Sorpresa, spuntano le terme

ImmagineUn progetto per cercare acque termominerali. L’ha presentato alla Regione Lazio la società Cincinnato, di Anzio, che ha a disposizione un’area proprio di fronte alla riserva naturale di Tor Caldara. Poco più di 41.000 metri quadrati, metà dei quali destinati alla ricerca.

Di terme a Tor Caldara si fantastica da anni, il progettista del piano regolatore Pierluigi Cervellati aveva indicato questa possibilità nel “Parco urbano” che doveva comprendere la riserva e l’area prospiciente, ma non si è mai realizzato.  Adesso c’è una società privata che prova a inserirsi in un filone mai approfondito. Che ci siano acque sulfuree è noto a chiunque sia stato almeno una volta nella riserva, ma nella richiesta  si chiede di poter andare a fondo e capire se è possibile “l’utilizzazione della risorsa idrica eventualmente intercettata”.

Lo studio allegato alla richiesta “ha messo in luce una buona possibilità di reperire nell’area una falda acquifera termominerale”. Chiaro che se fosse confermata questa presenza poi si proverebbe a sfruttarne le caratteristiche. Gli impianti termali non godono di ottima salute, ma questa prospettiva per Anzio, finora, non era mai stata presa seriamente in considerazione. 

Vedremo

Porto, ecco cosa va chiarito. Subito

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Il consiglio comunale di Anzio di giovedì prossimo ha all’ordine del giorno i chiarimenti sulle lettere spedite da “Marina di Anzio” e relative al nuovo porto. Meglio, all’idea di nuovo porto proposta in quelle righe agli aspiranti acquirenti del vecchio progetto e della quale, a oggi, ufficialmente nessuno sa nulla. Cosa c’è da chiarire? I punti sono diversi

Il primo: è cambiato l’accordo di programma che aveva ben altre previsioni rispetto alle opere da realizzare? Quando, con quali intese, cosa prevede?

Il secondo: sono cambiati, di conseguenza, gli obblighi assunti dalla Capo d’Anzio con il Comune?

Il terzo: si è mai riunito e cosa ha fatto il comitato di vigilanza sull’accordo di programma, con rappresentanti di Comune e Regione?

Il quarto: ha ancora ragione di esistere un accordo di programma, valido “fintanto che non risultano adempiute le obbligazioni”, considerato che a oggi la Capo d’Anzio non ne ha rispettata una?

Il quinto: è cambiato il progetto definitivo?

Il sesto: il 39% delle quote oggi in mano a Marinedi. Secondo i patti parasociali sottoscritti a suo tempo con Italia Navigando, un anno dopo la concessione (settembre 2011) se la società che doveva realizzare la rete dei porti non avesse trovato i soldi le quote sarebbero tornate al Comune “al valore nominale”. Non solo Italia navigando non ha trovato un euro, ma a seguito di una scissione societaria tutta da verificare ha ceduto quel 39% alla Mare 2 spa nell’ambito di un accordo con Renato Marconi. Ebbene il Comune ha chiesto formalmente la restituzione, ma oggi continua ad avere un socio privato che secondo un verbale d’assemblea “è entrato a definitivamente” nel capitale sociale. Che fine ha fatto la richiesta di quote? E che accordo c’è con il privato?

Lo sbarco di Nettuno e le occasioni mancate

ImmagineMa sì, sbarcarono a Nettuno. E non se ne parli più. Contenti? Bene. Peccato che questa vicenda e le polemiche degli ultimi giorni ci dicano quanto siamo piccoli e quanto, intorno a un evento che dovrebbe unire, continuiamo a dividerci inutilmente.

E’ questione di avverbi, lo sappiamo, si chiama sbarco “di” Anzio e così è universalmente riconosciuto, anzi come tale è ancora studiato nelle scuole di guerra statunitensi per spiegare cosa non si dovrebbe fare e perché il “gatto selvatico” immaginato da Winston Churchill sia diventato una “balena arenata”.

 

Poi gli alleati hanno messo piede su un fronte ampio 25 chilometri e quindi sono sbarcati “ad” Anzio, a Nettuno, se vogliamo in quella che allora era Nettunia, se andiamo nel dettaglio hanno toccato terra nell’attuale Lido dei Gigli oppure a Tor Caldara. Ricordiamo forse lo sbarco ad Anzio Colonia?

 

Le divisioni e la spasmodica ricerca di una storia da riscrivere quando non ce ne è bisogno, allora, confermano quanto siamo “paesi” in cerca di vanagloria piuttosto che città che sono in grado di trasformare quei tragici momenti in un evento internazionale che va oltre le celebrazioni di guerra e diventa un’occasione di attrazione turistica.

 

Ma sì, teniamoci la X Ray beach di Nettuno, la carnevalesca ricostruzione in spiaggia ad Anzio dove gli alleati che sbarcano trovano le trincee con i tedeschi schierati che nel ’44 non c’erano, teniamoci personaggi che si auto incensano e trovano credito.

 

Due amministrazioni lungimiranti, capace di fare politica, al di là degli schieramenti ai quali appartengono avrebbero realizzato da tempo un progetto da proporre all’Unione europea per riconoscere allo sbarco il ruolo che ha avuto nella liberazione di Roma e dell’Italia. Ne avrebbero fatto un percorso turistico ed eno gastronomico, avrebbero investito su un unico grande museo, avrebbero ricordato le migliaia di cittadini di Anzio e di Nettuno costretti allo sfollamento, alla fame, a ritrovare le loro case distrutte. Avrebbero investito meglio i loro soldi, accordandosi per fare di un evento di guerra un momento per diffondere la cultura della pace.

 

Ma parliamo, purtroppo, di Anzio e Nettuno. Dove essere lungimiranti e fare di questa – come di altre occasioni – un progetto comune è fantascienza.

 

Un’esperienza personale, infine: a ottobre scorso a Lido di Camaiore per un premio giornalistico, i colleghi organizzatori hanno sottolineato come da Viareggio, dove si svolgeva di solito, l’evento avesse cambiato sede. Il sindaco di Camaiore, un giovane esponente del Pd, ha ringraziato della scelta ma ha sottolineato che al di là della città una cosa era importate ovvero che a ospitare il premio fosse la Versilia.

 

Non c’è da aggiungere altro

I buchi della Capo d’Anzio e quel piano sconosciuto

I debiti crescono, l’intreccio societario pure. Diventa sempre più singolare la storia della “Capo d’Anzio”, società che dovrebbe realizzare il nuovo porto ma che sembra aver cambiato nome in “Marina di Anzio” (così ha mandato in giro lettere a potenziali acquirenti dei posti barca) e soprattutto ha un nuovo socio che nessuno aveva mai comunicato. Il Comune detiene il 61%, il 39% era di Italia Navigando che lo ha ceduto a Mare 2 spa, ora il socio è Marinedi srl e la spiegazione di questi passaggi non si trova da nessuna parte.

Dicevamo dei debiti. Il bilancio del 2012 ne iscrive 1 milione 789.532. Le passività ammontano, in totale, a 2 milioni 445.026. La  perdita d’esercizio del 2012 è di i 244.419 e  le precedenti perdite “portate a nuovo” sono pari a  711.850 euro.

La cosa singolare è che appreso del “passaggio” da Italia Navigando a Mare 2 spa il Comune si era affrettato a chiedere indietro il 39% delle quote, chiedendo l’applicazione dei patti parasociali – sottoscritti da Renato Marconi quando era amministratore di Italia Navigando – secondo i quali se  a un anno dalla concessione il socio non avesse trovato i soldi il Comune sarebbe tornato in possesso del 100% delle quote.

La richiesta è stata, com’è noto, rigettata da Renato Marconi, nel frattempo rappresentante di Mare 2 spa. Che fine abbia fatto l’intenzione del Comune è tutto da capire. O forse, leggendo il verbale dell’assemblea che approva il bilancio – ancora misteriosamente nascosto sul sito del Comune e su quello della Capo d’Anzio – si capisce.

Semplicemente il Comune deve avere rinunciato alle sue pretese. Nel corso dell’assemblea, infatti, Mare 2 spa si propone di “supportare dal punto di vista sia tecnico, che amministrativo e finanziario, la Società, tra l’altro con un supporto finanziario per la somma massima di 200.000 euro a titolo di finanziamento fruttifero e con erogazione graduale rispetto alle esigenze societarie”. Un prestito, insomma.

A patto che “i soci diano corso al nuovo percorso di sviluppo già approvato nell’assemblea del 18 giugno il quale (…) garantisce l’effettivo proseguimento dell’oggetto sociale”.

Non conosciamo il contenuto del verbale – sempre alla faccia della trasparenza – perché alla Camera di commercio si è obbligati a consegnare solo quello del bilancio. Sappiamo però che c’è “un nuovo percorso di sviluppo”. Immaginiamo che preveda quanto riportato nella lettera spedita ai potenziali acquirenti. Ma siccome parliamo di una società pubblica forse è il caso che il sindaco Luciano Bruschini e i suoi fidi collaboratori spieghino realmente cosa prevede quel “percorso”.

Ah, tutto da capire anche il fatto che il 6 agosto il socio era ancora Mare 2 spa, mentre il 4 dicembre (atto depositato il 30) è diventato Marinedi srl. Sempre Renato Marconi, certo, ma quali sono i rapporti tra Comune e socio di minoranza? E che fine ha fatto la richiesta di quote? Soprattutto: come si pone il “percorso” deciso in consiglio d’amministrazione rispetto ad accordo di programma, atti d’obbligo e quant’altro sottoscritto finora dalla Capo d’Anzio? Mistero.

Con una considerazione finale: l’impressione è che questa iniziativa uscita fuori praticamente per caso, rischia di diventare un ostacolo maggiore di quelli posti pretestuosamente dal centro-sinistra nel periodo delle giunte Marrazzo-Montino. Allora erano pareri “a soggetto” e non meglio specificate procedure sbagliate a dare il là a chi non voleva il porto.

Adesso sono iniziative a dir poco singolari, prese non si sa in nome di chi, in violazione dei documenti prodotti finora e malamente pubblicizzate senza che la Regione abbia ancora ratificato nulla. Complimenti. Image 

La Capo d’Anzio ha un nuovo socio, chi lo dice ai cittadini?

marinacapodanzioSi apprendono molte cose dalla lettera che Marina di Capo d’Anzio ha scritto ai potenziali acquirenti dei posti barca “del nuovo porto turistico di Anzio”. La prima è, appunto, il logo e il nome. Fino a qualche giorno fa sapevamo che il porto lo avrebbe realizzato la Capo d’Anzio, società al 61% del Comune e al 39% della Mare 2 spa che aveva ottenuto le quote – attraverso Renato Marconi che così chiudeva il suo contenzioso milionario – da Italia Navigando.

Scopriamo ben altro. E’ la stessa lettera, firmata dall’amministratore delegato Enrico Aliotti e dal presidente Luigi D’Arpino, a indicare molte sorprese per chi è, in quanto cittadino, proprietario del 61% di quelle quote attraverso il Comune.

Andiamo con ordine: la lettera comunica “le novità riguardanti la Capo d’Anzio” e “gli sviluppi sull’iniziativa e l’avvio della gestione”.

Così “a fronte del difficile periodo che ha interessato negli ultimi anni la nautica, la Società ha deciso di sottoporre a rivisitazione l’idea progettuale del Marina di Anzio al fine di renderla contestualmente più appetibile verso l’attuale mercato della nautica, più concorrenziale rispetto ai maggiori Marina del Mediterraneo e più fruibile verso i diportisti, arricchendo l’offerta di servizi collaterali”.

Primo elemento: chi ha deciso che il nostro porto è diventato il “Marina di Anzio”?

Più avanti si conferma che con gli uffici regionali è stato avviato “un percorso autorizzativo che porterà nel brevissimo periodo all’avvio per fasi dell’iniziativa che, passo dopo passo, porteranno alla completa e integrale riqualificazione del porto turistico e alla costruzione della nuova darsena esterna all’attuale bacino portuale”.

Secondo elemento: è cambiato l’accordo di programma con la Regione Lazio? Quando? A questo possiamo rispondere, dagli uffici regionali non risulta – al momento – alcuna autorizzazione. Ci si è venduti la pelle dell’orso prima di ucciderlo. Speriamo con l’ennesima figura da dilettanti, forse da superficiali a spedire una lettera che anticipa i tempi o, peggio, in malafede. Non vogliamo credere a quest’ultima ipotesi, ma la rivedremo in conclusione.

Comunque i lavori, nella prima fase, riguarderanno solo alcune zone e la Capo d’Anzio (o Marina di Anzio?) gestirà inizialmente 133 posti barca. Sì, avete capito bene: 133 fra gli 8 e i 60 metri. Se pure pagassero tutti cash non ci sarebbero nemmeno i soldi per iniziare…

La gestione iniziale “provvederà a promuovere il Marina di Capo d’Anzio nei maggiori consessi della nautica internazionale e a fornire servizi di eccellenza come da standard della rete portuale turistica del gruppo Marinedi, nel frattempo subentrata nell’assetto societario definitivo della Capo d’Anzio spa”

E questo è il terzo e dirompente elemento: la Capo d’Anzio ha un nuovo socio, è Marinedi Spa che al suo interno aveva già la Mare 2 che dal 30 dicembre, però, non è più socio. Siamo passati, di fatto, da Italia Navigando che era pubblica (con Marconi però già al 3%) a uno “spacchettamento” passato sulla testa di Anzio come di altri porti che ci ha condotto a Mare 2 spa, fino a Marinedi.

Ma il Comune di Anzio, socio al 61%, non aveva contestato il passaggio? E non aveva scritto a Italia Navigando, quindi a Mare 2 spa, per dire che doveva restituire le quote non avendo trovato i soldi un anno dopo la concessione?

Una cosa è certa: la Capo d’Anzio, del Comune al 61%, quindi dei cittadini, ha un nuovo socio e nessuno ha sentito il dovere di dirlo. Ma sì, basso profilo, segreti di Pulcinella. E’ così per il porto, è stato così nel maldestro tentativo di nascondere il primo furto al museo civico archeologico.

E a proposito di segreti destinati a essere svelati (se mandi una lettera, prima o poi esce…) siamo alla conclusione. Alla malafede che speriamo non ci sia. Difficilmente chi ha prenotato il posto due anni e mezzo fa crede ancora nella realizzazione, a maggior ragione se si chiede un ulteriore 45% rispetto al prezzo convenuto allora e “in aggiunta all’anticipo”. L’eventuale fallimento di questo maldestro tentativo di vendere i posti – che ha l’unico pregio di averci fatto scoprire tante cose – consentirebbe al Comune, socio al 61%, di mettere sul mercato la sua quota o, peggio, la concessione. E Marinedi sarebbe pronta a fare un’offerta a braccia aperte…

Porto, così Marconi lancia l’offensiva

1467384_477399555709481_630669148_nIn Comune cadono dalle nuvole. Delle lettere spedite a chi aveva opzionato i posti barca, nelle quali si parla di imminenti lavori nel bacino interno, ufficialmente nessuno dice nulla. Intanto su “Marina di Capo d’Anzio” che le ha spedite – a quale titolo e per conto di chi è tutto da vedere – qualcosa emerge.

Basta collegarsi a facebook a questo indirizzo https://www.facebook.com/pages/Marina-di-Capo-dAnzio/477399182376185 e si scopre che la pagina – con l’immagine modificata il 14 novembre – riporta come indirizzo quello di via Breschi ad Anzio e un numero di telefono di Roma.

E qui c’è da sfiziarsi: l’immagine è quella che compare sulla lettera spedita ai potenziali acquirenti, l’indirizzo è quello della Capo d’Anzio – fino a prova contraria ancora del Comune al 61% e di Mare 2 spa ovvero Renato Marconi al 39% – a Villa Sarsina, il telefono corrisponde a quello di Acquatecno, società di ingegneria specializzata in porti che fa riferimento – manco a dirlo – a Renato Marconi.  Ha sede in via Gaeta, a Roma. Allo stesso indirizzo c’è Marinedi Spa, la società che sul suo sito inserisce lo stesso “logo” della pagina facebook e della lettera ai potenziali acquirenti.

Renato Marconi, sembra chiaro, ha lanciato una vera e propria offensiva al Comune per cercare di realizzare da solo il bacino portuale. Se ci saranno risposte dai potenziali acquirenti, bene, altrimenti il Comune potrà sempre vendere la concessione e in prima fila ci sarà l’ingegnere…

Quella della sistemazione interna, del resto, è una sua vecchia idea sin da quando rappresentava Italia Navigando e firmò l’accordo con la Capo d’Anzio.

Poi nacque il contenzioso con Invitalia – proprietaria anche di Italia Navigando – e Marconi, che già aveva avuto delle quote, è stato liquidato con una serie di partecipazioni societarie. Tra le quali quella di Anzio. Se a Italia navigando voleva realizzare la “rete” dei porti nella penisola, ora punta a quella del Mediterraneo, presentata in pompa magna al Salone Nautico di Genova nel 2012 e che dal 18 al 26 gennaio sarà a Dusseldorf a una fiera internazionale della nautica.

In tutto questo, il Comune di Anzio cosa fa? Cosa ha da dire? E i partiti di opposizione in città? E la Regione Lazio che ha firmato l’accordo di programma?

Porto, cambia il progetto. Città tenuta all’oscuro

porto_anzioUna lettera a coloro che avevano manifestato interesse per avere un posto barca nel nuovo porto di Anzio, nella quale si parla di avvio dei lavori nel bacino interno e si chiede un cospicuo anticipo (45%) per esercitare l’opzione.

Cambia il progetto, o almeno il crono programma, del porto e nessuno lo sa. Meglio, se ne accorge chi si è visto recapitare la lettera ma alla città – fino a prova contraria ancora detentrice del 61% delle quote della “Capo d’Anzio” – nessuno lo dice. Siamo ai “rumors”, allora, a vertici che il sindaco avrebbe fatto in Regione per illustrare un nuovo piano dopo il fallimento del progetto di raddoppio del porto così come inserito nel piano regionale dei porti e la gara deserta nel marzo scorso.

Nuovo piano che prevede l’avvio di lavori all’interno dell’attuale bacino – nel cosiddetto porticciolo e nell’area di fronte ai ristoranti del molo Innocenziano – e rinvia a tempi migliori l’eventuale raddoppio, la viabilità prevista da quel progetto e quant’altro. Si vuole fare, in sostanza, il porto che 30 anni fa era già nei piani di società create apposta e con precisi “sponsor” politici.

Ricordiamo che la “Capo d’Anzio” è titolare della concessione demaniale sullo specchio acqueo del bacino interno – regionale –  mentre il Comune è concessionario delle aree dove nelle previsioni doveva sorgere il nuovo molo, il “raddoppio”.

La Regione avrebbe dato un via libera di massima, a questo punto, se sono partite lettere a chi aveva opzionato i posti barca nella precedente previsione.

Il tutto senza dirlo ai cittadini, proprietari della “Capo d’Anzio”, e con il rebus ancora aperto della società partecipata che da “Italia Navigando” si è ritrovata con Renato Marconi socio senza volerlo. Una storia tutta italiana di perdite pubbliche e profitti privati, “Italia navigando” creata e poi “spacchettata” per chiudere il contenzioso – guarda caso – con chi aveva avuto l’idea di realizzarla e ne è stato amministratore delegato… Vicenda che passa sulla testa di Anzio e di quanti  si sono ritrovati socio l’ingegnere. Storia che dovrebbe interessare ben altre autorità.

Quello che interessa qui  è  la gestione della “Capo d’Anzio”, i suoi debiti, come onorerà il prestito con la Banca Popolare del Lazio scaduto e “rinnovato”, chi ha deciso di cambiare in corsa il progetto e perché – atteso comunque che l’altra idea era ormai difficilmente realizzabile – con quali ricadute e quali garanzie per la città. Che fine faranno le opere accessorie – dalla torre di controllo ai parcheggi – chi le realizzerà, qual è il piano finanziario di questa nuova iniziativa.

L’impressione, e l’auspicio è quello di sbagliare, è che si proceda per tentativi ed errori. Quanto di peggio possa esserci, dopo il dilettantismo mostrato in passato in termini di strategie di comunicazione e vendita.Adesso, per esempio, le lettere arrivano come “Marina di Capo d’Anzio”. E chi l’ha deciso?

La certezza è che tutto si volesse far passare sotto silenzio. Ed è ancora più grave che l’argomento sia uscito dal dibattito cittadino finita la campagna elettorale. Chissà che dall’opposizione qualcuno si ricordi di chiedere lumi sull’opera che doveva segnare il rilancio della città e per vicende di ogni genere – servirebbe un libro a raccontarle – è diventata una specie di zavorra.

La Provincia e altre storie, ma finalmente prendiamo coscienza

Qualcosa si muove. La battaglia dei colleghi della Provincia – che sono in assemblea permanente a Frosinone e rifiutano la decisione unilaterale dell’ennesimo editore in fuga su questo territorio – è un altro tassello. Qualche mese fa, tutti insieme, gli operatori dell’informazione hanno abbandonato la conferenza stampa del presidente della Provincia “sospeso”, Armando Cusani, perché aveva impedito ai giornalisti di Latina Oggi di partecipare a quell’incontro. Si comincia a prendere coscienza, meglio tardi che mai, dell’importanza che la nostra professione ancora riveste. Ripropongo allora, con le dovute modifiche, un mio intervento sulla pubblicazione di Maria Corsetti che raccontava la storia del suo licenziamento dal Territorio-Tele Etere. Una vicenda paradossale, come quella che stanno vivendo oggi i colleghi per i quali c’è chi ha deciso non solo di chiudere l’edizione di Latina ma di stracciare un accordo sottoscritto in Regione. Territorio e Tele Etere, Corriere Pontino durato sei mesi, la redazione del Tempo chiusa da oggi a domani. E’ servito lasciare tanto “sangue” sul campo, scombinare vite, interrompere quelle che erano qualcosa di diverso da illusioni, il sogno di chi voleva fare questa professione.

Mi sembra calzante, allora, riprendere quello che avevo scritto per “Avanzi”.

 ***

Quella che racconta Maria è una storia comune nelle realtà giornalistiche locali. Una sorta di “volemose bene” (…) Come giornalisti abbiamo la nostra parte di responsabilità che è quella di accettare una situazione della provincia di Latina ma di tante altre province italiane. Lo facciamo per quieto vivere, per conoscenza degli imprenditori che danno vita a un’iniziativa editoriale, perché “altrimenti il giornale non si fa” o, peggio, perché quelle poche centinaia di euro sono una necessità. Quest’ultima è la situazione sempre più frequente, con pezzi pagati 5 euro quando va bene o “contratti” che prevedono una collaborazione e vengono utilizzati a tempo pieno. Quando ci sono, i contratti. La necessità, invece, esiste. Ed è quella della quale – è il cane che si morde la coda – l’editore di turno approfitta: “Altrimenti il giornale non si fa”.

Poi succede che l’imprenditore che voleva fare l’editore e spesso pensa a questo mondo come fosse quello di un normale opificio, viva una crisi con la propria attività, sia costretto a “tagliare” o – è più facile – si stanchi. Così tutti a casa, da oggi a domani, stavolta veramente “il giornale non si fa”. E chi aveva accettato situazioni paradossali spesso si ritrova con un pugno di mosche.

Solo allora ci si ricorda del sindacato, una realtà per anni “invisa” su questo territorio e oggi chiamata ad affrontare una vertenza dopo l’altra. Tanto che siamo ormai a un “caso Latina” vero e proprio, di fronte al quale l’Associazione stampa romana sta cercando di dare risposte e non avviare semplicemente vertenze.

Ce la saremo anche cercata questa situazione, accettando di non chiedere contratti veri e propri, scendendo a compromessi o pensando che altrimenti il giornale non si facesse. Non abbiamo certo trovato, dall’altra parte, imprenditori così illuminati come volevano farci credere.

 

Non si finisce mai…

… di imparare. E’ una vecchia massima, confermata ora che sono alle prese con wordpress e mi lancio nel mondo del blog. Mi spiega un collega più avvezzo di me alle tecnologie, Marco Cusumano, che si riesce a fare tranquillamente tutto da soli su questa piattaforma e che la usa persino il New York Times. Insomma, una garanzia.

Cosa saprò farne io è tutto da vedere, ho scelto la frase del giornalista Andrea Barbato come sotto titolo perché rappresenta da tempo ciò che provo a fare e ad essere.

Nei prossimi giorni aggiungerò qualche altra pagina e informazione, certo è che da stasera parte una nuova avventura. Grazie a chi vorrà seguirmi