Porto pubblico, proviamo a ricapitolare. A beneficio di tutti

Ricapitoliamo, a beneficio comune ma soprattutto a vantaggio della commissione straordinaria, cosa è accaduto intorno e sul porto dalla costituzione della Capo d’Anzio in poi. Pur volendo sintetizzare, dovrete avere un po’ di pazienza. C’è tanto della nostra storia paesana e del “sistema Anzio”.
1) Il porto di Anzio è pubblico
2) Per realizzarne uno nuovo e gestirlo, nel 2000 fu costituita la società Capo d’Anzio, 100% di capitale del Comune, 39% destinato ai cittadini in una seconda fase come azionariato diffuso. Unico a sollevare dubbi sulla società, Aurelio Lo Fazio del Pd. Tutti gli altri si concentravano su un progetto di raddoppio inviato in Regione dalla giunta Mastracci e inserito dall’amministrazione Badaloni nel piano regionale dei porti
3) Il sindaco era Candido De Angelis e la maggioranza quella che ha governato dal 98 allo scioglimento per condizionamento della criminalità
4) Un anno dopo si fece entrare nel capitale “Italia navigando” – controllata da Sviluppo Italia ovvero il Ministero del tesoro e quindi pubblica -che doveva realizzare la rete dei porti turistici con il suo know how. Avrebbe preso il 39%. Sembrava fatta e c’era caduto anche chi scrive. Sbagliando.
5) Italia navigando è “suggerita” da Gianfranco Fini – leader di An e vicinissimo a De Angelis – e amministrata da Renato Marconi, ingegnere che in gioventù era stato direttore dei lavori al vicino Marina di Nettuno. Nei patti parasociali è scritto che la società dovrà reperire i fondi entro un anno dalla concessione.

6) Renato Marconi – ma si scoprirà solo dopo – era già socio di Italia Navigando che quindi non era più pubblica. Per pagargli dei compensi gli avevano dato delle quote.
7) Nel 2005 inizia la trafila per ottenere la concessione (De Angelis nella campagna 2003 parlava di “Inizio lavori”, che sarà…), ma in Regione ora c’è il PD che pone dei paletti sulle procedure
8) Nel 2006 sembra fatta, a luglio la conferenza dei servizi afferma “due progetti, una sola procedura”. A settembre salta tutto e non abbiamo mai saputo perché: la Regione se la prende con il Comune e viceversa
9) Nel 2008 De Angelis diventa senatore e nell’accordo politico Luciano Bruschini va a fare il sindaco e Luigi D’Arpino il presidente della Capo d’Anzio. Gli slogan? “Continuiamo insieme” e “Porto, 1200 posti barca, 1000 posti di lavoro”

10) Nel 2010 la Regione vota contro, ma la conferenza dei servizi approva il progetto, secondo il ministero delle infrastrutture “le procedure sono correttamente individuate”, parte la trafila per un accordo di programma

11) A ottobre 2010, presidente della Regione Renata Polverini (centro-destra) si firma l’accordo di programma che sarebbe lungo riassumere qui ma prevede una serie di punti mai rispettati

12) Un anno dopo arriva l’agognata concessione per la “realizzazione e gestione” del nuovo porto. Ma si comincia anche a parlare dello “spacchettamento” di Italia Navigando. Il senatore De Angelis presenta una interrogazione parlamentare alla quale viene risposto che è tutto regolare. Intanto fallisce la vendita dei “Dolt”: diritti di ormeggio a lungo termine.

13) Nello “spacchettamento” Renato Marconi e la sua Mare 2 spa, poi Marinedi, per essere liquidato ottiene 10 porti tra i quali quello di Anzio. Si rimangerà subito i patti parasociali, venuti meno a suo dire proprio per una firma di De Angelis successiva a quella messa allora.

14) Il consiglio comunale nel 2012 ribadisce che il porto è pubblico e invita il sindaco a mettere in atto ogni azione per far rispettare i patti parasociali. Viene chiesto e tenuto nei cassetti un parere al professor Arturo Cancrini.

15) Nel 2013 si divide il centro-destra, De Angelis (che era entrato in Fli seguendo Fini) aveva già aspramente criticato Bruschini. La spaccatura arriva al limite degli scontri fisici in campagna elettorale. Il socio privato, Marinedi, prende possesso delle sue quote e ottiene dalla Regione l’inversione del cronoprogramma. La richiesta di inversione è voluta e sottoscritta anche da Bruschini, rimasto sindaco.

16) Il consigliere comunale di maggioranza Marco Maranesi chiede e ottiene (a fatica) il parere di Cancrini. L’ex direttore generale del Comune, Franco Pusceddu, pone addirittura il “segreto di stato” per non rilasciarlo. Lo otterrà grazie all’ex segretario Pompeo Savarino

17) Parte la causa, il 30 settembre 2014 Bruschini dice a De Angelis, oppositore di lotta e di governo, in consiglio comunale: “Parola d’onore, caccio Marconi”. Dieci giorni dopo firma con l’ingegnere la road map per realizzare il porto

18) La Capo d’Anzio nel frattempo caccia gli ormeggiatori, comincia a gestire il porto, si fa imporre dall’allora comandante della polizia locale, Sergio Ierace (lo stesso che servirà a togliere i sigilli agli amici di De Angelis in “Tritone”) di dare gratis il parcheggio di piazzale Marinai d’Italia agli eredi di “Malasuerte” che come si evince dalle carte avevano a che fare con la camorra.

19) I bilanci della Capo d’Anzio fanno acqua, la gestione non va, la gara per i lavori va deserta, le banche non danno un euro e anzi la Popolare del Lazio chiede di restituire i soldi della fideiussione che era stata necessaria per ottenere la concessione. Il Comune paga l’intera quota, 517.000 euro, la Capo d’Anzio non ha mai restituito un centesimo. La cosa è all’attenzione della corte dei conti. La Capo d’Anzio non ha mai pagato i canoni concessori alla Regione, non ha mai restituito i soldi dell’escavo, ha debiti verso l’erario e anche verso il socio privato Marconi.

20) Il porto? “Montecarlo” nelle intenzioni del presidente, generale della Finanza, Ugo Marchetti, il quale si fa dare un ufficio a Villa Sarsina, se ne va, poi ritorna, poi si ridimette. Non ha mai detto perché)

21) Il bilancio 2018 votato dal cd’a della Capo d’Anzio, compresi i rappresentanti pubblici, chiude con una perdita di 72.000 euro. Nella nota integrativa al bilancio del Comune il dirigente dell’area finanziaria Luigi D’Aprano scrive che deve essere liquidata

22) Alt, il sindaco – nel frattempo di nuovo Candido De Angelis (2018) – chiama al capezzale della moribonda Capo d’Anzio il professor Ernesto Monti. Luminare, certo, ma anche con qualche esperienza di crack alle spalle. Miracolosamente il bilancio 2018 e 2019 chiudono in attivo, stavolta D’Aprano ci ripensa e scrive alla Capo d’Anzio che va bene così. Il problema? Il compenso del direttore del porto, incarico mai formalizzato ma che firmava carte e dava disposizioni. Anzi, era stato nominato pure responsabile dell’anti corruzione. Nessuno se ne era accorto? Alla faccia dei controlli….

23) Il consiglio regionale del Lazio, su proposta del Pd (e di chi allora lo rappresentava ad Anzio, nel frattempo passato a Italia Viva, forse perdendo un po’ di memoria) chiede la revoca della concessione per i mancati pagamenti, la mancata attuazione della stessa, il mancato rispetto dell’accordo di programma

24) Era vero quello che diceva il Cd’a sulla perdita o quello che ha scritto Monti? Ne sapremo di più dal Tribunale di Velletri, dove tra qualche giorno ci sarà l’udienza preliminare per falso in bilancio

25) Il Comune torna in pieno possesso delle quote, la causa fatta da Cancrini è vinta in primo e secondo grado. Se davvero si voleva cacciare Marconi, forse andava fatta prima e non tenuto il parere nei cassetti. Bruschini e De Angelis facevano finta di litigare o su questo erano d’accordo?

26) In consiglio comunale Monti e Ievolella – che è uscito dalla porta rinunciando a un suo credito ed è rientrato dalla finestra come amministratore della Capo d’Anzio – dicono che con una fideiussione (un’altra?) e un campo boe, il gioco è fatto. Nessuna banca concederà il credito richiesto. Lo dareste voi a chi ha bilanci come quelli della società e soci in contenzioso?

27) Se n’è andato anche Monti, ha sbattuto la porta l’ultimo amministratore delegato Lombardo, il Comune (sempre D’Aprano) ha fatto un bando per trovarne un altro ma era sbagliato, così l’ha ripubblicato il 28 dicembre con scadenza il 4 gennaio. Roba che se l’avesse fatto un politico sentivi tu….

28) La commissione straordinaria in delibera sul mantenimento delle partecipate non si accorge del copia e incolla della delibera dello scorso anno e parla di incassi aumentati (quali? Forse perché sono aumentati i prezzi?), piano industriale (quale?) e 2023 per l’inizio delle opere (come?)

29) In tutto questo Comune e Marconi si sono sono vicendevolmente denunciati su più vicende. De Angelis ha dato del ladro all’ex amministratore delegato Antonio Bufalari in consiglio comunale ed è stato denunciato dall’ex amministratoredelegato. La magistratura chiarirà

30) Il porto è pubblico e tale resta, va chiarito il ruolo della Capo d’Anzio che Marconi cercherà di prendersi come ha fatto con Italia Navigando, è bravissimo in questo e qui abbiamo provato a spiegarlo più volte. La legge regionale è cambiata, però, e sul demanio marittimo è il Comune adesso a decidere. Si potrebbe sempre tentare, chiunque governerà in Regione tra due mesi, di entrare nell’Autorità portuale. Peccato che proprio il Demanio sia uno dei nodi cruciali dello scioglimento del consiglio per condizionamento della criminalità, così come nella relazione sia ampiamente citata la Capo d’Anzio e i voli pindarici sulla gestione della partecipata. Al vertice del Demanio, sempre il dirigente di cui sopra. Ah, pur volendo: è ancora tutto sotto sequestro, difficile mettere mano a qualcosa.

Scioglimento, fallimenti e lo strano “è tutto a posto” dei commissari

Le quattro pagine che accompagnano il decreto di scioglimento del Comune di Anzio per condizionamento della criminalità organizzata sono ormai di dominio pubblico e vedremo se il ricorso annunciato da chi governava ed era contiguo a certi ambienti sarà accolto o meno.

Diciamo che due livelli sono stati già toccati: i presunti affiliati alla ‘ndrina arrestati con l’operazione “Tritone” sono ancora in carcere, l’accusa di 416 bis ha retto e da ultimo la Cassazione ha rigettato l’istanza di scarcerazione di Giacomo Madaffari con motivazioni che lasciano pochi spazi a dubbi. I politici non sono più in carica, perché avrebbero favorito la “fitta trama – così si legge nelle quattro pagine a firma del ministro Piantedosi – di relazioni tra consorterie criminali e amministrazione locale“.

Abbiamo finito? Certo che no. Perché come amo spesso ripetere gli aspetti penali interessano poco, sono le responsabilità politiche quelle di cui deve rispondere chi ha governato la città. E tra queste c’è il terzo aspetto, quello che nessuno finora ha trattato. Vale a dire il fallimento del “modello di amministrazione” che per 25 anni è stato il mantra della destra anziate. Scrive sempre il ministro, riportando quanto accertato in sei mesi dalla commissione d’accesso, di “condizione generale di assenza di regole” e di “autentico disordine amministrativo in cui versano gli uffici comunali“. Di più: “Una gestione amministrativa improntata a criteri di mera conoscenza personale e clientelari” (ma dai?, quando lo dicevamo in pochi eravamo presi per matti) e soprattutto: “Un’azione amministrativa complessiva che non trova riscontro nelle più basilari norme di buona amministrazione“. Eccolo, il fallimento di chi guidava la città a soggetto e non guardando, evidentemente, al bene comune. Di chi ogni sei mesi disegnava dotazioni organiche per favorire chi era “allineato”, evidentemente, e non il buon funzionamento degli uffici.

Nelle quattro pagine – ma la relazione ne avrebbe in tutto almeno 800 – si parla di Capo d’Anzio e dei parcheggi regalati dietro al porto agli eredi di Malasuerte (da un dirigente fatto venire dalla politica, allora, tenuto dall’ultimo sindaco che lo invitava a togliere i sigilli a un ristorante), dei rifiuti – dove è stato tenuto un funzionario che era palese non potesse stare lì, quantomeno per opportunità – di un appalto con i nomi che “ce li hanno dati loro” e un frettoloso passaggio all’Aet che vedremo tra poco. Si parla del Demanio senza regole e del patrimonio idem, con il campo del Falasche che è solo la punta dell’iceberg. Di appalti sotto soglia, sistematicamente.

Ebbene a fronte di questo, va tutto bene e i responsabili di quanto accertato restano tutti al loro posto. Proprio oggi i commissari hanno tenuto una conferenza stampa durante la quale – da quello che si legge – avrebbero detto che è tutto a posto. Della serie che la commissione d’accesso ha scherzato?

Peccato non esserci, faccio altro nella vita com’è noto e questo spazio è un pungolo e un campanello d’allarme per chi vuole ascoltare, ma qualche domanda l’avrei posta. Se davvero i conti sono in regola, come ci si comporta con la mole di residui attivi per la Tari, per esempio? Sanno i commissari chi dirigeva l’ufficio tributi all’epoca della creazione di quei milioni di mancati incassi? Lo stesso che oggi dirige l’area finanziaria e che il 21 cesserà di essere “ex 110” e diventerà come tutti ormai sanno dirigente effettivo. Sulla Capo d’Anzio, ad esempio, si potrebbe chiedere sempre a lui perché prima voleva liquidarla com’è scritto in una relazione al bilancio 2018 e poi ha scritto alla società dicendo altro. Tanto la richiesta di rinvio a giudizio per falso mica riguarda lui ma i vertici di allora della Capo d’Anzio. Sulla quale avrebbe “ripensato” – ma questo dovrebbero dircelo sempre i commissari – anche alle procedure di assunzione. Sempre la Capo d’Anzio deve al Comune 517.000 euro di una fidejussione pagata dall’ente e mai restituita, tanto da finire tra i crediti di dubbia esigibilità. Vogliamo parlare del Demanio sotto sequestro? E del patrimonio riaffidato a chi c’era?

Se poi si vuole approfondire quanto accaduto con il passaggio ad Aet i componenti della commissione straordinaria possono dilettarsi con il “copia e incolla” del quale abbiamo dato conto, oltre che con la fretta di fare tutto all’ultimo minuto dell’ultimo giorno. Dirigente, funzionario e responsabile dell’anticorruzione erano gli stessi che ci sono ora. Ha “pagato” solo il secondo, tolto dall’ambiente quando ormai la frittata era fatta e la commissione d’accesso insediata.

A proposito, la segretaria generale che ha avuto il ruolo di controllore e controllata per un lungo periodo, ha redatto il piano anticorruzione 2022-2024 citando tra le criticità – di fatto – solo quanto accaduto all’ufficio anagrafe, sottolineato in neretto, mentre l’insediamento della commissione (senza i motivi) sono in fondo a pagina 12. Dimenticati i vari Evergreen, 27 proroghe, Malasuerte e compagnia o forse ritenuti irrilevanti. La giunta lo ha approvato il 28 aprile.

Ecco, c’erano i presunti ‘ndranghetisti (e pure quelli vicini alla camorra), c’erano i politici, poi c’è chi gli dava retta. A questi ultimi, almeno, alcuni dei quali continuano a essere presenti negli uffici come se nulla fosse cambiato. Dire che è tutto a posto non risponde al vero, dispiace. Non è facile il lavoro di una commissione straordinaria, ce ne rendiamo conto, il “treno è in corsa” come hanno sottolineato oggi, ma è bene rendersi conto fino in fondo di qual è la situazione prima di intervenire.

Per questo sarà bene ripartire da quella che da sempre mi piace definire “legalità delle cose quotidiane”. Ad esempio restituendoci l’albo pretorio che è “scomparso”, avviando una indispensabile rotazione degli incarichi senza cadere nel tranello che era della politica “e chi ci metto….” perché chi governava voleva una macchina come quella descritta nella relazione, la commissione straordinaria deve preoccuparsi che le cose funzionino. Già che ci siamo e visto che i commissari apprezzano la cucina di Anzio, quando vanno a pranzo evitassero di parcheggiare sulle strisce per le mamme in attesa. E’ una piccola cosa, certo, e non sarà la polizia locale a farlo notare, ma è di tanti piccoli gesti che abbiamo bisogno prima di dire che è tutto a posto.

ps, c’è grande attesa per la puntata di “Piazza Pulita” in onda questa sera, 15 dicembre 2022. Mi piace ricordare che eravamo pochi, vero, ma certe cose le abbiamo sempre dette…

Capo d’Anzio, un altro addio e quel falso in bilancio. Sindaco, lascia…

Nessun alzabandiera né roboanti comunicati per miracolosi campi boa. Questa volta il Comune – che per conto dei cittadini detiene il 100% delle quote della Capo d’Anzio – non ci fa sapere che si è dimesso l’amministratore unico Francesco Lombardo. Però trova il tempo di dirci che Umberto Tozzi, “saltato” per la festa del patrono, suonerà il 10 luglio e che “ha espressamente richiesto il recupero di questo concerto per poter incontrare il pubblico di Anzio, che attendeva, con ansia, questo importante evento live sul nuovo palco di Piazza Garibaldi”. Bene, ma sulla Capo d’Anzio?

Il porto che doveva rilanciare la città al pari di un investimento della Fiat (ma lì con Marchionne moribondo si sbrigarono a far sapere cosa stava accadendo) continua a essere cosa loro e non dei cittadini. Se ne va l’amministratore salutato solennemente un paio di mesi fa e tutto tace.

Forse perché se ne va sbattendo la porta. Se è vera la metà di quello che si dice tra la banchina e Villa Sarsina, la lettera con la quale si è dimesso ha contenuti di fuoco. Saranno vere dimissioni o un modo come quello di uno dei predecessori, il generale Marchetti, per ripensarci e tornare, poi andare via di nuovo, o definitive? Lo vedremo. Certo è che se metti un magistrato della Corte dei Conti a svolgere quel ruolo, qualche pulce te la fa. Su questo e sui toni spesso accesi del sindaco, pare si sia consumato lo strappo.

Ma il discorso è un altro e cioè che la società fa acqua da tutte le parti. Oggi, come ieri, il problema del porto non è il progetto – allora avveniristico e oggi irrealizzabile – ma la società e le sue condizioni. Doveva farlo, il porto, la Capo d’Anzio. Si limita a gestire l’esistente usando – come ha fatto per anni – pontili altrui, catenarie, o cacciando (da ultimo) chi fa rimessaggio. Non è “bancabile” per la situazione di contenzioso con Marconi e per i bilanci che ha. A proposito dei quali sembra che finalmente se ne sia accorta anche la Procura. Sarà un caso ma il presidente se ne va all’indomani della convocazione di più di qualcuno negli uffici giudiziari per chiedere spiegazioni sull’ipotesi di falso in bilancio rispetto ai documenti del 2018 e 2019. Per il primo una relazione del consiglio di amministrazione – votata anche dai rappresentanti del socio pubblico – parlava di una perdita. Il dirigente dell’area finanziaria “signorsì” scrisse sulla nota integrativa del consuntivo 2018 del Comune (approvato da questa maggioranza) che la Capo d’Anzio andava liquidata.

Poi la magia, l’arrivo del professore specializzato in crack finanziari Ernesto Monti e i conti a posto. O lui o chi aveva fatto prima quel bilancio, ha detto una bugia che si è “trascinata” nel successivo esercizio e su cui la Procura ha aperto un fascicolo, ascoltando testimoni come “persone informate sui fatti”

Sarà stato per l’arrivo della commissione d’accesso – bloccata nel 2018 dalle “vie infinite della politica” – ma tutti i nodi cominciano a venire al pettine. Compreso quello dei consiglieri che all’atto della nomina hanno dichiarato il falso e che non avrebbero potuto partecipare alle attività del Comune. Alcuni per questioni veniali, fra l’altro nel frattempo hanno saldato, altri per vicende più serie delle quali né anti corruzione né dirigenti “signorsì” sembrano essersi accorti. Se aggiungiamo che due di loro, secondo l’operazione Tritone, sono l’anello di congiunzione con la Ndrangheta il gioco è fatto. Che a sollevarlo, prima qui e poi anche in consiglio comunale nell’unica partecipazione sia stato chi scrive, è un dettaglio.

Caro sindaco, cos’altro deve accadere per dire basta? Non lo chiede un amico profondamente deluso (per orgoglio, non lo faresti mai) e fuori da qualsiasi pretesa politica , ma la città. E’ ora che te ne renda conto

Capo d’Anzio e il porto che muore, ma loro festeggiano

La smania comunicativa di chi guida Anzio è senza eguali, tanto c’è chi “copia e incolla”. Così per il porto un campo boe è fatto passare come la svolta di un approdo destinato al fallimento e di una società che lo stesso sindaco, oggi, dice di voler liquidare. Società dalla quale vanno via il presidente Ernesto Monti e l’amministratore delegato Gianluca Ievolella, per far posto a un ex magistrato di Corte dei conti che avrà il ruolo di amministratore unico. Non fosse qualcosa di pubblico, interesserebbe poco. Invece sono trascorsi 22 anni, tra poco più di un mese, dalla costituzione della Capo d’Anzio e l’unica cosa che la società ha saputo fare è accumulare debiti o mettere insieme manovre di ingegneria finanziaria che tra una denuncia e l’altra – fra Comune e socio privato che l’attuale sindaco ci ha fatto trovare quando entrò Italia Navigando – forse scopriremo una volta per tutte. Doveva essere il porto da 1200 posti barca, da centinaia di posti di lavoro, raddoppiato, per le crociere, i grandi yacht e compagnia, è diventato peggio di quello che c’era e che tanto criticavamo perché in mano alle cooperative ormeggiatori. Il porto, ma soprattutto la società di gestione che dovrebbe essere la nostra ma è gestita dal “sistema Anzio” in tutto e per tutto. Dai concorsi per le assunzioni riaperti a soggetto, da quando i lavoratori esclusi da una prima graduatoria entravano grazie a una società interinale, alle opere affidate a chi – a quanto sembra – non ha la qualifica. Dai pontili pericolanti e chiusi, formalmente ancora delle coop cacciate, ma poi utilizzati per posizionare le boe del “rilancio”. Non si offenderà Carlo Collodi, ma l’operazione che si vuole far passare somiglia tanto a quello che si chiedeva a Pinocchio nel Campo dei miracoli della celebre favola. Insomma, quelle boe non sono certo quello che da oltre 20 anni si promette. Ci vorrebbe l’onestà intellettuale di ammetterlo.

Come andrebbe spiegato ai cittadini, tutti, che la fidejussione rilasciata a favore della società per ottenere 1,5 milioni di euro era carta straccia sin dall’inizio. Come l’ex amministratore Ievolella ha risposto ai consiglieri 5 stelle Pollastrini e Guain, ben quattro istituti di credito hanno detto “no, grazie” e la garanzia rilasciata dal Comune è stata restituita. Possibile che di fronte all’opera che doveva trasformare la città Intesa San Paolo, Unicredit, Blu Banca e Bcc si siano tirate indietro? E che prima ancora anche la Cassa depositi e prestiti abbia fatto sapere “no, grazie”? Certo, semplicemente perché la Capo d’Anzio non è “bancabile” come si dice in gergo. Non è un caso che Ievolella, quei soldi, li avesse chiesti al Comune prima di andare a bussare per istituti di credito. Sta bene il primo cittadino a dire che la colpa è di Bruschini e Marconi, il “sistema” è sempre lo stesso e lui non viene da Marte, conosceva bene le vicende della Capo d’Anzio. Da sindaco per dieci anni, poi da senatore e da finto oppositore. L’ultimo annuncio è la liquidazione della società a settembre, ma intanto il Comune concede 140.000 euro per fare un minimo di attività sperando che l’estate vada bene. Da unire ai 517.000 delle vecchia fidejussione che la Capo d’Anzio non ha mai restituito, al punto che nel bilancio 2022 del Comune diventa un credito di “dubbia esigibilità”. Il porto muore insieme alla società che doveva realizzarlo ma loro comunicano e quasi festeggiano.

Infine, su una cosa si sta specializzando la Capo d’Anzio che doveva rifare il porto, rilanciare l’economia e tutto quello che sappiamo: trovare appigli per cacciare chi ha una concessione e paga regolarmente. L’ultimo in ordine di tempo è il rimessaggio all’Ondina.

Sorpresa Capo d’Anzio, c’è il bilancio 2020. Con qualche dubbio

Stavolta la Capo d’Anzio ha stupito con effetti speciali. Non c’è stato bisogno di visure in camera di commercio, il bilancio 2020 (e insieme quello 2019 che fino a qualche giorno fa non compariva) è stato pubblicato sul sito della società. Su quello del Comune, ancora no, ma d’altra parte la “casa di vetro” che il sindaco ha enunciato nell’ultimo consiglio comunale mica può essere perfetta….

La prima impressione sul silenzio rispetto all’approvazione del bilancio è che quasi si voglia “nascondere” ciò che la società fa di buono. Si annunciano in pompa magna nomine e alzabandiera, svolte epocali con una fidejussione che forse qualche banca un giorno accetterà, ma non si dice che i conti nel 2020 hanno chiuso con un attivo di 17.363 euro rispetto ai 4.959 dell’anno precedente. Come, il professore presidente e l’amministratore arrivati a miracol mostrare non ci fanno sapere una cosa del genere? E nemmeno il sindaco che finalmente vede la luce (lui, almeno) del “suo” porto? Qualche dubbio sorge e non serve scomodare Norberto Bobbio – secondo il quale era meglio seminare dubbi che raccogliere certezze – ma basta leggere tra le pieghe del bilancio. Ah, non c’è la relazione del collegio sindacale allegata. La “casa di vetro”, appunto, non è perfetta. Aspettiamo di trovarla e leggerla, con calma.

Dicevamo delle pieghe, intanto, e qui viene in mente il film “The karate kid” con la frase “Dare la cera, togliere la cera”. Motivo? Semplice, si sposta un pezzo di bilancio e lo si trasforma. D’altra parte il professor Monti non è arrivato per questo?

Andiamo a leggere qualcosa, allora, e scopriamo che i debiti diminuiscono (meno male!) ma al tempo stesso aumenta il patrimonio netto, cioè i debiti verso i soci. Vale a dire Comune e Marconi ovvero Marinedi. Come? Diventa “altre riserve” il progetto cosiddetto di Fase III che il socio privato brutto, sporco e cattivo definito dal sindaco addirittura ladro qualche giorno fa, si era impegnato a fornire “a fondo perduto”. Dai cera, togli cera, cambia posto e il gioco è fatto. Perché mentre i debiti passano da 3 milioni 212.265 euro a 2.987.771 con una diminuzione di 224.000 euro, le passività aumentano da 4 milioni 4000 e spicci a 4 milioni 149.000 euro, con una crescita di circa 145.000 euro. Aumentano i “ricavi delle vendite e delle prestazioni” che sono 724.941 euro contro 648.320 e fanno registrare più 40.000 circa, diminuisce il valore della produzione nel suo insieme che è pari a 804.853 mentre nel 2019 era di 1.028.403 e quindi meno 200.000 circa.

Qualche “chicca”? Nel 2020 dai parcheggi al centro della vicenda Malasuerte e affidati sempre agli stessi la società ha incassato 83.000 euro circa, l’anno prima 106.000. Vedremo con il cervellotico sistema dei gettoni del 2021, ma certo se lì guadagnano terzi difficile che possa farlo anche la Capo d’Anzio che preferisce far gestire ad altri – a un prezzo irrisorio – buona parte dei posti.

Sui debiti è bene leggere il passaggio di bilancio riportato qui sotto, più esaustivo di ogni altra cosa

Stai a vedere che forse Progetto Anzio di Vasoli, Piccolo e Amaducci aveva ragione a presentare l’ordine del giorno che ha fatto infuriare il primo cittadino ed è stato respinto da quello che resta della maggioranza. Speriamo che qualcosa si possa discutere davvero in commissione trasparenza.

Infine, aspettando marzo e il bilancio 2021 con il quale il professor Monti lascerà la Capo d’Anzio, un paio di domande. Sono le solite, mi rendo conto, ma fondamentali: chi ha imbrogliato rispetto al bilancio 2018 approvato in consiglio d’amministrazione con una perdita e poi miracolosamente diventato in attivo durante l’assemblea? La Capo d’Anzio, nelle condizioni date, può farlo il porto?


Porto, altro che commissione. Basterebbe un po’ di trasparenza

Sei consiglieri comunali di Anzio chiedono una commissione speciale sul porto. Poco più di un mese fa hanno alzato la mano – così imponeva il “recinto” – per una fidejussione che rischia di essere più farlocca della precedente e oggi si rendono conto che il piano industriale allegato (!?!?) e illustrato da presidente e amministratore delegato più imbonitori che altro in quella occasione, è “ridotto nei contenuti”. Si potrebbe dire meglio tardi che mai, peccato che questa richiesta ha tutta l’aria di inserirsi nella disputa infinita all’interno della coalizione che ha vinto le elezioni, nel discorso della ricandidatura del sindaco (scontata) ovvero delle future regionali e delle “strategie” che riguardano anche Nettuno.

Perché sul porto, vedete, basterebbe un po’ di trasparenza. A cominciare dall’ultimo bilancio approvato – quello del 2019 – non ancora pubblicato sul sito della società (sono le 10,30 del 31 gennaio 2022) e “non trovato” per un errore sul server in quello del Comune.

A dire il vero, c’è molto, molto altro da sapere. Al posto dei sei consiglieri – e non solo – al sindaco andrebbe chiesto “a chi ci hai messo in mano?” dopo che Agostino Gaeta ha tracciato il profilo del presidente Ernesto Monti in tre pagine (vedi sotto) piene dei flop del professore, molto simili a quelli della Capo d’Anzio.

Si dovrebbe sapere, dato che siamo nel 2022, perché non si approva ancora il bilancio 2020 e a che punto è quello del 2021. Andrebbe reso noto ai cittadini – proprietari delle quote della Capo d’Anzio – a che punto sono i contenziosi con Marconi (altro “acquisto” per il quale dobbiamo ringraziare il sindaco che ce lo portò insieme a Italia Navigando) e la sua Marinedi, quelli con gli ormeggiatori, con i fornitori e i lavoratori che erano in graduatoria ma sono stati “scavalcati” da chi è stato preso da un’agenzia interinale. E andrebbe spiegato che il prossimo contenzioso sarà con il circolo Pescatori sportivi, “sfrattato” tra qualche giorno, che quando c’è stato il passaggio alla Capo d’Anzio non è stato mai coinvolto e ha continuato a pagare i suoi canoni al Comune.

Ancora di più, andrebbe detto che non solo la Cassa depositi e prestiti ma anche un paio di istituti di credito hanno detto “no, improponibile”, alla richiesta di prestito che i due imbonitori hanno fatto votare dal Consiglio comunale con un piano finanziario inesistente. Quale banca darà credito alla Capo d’Anzio che non ha mai restituito la precedente fidejussione (contestata dalla Corte dei conti), fuori dai canoni per la richiesta di prestiti, indebitata fino al collo? Chi lo farà, sapendo che la Procura di Velletri – tramite la Guardia di Finanza – ha acquisito documenti sulla società dopo gli esposti a vicenda tra Comune e Marinedi?

A proposito, ci sarà qualcuno – tra magistratura ordinaria e contabile – che un giorno ci spiegherà perché il bilancio 2018 approvato dal consiglio d’amministrazione chiudeva in negativo e poi magicamente ha avuto un saldo positivo? Quale operazione di ingegneria finanziaria è stata compiuta e chi ha dichiarato il falso? I consiglieri – i sei della commissione speciale, ma volendo anche gli altri – perché non vanno dal dirigente dell’area finanziaria “signorsì” del sindaco, a chiedere per quale motivo proponesse lo scioglimento della Capo d’Anzio (nota integrativa al bilancio, si veda qui sotto)

e oggi copia e incolla la delibera della fidejussione nella nota integrativa al bilancio 2022-2024, recependo i “miracoli” illustrati da Ievolella e Monti?

Infine un altro paio di questioni: siamo ancora certi che la Capo d’Anzio abbia le caratteristiche minime per stare in piedi e non debba portare i libri in Tribunale? E siamo sicuri che tra un contenzioso e l’altro, fatturato medio e via discorrendo, Marconi non si stia già preparando a prendersi tutto? La responsabilità politica di tutto questo è nota: quella di chi governa la città dal ’98 a oggi, hai voglia a fare commissioni speciali…

Capo d’Anzio, accanimento terapeutico. Ma è ancora nostra?

Il Consiglio comunale di Anzio ha approvato a maggioranza – 14 favorevoli, 5 contrari – la fideiussione per la Capo d’Anzio. Presidente e amministratore delegato (il primo esperto e protagonista di crack, il secondo lo stesso che venne a illustrare i fallimentari “Dolt”) hanno provato a spiegare la bontà di un’operazione che è da accanimento terapeutico verso una società decotta. E che il porto, al momento, non lo fa ma prova malamente a gestirlo. Accumulando debiti. Perché sia in quelle condizioni l’ho riportato più volte, ma ora sorge un altro dubbio che pure è stato affrontato in questo umile spazio in diverse occasioni.

Siamo certi che la società sia ancora nostra? Attualmente deteniamo il 100% delle azioni, 61% nostre e 39% affidate a un custode giudiziario dopo che Italia Navigando ha ceduto le sue quote a Marinedi. C’è un “reclamo” ancora aperto, presentato dalla Marinedi di Renato Marconi e c’è un ricorso in Cassazione presentato dalla stessa società e da Invitalia. Finora il Comune ha sempre vinto, ma il punto non è questo.

Il decreto legislativo 175/2016 prevede, fra l’altro, un fatturato medio nell’ultimo triennio precedente all’entrata in vigore del provvedimento, di un milione di euro, cosa che la Capo d’Anzio non ha avuto. A ciò si aggiunga che il bilancio è stato faticosamente (e con qualche perplessità almeno per il 2018, quando arrivò e fu approvata in consiglio d’amministrazione una perdita di 73.000 euro poi “scomparsa”) portato in attivo in quel triennio. Se fosse applicata questa norma, il Comune doveva avviare la dismissione della società.

La legge finanziaria del 2007, inoltre, vietava alle amministrazioni pubbliche di “costituire società aventi per oggetto attività di produzione di beni e servizi non strettamente necessarie per il perseguimento delle proprie finalità istituzionali, né assumere o mantenere direttamente partecipazioni”. Ora, la Capo d’Anzio era costituita prima e abbiamo sempre sostenuto la necessità di avere il controllo pubblico sul porto, ma forse non è sufficiente. Anche la Corte dei Conti aveva “bacchettato” il Comune in tal senso.

C’è poi il Consiglio di Stato che afferma: “(…) si prevede una decadenza ope legis della partecipazione con il conseguente obbligo, per la società, di procedere alla liquidazione all’ente del valore delle quote o delle azioni detenute in funzione della consistenza patrimoniale della società e delle sue prospettive reddituali nonché dell’eventuale valore di mercato”.

Nessuno si auspica che il Comune, dopo anni di promesse e debiti accumulati, possa perdere il controllo ma dopo il Consiglio di ieri siamo ancora certi che la società sia ancora nostra?

Porto, il bilancio 2019 ancora “nascosto”. Ecco perché

Quando volevo fare questo mestiere, Giampaolo Pansa dava tra i consigli agli aspiranti giornalisti quello di saper fare visure in Camera di commercio. Non era come oggi, tutto on line, ma è stata una bella palestra ed è un insegnamento che tengo sempre a mente.

Così non ho perso l’abitudine e adesso che la tecnologia aiuta, se fai la visura sulla società X, al minimo cambiamento arriva un “alert” che ti informa di novità presenti. Così ho scoperto che mentre la sezione amministrazione trasparente della Capo d’Anzio è ferma (siamo al 6 novembre alle 20) al bilancio 2018 e quella del Comune (stesso orario) dice “file non trovato sul server”, l’atto è stato depositato nei giorni scorsi.

Perché non viene reso pubblico? Semplice, mentre pensano di portare la società in liquidazione o al fallimento, si legge nella relazione del presidente Ernesto Monti che: “Non si registrano particolari criticità afferenti il clima politico e sociale di contorno alle attività sociali”. Siamo su “Scherzi a parte”? Una società decotta, con un contenzioso aperto e del quale non si vede la fine, una parte in mano a un custode giudiziario, denunce reciproche tra soci e non ci sono criticità? E il clima politico è tranquillo intorno alla Capo d’Anzio? E poi non c’è solo la frase di Monti, le sorprese sono molte altre e le vedremo. Però sembra di conoscere già la risposta: benché approvato con molta calma (a quante società è permesso di farlo due anni dopo?) questo è il bilancio 2019, aspettate….

Dal documento apprendiamo che aumentano gli incassi ma diminuiscono i ricavi e crescono i debiti. Perché sappiamo non essere vero che il clima è “pacifico”, ma il presidente nella sua relazione ammette: “Va tuttavia evidenziato che le incertezze in merito ai piani di sviluppo della società, con particolare riferimento all’avvio dei lavori di infrastrutturazione del bacino portuale, sono in grado di condizionare i risultati dell’attività commerciale della Società”. Quelle incertezze sono pluriennali, ma diventano sempre una scusa per giustificare la tenuta in piedi del “giocattolo” Capo d’Anzio.

I numeri

Il bilancio chiude con un utile di 4.959 euro, mentre nel 2018 era stato di poco più di 13.000 dopo che l’originaria proposta dell’allora amministratore delegato prevedeva una perdita di 82.000. Chi avrà ragione su quei conti, forse, ce lo dirà la Guardia di Finanza. Una cosa è certa, i debiti passano da 3 milioni e 40.000 euro del 2018 a 3 milioni 212.000 del 2019, il totale delle passività da 3 milioni 647.000 a 4 milioni e 4.000. Aumenta il valore della produzione, passando da 862.000 a 1 milione 28.000, ma crescono anche i costi, da 826.000 a 1 milione e spicci.

I debiti

Sono diversi, ma quelli più rilevanti – citiamo il bilancio – sono “tributari (euro 528.647), composti in prevalenza dal debito IVA pari a complessivi euro 306.793, dal debito per ritenute operate su compensi erogati a professionisti (euro 51.053) e sugli emolumenti erogati ai dipendenti (euro 4.109), da debiti per imposte IRES-IRAP (rispettivamente euro 8.199 ed euro 14.710) e dall’accertamento IMU per il periodo di imposta 2015, il quale però si è verificato essere un onere da ribaltare ai sub-concessionari ex art. 45-bis CdN pro quota. Sono state inoltre contabilizzate le sanzioni, gli interessi e le spese di notifica/aggio relativamente alla cartella n. 09720190248954942000 ad oggetto l’IVA 2016 ed alla cartella n. 09720190133763829000 ad oggetto il
canone demaniale per le annualità 2016, 2017 e 2018. Si precisa che il debito IVA è comprensivo degli importi relativi agli avvisi bonari ricevuti per l’IVA non versata per il periodo 2014-2018 (residuo da versare di euro 81.547), per i quali è stata richiesta, laddove possibile, la massima rateizzazione in 20 rate trimestrali. Ddebiti verso istituti di previdenza, relativi al debito INPS- Inail -Ebtl per complessivi euro 12.918debiti verso socio Comune di Anzio euro 517.794″. Fermiamoci qui e ripartiamo proprio da questo: sono i soldi per la “famosa” fidejussione necessaria a pagare la concessione, mai restituiti e che difficilmente vedremo. Perché nella relazione del presidente si legge che il socio Marinedi vanta crediti per oltre 600.000 euro e difficilmente ci darà anche solo il 39% di sua competenza su questa cifra. Parliamo poi delle imposta non pagate, dell’Imu per il 2015 che il Comune non ha mai visto e che adesso viene riversata sui concessionari (ma non sarà inesigibile, ormai?). E tralasciamo oltre un milione di debito con la Regione per gli oneri concessori, per i quali si cerca un’intesa bonaria dopo che il Demanio è passato in toto al Comune, e il dragaggio del porto.

I revisori

Perché non viene pubblicato il bilancio? Forse c’è un altro motivo ed è legato a quello che scrivono i revisori dei conti. Il collegio: “all’unanimità, sottolinea la difficoltà della Società nel far fronte alle proprie obbligazioni nei confronti dell’Erario e della Regione, nonché dei fornitori. Dalla lettura del Bilancio e in particolare della Relazione sulla gestione, emerge che il risultato di utile dell’esercizio 2019, non è dovuto all’incremento dei ricavi della gestione caratteristica, ma a poste straordinarie e la situazione finanziaria è particolarmente sofferente, così come evidenziato anche dall’elaborazione degli indici di bilancio relativi alla posizione finanziaria cosi come indicati nella relazione sulla gestione. Il Collegio sindacale ritiene doveroso che i Soci valutino con la massima attenzione quanto sopra delineato, prendano gli opportuni provvedimenti, e nell’approvazione del bilancio di esercizio prevedano anche la ricapitalizzazione della società”. Cosa che doveva avvenire – sempre secondo i revisori – già nel 2018…. ” Infine il collegio ritiene di “non essere in grado di esprimere un compiuto giudizio”. Stessa conclusione alla quale arriva il revisore legale.

La gestione

Con questi conti quale banca o quale investitore sceglierebbe la Capo d’Anzio? Come per l’Aet di Ciampino che da qualche giorno gestisce i rifiuti siamo andati a vedere un piccolo dettaglio del bilancio, l’indice “Roe” che si studia a un esame di economia politica al primo anno di università e fornisce un primo stato di salute delle società. Ebbene è passato da quello già basso del 2018 pari a 0,15 a 0,05. Per essere considerato buono, sindaco e presidente della Capo d’Anzio ce lo insegnano, dovrebbe essere almeno del 5%. Pure qui, la risposta possiamo immaginarla: c’erano gli altri. Vero, il sindaco non viene da Marte – però – e soprattutto nella gestione attuale è tutto in mano al pubblico e le cose non brillano certo. Ha fatto bene il consigliere Maranesi a chiedere conto degli incassi di quest’anno, per esempio, e anche del 2020 di cui il bilancio ancora non si vede. Farebbe bene, il socio di maggioranza, a dirci qual è la reale situazione al netto delle scontate colpe che attribuisce ad altri.

Perché non basta nominare un presidente-professore che finora è stato presente in importanti vicende nazionali, dal crack Trevitex alla dichiarazione di insolvenza di Eutelia, fino alla mancata approvazione del piano degli obbligazionisti di Astaldi, per risollevare una società che doveva realizzarlo, il porto, ma si è limitata a gestirlo e pure in modo fallimentare.

Rifiuti: le carte (nascoste) su Ciampino, come alla Capo d’Anzio

Ogni simile, secondo il vecchio adagio, attira il suo simile. Così a leggere qualcosa in più sulla Aet di Ciampino si scoprono cose interessanti. A detta del sindaco (ultima dichiarazione ieri, al Messaggero) risolverà l’immondezzaio nel quale hanno ridotto Anzio lui e le amministrazioni precedenti fallimentari sulle politiche ambientali, basta vedere i dati sulla differenziata, e invece….

Che la scelta l’abbia fatta il primo cittadino, consultando pochi e “fidatissimi” alleati, quindi costringendo il “recinto” a votare, è noto. Fece così anche ai tempi della Volsca della quale ancora paghiamo le conseguenze. Ripeto, qui non si è contro a prescindere rispetto a una partecipata, ma prima di andare da quella del sindaco leghista – nel frattempo mandato a casa da una maggioranza più litigiosa della nostra – si poteva e doveva fare una manifestazione d’interesse nazionale. No, prima la “gara ponte” promessa e mai fatta, poi la trattativa con Camassa ed eredi (a proposito, dalle ultime determine non si vedono sanzioni….), quindi un capitolato bocciato dal proprio consulente e infine la partecipata che – a sua volta – per presentare l’offerta ad Anzio si è basata proprio sul quel capitolato. Un copia e incolla del quale abbiamo dato conto, salvo scoprire adesso che il sindaco qualche carta l’ha nascosta e né il “recinto” né altri sono andati a vedere la situazione della Aet.

Perché ogni simile attira il suo simile? Semplice, l’ormai ex sindaca di Ciampino ha mandato via il precedente amministratore della società lamentandosi dei “problemi intercorsi” tra società e Comune capofila (vi ricorda nulla, ad esempio il porto dalle nostre parti?) e nominando, però, chi non poteva prendere quel posto. Che sarà mai, qui abbiamo avuto dirigenti senza titolo, presi dal precedente sindaco e tenuti dall’attuale, anche se c’è una differenza: nel caso di Ciampino è intervenuta l’Anac e ha annullato quella nomina, costringendo la sindaca a rivedere tutto. Da queste parti nemmeno l’Autorità nazionale anticorruzione è tanto propensa a intervenire, ma mai dire mai…. Anche a Ciampino all’atto della nomina comunicati roboanti, reciproci ringraziamenti e poi si scopre che non era possibile.

E magari fosse solo questo, nessuno è andato a leggere i bilanci di Aet, quindi ci è stato nascosto che la società “prevede, entro la fine del 2021, la formalizzazione di una o più operazioni di ristrutturazione del debito corrente mediante il ricorso a finanziamenti a medio / lungo termine” e che con la nostra quota andremo ad accollarci – in parte, è ovvio – 21 milioni 98.785 euro che Aet ha accumulato negli anni, in buona parte con banche per “anticipazione dei crediti, passando dal factor all’anticipo fatture su conto corrente bancario. Pertanto l’incremento del debito bancario è dovuto al completo trasferimento delle posizioni anticipate”. E che vuoi che sia… Ma c’è un’altra analogia con la Capo d’Anzio, sulla quale bene ha fatto Marco Maranesi a chiedere ulteriori lumi rispetto a quelli che in questo spazio si ripetono da anni. L’analogia è quella dei debiti con il fisco. Sempre nell’ultimo bilancio di Aet (del 2020, pubblicato a luglio 2021 e disponibile sul sito, mica come Capo d’Anzio che è ferma al 2018) si legge che: “La voce “Debiti tributari” comprende le somme dovute sia per imposte dell’esercizio che per debiti relative alle ritenute di lavoro dipendente. Le imposte negli esercizi precedenti non sono state corrisposte nei termini, per carenza di liquidità, purtuttavia si è provveduto al pagamento degli Avvisi ricevuti dall’Agenzia delle Entrate con un piano di rateazione trimestrale di 20 rate per ogni singolo debito”. Avete letto bene: carenza di liquidità. E quali garanzie dà, Aet, al Comune di Anzio in tal senso?

Se andiamo a prendere il bilancio del Comune di Ciampino (sempre dal sito) poi, per il quale l’amministrazione è andata a casa, leggiamo che i revisori dei conti nel 2019 fanno notare come “è stata verificata la non corrispondenza tra i saldi dei crediti/debiti risultanti alla data di riferimento nel rendiconto della gestione del Comune e i corrispondenti saldi risultanti dalla contabilità aziendale della società”. Una differenza di 510.673,17 euro che non fa ben sperare vista le note difficoltà del Comune di Anzio a far quadrare i conti. Anche qui, la Volsca prima ancora della Capo d’Anzio, insegnano. Riguardo al “fondo rischi per le vertenze in corso” (eh sì) leggiamo inoltre: “Tale fondo, prudenzialmente accantonato, è stato costituito in sede di chiusura dell’esercizio a seguito alla valutazione degli atti relativi alla controversia in corso, per servizi resi e non remunerati, con un Ente locale precedentemente servito attraverso criteri coerenti alle obbligazioni attuali, legali o implicite, derivanti da eventi passati, per i quali si ritenga probabile uno stimabile esborso futuro, facendo riferimento anche a comunicazioni aggiornate del legale incaricato della vertenza, nonché sulla base degli sviluppi procedurali della stessa”. Qui la Capo d’Anzio ha fatto peggio, riconosciamolo, di fatto dando per scontato che avrebbe vinto con le cooperative ormeggiatori ha iscritto in bilancio per anni una somma che non era reale, come poi ha rivelato una perizia proprio nella causa contro gli ormeggiatori stessi.

In tutto questo, comunque, nessuno dal sindaco ai “fidati” assessori, dal “recinto” ai sostenitori del fatto che una società che nemmeno sa come è fatta una città sul mare risolverà i nostri problemi, si è preso la briga di andare a leggere l’ultimo bilancio. Nemmeno quel che resta dell’opposizione, evidentemente. Aet ci porta in dote una perdita di 913.191 euro nel 2020. Questo ha portato il “Roe” – Return on equity, cioè il risultato netto dell’esercizio diviso il capitale – che si studia a un semplice esame di economia all’università a – 26,79%. Pensate che sotto a 3 è considerato un pessimo segnale e che nel 2019 era a 2,3 e nel 2018 a 3,1. Un risultato così pessimo è spiegato con il fatto che la società non deve offrire dividendi ma “un buon servizio”. Lo vedremo se e quando comincerà il servizio ad Anzio. Certo, ora a Ciampino c’è un commissario e non sarà una passeggiata cercare di dire la propria, come sarebbe stato con un sindaco “amico”. Anzio ha deliberato e si dovrà agire di conseguenza, un’altra “proroga” a Camassa ed eredi che già hanno goduto di ampia libertà sarebbe impossibile, ma tremiamo di fronte alla prospettiva che abbiamo di fronte. E a far gestire a chi ha fallito – e purtroppo per lui è stato anche condannato dalla Corte dei conti – una fase così delicata. Al di là di encomi di facciata che il sindaco poteva risparmiarsi.

Infine, se guardiamo al “grado di indebitamento” è passato da 8,96 a 9,74 dal 2018 a oggi, aumentando quasi di un punto. Se le cose andranno male, non sarà responsabilità di altri se non del sindaco e di chi ha voluto a scatola chiusa Aet. Si poteva e doveva fare diversamente, ma il “sistema Anzio” è allergico a metodi trasparenti su scelte tanto importanti. Il porto vi dice nulla?

Porto, l’entusiasmo e la realtà. Qualche domanda

I roboanti annunci che si leggono rispetto al porto di Anzio ricordano tanto il clima di avvio dell’attuale sindaco nella sua esperienza di primo cittadino. Era la fine degli anni ’90 – avvio 2000 – e alla sua seconda campagna elettorale lo slogan era “porto, inizio lavori 2004”. Poi venne l’indicazione di Luciano Bruschini sindaco e i due – abbracciati – ci dicevano “continuiamo, insieme” mettendo ancora il porto al primo posto.

Nel 2013 ci fu la guerra del centro-destra, furono avversari, Bruschini insistette sul porto del quale – nel frattempo – aveva ottenuto la concessione, il sindaco attuale lo “dimenticò” nel programma che poi ha riproposto copiato e incollato, alleato di nuovo di Bruschini, Placidi e tutti quelli che voleva “mandare a casa”, nel 2018. Adesso siamo a un punto di svolta certamente importante, ma da qui a iniziare i lavori ce ne corre, mentre chi scrive – che quell’idea non nega di averla sostenuta nella fase iniziale – qualche domanda sente di porla. Non fosse altro che l’atteggiamento è cambiato dopo una vecchia copertina del Granchio con la quale titolavamo “Italia naufragando”, scoprendo che Marconi era già socio della Capo d’Anzio, senza che il Comune facesse nulla. Salvo, forse, qualche lettera per pulire le coscienze.

Prima, però, giova ricordare (e chi segue questo spazio lo sa) che molto delle questioni poste qui sono arrivate al pettine, a cominciare dal ruolo di Marinedi e dell’ingegnere Renato Marconi.

È senza dubbio una gran buona notizia che le quote siano tornate interamente al Comune. Sarebbe rimasto tutto così se Marco Maranesi non avesse preteso il parere del professor Cancrini e non fosse stata intentata la causa che oggi ci vede vincenti. Il porto era, è e deve restare della città, questo è pacifico. Troppi hanno pensato fosse, invece, affar loro. A cominciare da chi ha annunciato e mai fatto assemblee pubbliche, visto che i cittadini sono primi azionisti (e al momento coloro che hanno sulle spalle 3,5 milioni di debiti) e si è girato dall’altra parte dopo le decisioni unanimi del consiglio comunale. O ha detto “caccio Marconi” – Bruschini rispondendo all’attuale sindaco – e poi se l’è tenuto. Nel frattempo l’ex avversario tornava alleato e santi benedetti.

Ma come sottolinea qualcuno, dobbiamo guardare avanti. Bene, facciamolo. E siccome la questione – sin dall’inizio – era ed è l’assetto societario, quindi la concessione, sarebbe interessante sapere:

  1. Come si pensa di chiudere il contenzioso con Marconi, il quale come ha fatto per Italia Navigando presenterà certamente un conto salato. Solo il direttore del porto chiede centinaia di migliaia di euro, non osiamo immaginare a quanto ammonta il resto. Solo l’avvocato Bufalari che andava a far firmare i contratti…. Il tutto mentre non solo lo hanno portato, Marconi, ma se lo sono tenuti e gli hanno chiesto di fare tutto (progettazione, gestione, sito, contabilità e via discorrendo) senza di fatto interferire. Chi guidava e guida la città? Ci sono, inoltre, due denunce alla Procura – una del Comune contro Marconi e una dell’ingegnere verso il Comune. Ah, vero, guardiamo avanti: come se ne esce?
  2. La Capo d’Anzio ha la concessione per realizzare il doppio bacino. Finora si è limitata a gestire quello interno, grazie alle stesse strutture degli ormeggiatori (cacciati e ai quali si deve anche un risarcimento riconosciuto dal Tribunale). Grazie all’inversione del cronoprogramma proposta da Marconi e accordata dalla Regione a guida Zingaretti, si può iniziare dal bacino interno. Ma la concessione prevede due passaggi, l’attuale e il raddoppio del porto. Sono ancora queste le intenzioni? E con quali soldi?
  1. L’ultimo bilancio noto, quello del 2018, fa segnare un leggero utile e ci dice che fino ad allora Capo d’Anzio ha 3,5 milioni di debiti. Il precedente schema di bilancio, approvato dall’allora consiglio di amministrazione presentava una perdita e i revisori dei conti – ma anche il Comune nella relazione al proprio bilancio – proponevano lo scioglimento della società. L’ingegneria finanziaria qual è stata? Inoltre, i bilanci 2019 e 2020 perché non vengono ancora approvati? Cosa sarebbe successo a una “normale” società che non li approva? Un tribunale – diverso evidentemente da quello di Velletri – sarebbe già intervenuto
  2. Data la situazione dei bilanci, dei conti, dei debiti, può la Capo d’Anzio andare in banca a chiedere i 20-25 milioni necessari per realizzare il bacino interno? O si immagina un’altra gara come le due andate deserte? O c’è un finanziatore (speriamo non turco-napoletano, abbiamo visto anche questo….) nel cilindro?
  3. La Capo d’Anzio, controllata pubblica, nell’assegnare ruoli dirigenziali deve sottostare alle leggi o (tanto siamo sempre sotto Velletri….) può fare come vuole?
  4. Inizia una nuova stagione estiva, affitteremo ancora a un prezzo irrisorio alle società che gestiscono i parcheggi per Ponza l’area dietro al porto o la società la gestirà direttamente? Pensa, la Capo d’Anzio o il Comune come socio di maggioranza, di costituirsi parte civile nel procedimento per truffa avviato contro una delle aziende che ha gestito a due spicci quell’area fino alla scorsa stagione?
  5. Il dragaggio – secondo la concessione – spetta alla Capo d’Anzio. È una buona notizia quella dell’acquisto della draga, ma intanto – e chiedendo solo 3 anziché 5 preventivi (siamo pur sempre nella libera repubblica di Anzio) – si affidano lavori subordinati “all’ottenimento dell’autorizzazione alla movimentazione dell’arenile a cura e competenza della Regione Lazio – Area difesa del suolo” per 253.760 euro. La compriamo o no?

Fermiamoci qui, guardiamo avanti davvero, ma le risposte a queste domande vanno date. Non a chi scrive, ma ai cittadini proprietari ora al 100% di una società che è più vicina al fallimento di quanto si voglia far credere. Ma per i “crack” abbiamo un esperto in società e ci fidiamo. Ora si debbono risposte, se vogliamo davvero voltare pagina e realizzarlo questo porto. Ah, per la cronaca: restano sempre le domande inviate alla commissione trasparenza, svolta tra chi ci faceva lezione e chi rinviava, della quale aspettiamo la prosecuzione.