
Tra le prime cose che mi sono venute in mente alla notizia dello scioglimento del nostro Comune per condizionamento della criminalità, c’è il racconto di mia nonna sfollata che portava mia madre – di poco più di 6 mesi – “sottobraccio come un fagotto”. Aveva con sé la mamma anziana e gli altri figli piccoli, i quali comunque ricordavano e ricordano benissimo cosa passarono. Come lo ricordava mio padre. Come lo ricorda ancora oggi chi c’era e chi ha vivi – nelle nostre case – i racconti dello sfollamento, della distruzione, del “appena rientrati”. Provo una grandissima amarezza, perché Anzio pur andandosela a cercare come proverò ad argomentare più avanti, non meritava questa fine. Sacrifici su sacrifici per far rinascere la città, la medaglia d’oro al merito civile e una memoria calpestata dalla bramosia di potere. Siamo sui libri di storia per Nerone e lo sbarco, ora ci siamo anche perché qualcuno ha pensato di far avvicinare pericolosamente camorra e ‘ndrangheta alla cosa pubblica.
Dire che lo denunciavo da anni, come molti mi ricordano compiacendosi (li ringrazio, soprattutto gli avversari), serve a nulla. Non riesco a esserne contento, anzi. Ho detto all’ex sindaco lunedì sera, rispondendo a un suo messaggio, che abbiamo perso tutti, per primi quelli che hanno fatto del “Sistema Anzio” un pessimo modo di intendere la cosa pubblica. Poi quelli che in cambio di un favore, una prebenda, la promessa di un lavoro hanno svenduto il loro voto. Quindi tutti noi, incapaci di parlare alla città sana, stanca di beghe interne di partito o coalizioni, di proporre un’alternativa che andasse oltre la tornata elettorale. Per il mio piccolo – riferito al 2018 – me ne sono già assunto la responsabilità.
LA POLITICA
Dire che sia tutta colpa del sindaco è facile e scontato. Ha le sue responsabilità, per vincere a ogni costo quattro anni e mezzo fa e prendersi la rivincita sul 2013 ha finito nel modo peggiore la sua corsa. Sapeva con chi andava ad allearsi, conosceva Malasuerte, Evergreen e tutto il resto, sa che sono citate nelle carte di “Tritone” e che ci sono dentro non solo quelli che voleva “mandare a lavorare” ma anche i suoi. Soprattutto i “suoi”. Con comportamenti penalmente irrilevanti (almeno finora) ma politicamente disdiscevoli. Ma De Angelis non era solo, tutt’altro. Quelli che oggi “brindano” al suo mesto addio sono tra coloro che l’hanno fatto eleggere e che ne conoscevano pregi e difetti. Non credo che lasci una città sana come ha voluto fare credere nel suo ultimo comunicato, certo è che ha pagato la sua smania e arroganza. Non so a chi si riferisca l’ex comandante della Compagnia carabinieri di Anzio, ma quello che dice calza a pennello con le innumerevoli accuse lanciate da lui e dai banchi della maggioranza a chi sosteneva quanto è poi accaduto.
Sempre nel mio piccolo, l’intervento in consiglio comunale il 26 giugno del 2018 diceva tanto. Così come non ero visionario a dire che sarebbe servito un capo di gabinetto al mio fianco, in caso di vittoria, scelto tra un prefetto che era stato commissario nei Comuni sciolti per mafia.
Perché la politica ha abdicato da tempo, diventando una guerra di potere fine a se stessa, ha smesso di essere un argine verso la delinquenza. Il 2013 è stato l’apice, lo scontro nel centro-destra l’inizio della fine. Si è imbarcato di tutto, in cambio dell’ossessiva ricerca di preferenze. Certo, finita la Prima Repubblica (ne ha fatti di guai, ma quanta nostalgia…) è saltato tutto. Però in una città che ha scarsa memoria va ricordato che l’allora sindaco Castore Marigliani amava ripetere: “Ho sceso le scale del Comune con le mie gambe, quando ho capito che non avevo più il sostegno della maggioranza”. E va ricordato che una ventina d’anni dopo la Dc fece “pagare” l’onta del primo commissariamento della città, a causa della mancata approvazione del bilancio (sindaco Piero Marigliani) non ricandidando chi era stato consigliere dall’80 all’84. Altri tempi, altra politica, ma dal passato si dovrebbe apprendere e invece…
Invece, come in un romanzo pirandelliano, l’ultima cosa che ha fatto la maggioranza che da “Tritone” in poi è sembrata quasi sfidare quanto accadeva (tra annunci, premiazioni e compagnia) è stata riunirsi martedì pomeriggio per capire se i 100.000 euro di luminarie potessero essere “salvati” e decidere se fare ricorso o meno sul decreto di scioglimento. Il tutto mentre i carabinieri bussavano alle porte per notificare gli atti di decadenza dagli incarichi. Ecco, evitateci almeno il ricorso, Anzio ne esce già a pezzi e soprattutto chi era a quella riunione sa bene che poteva ancora essere maggioranza in Comune – tra surroghe e promesse – ma non lo è più nella città. E nemmeno le “vie infinite della politica” stavolta hanno avuto effetto, anche se resto convinto che nel 2018 non si dovesse votare.
LA STRUTTURA
Vanno fatti sinceri auguri di buon lavoro alla commissione straordinaria che da oggi, 23 novembre, guiderà il Comune per 18 mesi. Ammesso siano sufficienti. I componenti conoscono il lavoro della commissione d’accesso e sanno dove intervenire. Qualche indicazione, però, va data. Evitiamo che ci sia ancora una segretaria controllora e controllata in diversi settori del Comune, responsabile di un’anticorruzione che spesso non ha visto. Dal caso dei consiglieri morosi a quello di chi doveva pagare una condanna della corte dei conti e l’ha fatto solo dopo l’arrivo della commissione d’accesso, fino a un assessore che era imputato con vittima il suo funzionario di riferimento o al frettoloso passaggio in “Aet”. Ma sono solo esempi. Si dovrebbe finalmente attuare una salutare rotazione degli incarichi. Trovare dirigenti anche esterni. Perché di “110” specializzati nel dire sempre sì e con un concorso già confenzionato, che prima volevano liquidare la Capo d’Anzio per il bilancio in perdita e poi mandavano una comunicazione per cambiare i conti che sono costati la richiesta di rinvio a giudizio per tre ex amministratori, non sappiamo cosa farcene. E attenzione a funzionari che dicevano “i nomi ce li hanno dati loro”, riferendosi alle assunzioni che la politica imponeva nella Camassa. Funzionari che secondo l’inchiesta “Tritone” avrebbero preso tangenti, ma non sono mai stati indagati in tal senso. Misteri delle Procure.
Ecco, gentile commissione, i politici sono decaduti, ma più di qualcuno nella struttura ha prestato il fianco alle richieste di personaggi poco raccomandabili. Per questo serve una virata su tutta la linea. A me è sempre piaciuto chiamarla legalità delle cose quotidiane, sarà già importante ripartire da quella. Non sarà facile, ma già una buona ordinaria amministrazione vorrà dire molto. E si dovrà decidere in fretta su bilancio, Capo d’Anzio, rapporti con la Aet, patrimonio e demanio.
Da ultimo un pensiero per chi – cercando, studiando, incaponendosi a volte – ha provato come me a contrastare malaffare e arroganza. Oggi direbbe di farci “anima e curaggio”, di rimboccarci le maniche e andare avanti anche con la vergogna che proviamo per quello che è successo a questa martoriata città. Vero, Luciano Dell’Aglio?