché dividere. Che non sarei rimasto consigliere comunale in caso di sconfitta non solo era noto. Era ed è questione di opportunità, di rispetto della parola data (Veltroni dovrebbe essere in Africa, Renzi doveva smettere di far politica…) e un impegno assunto anche con il Pd proprio nel tentativo di mettere tutti d’accordo sul mio nome. Lo affermo senza tema di smentita.

Non avevo né ho bisogno di “fare” politica come si intende dalle nostre parti per contare” o essere chiamato a qualche tavolo. Era noto che non facevo, non faccio e non farò vita “di” partito per numerose ragioni. Ciò non toglie che prima di essere candidato – e si aprirebbe un capitolo infinito sul perché ho accettato, lo rinvio a una prossima riflessione – ho sempre rotto le scatole e continuerò a farlo. So che questo mi rende “indigesto” ma pazienza

La visione della città è quella che era nel programma elettorale sul quale ho messo la faccia, che è ancora attualissimo e che si deve fare in modo di portare in Comune come proposta del gruppo consiliare e di chi vorrà confrontarsi su quei temi. E va portato tra i cittadini per dimostrare cosa non sta facendo chi ci governa. Chi vuole “prendersi” il Pd oltre questo legittimo obiettivo, quale visione ha?

E in Comune, come nella città, va tenuta al tempo stesso la barra dritta contro le prepotenze alle quali assistevamo ed assistiamo. Ma sì, una minaccia di querela a Gianni ci sta, le prendo per mestiere (e le vinco nel 99% dei casi, per fortuna) quello che non va bene è sottovalutare il clima che si respira ad Anzio ma nel resto del Paese con la strana alleanza Lega-5Stelle. Ripartire da queste vicende pratiche, pensando al 2007 e a quello in cui speravamo in molti. Forse questo – prima delle lotte interne – deve fare il Pd. Anche con altri protagonisti, certo, ma mettendo da parte le divisioni di questo decennio. Auguri!

Il caso Ranucci, la “discontinuità”. Chi tace acconsente

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Storia di pochi spicci e tanto livore”. Non potrebbe essere definita meglio di come ha fatto Laura D’Amore la storia che vede protagonista l’assessore ai lavori pubblici di Anzio, Giuseppe Ranucci, che viene ricostruita sul numero in edicola di controcorrente. La vicenda, accaduta a Villa Sarsina qualche giorno fa, era già stata anticipata sul profilo facebook di Agostino Gaeta. Era nota, ma l’unico organo di informazione a riportarla è Controcorrente. Che avrà mille difetti e con il quale spesso ci siamo attaccati e ci attacchiamo, ma in questo caso (come in altri) ha il merito di avere reso noto un fatto grave. Gravissimo.

Lo sa bene l’assessore Ranucci che promette chiarimenti ma  non è nuovo a “sparate” del genere. Solo che quando interruppe il consiglio comunale non aveva un incarico in giunta e quando intervenne nel tumultuoso passaggio di consegne tra Giva e Parco di Veio, era formalmente all’opposizione. Nel primo caso non si ha notizia di provvedimenti (intervennero i Carabinieri) nel secondo c’è una più vasta indagine della Procura di Velletri perché quel giorno – fra l’altro – c’è chi andò a minacciare e sfondare la porta all’allora dirigente Walter Dell’Accio.

Ciò non toglie che anche in quelle occasioni Ranucci fosse fuori dalle righe, ma in questa crea l’ennesimo problema al sindaco De Angelis.

Del quale ricordiamo ben altre gesta, come la “cacciata” di Concetto Guerrisi che da assessore al commercio si mise a far caffè in un bar non autorizzato dove si trova l’Eurospin ad Anzio 2. Era il suo, gli uffici tardavano, lui aprì e pagò con la delega revocata quell’errore. Va ricordato, in una città usa a dimenticare in fretta. Altri tempi, evidentemente, e forse anche un sindaco che la pensava diversamente.

L’eredità di Bruschini – che il primo cittadino conosceva e pure bene – è pesante. E il sistema che trascina con sé – fatto di equilibri sottili, minacce, assessorati in dote a mariti, consiglieri che lasciano per una indagine e assessori che restano al loro posto pur in presenza di vicende gravi (lo ricorda “Il Granchio” in edicola oggi) – era di sicuro confacente al carattere dell’ex sindaco ma mal si attaglia a questo. Il quale proverà pure a imitarlo nel tenere buoni tutti, ma non può e non deve fare finta di nulla.

Per quello abbiamo già chi “all’interno del Palazzo comunale ha fatto finta di non vedere e di non sentire” come scrive Gaeta. C’era la Polizia locale che speriamo abbia verbalizzato l’accaduto, le minacce, una bacheca sfondata al piano terra. Perché si fa presto a prendere premi prestigiosi per un’operazione dei Carabinieri e della Procura di Latina (ai quali si è dato l’unico supporto di avere individuato una frutteria) ma poi è sul territorio che si deve tenere la guardia alta.

Ecco, speriamo che la Polizia locale abbia non solo tenuto da parte Ernesto Fiorillo (che al tempo stesso deve denunciare) per la sua incolumità, ma agito di conseguenza. Così come chi è lì e deve occuparsi di anti corruzione e ha saputo che un assessore è intervenuto su una gara. Di “pochi spicci” – vero – ma che la dice lunga sul sistema Anzio. Chi l’ha preceduta in quel ruolo la affidò proprio alla palestra che oggi Ranucci “difende”, come racconta sempre la D’Amore. A maggior ragione quello che è successo a Villa Sarsina non solo è intollerabile, ma crea l’ennesimo precedente. Perché Ranucci ha sì minacciato il direttore del centro formazione professionale, ma negli anni abbiamo assistito a un ex assessore che è andato a menare al dirigente dell’area finanziaria e per tutta risposta ora ottiene i compensi tutti i mesi. Abbiamo assistito a chi sfondava porte per essere pagato. A chi dava uno schiaffo, dimettendosi subito dopo da assessore, all’allora direttore generale Franco Pusceddu. A chi urlava contro il responsabile dell’ufficio comunicazione “reo” di non si sa bene cosa. Va ricordato, in una città usa a dimenticare in fretta.

Ecco, non è questione di commissione d’accesso o meno – ormai immaginare che arrivi è utopia – di chi va da un sottosegretario che la auspica (Gaetti, 5stelle) e chi da un altro per collaborare (Candiani, Lega) ma di un sistema che si trascina e va avanti a chi strilla più forte. Ci vuole un segnale vero di discontinuità con il passato – ad esempio ricordare ciò che avvenne con Guerrisi – perché dire che Ranucci e gli altri hanno preso i voti e vinto è una verità di comodo. Sono i metodi che vediamo a non poter più essere tollerati.

E magari a farsi sentire in tal senso dovrebbe essere, oltre l’opposizione che speriamo lo faccia, oltre ai “mafiologi” di casa nostra, anche qualche giovane rampante di maggioranza che nulla ha a che fare con questo modo di fare. Chi tace, acconsente.

Ma quanto vi piace provare a far tacere. Solidarietà a Linda

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Ho sempre sostenuto che il lavoro di giornalista sia molto più difficile a livello locale. Le persone delle quali scrivi le conosci,  le incontri, metti in conto che non ti farai molti amici, anzi. E devi fare i conti, in tante occasioni, con l’arroganza del potere. Succedeva, succede e succederà e non c’è da stupirsi. Da continuare a indignarsi, però, sì. E segnalare quando qualcuno chiama un editore o, peggio, il direttore di una testata per far togliere un articolo “sgradito“. Così come quando si prova, da anni e da governi politicamente “trasversali” a mettere il bavaglio ai cronisti o a limitare la loro possibilità di avere accesso ad atti pubblici.

Ad Anzio l’ultimo caso riguarda Linda Di Benedetto che aveva riportato della richiesta della Lega di far dimettere il presidente del consiglio comunale, Massimiliano Millaci. Lo aveva fatto sentendo le fonti, verificando ciò che accadeva nelle scorse ore – frenetiche – dopo la notizia dell’indagine per droga.

Qualcuno si è risentito e ha fatto togliere dal sito “Eco del Litorale” quanto aveva scritto Linda, trovando purtroppo chi è stato pronto a dargli retta. Si sa, certi rapporti a livello locale c’è chi preferisce mantenerli intatti.

I giornalisti avranno mille difetti, ma normalmente si informano e se danno fastidio alle “manovre” che intorno al caso Millaci sono la peggiore espressione della prima Repubblica, non basta chiamare e far eliminare un articolo. Perché comunque la cosa è nota (oggi ne scrive anche il Messaggero) e soprattutto perché è un gesto grave. Gravissimo.

A Linda va totale solidarietà, a chi piace far tacere i giornalisti solo disprezzo. A maggior ragione se è nella maggioranza che guida una città e in quella dei “duri e puri” di Salvini che governano il Paese.

 

La droga, quella querela e il buon esempio di chi ha un ruolo…

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Massimiliano Millaci, come ogni altro indagato e non da oggi, è innocente fino al terzo grado di giudizio. Però ha – come altri – un ruolo pubblico nel quale si dovrebbe essere di esempio. Le sue  dimissioni da presidente del Consiglio comunale – un ruolo istituzionale di non poco conto – sono un gesto apprezzabile. Rovinato dal fatto che serviranno a risolvere la vicenda quote rosa in giunta. Entrerà una donna (Piccolo?) che dovrà lasciare lo scranno di consigliere,  al suo posto subentrerà Ruggiero – primo dei non eletti – che ovviamente non sarà più assessore ma assumerà l’incarico di presidente.

Magìe da prima Repubblica,  ma almeno  Millaci da indagato si dimette, assessori da imputati o condannati no. Il problema penale, come spesso vado ripetendo, è personale e per questo – alla luce delle vicende anziati – voglio raccontare una delle più belle querele rispedite al mittente con proscioglimento confermato in Cassazione.

La Confcommercio di Latina organizzava una iniziativa sulla legalità e dalle carte di un processo di camorra era emerso che l’allora presidente dell’Associazione metteva a disposizione il suo locale per un boss. Non era indagato, il presidente, e quel passaggio dell’ordinanza di custodia era stato persino stralciato dall’indagine. Però il fatto “storico” c’era e forse era il caso che l’Associazione non si mettesse a dare esempio di legalità.

Cosa c’entra questo con Anzio? Semplice, vi immaginate il Comune che patrocina una iniziativa contro la droga domani mattina? O – perché no – sulla evasione fiscale quando un assessore aspetta solo la prescrizione dopo averla commessa su un impianto pubblico? E una su abusi d’ufficio e “soci elettori di…“, con un assessore a giudizio per questo?

Per non parlare del Comune che emerge dalle carte di Malasuerte o Evergreen o Touchdown,  scambiato per luogo di interessi propri o dei propri sostenitori e/o elettori. E il sindaco conosceva bene questa situazione quando ha accettato di riunire il centro-destra
Ripeto: per me sono innocenti tutti, il gesto di Millaci è pure apprezzabile,  ma se amministri la cosa pubblica hai a maggior ragione il dovere dell’esempio.

 

Droga (?!), indagini e le responsabilità della politica

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Oh, ma chi è?” oppure “Ma dai, sarà una stupidaggine figurati…” Ho scambiato messaggi e risposto a decine di telefonate dopo che sulla sua pagina facebook Agostino Gaeta ha scritto di un consigliere comunale di maggioranza di Anzio indagato per traffico internazionale di droga. Molti colleghi locali cercano lo spunto per smentire – è comprensibile – perché se è vero sarebbe un “buco” di dimensioni colossali.

Una cosa mi lascia perplesso e l’ho ripetuta a tutti: per traffico internazionale di droga ti arrestano, non ti avvisano. Circola un nome con insistenza negli ambienti della politica di casa nostra, ma io non lo farò. Mi limiterò a dire che tanto fa bene il sindaco ad andare dal Prefetto dopo la vicenda di Lina Giannino e delle ruote squarciate, quanto al suo rientro dalle cerimonie a Bad Pyrmont deve convocare la maggioranza. Per capire se Agostino ha scritto una castroneria o se davvero c’è questa accusa che pesa sì sul singolo consigliere, ma coinvolge il nome di una città già martoriata da altre inchieste.

Perché se Gaeta ha scritto una stupidaggine – assumendosi una grave responsabilità – allora deve partire una querela. Subito. Alla stessa veemente maniera con la quale il sindaco l’ha annunciata proprio alla Giannino – che chiedeva lumi sui “tempi” del ricorso al Tar della proprietà Puccini – al suo rientro deve andare e denunciare se non è vero.

Ma prima, forse, dovrebbe convocare la maggioranza e capire se qualcuno ha ricevuto quell’avviso di garanzia o – più probabilmente – una notifica di conclusione delle indagini. Perché se è vero diventa uno “scoop” e prima di andare dal Prefetto è il caso di fare un bell’esame all’interno di una maggioranza che – l’ho sostenuto e lo ripeto – al di là di responsabilità penali che sono personali, affonda le radici in vicende giudiziarie come Malasuerte, Evergreen, Touchdown, nelle proroghe record. Le affonda negli atteggiamenti da spacconi, nei toni muscolari, nelle aggressioni in Comune per essere pagati, in quello che leggiamo negli atti giudiziari delle operazioni citate, in ciò che abbiamo visto ai seggi durante lo spoglio, nelle persone che rappresentavano certe liste. E non basterà dire, se è vero, che “sono cose vecchie” o “tanto c’avemo i voti d’aaa ggente”. Scontato e inutile.

Prima di andare dal Prefetto, c’è bisogno di chiedersi quali sono le responsabilità di una politica locale che bene o male era riuscita a tenere distanti i poco di buono e che – in particolare dalla campagna elettorale del 2013 – ha fatto mettere loro il vestito bello. Inutile continuare a negare o a fare spallucce. Perché sono emersi i rapporti che certi personaggi vicini, vicinissimi o facenti parte della politica hanno avuto. Non ha condizionato un’amministrazione tutto questo? Sono il primo a esserne felice, ma prima di andare dal Prefetto c’è ben altro da fare e sono certo che il sindaco non si girerà dall’altra parte.

Ps, a proposito dei “toni” è bene rileggere quanto sostenevo tempo fa…

Ex commissariato, come previsto: non c’è idoneità ma intanto si spende

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Adesso è ufficiale. Lo stabile dell’ex commissariato di Anzio, destinato a sede della polizia locale,  non ha un certificato di agibilità e meno ancora uno di idoneità statica. Lo apprendiamo (ma era ampiamente noto in Comune e nessuno ha fiatato) dalla determina con la quale il dirigente della polizia locale dà incarico di procedere allo “Studio di sicurezza statica e di vulnerabilità sismica dell’immobile denominato Villa Angelita“. Un incarico di 15.000 euro che vanno a unirsi agli oltre 100.000 già impegnati per lavori, porte, arredi, pulizia e da ultimo il sistema di video sorveglianza affidato senza cercare sul “Mepa” (il mercato elettronico della pubblica amministrazione).

Soldi che rischiano di essere buttati se lo studio “Inea” certificasse quello che dalle cronache degli anni ’90 e 2000 – come abbiamo provato a raccontare qualche giorno fa in questo intervento – si evince chiaramente.

L’incarico post lavori conferma quanto questo Comune sia allo sbando e lo metta pure nero su bianco.

  • In primo luogo “non risultando presenti progetti di realizzazione dello stabile denominato “Villa Angelita”” cioè abbiamo uno stabile che è stato assegnato dal Demanio e non uno straccio di documento che ci dica come è stato realizzato.  Nessuno – ufficio tecnico, patrimonio – nessuno ha gli atti. Ma è normale?
  • In secondo luogo: “appare necessario sottoporre a più approfondito controllo tecnico lo stabile in questione al fine di renderlo idoneo a quanto destinato“. Della serie prima abbiamo fatto i lavori – con la irrituale procedura di un sindaco che incarica il dirigente della polizia locale – e oggi ci preoccupiamo del resto. Adesso, non prima, si controlla e si scopre che quel posto non è idoneo. Non ancora, almeno.
  • Terzo punto: Il dirigente trova la foglia di fico dei sindacati che hanno chiesto – e meno male – di attuare le verifiche necessarie ” al fine di certificare l’idoneità e l’agibilità dei locali di cui trattasi“. Meglio tardi che mai, perché qualcuno – al sindacato – doveva conoscere la situazione di quello stabile. Ma pazienza.
  • Quarto: se oggi si dà un incarico ” al fine di certificare lo studio della vulnerabilità sismica e determinare il livello di sicurezza sismico e statico dell’immobile in questione” vuol dire che finora tutto ciò non c’era.  E che si è andati avanti senza preoccuparsene, fino a quando dall’opposizione – Lina Giannino in primis – si è cominciato a sollevare il caso. A dire il vero nell’intervento che ho avuto modo di fare in consiglio comunale, prima delle dimissioni, dissi fra l’altro al sindaco: “ti invito a verificare la vicenda dei lavori dell’ex Commissariato dove si stanno facendo affidamenti uno dopo l’altro

Come si dice ad Anzio “è passato l’Angelo e ha detto amen“. Perché quei lavori in un posto del quale non abbiamo un progetto e non a norma sono anche una sorta di “spacchettamento” e tutto questo dovrebbe interessare qualche investigatore, non solo l’opposizione o pochi cittadini di buona volontà.

E comunque tutto questo avviene in perfetta continuità con la precedente amministrazione, inutile girarci intorno, senza che il primo cittadino senta il dovere di intervenire e capire.  Viene da sorridere a pensare cosa avrebbe fatto l’opposizione di lotta e di governo mica tanto, un anno fa, se una cosa del genere fosse accaduta con Bruschini sindaco…

Ma come detto in passato: siamo ad Anzio, non dimentichiamolo.

Ciao Guido, continueremo a lottare contro ogni bavaglio

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Guido Columba con il megafono in mano, durante una manifestazione a Latina, nel 2008

E dove vuoi che vadano se c’è un incidente? Sul posto no, inutile che lo scrivi...”  Ho conosciuto Guido Columba quando ero corrispondente Ansa da Latina e provincia e lui era alla “romana“, prima di passare agli Interni.  Ci scherzavamo: “Ah, adesso sei tra quelli che chiedono il pezzo da su…” Succedeva in casi particolari, quando la notizia aveva una eco nazionale, da “su” – il piano superiore rispetto alla sede della “romana“, dove si trovava il servizio – chiedevano e quindi sollecitava.

Ho condiviso con lui l’esperienza del comitato di redazione, quella nell’Unione nazionale cronisti (organizzammo un congresso nazionale a San Felice Circeo) la battaglia contro ogni bavaglio. “Liberi di informare, liberi di sapere” è lo slogan che ci accompagnava e che continuerà ad accompagnarci oggi che Guido ci ha lasciati.

Nel ricordo dell’attuale presidente dell’Unione cronisti, Alessandro Galimberti, c’è il sunto di ciò che è stato. Nel libro realizzato per la prima “Giornata della memoria dei giornalisti uccisi dalle mafie e dal terrorismo” che lui ha istituito, Guido scrive – come ci ricorda Romano Bartoloni:  “Nessuno di loro aveva la vocazione dell’eroe, ma tutti non si sono mai accontentati della versione ufficiale, di comodo degli avvenimenti. Hanno fatto giornalismo di inchiesta, sono andati a vedere di persona, hanno raccontato ciò che gli altri non vedevano o non volevano vedere. Costituiscono un monito e anche un ancoraggio per i cronisti di oggi”.

I ricordi sono molteplici, dall’organizzazione di quel congresso al premio che mi consegnò a Viareggio, dal suo viaggio in moto ad Anzio con il telefonino finito chissà dove alla burrascosa riunione con i vertici dell’Agenzia quando paragonai uno di loro a Ciarrapico. Dalla biciclettata contro una delle tanti leggi bavaglio alle lettere ai Prefetti, dalle manifestazioni nelle piazze, agli scazzi in quel Cdr dell’Ansa, fino a quello che è stato l’ultimi incontro: era già malato ma non volle mancare all’esterno del Tribunale di Roma, dove Federica Angeli avrebbe  testimoniato contro i clan di Ostia.

Gli chiesi di venire a presentare il mio libro “Sangue sporco” ad Anzio e disse subito di sì “ma prima fammi leggere“. Perché – come ricorda ancora Romano Bartoloni – ci sono  cose che lo hanno guidato sempre:  “la coscienza professionale, i diritti della persona, i codici e le leggi“. E se un libro non lo leggi, inutile che vai a fare domande.

Per questo c’è un ricordo che porto dietro gelosamente, il complimento più bello che si possa ricevere in questo lavoro: “Sei andato, hai visto e hai raccontato. Bravo“. E’ il succo del mestiere di cronista e leggendo il libro aveva avuto questa impressione.

Grazie di tutto, Guido, e stai certo che le tue battaglie andranno avanti. E comprendici, “da su“, se commetteremo qualche errore.

I proiettili alla Inches, la “sfida” della commissione d’accesso

prefettura

La Prefettura di Roma

Il nostro sindaco è fatto così. Arrivano chiare minacce all’ex segretaria comunale, con la quale ha condiviso l’avvio del suo percorso nel terzo mandato alla guida della città e il periodo nel quale – con Bruschini sindaco – è stato in maggioranza? Torna a fare ciò che fece nel 2005, lanciare una “sfida“. I media riportano che auspica l’invio della commissione d’accesso: “Magari la mandassero”.

A parte averci ripensato, rispetto a quanto dichiarava   sulla precedente amministrazione – ci spiegano che è la “politica” – e alla presa di posizione sua e di quella che sarebbe diventata la sua giunta (Fontana, Ranucci e Ruggiero) a ottobre 2016 riguardo all’arrivo della Commissione, c’è un elemento da rimarcare.

Lo faccio da “avversario scorretto” (è l’ultimo epiteto nei miei confronti, pazienza) e da chi si ostina a raccontare in maniera diversa questo territorio. Lo faccio ricordando al primo cittadino che rispetto alla sfida che lanciò al magistrato De Ficchy nel 2005 e al suo intervento da senatore, nel 2011, quando il Prefetto mise nero su bianco che non serviva una commissione d’accesso, il mondo in questa città è cambiato. E lui ci si è alleato.

Non saremo condizionati ed è noto come la penso sulla commissione d’accesso, ma nel 2005 e ancora nel 2011 c’erano da una parte i rappresentanti eletti – alcuni dei quali chiacchierati – e dall’altra la delinquenza comune. Il confine era abbastanza netto.

Dal 2013 a parte di questa è stato fatto indossare il vestito bello, è stata fatta avvicinare se non entrare dalla porta principale a Villa Sarsina e a sua volta ha avvicinato personaggi poco raccomandabili, in odore di criminalità organizzata. Il sindaco conosce – sono pubblici – gli atti di Malasuerte, Evergreen, Touchdown, la vicenda delle 27 proroghe. Sa meglio di chi scrive quali sono i toni che si usano negli ambienti. Qualche giorno fa l’ho riassunto qui.

Su una cosa ha ragione: siamo stanchi e vorremmo sapere. Chi e perché ha sparato a casa di Placidi (ma dalle carte delle indagini forse si comprende) chi e perché ad Alessandroni, chi e perché ha bruciato le auto di Zucchini o danneggiato quelle del compagno dell’assessore Nolfi, chi ha spedito i proiettili alla Inches. Vorremmo sapere anche che fine hanno fatto le denunce dei dirigenti e dei segretari. Tutte vicende di anni recenti, segno di una situazione precipitata e – dati gli scarsi risultati – sfuggita evidentemente a chi deve investigare o nota solo in parte.

Non siamo più nel 2005 o 2011, dunque, e a proposito della “sfida” della commissione d’accesso un altro piccolo ricordo: perché sciolsero Nettuno – a mio parere facendo un torto dato quello che poi è stato “abbonato” a Fondi  – e cosa rischiamo.

I proiettili alla Inches, il clima, la chiarezza indispensabile

inchesavarino

Dispiace l’intimidazione all’ex segretaria comunale Marina Inches e spero si faccia piena chiarezza. Il clima di questa città era e resta pesante. La mia solidarietà e la richiesta, forte, di avere finalmente risposte su incendi, spari, messaggi minatori“. L’ho scritto di getto, su twitter e facebook, appena appreso dello scoop del Granchio – perché tale è, bravi – sul proiettile indirizzato all’ex segretaria generale del Comune.

Non ci siamo mai presi, con la Inches, e la diffidenza era reciproca. Come si dice, il posto è piccolo e la gente mormora: più di qualcuno mi ha riferito i suoi pensieri… Almeno io lo scrivevo pubblicamente, dati alla mano, e per la sua funzione pubblica.  Ma non è questo il punto. Siamo di fronte a una vicenda di una gravità inaudita e l’auspicio è che non resti l’ennesimo mistero di casa nostra.

La Inches ha denunciato pressioni a marzo del 2017 sulla vicenda mense, prima di lei era stato dai Carabinieri e in Prefettura il suo predecessore, Pompeo Savarino, anche la dirigente Angela Santaniello – sempre per le mense – si era rivolta all’Arma. Non è stata mai chiarita, invece, la presunta tangente finita ad Anzio e della quale si parlò in un vertice di maggioranza del 2011. E non ci sono solo le mense, attenzione: Walter Dell’Accio fu costretto, in un “burrascoso” passaggio di consegne tra Giva e Parco di Veio, a barricarsi in ufficio e a denunciare chi era andato a minacciarlo. Gente vicina, molto vicina, alla maggioranza vecchia e nuova. Per non parlare del servizio di parcheggio per Ponza, con il Comune che si piega alle volontà di chi ha creato disordine al porto.

L’ex segretaria, è vero, si è prestata un po’ troppo – almeno all’apparenza – a quella che ho amato definire la illegalità delle cose quotidiane.  Addirittura viene ritenuta “in cassaforte” dall’ex assessore Placidi, intercettato insieme all’attuale presidente del consiglio comunale. Oggi che riceve un proiettile che la invita a tacere, in classico stile mafioso, non basta la solidarietà. Servono certezze, per dire ai cittadini che la sicurezza è garantita.

La chiede anche il sindaco, si sbriga a dire che con lei non ha mai collaborato. Scaricando eventualmente al recente passato (che lui ha fatto proprio, accordandosi con Bruschini e tutto il “cucuzzaro“) questioni poco chiare nelle quali la Inches aveva ficcato il naso.

Ebbene serve fare chiarezza, una volta per tutte, su episodi rimasti nel limbo: dagli spari a Placidi a quelli ad Alessandroni, dalle auto a fuoco e i proiettili a Zucchini ai mezzi bruciati al compagno dell’assessore Nolfi, fino alle pressioni segnalate da ex segretari e dirigenti. C’è un caso risolto? Sembra proprio di no. I vertici delle forze dell’ordine e quelli della magistratura, hanno nulla da dire?

Al tempo stesso è bene che la politica di casa nostra, chi da venti anni ci governa, smetta di fare spallucce. Il riassunto è qui, per chi ha la bontà di leggerlo. L’ex sindaco – che ha “incaricato” l’attuale, chiudendo intorno a lui l’accordo politico – definiva “ominicchi“, “viperette“, “disturbati mentali” e via discorrendo chi li denunciava.

Mancano episodi che vengono presi per scherzo,  come l’imprenditore (ex assessore, vicino a questa maggioranza) che aggredisce un dirigente e viene liquidato ora con una puntualità svizzera. Come chi ha interrotto il consiglio comunale, è uscito quasi tra gli applausi, ed oggi è assessore. Come chi tira calci alle porte, sbraita, viene liquidato e oggi è spesso presente in Comune, forse come “vice” assessore. Come chi “piscia” a Villa Sarsina e negli uffici, si racconta, è rimasto una presenza fissa e via discorrendo. L’elenco è lungo, noto, così come è risaputo – ho avuto modo di ricordarlo al sindaco durante il dibattito al mio primo e unico consiglio comunale – che questa maggioranza affonda le radici in vicende come Malasuerte, Evergreen e compagnia. Non mi interessavano e non mi interessano gli aspetti penali, quelli di una politica che si è girata dall’altra parte o ha fatto mettere il vestito bello a qualche delinquente locale, sì.

E’ mafia? Sono reati spia evidenti, chi indaga dovrebbe dirci di più. L’amministrazione è condizionata? In qualche episodio, basta rileggere le cronache, evidentemente lo è stata.

Sull’invio di una commissione d’accesso ad Anzio è noto il mio pensiero, dico solo una cosa – sommessamente – al signor prefetto di Roma: convinta davvero che sia tutto a posto? Di certo vorremmo che sui proiettili alla Inches e su tutto il resto, si faccia chiarezza una volta per tutte.

ps, in tutto questo hanno incendiato anche l’auto della dirigente del Commissariato, qualche mese fa. Non solo a Gela e dintorni funziona così…

Ex commissariato, quanti dimenticano. Ad Anzio funziona così

 Occorre dare ragione a Marco Maranesi, ormai portavoce ufficiale della maggioranza di Anzio, al quale va il merito di metterci la faccia: ce la vogliamo prendere con il dirigente della polizia locale per aver dato una sede ai vigili? Suvvia….

No, allora, non vogliamo prendercela con lui ma la vicenda dell’ex commissariato è la dimostrazione lampante di come vanno le cose in questo Comune. Il buon dirigente poteva sapere che con la delibera 21, del 26 marzo 1999, il consiglio comunale votava un atto nel quale si afferma che “a causa delle serie problematiche di carattere strutturale e di sicurezza, nonché igienico sanitarie dell’attuale sede del commissariato” era stata convocata una conferenza dei servizi per sbrigarsi a trasferire i poliziotti altrove?

Certo che no. Dovevano saperlo, e bene, Luciano Bruschini che ha incaricato il dirigente di procedere all’esecuzione dei lavori e il suo predecessore e successore, Candido De Angelis. Quest’ultimo convocò quella conferenza dei servizi ed era consigliere comunale di opposizione (!?!?) quando Bruschini ha conferito al dirigente della polizia locale, in modo irrituale, l’incarico di occuparsi di una ristrutturazione, anziché solo di viabilità e controlli sul territorio.

E insieme a De Angelis, in consiglio – da opposizione di lotta e di governo – c’erano l’assessore ai lavori pubblici Pino Ranucci, quello alle Finanze Eugenio Ruggiero, all’ambiente Danilo Fontana. L’attuale sindaco sbandierava ai quattro venti che avrebbe “cacciato” il dirigente della polizia locale, arrivato ad Anzio – si racconta – grazie ai buoni uffici dell’ex vice sindaco Zucchini. Evidentemente, in nome degli equilibri di maggioranza, è andata diversamente. Per lui e per quello dell’area finanziaria, arrivato con un titolo per un altro e lì rimasto.

Ma torniamo all’ex commissariato, perché davvero chi guida la polizia locale non sapeva, ma gli altri sì. Lui fa la prima gara, quella sotto i 40.000 euro, c’è un primo “incidente” di percorso perché la vince una ditta che al 50% è di un dipendente del Comune. Si decide, allora, di nominare un responsabile del procedimento che sia dell’ufficio tecnico. Ecco, lui dovrebbe conoscere la situazione, sapere che solo tra il ’99 e il 2001 lì è successo di tutto, come se non altro dimostra la stampa dell’epoca. E l’allora sindaco, che poi è sempre quello di oggi, si occupò con grande impegno della cosa, evitando il “trasloco” a Nettuno e riuscendo a far realizzare il nuovo commissariato. Perché il vecchio, da ultimo a novembre 2002 “Cade letteralmente a pezzi” – come scriveva il Messaggero dopo che una parte del cornicione “si è staccato ed è caduto sulla strada danneggiando alcune auto in sosta”. Come se non bastasse “i crolli hanno coinciso con l’inquietante apertura di crepe all’interno dell’edificio”. Prima ancora, a marzo del ’99, la “buca” della quale avevo già parlato qui. Dal “Granchio” e dal “Messaggero” leggiamo che “la buca si è aperta proprio all’altezza della crepa perpendicolare che attraversa l’edificio dal solaio fino al piano stradale. Una crepa instabile, come conferma la rottura delle tre bitte di vetro incastonate anni fa nel muro proprio per verificare la stabilità della palazzina”. In mezzo, nel 2001, la visita dell’allora Questore a una “struttura ormai fatiscente”.

Ecco, il dirigente non sapeva – ma forse aveva il dovere di informarsi – altri sì. A cominciare da chi guida la città e dalla sua maggioranza che è la naturale prosecuzione delle precedenti. Ma secondo le regole non scritte della politica di casa nostra, tutti zitti.

Poi possiamo discutere dei soldi spesi, non 200.000 euro (anche se le determine traggono in inganno) ma poco più di un terzo, con un frazionamento singolare, e che rischiano di essere stati buttati al vento.

Sembra, ma in Comune preferiscono la caccia alle streghe, che un certificato di agibilità non esista, né ci siano garanzie sulla stabilità di quel palazzo. Sembra, ma questo dovrebbero dircelo Luciano Bruschini e il suo successore che esista un progetto dell’ufficio tecnico di circa 600.000 euro per rifare l’intero palazzo. I soldi non c’erano e ci si doveva sbrigare, così il sindaco “incarica” il dirigente e arriviamo ai giorni nostri, alla vicenda della stabilità dell’immobile ancora non chiarita.

Siamo ad Anzio, non dimentichiamolo. Funziona così.