La sentenza chemanda assoltoGiuseppe Ranucci per lo “show” a seguito dei controlli alla sua palestra nel periodo Covid può stupire ma va rispettata. Non sono tra quelli che gioisce per una condanna o si dispera per un’assoluzione e per le vicende di Anzio ho sempre sottolineato le responsabilità politiche e mai quelle penali. Saranno da leggere le motivazioni, ma l’avvocato Francesco Mercadante ha sottolineato come tutto sia avvenuto in preda all’esasperazione. Il Tribunale ha accolto la sua tesi e la vicenda, salvo appello da parte della Procura, si è chiusa qui.
Il tutto – e torniamo alla politica che ha governato questa malandata città – in assenza del Comune e delle “vittime” indicate da Ranucci quella sera. Nessuno si è preso la briga di costituirsi parte civile, nessuno dall’ex sindaco al quale Ranucci ha riservato epiteti a non finire, al comandante della Polizia locale sbeffeggiato – e usiamo un eufemismo – in quella occasione, ha provato a far valere le sue ragioni in Tribunale. Forti con i deboli, deboli con i forti.
Solo che si crea un precedente pericoloso: da domani – in preda all’esasperazione – chiunque può andare a sdraiarsi sotto un furgone della polizia locale e fare lo stesso. Avrà la medesima garanzia dell’ex assessore Ranucci e cioè che il Comune e la polizia locale non si costituiranno nei suoi confronti?
In quella occasione Ranucci – che alla fine ha pagato con l’addio all’assessorato – dava nel video un sacco di quelle che un tempo si sarebbero chiamate “notizie criminis”. Mettevo in dubbio, allora, la presenza di un investigatore sul territorio ma in realtà la Dda (non certo la Procura di Velletri, assente su molti temi) stava già lavorando. E Ranucci – benché non indagato come i politici indicati nell’ordinanza dell’operazione “Tritone” – era uno di quelli più attivi nei rapporti con esponenti di ‘ndrangheta durante la campagna elettorale del 2018. Eccole le responsabilità politiche. Se poi andiamo a leggere la relazione della Prefettura circolata oggi e ricca di “omissis” ce ne sono di ulteriori, ma sarà oggetto di un altro approfondimento.
A proposito di “Tritone“, la commissione straordinaria non faccia come spesso ha fatto la politica: dia mandato di costituirsi parte civile contro la ‘ndrangheta. L’ex sindaco non lo fece per “Appia Mithos“, ad esempio. Invece è importante per stabilire, una volta per tutte, un principio che si sta calpestando: non è chi denuncia il malaffare e lo racconta il problema di Anzio, ma chi ha fatto sì che esponenti della criminalità organizzata fossero di casa in Comune, dessero sostegno elettorale, portassero fino all’onta dello scioglimento creando un danno di immagine senza precedenti alla città.
Se fosse accaduto in un’azienda privata c’erano già stati dei licenziamenti. Qui siamo nel pubblico e francamente nessuno vuole cacciare nessuno, però è bene che dopo le responsabilità politiche emergano anche le altre. Perché diversamente abbiamo scherzato e con un Comune condizionato dalla criminalità organizzata non si può scherzare.
Se c’è stata “confusione” di ruoli come leggiamo nella proposta di scioglimento del ministro Piantedosi è evidente che le responsabilità sono non soltanto della politica. Anzi… A leggere quelle quattro pagine emergono inequivocabili responsabilità da parte di chi doveva controllare ed era al tempo stesso controllato e da parte di dirigenti buoni per ogni stagione.
Il frettoloso passaggio ad Aet, per esempio, ha avuto il benestare della segretaria generale e del dirigente dell’area finanziaria che in quel momento era anche il responsabile dell’ambiente avendo a interim l’area tecnica. Come ex 110, forse, neanche poteva arrivare a ricoprire quel ruolo, ma d’altra parte che fa? Abbiamo avuto un dirigente – voluto dalla politica – con un titolo per un altro e la successiva condanna della Corte dei Conti, vuoi che il cosiddetto modello di amministrazione si preoccupasse? Parliamo di un dirigente che l’ultimo sindaco ha tenuto con sé, come ha fatto con quello alla polizia locale che poi serviva per togliere i sigilli agli amici…
Ma torniamo ad Aet: possibile che né la segretaria, né il dirigente che ha dato parere favorevole (ancora al loro posto) si siano accorti del copia incolla reciproco? Lo ha fatto il Comune per entrare nella società e la società per presentare la sua offerta, sulla base del capitolato che il consulente del Comune aveva bocciato. Solo che è uscito dalla porta ed è rientrato dalla finestra.
E chi è il dirigente che ha firmato il contratto per consentire alla Aet di utilizzare il parcheggio mezzi di una ditta in odor di camorra? E quello che ha affidato alla biogas della Anzio biowaste (senza termini temporali di scadenza e senza importi totali) il conferimento dell’umido? Già, l’ex sindaco doveva andare all’Onu ma poi si è fermato a Sacida e il fido dirigente si è allineato.
Ah, il demanio è ancora sotto sequestro e nelle quattro pagine ci sono riferimenti pesanti. Chi è il dirigente che per anni si è voltato dall’altra parte favorendo – forse spinto dalla politica a cui ha sempre dato retta – appartenenti ad ambienti cosiddetti “controindicati” dalla commissione di accesso? Chi ha omesso di chiedere le certificazioni antimafia come è scritto nelle quattro pagine? Se poi andiamo a rileggere quanto accaduto con il caso Falasche, il parere legale viene chiesto solo dopo l’insediamento della commissione di accesso perché prima nessuno si era preoccupato di andare a riscuotere ciò che da anni chiediamo in pochi. È solo la punta dell’iceberg della gestione del patrimonio.
Per non parlare delle morosità dei consiglieri, i quali sono accusati di avere dichiarato il falso al momento di accettare l’incarico, sui quali troppo tardi si è svegliata anche la procura di Velletri. Chi doveva controllare – ed era a suo tempo controllata, perché interi settori del Comune le erano stati affidati – ha detto di non sapere… Che tra quei consiglieri un paio avessero fitti rapporti con affiliati alla ‘ndrangheta è un dettaglio. è per questo che ci aspettiamo che la commissione straordinaria prima di lodare le condizioni finanziarie del comune (tutte da verificare) intervenga sulle responsabilità che emergono. Altrimenti avremo scherzato. E non possiamo permettercelo.
Ps: a Nettuno si è provveduto con una sospensione, ad Anzio finora tutto tace
Le quattro pagine che accompagnano il decreto di scioglimento del Comune di Anzio per condizionamento della criminalità organizzata sono ormai di dominio pubblico e vedremo se il ricorso annunciato da chi governava ed era contiguo a certi ambienti sarà accolto o meno.
Diciamo che due livelli sono stati già toccati: i presunti affiliati alla ‘ndrina arrestati con l’operazione “Tritone” sono ancora in carcere, l’accusa di 416 bis ha retto e da ultimo la Cassazione ha rigettato l’istanza di scarcerazione di Giacomo Madaffari con motivazioni che lasciano pochi spazi a dubbi. I politici non sono più in carica, perché avrebbero favorito la “fitta trama – così si legge nelle quattro pagine a firma del ministro Piantedosi – di relazioni tra consorterie criminali e amministrazione locale“.
Abbiamo finito? Certo che no. Perché come amo spesso ripetere gli aspetti penali interessano poco, sono le responsabilità politiche quelle di cui deve rispondere chi ha governato la città. E tra queste c’è il terzo aspetto, quello che nessuno finora ha trattato. Vale a dire il fallimento del “modello di amministrazione” che per 25 anni è stato il mantra della destra anziate. Scrive sempre il ministro, riportando quanto accertato in sei mesi dalla commissione d’accesso, di “condizione generale di assenza di regole” e di “autentico disordine amministrativo in cui versano gli uffici comunali“. Di più: “Una gestione amministrativa improntata a criteri di mera conoscenza personale e clientelari” (ma dai?, quando lo dicevamo in pochi eravamo presi per matti) e soprattutto: “Un’azione amministrativa complessiva che non trova riscontro nelle più basilari norme di buona amministrazione“. Eccolo, il fallimento di chi guidava la città a soggetto e non guardando, evidentemente, al bene comune. Di chi ogni sei mesi disegnava dotazioni organiche per favorire chi era “allineato”, evidentemente, e non il buon funzionamento degli uffici.
Nelle quattro pagine – ma la relazione ne avrebbe in tutto almeno 800 – si parla di Capo d’Anzio e dei parcheggi regalati dietro al porto agli eredi di Malasuerte (da un dirigente fatto venire dalla politica, allora, tenuto dall’ultimo sindaco che lo invitava a togliere i sigilli a un ristorante), dei rifiuti – dove è stato tenuto un funzionario che era palese non potesse stare lì, quantomeno per opportunità – di un appalto con i nomi che “ce li hanno dati loro” e un frettoloso passaggio all’Aet che vedremo tra poco. Si parla del Demanio senza regole e del patrimonio idem, con il campo del Falasche che è solo la punta dell’iceberg. Di appalti sotto soglia, sistematicamente.
Ebbene a fronte di questo, va tutto bene e i responsabili di quanto accertato restano tutti al loro posto. Proprio oggi i commissari hanno tenuto una conferenza stampa durante la quale – da quello che si legge – avrebbero detto che è tutto a posto. Della serie che la commissione d’accesso ha scherzato?
Peccato non esserci, faccio altro nella vita com’è noto e questo spazio è un pungolo e un campanello d’allarme per chi vuole ascoltare, ma qualche domanda l’avrei posta. Se davvero i conti sono in regola, come ci si comporta con la mole di residui attivi per la Tari, per esempio? Sanno i commissari chi dirigeva l’ufficio tributi all’epoca della creazione di quei milioni di mancati incassi? Lo stesso che oggi dirige l’area finanziaria e che il 21 cesserà di essere “ex 110” e diventerà come tutti ormai sanno dirigente effettivo. Sulla Capo d’Anzio, ad esempio, si potrebbe chiedere sempre a lui perché prima voleva liquidarla com’è scritto in una relazioneal bilancio 2018 e poi ha scritto alla società dicendo altro. Tanto la richiesta di rinvio a giudizio per falso mica riguarda lui ma i vertici di allora della Capo d’Anzio. Sulla quale avrebbe “ripensato” – ma questo dovrebbero dircelo sempre i commissari – anche alle procedure di assunzione. Sempre la Capo d’Anzio deve al Comune 517.000 euro di una fidejussione pagata dall’ente e mai restituita, tanto da finire tra i crediti di dubbia esigibilità. Vogliamo parlare del Demanio sotto sequestro? E del patrimonio riaffidato a chi c’era?
Se poi si vuole approfondire quanto accaduto con il passaggio ad Aet i componenti della commissione straordinaria possono dilettarsi con il “copia e incolla” del quale abbiamo dato conto, oltre che con la fretta di fare tutto all’ultimo minuto dell’ultimo giorno. Dirigente, funzionario e responsabile dell’anticorruzione erano gli stessi che ci sono ora. Ha “pagato” solo il secondo, tolto dall’ambiente quando ormai la frittata era fatta e la commissione d’accesso insediata.
A proposito, la segretaria generale che ha avuto il ruolo di controllore e controllata per un lungo periodo, ha redatto il piano anticorruzione 2022-2024 citando tra le criticità – di fatto – solo quanto accaduto all’ufficio anagrafe, sottolineato in neretto, mentre l’insediamento della commissione (senza i motivi) sono in fondo a pagina 12. Dimenticati i vari Evergreen, 27 proroghe, Malasuerte e compagnia o forse ritenuti irrilevanti. La giunta lo ha approvato il 28 aprile.
Ecco, c’erano i presunti ‘ndranghetisti (e pure quelli vicini alla camorra), c’erano i politici, poi c’è chi gli dava retta. A questi ultimi, almeno, alcuni dei quali continuano a essere presenti negli uffici come se nulla fosse cambiato. Dire che è tutto a posto non risponde al vero, dispiace. Non è facile il lavoro di una commissione straordinaria, ce ne rendiamo conto, il “treno è in corsa” come hanno sottolineato oggi, ma è bene rendersi conto fino in fondo di qual è la situazione prima di intervenire.
Per questo sarà bene ripartire da quella che da sempre mi piace definire “legalità delle cose quotidiane”. Ad esempio restituendoci l’albo pretorio che è “scomparso”, avviando una indispensabile rotazione degli incarichi senza cadere nel tranello che era della politica “e chi ci metto….” perché chi governava voleva una macchina come quella descritta nella relazione, la commissione straordinaria deve preoccuparsi che le cose funzionino. Già che ci siamo e visto che i commissari apprezzano la cucina di Anzio, quando vanno a pranzo evitassero di parcheggiare sulle strisce per le mamme in attesa. E’ una piccola cosa, certo, e non sarà la polizia locale a farlo notare, ma è di tanti piccoli gesti che abbiamo bisogno prima di dire che è tutto a posto.
ps, c’è grande attesa per la puntata di “Piazza Pulita” in onda questa sera, 15 dicembre 2022. Mi piace ricordare che eravamo pochi, vero, ma certe cose le abbiamo sempre dette…
Tra qualche mese saranno trascorsi trentatré anni da quando – in campagna elettorale per le regionali – Piero Marigliani presentò il suo mega plastico del porto. Nel 2023 ricorreranno 30 anni dalla presentazione, nella sala Fides, dell’idea di doppio porto da parte di Paolo Gallinari a nome del Consorzio nautico di Anzio (esiste ancora?) che mandò in soffitta l’idea dell’ex sindaco Dc. Sempre nell’imminente prossimo anno, ne saranno trascorsi 25 da quando la Regione Lazio ha inserito quell’idea nel piano dei porti. Spedita in fretta e furia, all’insaputa di parte della traballante maggioranza, dal sindaco Renzo Mastracci e voluta dall’allora presidente Piero Badaloni.
Saranno 23 anni da quando è stata costituita la Capo d’Anzio, 20 da quando è entrata l’allora “Italia Navigando” con a capo (e socio) Renato Marconi, 18 da quando ha chiesto la concessione per realizzare e gestire il porto, 13 dall’accordo di programma sbandierato con la presidente della Regione Renata Polverini, 12 da quando ha ottenuto la concessione senza fare nulla.
Leggere di interessi sospetti sul porto fa un po’ sorridere. Di interessi, più o meno leciti, ce ne sono stati tantissimi in questi anni ma il risultato, purtroppo, è sotto gli occhi di tutti: il porto non c’è e quello che rimane è indecente.
Interessi che partono da metà anni ’90, quando anziché scegliere Condotte d’acqua ci si affidò a una neonata società vicina a un noto costruttore romano. Non se ne fece nulla, era il “plastico” di Marigliani per intenderci. Fino a quando, nel 2006, con l’idea di “doppio porto”, dopo il via libera della Regione in conferenza dei servizi a luglio, venne ribaltato tutto inspiegabilmente a settembre. Passando per i tentativi di far saltare le conferenze dei servizi da parte di specialisti in presentazione dei progetti, i quali avevano solo l’idea di essere liquidati per andarsene, come la Sofim o le sue derivate.
Poi, di recente, abbiamo avuto fantomatici fondi maltesi e persino una cordata di turco-napoletani. Gli interessi ci sono eccome, ma il problema per chiunque oggi volesse investire e realizzare il porto (la concessione parlava di quello) era e resta proprio la Capo d’Anzio, per due ordini di motivi. Il primo: è titolare della concessione – mai pagata, è vero – che è l’unico valore rimasto. Il secondo: è in condizioni di default, con debiti per oltre 3 milioni ed entrate incerte. Cosa che comporta – se la Commissione straordinaria vorrà applicare le norme – l’inevitabile liquidazione. I libri, purtroppo, andavano portati in Tribunale molto prima e persino il dirigente “Signorsì” – prima di ripensarci – nella relazione al bilancio 2018 parlava di scioglimento (si veda foto sopra).
E’ inutile continuare a dire che i conti sono stati sistemati se proprio su quei bilanci c’è una richiesta dirinvio a giudizioper falso. Imputazione che riguarda il professore specializzato in crack (e altri due consiglieri d’amministrazione, stranamente non chi dal Comune ci aveva ripensato e diceva che andava bene così) messo a presiedere la Capo d’Anzio dall’ex sindaco De Angelis. Lo stesso che ci ha portato Marconi con “Italia navigando” nel 2001. Ebbene in caso di liquidazione, come umilmente in questo spazio ripetiamo da anni, il socio un tempo pubblico ma che si scoprì ben presto che era privato (basta rileggere i verbali di assemblea della società e la copertina del “Granchio” con il titolo “Italia naufragando”), Renato Marconi, avanzerà le sue pretese. Dai bilanci vanta crediti per 600.000 euro circa, potrà eventualmente esercitare un’opzione e prendersi tutto. La stessa operazione con la quale si è ritrovato – al costo delle progettazioni effettuate e dei servizi resi a “Italia navigando” – 10 porti in Italia, tra i quali Anzio.
Mentre c’è chi gridava contro il progetto faraonico, solo la voce di Aurelio Lo Fazio si levava sulla centralità della questione societaria. E solo il Pd tentò, con la proposta di un aumento di capitale destinato a terzi sbeffeggiata dalla destra che ha governato Anzio per 25 anni, di salvare società e concessione. Di recente quel che restava dell’opposizione in Consiglio comunale ha chiesto, invano, lumi sulla società. Ci siamo dovuti anche sorbire un paio di esperti che miracol mostravano su una nuova fiejussione che nessuna banca ha dato, per fortuna, non fosse altro che in bilancio c’è ancora quella vecchia che il Comune ha pagato e la società mai restituito.
C’è un ultimo aspetto, se la Capo d’Anzio viene liquidata e noi saremo costretti a pagare i debiti, senza che Marconi riesca a prendersi il porto, a dover mettere a bando la concessione stavolta dovrà essere il Comune che nel frattempo ha avuto le competenze sul Demanio. Vedete la Commissione straordinaria arrovellarsi per una gestione pubblica o immaginate che si faccia eventualmente un nuovo bando? La risposta sembra semplice e comunque finirà questa storia, il sogno del porto pubblico è purtroppo tramontato da tempo e chi ha gestito politicamente la Capo d’Anzio in questi anni lo sappiamo. Ecco, cara Commissione, se ci sei batti un colpo su questo argomento spinoso e fondamentale. Ce ne sono altri, è noto, ma è ora di mettere un punto sulla questione porto.
Poi certo, ci sono stati presidenti, amministratori, nomi di grido e non. Ma sempre agli input del socio di maggioranza – il Comune – dovevano rispondere. Da ultimo, il redivivo amministratore unico che si è dimesso due volte ed è ancora lì, per salvare il salvabile aumenta i costi ai diportisti e pretende in anticipo le spese per acqua e luce. Nemmeno fossimo davvero a Montecarlo, come declamava un presidente suo predecessore. Ma questa è una storia che approfondiremo più avanti.
Avrà un bel da fare la commissione straordinaria che si è insediata ad Anzio qualche giorno fa per ristabilire quella che mi è sempre piaciuto chiamare legalità delle cose quotidiane. I componenti della commissione avranno avuto modo di rendersi conto di tante singolarità già nella macchina amministrativa a partire da una segretaria controllore e controllato e da una struttura organizzativa fatta su misura per la politica e qualche funzionario allineato.
Intanto qualche piccolo passo grazie all’arrivo della commissione d’accesso, prima, e allo scioglimento del Comune per “ingerenza della criminalità organizzata” – come si legge nel verbale di insediamento della commissione straordinaria, lo abbiamo visto e lo vediamo. Emblematico in tal senso quello che accade intorno al campo di Falasche, punta dell’iceberg di una allegra gestione del patrimonio intorno al quale gli interessi della politica hanno superato quelli della buona amministrazione. Il dirigente Signorsì e il funzionario preposto, finalmente chiedono – attraverso l’ufficio legale – conto degli arretrati alle due società che hanno gestito finora l’impianto. Non sarà facile ottenerli, per il semplice fatto che esistono pareri legali contrastanti e soprattutto che quello del Comune è stato chiesto successivamente alla nuova assegnazione: della serie prima scappano i buoi e poi si chiude la stalla. Vedremo se si riuscirà a recuperare qualcosa o sarà la Corte dei Conti – come è stato per il Deportivo – a intervenire.
Spetta adesso alla commissione straordinaria la massima attenzione sulla gestione del patrimonio, sul demanio ancora sotto sequestro, sulla cospicua elusione del pagamento della tassa sui rifiuti per la quale abbiamo residui da record. Soldi che – in questo caso – non devono essere dati semplicemente da cittadini caduti in disgrazia o in difficoltà momentanea, bensì da più di qualche “solito noto” che grazie alla politica finora ha evitato il pagamento. Non andranno fatti sconti, a nessuno, se vogliamo ristabilire una certa distanza tra l’istituzione pubblica e chi se ne è approfittato. Tra chi ha rispettato le regole e chi invece le ha calpestate. Tra chi ha scambiato il Comune per il suo ufficio di collocamento o qualche appalto facile, magari forte del suo potere intimidatorio, e chi invece ha continuato e continua a chiedere servizi minimi uguali per tutti.
Infine basterà – ammesso che la commissione abbia voglia e tempo – anche dare una guardata a quanto è uscito su questo blog in questi anni, rispetto alle singolarità della struttura. Cosa è stato fatto ai danni, per esempio, della dirigente Santaniello defenestrata perché chiedeva “lumi” sull’ambiente (ma poi la biogas, il via libera dell’Arpa ce l’ha mai avuto?) o non pagava il consorzio di Lavinio che altri si sono affrettati a liquidare. Mettere le mani sulla struttura – evitando singolari incarichi o, peggio, controllori e controllati, spezzare i legami di chi era “allineato” alla politica e ripartire appunto dalla legalità delle cose quotidiane è – in assoluto – il primo passo da compiere.
Non solo, adesso che i politici non ci sono più, sarebbe bene evitassero di frequentare gli uffici come facevano quando avevano incarichi. Sono cittadini come noi tutti, vadano in Comune per le pratiche che li riguardano e stop. Non ci sono più cause da perorare, amici degli amici da difendere, contributi a chi è stato candidato con le liste di maggioranza o le ha sostenute da distribuire.
Da ultimo, chi pensa che la Commissione straordinaria sia la prosecuzione di sindaco, giunta e consiglio sappia che in realtà ha anche poteri ispettivi. Soprattutto questi, direi, visto il motivo per il quale è stata insediata. Approfondire sempre, prima di parlare. Ah, se poi si vuole capire che la commissione d’accesso arriva per prevenire (ma qui era tardi, ormai….) basta leggere sotto