Incandidabili, le emergenze sono altre. A cominciare dal porto

Sono stato tra i primi e tra i pochi a sollevare ciò che accadeva con il sistema Anzio, a riportare atti giudiziari, in questo blog, nei quali era palese che persone vicine alla politica facevano il loro comodo approfittando di chi gestiva il Comune. Quello che è successo – con l’onta subita dalla città e lo scioglimento per condizionamento della criminalità – era un atto dovuto alla luce di quanto emerso dall’indagine “Tritone”, ma prima ancora Malasuerte e da tutte le altre attività investigative. Che hanno riguardato gli amministratori – se non penalmente – moralmente sicuramente sì e con una responsabilità politica senza precedenti.

Detto questo, più che preoccuparmi oggi degli incandidabili e di fare la “caccia” al nome (prima o poi usciranno, non è questo il punto) mi preoccuperei di pensare a un’alternativa seria da qui al 2025, quando torneremo a votare se non ci saranno altri sconquassi. Quindi a chi candidare come consigliere comunale e come sindaco, costruendo prima una coalizione che metta insieme tutti coloro che non hanno avuto a che fare con le vicende che hanno portato allo scioglimento e non solo. Coalizione che riparta dalla legalità delle cose quotidiane e dal normale funzionamento dei servizi per i cittadini.

Perché attenzione, le persone alle quali sarà contestata l’incandidabilità non sono state raggiunte da provvedimenti giudiziari e se pure lo saranno, resteranno innocenti fino a prova del contrario. Così come per le norme che regolano lo scioglimento, restano tutti candidabili fino alla Cassazione. Partiamo dal presupposto che la decisione passa per la magistratura di Velletri che su questo territorio non è che abbia mai brillato. Ammettiamo siano dichiarati incandidabili, dovremo aspettare la pronuncia definitiva prima di non vederli in lista. Conosciamo bene le loro responsabilità politiche, però, abbiamo letto la relazione della commissione d’accesso che decreta il fallimento di quello che voleva essere spacciato come un modello di amministrazione ed era invece un modo di usare la cosa pubblica per altri fini. Abbiamo letto del votificio della Camassa, della contiguità con la Ndrangheta, di come funzionavano le concessioni demaniali o come veniva gestito il patrimonio. Abbiamo scoperto che solerti funzionari e dirigenti allineati (uno ancora inspiegabilmente al suo posto) hanno cercato di nascondere ai componenti della commissione di accesso i documenti. Conosciamo gli atti di Tritone e quindi la responsabilità continua a essere solo ed esclusivamente politica, almeno al momento la stessa che ha adesso chi vuole e anzi deve creare un’alternativa a quel sistema.

Perché chi c’era è pronto a tornare, se non direttamente attraverso parenti o amici stretti e si deve cominciare a lavorare sin da adesso a un modello alternativo per evitare questo. E magari per tornare a occuparsi delle emergenze, prima fra tutte quella del porto e della Capo d’Anzio. Torniamo a chiedere ai commissari e all’amministratrice unica, da questo umile spazio: qual è il piano industriale della società? Perché il bilancio 2022 non è ancora approvato? E’ vero che su quello del 2021 “Marinedi” ha presentato osservazioni in sede civile quale creditore? Si sono accorti o non che il porto “turistico” è vuoto? Perché il Comune non si è costituito parte civile nel processo ai vertici per falso in bilancio? Cosa si intende fare di fronte all’ordinanza della Capitaneria che con un canale di accesso ridotto a 1,90 metri in alcuni punti sancisce che la responsabilità è dei comandanti delle unità da diporto? La politica, quel che ne resta, dovrebbe occuparsi di questo, ma anche di una stagione estiva alle porte che non ha certezze – al momento – relative a un piano di sicurezza e prevenzione degno di tale nome. Anche di un bilancio che continuano a indicarci come florido ma sul quale continuano a pesare (e non poco) residui attivi che nessuno è andato a riscuotere. Per non parlare dell’Aet, la società in “house” per i rifiuti che come volevasi dimostrare, per adesso ci fa pagare i debiti accumulati nelle varie gestioni dei Comuni che serve.

Infine una vicenda che mi addolora. Riguarda l’amico Luigi Visalli, ai domiciliari per una storia che non è relativa alla politica ma alla sua attività professionale. Il ruolo che ricopre – e dal quale è stato sospeso – ne fa però un personaggio pubblico. Qualcuno ha voluto “giocare” sulla vicenda, è noto che il Pd sul fuoco amico è imbattibile. Altri, magari, coroneranno il sogno di “prendersi” la sezione. Esistono, anche lì, delle regole e basta seguirle, democraticamente. Sulla storia penale la responsabilità era e resta personale e Luigi – come tutti quelli dei quali ho trattato in questo spazio – è innocente fino a prova del contrario. Se il Pd si preoccupasse di cominciare a pensare all’alternativa di cui sopra, anziché di “prendere” la sezione, forse le cose comincerebbero a cambiare. Difficile che accada, ne abbiamo avuto conferma negli anni, ma è ora che arrivi almeno una presa di coscienza.

La stessa della quale dovrà farsi carico quella parte di città che rifiuta il “sistema”. Esiste? Continuo a essere ottimista, ma si deve lavorare da subito a farla emergere e appassionare di nuovo al bene comune. A quello di certe consorterie, Anzio ha già ampiamente dato.

Scioglimento, non c’entra solo la politica. Si intervenga

Se fosse accaduto in un’azienda privata c’erano già stati dei licenziamenti. Qui siamo nel pubblico e francamente nessuno vuole cacciare nessuno, però è bene che dopo le responsabilità politiche emergano anche le altre. Perché diversamente abbiamo scherzato e con un Comune condizionato dalla criminalità organizzata non si può scherzare.

Se c’è stata “confusione” di ruoli come leggiamo nella proposta di scioglimento del ministro Piantedosi è evidente che le responsabilità sono non soltanto della politica. Anzi…
A leggere quelle quattro pagine  emergono inequivocabili responsabilità da parte di chi doveva controllare ed era al tempo stesso controllato e da parte di dirigenti buoni per ogni stagione.

Il frettoloso passaggio ad Aet, per esempio, ha avuto il benestare della segretaria generale e del dirigente dell’area finanziaria che in quel momento era anche il responsabile dell’ambiente avendo a interim l’area tecnica. Come ex 110, forse, neanche poteva arrivare a ricoprire quel ruolo, ma  d’altra parte che fa?  Abbiamo avuto un dirigente – voluto dalla politica – con un titolo per un altro e la successiva condanna della Corte dei Conti, vuoi che il cosiddetto modello di amministrazione si preoccupasse? Parliamo di un dirigente che l’ultimo sindaco ha tenuto con sé,  come ha fatto con quello alla polizia locale che poi serviva per togliere i sigilli agli amici…


Ma torniamo ad Aet: possibile che né la segretaria, né il dirigente che ha dato parere favorevole (ancora al loro posto) si siano accorti del copia incolla reciproco? Lo ha  fatto il Comune per entrare nella società e la società per presentare la sua offerta, sulla base del capitolato che il consulente del Comune aveva bocciato. Solo  che è uscito dalla porta ed è rientrato dalla finestra.

E chi è il dirigente che ha firmato il contratto per consentire alla Aet di utilizzare il parcheggio mezzi di una ditta in odor di camorra?
E quello che ha affidato alla biogas della Anzio biowaste (senza termini temporali di scadenza e senza importi  totali) il conferimento dell’umido? Già,  l’ex sindaco doveva andare all’Onu ma poi si è fermato a Sacida e il fido dirigente si è allineato.


Ah, il demanio è ancora sotto sequestro e nelle quattro pagine ci sono riferimenti pesanti. Chi è il dirigente che per anni si è voltato dall’altra parte favorendo –  forse spinto dalla politica a cui ha sempre dato retta – appartenenti ad ambienti cosiddetti “controindicati” dalla commissione di accesso?
Chi ha omesso di chiedere le certificazioni antimafia come è scritto nelle quattro pagine?
Se poi andiamo a rileggere quanto accaduto con il caso Falasche,  il parere legale viene chiesto solo dopo l’insediamento della commissione di accesso perché prima nessuno si era preoccupato di andare a riscuotere ciò che da anni chiediamo in pochi. È solo la punta dell’iceberg della gestione del patrimonio.


Per non parlare delle morosità dei consiglieri, i quali sono accusati di avere dichiarato il falso al momento di accettare l’incarico, sui quali troppo tardi si è svegliata anche la procura di Velletri. Chi doveva controllare – ed era a suo tempo controllata,  perché interi settori del Comune le erano stati affidati – ha detto di non sapere… Che tra quei consiglieri un paio avessero fitti rapporti con affiliati alla ‘ndrangheta è un dettaglio.
è per questo che ci aspettiamo che la commissione straordinaria prima di lodare le condizioni finanziarie del comune (tutte da verificare) intervenga sulle responsabilità che emergono.  Altrimenti avremo scherzato. E non possiamo permettercelo.

Ps: a Nettuno si è provveduto con una sospensione, ad Anzio finora tutto tace

Mafia, la pagina più brutta. Ora, gentile Commissione…

Tra le prime cose che mi sono venute in mente alla notizia dello scioglimento del nostro Comune per condizionamento della criminalità, c’è il racconto di mia nonna sfollata che portava mia madre – di poco più di 6 mesi – “sottobraccio come un fagotto”. Aveva con sé la mamma anziana e gli altri figli piccoli, i quali comunque ricordavano e ricordano benissimo cosa passarono. Come lo ricordava mio padre. Come lo ricorda ancora oggi chi c’era e chi ha vivi – nelle nostre case – i racconti dello sfollamento, della distruzione, del “appena rientrati”. Provo una grandissima amarezza, perché Anzio pur andandosela a cercare come proverò ad argomentare più avanti, non meritava questa fine. Sacrifici su sacrifici per far rinascere la città, la medaglia d’oro al merito civile e una memoria calpestata dalla bramosia di potere. Siamo sui libri di storia per Nerone e lo sbarco, ora ci siamo anche perché qualcuno ha pensato di far avvicinare pericolosamente camorra e ‘ndrangheta alla cosa pubblica.

Dire che lo denunciavo da anni, come molti mi ricordano compiacendosi (li ringrazio, soprattutto gli avversari), serve a nulla. Non riesco a esserne contento, anzi. Ho detto all’ex sindaco lunedì sera, rispondendo a un suo messaggio, che abbiamo perso tutti, per primi quelli che hanno fatto del “Sistema Anzio” un pessimo modo di intendere la cosa pubblica. Poi quelli che in cambio di un favore, una prebenda, la promessa di un lavoro hanno svenduto il loro voto. Quindi tutti noi, incapaci di parlare alla città sana, stanca di beghe interne di partito o coalizioni, di proporre un’alternativa che andasse oltre la tornata elettorale. Per il mio piccolo – riferito al 2018 – me ne sono già assunto la responsabilità.

LA POLITICA

Dire che sia tutta colpa del sindaco è facile e scontato. Ha le sue responsabilità, per vincere a ogni costo quattro anni e mezzo fa e prendersi la rivincita sul 2013 ha finito nel modo peggiore la sua corsa. Sapeva con chi andava ad allearsi, conosceva Malasuerte, Evergreen e tutto il resto, sa che sono citate nelle carte di “Tritone” e che ci sono dentro non solo quelli che voleva “mandare a lavorare” ma anche i suoi. Soprattutto i “suoi”. Con comportamenti penalmente irrilevanti (almeno finora) ma politicamente disdiscevoli. Ma De Angelis non era solo, tutt’altro. Quelli che oggi “brindano” al suo mesto addio sono tra coloro che l’hanno fatto eleggere e che ne conoscevano pregi e difetti. Non credo che lasci una città sana come ha voluto fare credere nel suo ultimo comunicato, certo è che ha pagato la sua smania e arroganza. Non so a chi si riferisca l’ex comandante della Compagnia carabinieri di Anzio, ma quello che dice calza a pennello con le innumerevoli accuse lanciate da lui e dai banchi della maggioranza a chi sosteneva quanto è poi accaduto.

Sempre nel mio piccolo, l’intervento in consiglio comunale il 26 giugno del 2018 diceva tanto. Così come non ero visionario a dire che sarebbe servito un capo di gabinetto al mio fianco, in caso di vittoria, scelto tra un prefetto che era stato commissario nei Comuni sciolti per mafia.

Perché la politica ha abdicato da tempo, diventando una guerra di potere fine a se stessa, ha smesso di essere un argine verso la delinquenza. Il 2013 è stato l’apice, lo scontro nel centro-destra l’inizio della fine. Si è imbarcato di tutto, in cambio dell’ossessiva ricerca di preferenze. Certo, finita la Prima Repubblica (ne ha fatti di guai, ma quanta nostalgia…) è saltato tutto. Però in una città che ha scarsa memoria va ricordato che l’allora sindaco Castore Marigliani amava ripetere: “Ho sceso le scale del Comune con le mie gambe, quando ho capito che non avevo più il sostegno della maggioranza”. E va ricordato che una ventina d’anni dopo la Dc fece “pagare” l’onta del primo commissariamento della città, a causa della mancata approvazione del bilancio (sindaco Piero Marigliani) non ricandidando chi era stato consigliere dall’80 all’84. Altri tempi, altra politica, ma dal passato si dovrebbe apprendere e invece…

Invece, come in un romanzo pirandelliano, l’ultima cosa che ha fatto la maggioranza che da “Tritone” in poi è sembrata quasi sfidare quanto accadeva (tra annunci, premiazioni e compagnia) è stata riunirsi martedì pomeriggio per capire se i 100.000 euro di luminarie potessero essere “salvati” e decidere se fare ricorso o meno sul decreto di scioglimento. Il tutto mentre i carabinieri bussavano alle porte per notificare gli atti di decadenza dagli incarichi. Ecco, evitateci almeno il ricorso, Anzio ne esce già a pezzi e soprattutto chi era a quella riunione sa bene che poteva ancora essere maggioranza in Comune – tra surroghe e promesse – ma non lo è più nella città. E nemmeno le “vie infinite della politica” stavolta hanno avuto effetto, anche se resto convinto che nel 2018 non si dovesse votare.

LA STRUTTURA

Vanno fatti sinceri auguri di buon lavoro alla commissione straordinaria che da oggi, 23 novembre, guiderà il Comune per 18 mesi. Ammesso siano sufficienti. I componenti conoscono il lavoro della commissione d’accesso e sanno dove intervenire. Qualche indicazione, però, va data. Evitiamo che ci sia ancora una segretaria controllora e controllata in diversi settori del Comune, responsabile di un’anticorruzione che spesso non ha visto. Dal caso dei consiglieri morosi a quello di chi doveva pagare una condanna della corte dei conti e l’ha fatto solo dopo l’arrivo della commissione d’accesso, fino a un assessore che era imputato con vittima il suo funzionario di riferimento o al frettoloso passaggio in “Aet”. Ma sono solo esempi. Si dovrebbe finalmente attuare una salutare rotazione degli incarichi. Trovare dirigenti anche esterni. Perché di “110” specializzati nel dire sempre sì e con un concorso già confenzionato, che prima volevano liquidare la Capo d’Anzio per il bilancio in perdita e poi mandavano una comunicazione per cambiare i conti che sono costati la richiesta di rinvio a giudizio per tre ex amministratori, non sappiamo cosa farcene. E attenzione a funzionari che dicevano “i nomi ce li hanno dati loro”, riferendosi alle assunzioni che la politica imponeva nella Camassa. Funzionari che secondo l’inchiesta “Tritone” avrebbero preso tangenti, ma non sono mai stati indagati in tal senso. Misteri delle Procure.

Ecco, gentile commissione, i politici sono decaduti, ma più di qualcuno nella struttura ha prestato il fianco alle richieste di personaggi poco raccomandabili. Per questo serve una virata su tutta la linea. A me è sempre piaciuto chiamarla legalità delle cose quotidiane, sarà già importante ripartire da quella. Non sarà facile, ma già una buona ordinaria amministrazione vorrà dire molto. E si dovrà decidere in fretta su bilancio, Capo d’Anzio, rapporti con la Aet, patrimonio e demanio.

Da ultimo un pensiero per chi – cercando, studiando, incaponendosi a volte – ha provato come me a contrastare malaffare e arroganza. Oggi direbbe di farci “anima e curaggio”, di rimboccarci le maniche e andare avanti anche con la vergogna che proviamo per quello che è successo a questa martoriata città. Vero, Luciano Dell’Aglio?

Comuni da sciogliere, Nettuno chieda i danni

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Fa sorridere che esponenti autorevoli di quel che resta di Forza Italia chiedano al sindaco di Roma, Ignazio Marino, di dimettersi ovvero l’intervento del Ministero dell’Interno per arrivare allo scioglimento del Comune dopo le vicende di Mafia Capitale. Il sindaco va avanti quasi in trincea e oggi il direttore del Messaggero gli ricorda qual è la situazione e cosa deve fare da qui a sei mesi, se non vuole definitivamente sprofondare agli occhi del mondo.

Per quanto emerge e per il condizionamento che sembra dimostrato – ricordiamo che ci sono commissari già al lavoro a seguito della prima ondata di arresti – lo scioglimento per condizionamento della malavita – semplicisticamente scambiato per “mafioso” – dovrebbe essere automatico. Ma Forza Italia, i Brunetta e i Fazzone, dovrebbero avere la decenza di tacere.

Già, perché se oggi Roma va sciolta, ricordiamo la battaglia dell’allora ministro della pubblica amministrazione e del senatore pontino, l’uomo dei record delle preferenze in provincia di Latina, per evitare lo scioglimento del Comune di Fondi. Ma anche l’interessamento degli ex ministri Meloni e Matteoli.

A Fondi  non solo venne dimostrato il condizionamento, non solo un assessore disse che era stato eletto con i voti di persone poi condannate con 416 bis, ma due proposte del prefetto Bruno Frattasi fatte proprie dal ministro Roberto Maroni, per la prima volta nella storia del nostro Paese vennero rispedite al mittente. Si “allungò” il brodo come era possibile, facendo fare una seconda relazione, aspettando l’entrata in vigore delle nuove norme, facendo dire al ministro Frattini che si era parlato di dimissioni del sindaco che poi arrivarono e – altro caso unico – evitarono lo scioglimento. Andò proprio Maroni, quello della Lega di lotta e di governo, quello che oggi con Salvini si batte contro i richiedenti asilo, a spiegare che era meglio ridare la parola ai cittadini. Pazienza il condizionamento della malavita, dimostrato nelle sentenze delle operazioni “Damasco” che confermano il radicamento della criminalità organizzata di stampo mafioso.

Ecco, Roma se stiamo a ciò che afferma la legge va sciolta, ma al solito questo Paese ha la memoria corta, molti colleghi non sanno o non ricordano quando copiano e incollano comunicati di Forza Italia che oggi ce l’ha con Marino ma ieri difendeva il Parisella di turno, sindaco di Fondi.

Nulla venne fatto per Nettuno, invece, qualche anno prima. E viene da pensare che figure dello spessore di Pisanu (ministro dell’Interno), Casini (presidente della Camera eletto nel collegio Anzio-Nettuno-Ardea-Pomezia) e Fini (leader di An che da queste parti era di casa) abbiano anteposto il dovere istituzionale a quello di partito/coalizione. A ripensarci, Nettuno venne sciolta – e andava sciolta, sia chiaro – per molto molto meno rispetto a quanto emerso a Fondi e a ciò che sta venendo fuori a Roma.

Per questo la città, oggi, dovrebbe chiedere almeno parità di trattamento. O il risarcimento dei danni per una ferita che nessuno potrà mai ricucire, mentre altrove sono state e vengono usate misure ben diverse.