Al netto delle castronerie ascoltate in Parlamento dai banchi dell’una e dell’altra parte, nell’affrontare la vicenda di Anzio per esprimere solidarietà a Lina Giannino, il problema della presenza criminale esiste e lo conferma – da ultimo – la sentenza di Cassazione sull’operazione “Appia Mithos”. Parliamo di ‘ndrangheta, clan Gallace. Così come parliamo di camorra quando, da queste parti, sequestrano società che operano nelle aste immobiliari (è l’ultima della serie) o abbiamo le confische di beni del clan Noviello, leggi Casalesi.
Ma se arriva una commissione d’accesso – per la quale sembra esserci un rinnovato interesse – il problema di chi guida la città non è la criminalità organizzata. Che c’è, basterebbe leggere le pagine tra 97 e 100 – dell’ultima relazione dell’antimafia, con nomi e collegamenti.
Il problema, allora, non è l’etichetta che viene assegnata ad Anzio. No. Paradossalmente l’arrivo di un prefetto, insieme a ufficiali delle forze dell’ordine, metterebbe fine a una serie di attività amministrative diciamo singolari. Chi avrebbe coraggio di “trattare con la Camassa” – come ha detto l’ex assessore Ranucci in tv? E a mettersi d’accordo, come si dice, sul nuovo appalto per i rifiuti? Non sarebbe più possibile, perché per tre-sei mesi c’è chi si fermerebbe a controllare tutto. Ad esempio come affidare servizi dei quali non ci sono ancora atti all’albo pretorio, tipo le luminarie. O far diventare debito fuori bilancio quello con un’associazione di volontariato, perché no quello con il Consorzio di Lavinio del quale ci saranno certamente le pezze d’appoggio. Non sarebbero possibili le fatture “numero uno” a qualche associazione vicina. Né sarebbero consentite le vicende raccontate in questi anni, che se ci fosse un investigatore.…
Quando in passato – su questo spazio – già si parlava della commissione, feci un paragone con Nettuno. Tempo fa l’ex sindaco, Vittorio Marzoli, ha raccontato che la sua città fu sacrificata sull’altare della politica. Di recente il primo cittadino di Anzio ha riferito che ad Anzio la commissione che il prefetto aveva chiesto, è stata evitata dalle “vie infinite della politica”. Ma le situazioni che c’erano a Nettuno, sono anche qui. Ad esempio i favori a soggetti “collegati, direttamente o indirettamente, con gli ambienti malavitosi”. Una commissione li tirerebbe fuori.
Il problema, dunque, è anche la presenza criminale. Poi la commissione non arriverà, ma minimizzare come fanno alcuni è peggio. Molto peggio.
A memoria, non si ricorda un prefetto che telefona a un consigliere comunale vittima di una intimidazione. Il gesto di quello di Roma, Matteo Piantedosi, che ha chiamato Lina Giannino, si presta a due chiavi di lettura: la semplice – quanto insolita – vicinanza istituzionale, con la vicenda che si chiude qui, o una rinnovata attenzione sulle vicende di Anzio. C’è già un prefetto – Paola Basilone – che ha fatto una pessima figura, annunciando alla giornalista Federica Angeli una commissione d’accesso che poi ha evitato di mandare, vedremo come si muoverà quello attuale. Il gesto che ha compiuto, comunque, è già apprezzabile. Da questo umile spazio, possiamo solo chiedere che mantenga alta la guardia su certe dinamiche di questa città. E speriamo che stavolta non c’entrino le “vie infinite della politica” delle quali ha parlato il sindaco in tv.
È stato altrettanto apprezzabile che si sia deciso di convocare immediatamente un Consiglio comunale straordinario, perché quel proiettile è arrivato a Lina Giannino ma riguarda l’intera istituzione democratica. Trasformare quella sede in una sorta di “processo” alla consigliera Pd per le affermazioni fatte in conferenza stampa, si poteva evitare. Soprattutto quando a fare la morale è più di qualche imputato in procedimenti che saranno personali, ma spesso sfiorano – come ci dicono le indagini – il ruolo che si ha o si è avuto in Comune.
Già nei tardivi e piccati comunicati stampa del centro-destra c’era qualche riferimento singolare. Ad esempio si fa notare – insinuando chissà cosa – che i proiettili arrivano al protocollo. E dove, altrimenti? O c’è qualche messaggio trasversale che ai più sfugge, ma negli ambienti di maggioranza conoscono? Poi si fa riferimento ai precedenti attentati che – a dire del centro-destra – ebbero scarsa attenzione. E da chi dipese? Quando spararono a casa di Placidi, per esempio, una delle sue prime dichiarazioni fu che nessuno aveva sentito nemmeno l’esigenza di telefonargli di quell’amministrazione. Quando bruciarono le auto a Zucchini e poi gli inviarono un proiettile, quella maggioranza si limitò a poche righe. Nessuno fiatò per le auto bruciate al compagno dell’ex assessore Nolfi. È una colpa esprimere solidarietà alla Giannino e far notare che in questa città esistono consorterie criminali? Lo dicono le sentenze. Nelle quali è scritto – così, a mo’ di esempio – che le “pressioni esercitate nella vicenda dalle istituzioni comunali” sono state decisive nella storia di Malasuerte e che in quella estorsione i soldi andavano a un boss di camorra. Si può dire o è vietato? E chi infanga la città? Chi è stato protagonista in quella storia (come in altre…) e ha sostenuto la coalizione del sindaco alle ultime elezioni o chi lo racconta?
Ha fatto bene Luca Brignone a ricostruire, con grande lucidità, i diversi passaggi. In particolare l’intervento dell’attuale sindaco a febbraio 2016, quando esprimeva preoccupazione per le ombre che si addensavano sulla città e ne chiedeva conto a Bruschini. Si può far notare che a ottobre dello stesso anno votava il bilancio di quell’amministrazione? E lo faceva insieme a Ranucci (che nel frattempo si è dimesso, ma nessuno ancora chiarisce sulle sue dichiarazioni), Fontana e Ruggiero? Opposizione di lotta e di governo che lo ha portato a essere indicato, dallo stesso Bruschini, come suo successore. Nel programma elettorale copiato e incollato dal 2013 si presentava come discontinuità, salvo poi rivendicare la continuità e prendere – oggi – di nuovo le distanze chiedendo a Brignone di indicare le date degli eventi e dicendo che c’era Bruschini, mica lui. Comodo, vero? Il problema della commissione d’accesso, allora, non è dipingere la città come mafiosa o sovvertire il voto democratico. No, è il timore che chi governa da oltre venti anni ha che siano scoperte se non altro vicende amministrative poco chiare, legate guarda caso a cooperative, appalti, fatture numero uno e chi più ne ha, ne metta. Ha ragione il sindaco, è accaduto prima che arrivasse lui. Ma ci si è alleato e ha vinto, grazie a quel sistema che ha ancora dalla sua parte. Ed è stato lui – salvo provare a buttarla sullo scherzo – a spiegare perché non è arrivata la commissione d’accesso e a far riaccendere i fari. Fra l’altro l’attuale sindaco non stava su Marte, ma sedeva in Consiglio comunale: anche quando ne fu svolto un altro surreale, sulle minacce al Comitato di Lido dei Pini – chiesto da Ivano Bernardone e dal Pd – che ovviamente da vittima fu passato per essere “carnefice”. Se l’erano andata a cercare….
Eccoli gli atteggiamenti di silenzio, omertà, menefreghismo, prevaricazione. Qualcuno vuole chiedere ad Amato Toti cosa è successo quando ha “osato” fare un accesso agli atti sulle eventuali pendenze tributarie degli eletti? È solo un altro piccolo esempio eh…
Uno dei tanti che se davvero, come dice nell’ordine del giorno approvato si vogliono “individuare i responsabili”, andrebbe approfondito. Se ci fosse un investigatore…
Di fronte a ciò e al proiettile a Lina ci siamo ritrovati, in poche decine, a Villa Sarsina per esprimere preoccupazione e solidarietà. Pochi? Tanti? Era importante esserci: è stato organizzato in fretta e furia, era lunedì e a un orario in cui molti lavorano. È stato organizzato prima che venisse convocato il consiglio comunale ed è stato comunque bello essersi ritrovati e dire che non ci stiamo a piegare la testa alle logiche del malaffare. Potevamo anche essere due, sarebbe stato comunque un successo.
Il clima irrespirabile di Anzio è ulteriormente aggravato dal proiettile spedito alla consigliera comunale Lina Giannino. “Messaggio mafioso“, è stato definito da più parti e giustamente. C’è stata una levata di scudi generale, siamo di nuovo sui “desk” delle redazioni nazionali e forse è ora che qualcuno prenda atto di una città fuori controllo. A cominciare da chi la guida, distintosi finora per un imbarazzante silenzio su questa intimidazione.
La consigliera del Pd – che per inciso ha preso il posto di chi scrive nell’assise civica – era stata già oggetto di messaggi intimidatori e purtroppo quello che accade nella maggioranza dove si fa a chi urla e si impone di più alimenta il brodo di coltura degli insofferenti. Di coloro che vedono nella normale azione di chi chiede le carte, prova a opporsi, a cercare spiegazioni, un ostacolo da deridere – se va bene – altrimenti da zittire.
Siamo arrivati a questo e in maggioranza nessuno sembra preoccuparsene. Anzi… E’ successo lo stesso con la vicenda dell’ex assessore Ranucci, conclusa (secondo loro) con le dimissioni e la presa d’atto del sindaco. Sanno bene che non è così. Perché i messaggi che l’ex assessore ha mandato quella sera e nei giorni successivi sono chiarissimi e – come abbiamo provato a spiegare – se ci fosse un investigatore glie ne chiederebbe conto. Che significa che ci sarebbe uno “sciacallo miserabile” che vuole fare l’assessore? Come ha detto in tv senza che il conduttore provasse a chiedere spiegazioni… E che “iniziano i controlli ad Acqualatina“? Come ha scritto sui social. Certo non vorremmo essere al posto di chi avrà la delega all’ambiente o subirà dei controlli. Se poi qualcuno ci spiega cosa vuol dire avere “trattato con la Camassa” glie ne saremo grati.
Ma il problema non è Ranucci, no, conosciamo lui e le sue intemperanze. E’ chi tace, a partire da giovani e inesperti consiglieri che dovrebbero almeno porsi qualche domanda. Della serie “ma dove siamo capitati“? No, va tutto bene. E’ questo che sconvolge, la mancanza di un minimo senso critico, l’accettazione di un sistema del tutti contro tutti nella coalizione che guida la città e dove il primo a fare la voce grossa è il sindaco. Tranne che di fronte allo show di un suo fedelissimo o al proiettile a una rappresentante della massima istituzione cittadina.
Se siamo arrivati a questo punto – è lui stesso ad averlo detto in tv – è per “le vie infinite della politica” che hanno impedito l’arrivo di una commissione d’accesso. Un’onta che è stata evitata ma era forse indispensabile e lo è a maggior ragione adesso. Troppe le presenze criminali, palesi certi rapporti con la politica.
E’ ora di intervenire, dunque, non aspettiamo che ci scappi il morto.
Ps, per chi vuole lunedì 23 novembre alle 12 ritroviamoci a Villa Sarsina. Lo so che è orario di lavoro, rischiamo di essere pochi e che c’è il Covid…. Ma diamolo un segnale, indossiamo la mascherina e ritroviamoci per esprimere solidarietà a Lina e dire basta a questo stato di cose.
Sono trascorse 24 ore dallo show dell’assessore all’ambiente del Comune di Anzio, Giuseppe Ranucci, e in Comune tutto tace. Non parla il sindaco, stanno in silenzio assessori e consiglieri di maggioranza. Il video ha fatto il giro del mondo dei social tanto amati quanto odiati dal primo cittadino, la notizia è finita sui media nazionali, ma finora all’assessore tutto è concesso. Anzi, i suoi accoliti e non solo lo definiscono come un eroe sugli stessi social. Peccato che quel pessimo spettacolo – per quante ragioni possa accampare Ranucci – è indegno di chi amministra una città. Domani se un vigile ferma una persona qualsiasi, magari politicamente vicina a questa amministrazione, come fa a dirgli di rispettare una regola? E quella persona è autorizzata a dare dell’imbecille, del miserabile, a bestemmiare e tutti gli annessi e connessi che abbiamo sentito, o non? Può, alla stregua dell’assessore che ha interrotto un pubblico servizio, oltraggiato, minacciato, chiedere di chiamare i superiori, il comandante, dire che se arriva il sindaco gli dà “uno schiaffo in capoccia”? Ecco, dire che ha agito da imprenditore e non da politico è una foglia di fico, dispiace per la salute anzi auguri di pronta guarigione, ma risulta che sia andato in ospedale per un codice bianco, mentre il dirigente della Polizia locale ha preso la strada della Procura della Repubblica e il video è stato acquisito dalla Polizia di Stato. Ecco, a questo punto occorre andare oltre. Se siamo arrivati fin qui è per quello che qualche giorno fa ha detto il sindaco e cioè che “le vie della politica sono infinite”. Anche se Ranucci è ancora al suo posto, evidentemente. Ma sapete cosa c’è? “Ha ragione lui”, come sento ripetere da più parti, oppure “Ha sbagliato il metodo, ma….”. Ecco dove siamo arrivati – non da oggi – a chi strilla di più. A chi minaccia di più. A una città fuori controllo che – dispiace per l’assessore – ha responsabili solo in chi la governa e lui è tra questi.
Allora, se ci fosse un investigatore di buona volontà, domani mattina convocherebbe Ranucci dicendogli che è indagato per quello “show”, ma poi si farebbe raccontare tutto. Le persone “sistemate”, i favori, i carri armati per fare le battaglie, perché ce l’avrebbero con lui, il motivo per il quale dopo l’assegnazione di una gara a una palestra diversa dalla sua ha dato in escandescenza a Villa Sarsina senza che nessuno facesse nulla, quello per il quale interruppe – impunito – i lavori del consiglio comunale o perché nel passaggio da Giva a Parco di Veio, nel 2014, andò a fare un medesimo show minacciando e picchiando. Vicenda, pensate, per la quale è a giudizio e tra le vittima c’è il funzionario responsabile del suo assessorato. Solo l’anticorruzione del Comune di Anzio non se n’è accorta.
Ecco, servirebbe un investigatore, un procuratore che ad Anzio e Nettuno abbiamo visto di rado, uno di buona volontà ad ascoltare l’assessore che “chiamate la magistratura, poi racconto io”. Uno che si mettesse a fare i collegamenti che vanno dalle “cooperative di Italo” citate in un’inchiesta che doveva prendere ben altra china, all’indagine su Giva e Parco di Veio, da Malasuerte a Ecocar e Touch Down, dalle “27 proroghe” a chi gestiva un impianto pubblico senza pagare un euro ed evadendo l’Iva, nel frattempo amministrando Anzio. Uno che leggendo le intercettazioni sulla Biogas e il terreno per il secondo impianto, con tanto di nomi e cognomi, cominciasse a tirare le fila. Uno che avesse voglia di risalire a certi investimenti che sarebbero impossibili per comuni mortali lontani dalla politica, ad alberghi chiusi con ordinanze del sindaco che diventano centro di accoglienza per i migranti, distributori di benzina ai quali paghiamo i danni, decreti ingiuntivi non opposti e diventati debiti fuori bilancio. Perché no, una società che doveva fare il porto e non presenta bilanci…. A capire chi sono i “ricattatori seriali” dei quali ha parlato il sindaco, se davvero fu pagata una tangente sull’appalto delle mense anni fa e se veramente le tensioni con l’assessore all’ambiente sono riconducibili – come si dice – al prossimo appalto dei rifiuti. Per non parlare del fatto che conferiamo con una procedura singolare il verde alla biogas per la quale qualcuno voleva andare all’Onu. Servirebbe, forse, a comprendere perché spararono a casa di Placidi e Alessandroni, bruciarono le auto a Zucchini e al compagno dell’ex assessore Nolfi. Perché no ai toni “accesi” nei confronti di un consigliere non eletto che andava a chiedere gli atti di suoi colleghi rispetto alla regolarità dei tributi. Ancora, un magistrato di buona volontà che capisse perché l’ex segretario Savarino e la dirigente Santaniello hanno denunciato pressioni, chi ha mandato i proiettili all’ex segretaria Inches. Un investigatore che ricostruisse la vicinanza di una società finita nell’inchiesta di camorra ad Avellino, ma con sede ad Anzio. E la vicinanza di noti pregiudicati a sostegno di certi eletti se non quella delle famiglie di ‘ndrangheta. Troverebbe tanti volti noti della maggioranza di ieri e di oggi – che in fondo è sempre quella – gli stessi nomi di Malasuerte in più occasioni. Magari anziché soprassedere come è stato in passato, indagherebbe sui “soci elettori” dei quali si legge in altra inchiesta, sul rapporto tra politica e camorra emerso proprio nell’indagine partita su un’estorsione per i parcheggi al porto e i soldi che finivano al boss Raffaele Letizia. Storia nella quale hanno pesato “le pressioni esercitate dalla politica” come si legge nella sentenza. Nessuno ha avuto il coraggio di indagare su quelle pressioni. I parcheggi al porto, rieccoci all’inizio, alle “cooperative di Italo”.
Non c’è stato quel magistrato e forse non ci sarà, ma tutti questi intrecci erano e sono ben noti al Prefetto di Roma, al Ministro dell’Interno, alla commissione parlamentare antimafia. I responsabili di quello che accade oggi, di quel mondo fatto di “sistemazioni”, “favori”, minacce, impunità e chi più ne ha ne metta, urlate da Ranucci, sono da un lato il prefetto di allora – Paola Basilone – dall’altro il ministro dell’epoca, Marco Minniti. La situazione con una commissione d’accesso – pronta e bloccata dalla politica, come ha raccontato il sindaco – sarebbe stata congelata e forse non saremmo a questo punto. Dal quale si esce con un solo gesto nobile: le dimissioni del sindaco e un sano e duraturo commissariamento. Non basta che Ranucci paghi per tutti, a maggior ragione quando il figlio – consigliere a Nettuno – scrive sui social “dobbiamo preservare le nostre famiglie, non si sa cosa ci può succedere”. È un’affermazione gravissima.
Per quanto attiene a chi scrive, è noto che tentai invano l’impresa di diventare sindaco. Ringrazio il nostro Santo Patrono di non avercela fatta, temo che oggi non sarei qui a scrivere per l’idea che avevamo di amministrazione, lontana anni luce da questa. Ricordo bene, però, l’unico intervento in consiglio comunale, al termine del quale fui anche aggredito verbalmente da un allora assessore. In quell’intervento si diceva al sindaco che da quel momento c’era un solo responsabile di una maggioranza che affondava le radici in vicende che penalmente erano delle persone coinvolte, ma politicamente disdicevoli: lui.
Non aveva scritto una stupidaggine Federica Angeli, accusata da più parti quando annunciò che il prefetto di Roma, Paola Basilone, stava per nominare ad Anzio la commissione d’accesso. Né erano visionari coloro – chi scrive tra questi – che sollevavano i legami del “sistema Anzio” con personaggi a almeno poco raccomandabili. Perché non sia arrivata quella commissione d’accesso, della quale anche la presidente della commissione antimafia, Rosy Bindi, sollevò la necessità, lo ha ammesso ieri sera il sindaco di Anzio.
Nel corso della trasmissione su Young Tv ha detto testualmente, riprendendo la domanda che aveva posto un cittadino: “Publio razza prima ha detto una cosa, io ho sorvolato però non aveva torto perché il commissariamento era partito, la Angeli non aveva torto poi diciamo che le vie della politica sono infinite.. vabbè lasciamo sta”
No, “non lasciamo sta”. Il sindaco parte dal 2013, dalla sconfitta mai digerita, dimentica di dire che con quelle persone si è alleato. Poi “le vie della politica sono infinite”, come ci ricorda egli stesso, ma i metodi non sono cambiati dentro Villa Sarsina e fuori. Se ne è parlato anche nel corso dell’ultimo Comitato per l’ordine e la sicurezza pubblica.
Ora, proprio perché si è evitato quel commissariamento, è bene ricordare che ministro dell’Interno era Marco Minniti del Pd. Che a una festa dell’Unità svolta a Nettuno, presenti Matteo Orfini che era presidente del partito, il deputato Renzo Carella e il senatore attuale segretario regionale del partito, Bruno Astorre, venne sollecitata una risposta sulla commissione d’accesso e i tre presero un impegno della serie “poi vediamo”. Che qualche mese prima, presentando il rapporto sulla criminalità nel Lazio a Villa Sarsina, il capogruppo Pd in commissione antimafia, Cesare Mirabelli, spiegò che non era uno strumento di lotta politica l’accesso ma che i presupposti c’erano tutti. E rispose in maniera piccata all’allora assessore Attoni “ma lei come si sente a stare in giunta con gli indagati”?
Intanto agli atti dei processi ci sono non solo la presenza della camorra e della ndrangheta, ma i rapporti con la politica locale. E le pressioni che questa ha fatto, ad esempio nella vicenda “Malasuerte”.
Poi “le vie della politica sono infinite” e hanno fatto sì che nulla accadesse. Per interessi “della politica”, evidentemente, non certo dei cittadini. Oggi ne abbiamo conferma. E sappiamo che le responsabilità politiche – come sempre – sono bipartisan. Poi ci sono quelle di servitori dello Stato che hanno preferito soprassedere e hanno concluso in bellezza la loro carriera. Ma oggi siamo altrettanto convinti che poco sia cambiato rispetto a quando si chiedeva quella commissione. Che è strumento di prevenzione, non dimentichiamolo.
Per chi volesse approfondire, qui c’è un po’ di storia sulla vicenda.