Sorpresa Capo d’Anzio, c’è il bilancio 2020. Con qualche dubbio

Stavolta la Capo d’Anzio ha stupito con effetti speciali. Non c’è stato bisogno di visure in camera di commercio, il bilancio 2020 (e insieme quello 2019 che fino a qualche giorno fa non compariva) è stato pubblicato sul sito della società. Su quello del Comune, ancora no, ma d’altra parte la “casa di vetro” che il sindaco ha enunciato nell’ultimo consiglio comunale mica può essere perfetta….

La prima impressione sul silenzio rispetto all’approvazione del bilancio è che quasi si voglia “nascondere” ciò che la società fa di buono. Si annunciano in pompa magna nomine e alzabandiera, svolte epocali con una fidejussione che forse qualche banca un giorno accetterà, ma non si dice che i conti nel 2020 hanno chiuso con un attivo di 17.363 euro rispetto ai 4.959 dell’anno precedente. Come, il professore presidente e l’amministratore arrivati a miracol mostrare non ci fanno sapere una cosa del genere? E nemmeno il sindaco che finalmente vede la luce (lui, almeno) del “suo” porto? Qualche dubbio sorge e non serve scomodare Norberto Bobbio – secondo il quale era meglio seminare dubbi che raccogliere certezze – ma basta leggere tra le pieghe del bilancio. Ah, non c’è la relazione del collegio sindacale allegata. La “casa di vetro”, appunto, non è perfetta. Aspettiamo di trovarla e leggerla, con calma.

Dicevamo delle pieghe, intanto, e qui viene in mente il film “The karate kid” con la frase “Dare la cera, togliere la cera”. Motivo? Semplice, si sposta un pezzo di bilancio e lo si trasforma. D’altra parte il professor Monti non è arrivato per questo?

Andiamo a leggere qualcosa, allora, e scopriamo che i debiti diminuiscono (meno male!) ma al tempo stesso aumenta il patrimonio netto, cioè i debiti verso i soci. Vale a dire Comune e Marconi ovvero Marinedi. Come? Diventa “altre riserve” il progetto cosiddetto di Fase III che il socio privato brutto, sporco e cattivo definito dal sindaco addirittura ladro qualche giorno fa, si era impegnato a fornire “a fondo perduto”. Dai cera, togli cera, cambia posto e il gioco è fatto. Perché mentre i debiti passano da 3 milioni 212.265 euro a 2.987.771 con una diminuzione di 224.000 euro, le passività aumentano da 4 milioni 4000 e spicci a 4 milioni 149.000 euro, con una crescita di circa 145.000 euro. Aumentano i “ricavi delle vendite e delle prestazioni” che sono 724.941 euro contro 648.320 e fanno registrare più 40.000 circa, diminuisce il valore della produzione nel suo insieme che è pari a 804.853 mentre nel 2019 era di 1.028.403 e quindi meno 200.000 circa.

Qualche “chicca”? Nel 2020 dai parcheggi al centro della vicenda Malasuerte e affidati sempre agli stessi la società ha incassato 83.000 euro circa, l’anno prima 106.000. Vedremo con il cervellotico sistema dei gettoni del 2021, ma certo se lì guadagnano terzi difficile che possa farlo anche la Capo d’Anzio che preferisce far gestire ad altri – a un prezzo irrisorio – buona parte dei posti.

Sui debiti è bene leggere il passaggio di bilancio riportato qui sotto, più esaustivo di ogni altra cosa

Stai a vedere che forse Progetto Anzio di Vasoli, Piccolo e Amaducci aveva ragione a presentare l’ordine del giorno che ha fatto infuriare il primo cittadino ed è stato respinto da quello che resta della maggioranza. Speriamo che qualcosa si possa discutere davvero in commissione trasparenza.

Infine, aspettando marzo e il bilancio 2021 con il quale il professor Monti lascerà la Capo d’Anzio, un paio di domande. Sono le solite, mi rendo conto, ma fondamentali: chi ha imbrogliato rispetto al bilancio 2018 approvato in consiglio d’amministrazione con una perdita e poi miracolosamente diventato in attivo durante l’assemblea? La Capo d’Anzio, nelle condizioni date, può farlo il porto?


Capo d’Anzio: ladri, champagne, misteri e il porto che verrà (forse)

Il programma di De Angelis nel 2003
La campagna 2008, a sostegno di Bruschini per la “continuità”
La campagna 2013. Nel 2018 dopo l’accordo con Bruschini che aveva osteggiato, De Angelis il porto nemmeno lo citava nel programma

Le pesanti parole del sindaco nel consiglio comunale di ieri, 14 febbraio 2022 (si veda lo streaming da 1 ora e 17) confermano che il problema del porto non è mai stato il progetto, ma la società di gestione costituita nel 2000 (sindaco lui) e che fino a oggi si è trascinata tra debiti, contenziosi e ladri.

Sì, avete capito bene: il sindaco ha detto ieri che il rappresentante del socio privato, l’ex amministratore delegato Antonio Bufalari “prendeva buste con i soldi e le portava non si sa dove”. Fermi tutti, perché nella migliore delle ipotesi questa è una appropriazione indebita. Lo stesso sindaco ha riferito che ci sono ulteriori denunce, presentate dall’avvocato Guido Fiorillo, nei confronti di Bufalari e quindi attendiamo che la magistratura faccia chiarezza. La durissima presa di posizione è arrivata con la richiesta al consigliere “traditore” Flavio Vasoli e agli altri cinque firmatari di ritirare la proposta di istituire una commissione speciale sulla vicenda del porto.

Apprendiamo, dal primo cittadino, che il mirabolante professor Ernesto Monti lascerà a marzo 2022 con l’approvazione del bilancio e che l’amministratore delegato, Gianluca Ievolella, lo farà anche prima perché nominato commissario straordinario per le strade provinciali in Sicilia. Per questo il sindaco avrebbe bloccato “la fideiussione e i colloqui con gli istituti di credito”. Come, il milione e mezzo era indispensabile per andare avanti e ora si blocca tutto? E’ vero o non che la Cassa depositi e prestiti ha respinto al mittente la richiesta di finanziamento e altrettanto hanno fatto un paio di banche? Perché se davvero la Capo d’Anzio è “una casa di vetro” e in passato “la gestione Marinedi non ha investito un euro e i soldi non so che fine abbiano fatto” dobbiamo sapere tutto.

Possiamo avere qualche dubbio, allora? Perché Marconi ce lo ha portato l’attuale sindaco, all’epoca. Poi, mentre accadeva che qualcuno portava via gli incassi – come ha sostenuto – senza investire, il primo cittadino era consigliere di finta opposizione ed evidentemente si fidava delle parole di Luciano Bruschini pur conoscendo il rischio che il porto stesse finendo in mani private. E c’è una domanda, alla quale non risulta mai arrivata risposta: perché il bilancio 2018 approvato dal consiglio d’amministrazione, presenti anche i rappresentanti del socio pubblico e cioè il Comune, chiudeva con un passivo al punto che il dirigente “signorsì” dell’area finanziaria proponeva di sciogliere la società e poi, miracolosamente, è andato in attivo? Hanno detto e scritto un falso i consiglieri d’amministrazione o il professor Monti ha usato le sue riconosciute capacità per aggiustare quei conti? Il bilancio 2018, ricordiamolo, è stato approvato dopo l’elezione dell’attuale sindaco, sostenuto dalla maggioranza che aveva osteggiato nel 2013 salvo poi tornarci insieme per vincere. E se davvero le barche ” venivano ad Anzio però pagavano Ischia o Procida” il sindaco dovrebbe sapere che Italia Navigando prima (Marconi) doveva portare il suo “know how” e la “rete dei porti” e lo stesso ha fatto Marinedi (Marconi) poi. Sappiamo, ad esempio, se qualcuno ha pagato Anzio ed ha ormeggiato a Ischia o Procida, gestiti dal network di Marconi? E se esistevano le “tariffe Bufalari” non avevamo presidente e consiglieri d’amministrazione pubblici che dovevano controllare? E cosa facevano i consiglieri comunali, sindaco compreso? Se davvero qualcuno ha rubato, non sarà il caso di assumersi almeno la responsabilità politica di un’operazione finora fallimentare?

Il problema, allora, non è chi va al posto di Monti o Ievolella a costo zero perché “amanti della città”, ma se e come la Capo d’Anzio può continuare a svolgere la sua missione. Vale a dire costruire e gestire il porto, cosa che finora ha fatto (male) solo per il secondo aspetto. Se poi aspettiamo il finanziatore che ha 160 milioni pronti – peccato, i turchi-napoletani ne avevano 300…. – allora si tratta di un progetto di finanza che comunque “cancella” l’idea di un porto “della” città. Ecco, dunque, la mozione dell’ex “delfino” Vasoli e degli altri consiglieri non era semplicemente “strumentale e poco rispettosa di chi si sta impegnando e lavorando con fatica enorme a riportare la società nell’alveo della legalità” – parole del sindaco – ma sarebbe stata un’occasione per capire se e quale porto verrà dopo 21 anni e mezzo dalla costituzione della società. E rispondere a qualche semplice domanda sul porto che forse verrà: può costruirlo la Capo d’Anzio? E solo il bacino interno o tutto? Con quali soldi? Può presentarsi in banca e prenderli? Chi con i contenziosi aperti e infiniti dà fiducia?

Infine, al sindaco piace solitamente insinuare e parla di “qualche giornalista” che oggi fa le pulci a Monti e Ievolella che andava a fare “sciampagnini” in via XX settembre insieme all’ex amministratore delegato. Della vicenda porto si sono occupati chi scrive e Agostino Gaeta, il quale non ha semplicemente fatto le pulci a Monti ma ha riportato la sua presenza in diversi scandali del nostro Paese. Per carità, sono medaglie in certi ambienti….

Ebbene il primo cittadino può stare tranquillo, quando mi capita in quella enoteca bevo Terre di San Venanzio, con amici di sempre, non ho mai fatto “sciampagnini” con Bufalari e dubito li abbia fatti Agostino. Ho visto l’amministratore delegato, è vero, a una cena in casa di quello che era all’opposizione ma poi ha sostenuto questa maggioranza nel 2018, in cambio di qualche catalogo e finanziamenti annuali del Comune per un’iniziativa culturale. Forse il primo cittadino è stato informato male o forse si riferiva al presidente che lui mise alla Capo d’Anzio e che, insieme all’ex direttore generale del Comune (da lui nominato) e consigliere della società oltre all’avvocato che lui non poteva vedere ma oggi assiste il Comune, erano soliti incontrarsi lì. Ignoro se pasteggiassero a champagne.

Porto, l’entusiasmo e la realtà. Qualche domanda

I roboanti annunci che si leggono rispetto al porto di Anzio ricordano tanto il clima di avvio dell’attuale sindaco nella sua esperienza di primo cittadino. Era la fine degli anni ’90 – avvio 2000 – e alla sua seconda campagna elettorale lo slogan era “porto, inizio lavori 2004”. Poi venne l’indicazione di Luciano Bruschini sindaco e i due – abbracciati – ci dicevano “continuiamo, insieme” mettendo ancora il porto al primo posto.

Nel 2013 ci fu la guerra del centro-destra, furono avversari, Bruschini insistette sul porto del quale – nel frattempo – aveva ottenuto la concessione, il sindaco attuale lo “dimenticò” nel programma che poi ha riproposto copiato e incollato, alleato di nuovo di Bruschini, Placidi e tutti quelli che voleva “mandare a casa”, nel 2018. Adesso siamo a un punto di svolta certamente importante, ma da qui a iniziare i lavori ce ne corre, mentre chi scrive – che quell’idea non nega di averla sostenuta nella fase iniziale – qualche domanda sente di porla. Non fosse altro che l’atteggiamento è cambiato dopo una vecchia copertina del Granchio con la quale titolavamo “Italia naufragando”, scoprendo che Marconi era già socio della Capo d’Anzio, senza che il Comune facesse nulla. Salvo, forse, qualche lettera per pulire le coscienze.

Prima, però, giova ricordare (e chi segue questo spazio lo sa) che molto delle questioni poste qui sono arrivate al pettine, a cominciare dal ruolo di Marinedi e dell’ingegnere Renato Marconi.

È senza dubbio una gran buona notizia che le quote siano tornate interamente al Comune. Sarebbe rimasto tutto così se Marco Maranesi non avesse preteso il parere del professor Cancrini e non fosse stata intentata la causa che oggi ci vede vincenti. Il porto era, è e deve restare della città, questo è pacifico. Troppi hanno pensato fosse, invece, affar loro. A cominciare da chi ha annunciato e mai fatto assemblee pubbliche, visto che i cittadini sono primi azionisti (e al momento coloro che hanno sulle spalle 3,5 milioni di debiti) e si è girato dall’altra parte dopo le decisioni unanimi del consiglio comunale. O ha detto “caccio Marconi” – Bruschini rispondendo all’attuale sindaco – e poi se l’è tenuto. Nel frattempo l’ex avversario tornava alleato e santi benedetti.

Ma come sottolinea qualcuno, dobbiamo guardare avanti. Bene, facciamolo. E siccome la questione – sin dall’inizio – era ed è l’assetto societario, quindi la concessione, sarebbe interessante sapere:

  1. Come si pensa di chiudere il contenzioso con Marconi, il quale come ha fatto per Italia Navigando presenterà certamente un conto salato. Solo il direttore del porto chiede centinaia di migliaia di euro, non osiamo immaginare a quanto ammonta il resto. Solo l’avvocato Bufalari che andava a far firmare i contratti…. Il tutto mentre non solo lo hanno portato, Marconi, ma se lo sono tenuti e gli hanno chiesto di fare tutto (progettazione, gestione, sito, contabilità e via discorrendo) senza di fatto interferire. Chi guidava e guida la città? Ci sono, inoltre, due denunce alla Procura – una del Comune contro Marconi e una dell’ingegnere verso il Comune. Ah, vero, guardiamo avanti: come se ne esce?
  2. La Capo d’Anzio ha la concessione per realizzare il doppio bacino. Finora si è limitata a gestire quello interno, grazie alle stesse strutture degli ormeggiatori (cacciati e ai quali si deve anche un risarcimento riconosciuto dal Tribunale). Grazie all’inversione del cronoprogramma proposta da Marconi e accordata dalla Regione a guida Zingaretti, si può iniziare dal bacino interno. Ma la concessione prevede due passaggi, l’attuale e il raddoppio del porto. Sono ancora queste le intenzioni? E con quali soldi?
  1. L’ultimo bilancio noto, quello del 2018, fa segnare un leggero utile e ci dice che fino ad allora Capo d’Anzio ha 3,5 milioni di debiti. Il precedente schema di bilancio, approvato dall’allora consiglio di amministrazione presentava una perdita e i revisori dei conti – ma anche il Comune nella relazione al proprio bilancio – proponevano lo scioglimento della società. L’ingegneria finanziaria qual è stata? Inoltre, i bilanci 2019 e 2020 perché non vengono ancora approvati? Cosa sarebbe successo a una “normale” società che non li approva? Un tribunale – diverso evidentemente da quello di Velletri – sarebbe già intervenuto
  2. Data la situazione dei bilanci, dei conti, dei debiti, può la Capo d’Anzio andare in banca a chiedere i 20-25 milioni necessari per realizzare il bacino interno? O si immagina un’altra gara come le due andate deserte? O c’è un finanziatore (speriamo non turco-napoletano, abbiamo visto anche questo….) nel cilindro?
  3. La Capo d’Anzio, controllata pubblica, nell’assegnare ruoli dirigenziali deve sottostare alle leggi o (tanto siamo sempre sotto Velletri….) può fare come vuole?
  4. Inizia una nuova stagione estiva, affitteremo ancora a un prezzo irrisorio alle società che gestiscono i parcheggi per Ponza l’area dietro al porto o la società la gestirà direttamente? Pensa, la Capo d’Anzio o il Comune come socio di maggioranza, di costituirsi parte civile nel procedimento per truffa avviato contro una delle aziende che ha gestito a due spicci quell’area fino alla scorsa stagione?
  5. Il dragaggio – secondo la concessione – spetta alla Capo d’Anzio. È una buona notizia quella dell’acquisto della draga, ma intanto – e chiedendo solo 3 anziché 5 preventivi (siamo pur sempre nella libera repubblica di Anzio) – si affidano lavori subordinati “all’ottenimento dell’autorizzazione alla movimentazione dell’arenile a cura e competenza della Regione Lazio – Area difesa del suolo” per 253.760 euro. La compriamo o no?

Fermiamoci qui, guardiamo avanti davvero, ma le risposte a queste domande vanno date. Non a chi scrive, ma ai cittadini proprietari ora al 100% di una società che è più vicina al fallimento di quanto si voglia far credere. Ma per i “crack” abbiamo un esperto in società e ci fidiamo. Ora si debbono risposte, se vogliamo davvero voltare pagina e realizzarlo questo porto. Ah, per la cronaca: restano sempre le domande inviate alla commissione trasparenza, svolta tra chi ci faceva lezione e chi rinviava, della quale aspettiamo la prosecuzione.

Il sindaco, Puccini-Vignarola e il porto. Parliamone

La commissione urbanistica sulla Vignarola

Chi segue questo spazio perdonerà i silenzi. Altre vicende mi tengono un po’ troppo lontano dall’esprimere qui il mio pensiero. Anzitutto tranquilli, se avete sentito o continuate a sentire l’ultima “certezza” della politica di Anzio non date retta: non farò il capo di gabinetto al sindaco, tanto meno mi occuperò della sua comunicazione. Dopo il voto nessuno me lo ha chiesto, comunque non avrei mai accettato, e prima avevo scartato l’ipotesi che alcuni avevano paventato a patto che ritirassi la candidatura. Su questo non c’è altro da aggiungere.

Sull’intervista che il sindaco ha rilasciato ad Agostino Gaeta una settimana fa, sia concessa qualche riflessione. Ho avuto modo già di dire come la vicenda per la quale De Angelis è indagato – e innocente fino a prova del contrario – poco interessa. Non deve stupirsi, però, della eco avuta e del fatto che fosse sui giornali prima che finisse di essergli notificata. Nell’epoca del web, lui “erede” di un sindaco che si diceva 3.0, le forze dell’ordine hanno imparato da tempo a fare dei “lanci” stampa.

E veniamo al contenuto che ci riguarda più da vicino. Il sindaco assume per la terza volta l’impegno sulla vicenda Puccini-Vignarola, in settimana l’assessore all’urbanistica lo ha confermato in commissione .

Al netto della agiografia che alcuni fanno sulla vicenda, va ricordato che nel suo programma “copia e incolla” De Angelis non aveva la revoca della delibera. E’ sempre stato contrario allo “spacchettamento” e gli va dato atto – salvo allearsi con chi lo aveva fatto – si è impegnato in un dibattito pubblico a revocarla, lo ha fatto in Consiglio comunale, poi alla proposta dell’opposizione ha risposto picche. Ora si prepara una delibera che non ci sarebbe mai stata – perché in maggioranza non tutti sono d’accordo – se il Tar non l’avesse imposto. Ne prendiamo atto e non ci giriamo troppo intorno: la previsione di piano esiste, se e quando la proprietà potrà realizzarla bene, altrimenti l’area resta così e non c’è da scandalizzarsi. Come non deve scandalizzarsi un politico navigato qual è il sindaco se l’opposizione al primo consiglio comunale porta avanti una sua proposta programmatica e cerca di farla approvare… Altro che fretta, è stato un passaggio che oggi deve essere rivendicato, insieme alla mobilitazione del comitato.

Sul porto qualcosa va puntualizzato. Intanto che l’approvazione dell’ordine del giorno proposto dai 5stelle in Consiglio regionale e nel quale è confluita anche una mozione del Pd, non fa decadere domani la concessione. Però è un segnale chiaro: non si gioca più alla telenovela degli annunci e si rispettano gli impegni, a cominciare dai canoni che vanno pagati e ora sono a ruolo. E se mai la concessione dovesse decadere, è evidente che la Regione – per la storia che ha il porto “nella” città – non potrebbe che passare per un discorso pubblico. La decadenza non sarebbe “alla cieca” come qualcuno suppone e dobbiamo salvaguardare la pubblicità del porto per eventualmente rivedere anche il progetto originario – partendo dal fare solo il bacino interno – e non viceversa.

Perché qui l’impressione, forse qualcosa in più, è che invece il porto rischiamo di affidarlo a Marinedi e Marconi. Il 31 gennaio, tra una settimana, è atteso per l’ennesima volta un bando. Così dice il sindaco e vedremo. Certo vogliamo capire cosa significa che Marinedi “conferisce” alla Capo d’Anzio 7 milioni al tasso del 5,5%, dopo aver detto non solo che intende cedere le sue quote a un fondo (sì, sempre quello maltese….) ma ha presentato anche un’offerta al Comune per prendersi il 61%. Su questo il sindaco che ha sempre difeso la natura pubblica del porto deve essere categorico. E poi, ci facciamo “conferire” 7 milioni mentre abbiamo un contenzioso aperto con il socio privato? Già in passato, banalizzando, ho sostenuto che è un po’ come una coppia che sta divorziando e va in banca a chiedere un mutuo per la prima casa….

Sui bilanci della Capo d’Anzio, invece, De Angelis conosce bene la situazione. Sono “ballerini”, per ammissione stessa di chi li ha compilati, forse il generale Marchetti ha lasciato la presidenza proprio perché si è reso conto di cosa sarebbe andato a sottoscrivere. Di certo il sindaco non può dire che nel 2005 la società “era pronta per fare una gara da 140 milioni”. Il motivo? Nel 2005 è stata chiesta la concessione, non c’era alcuna gara all’orizzonte. Poi che la Regione abbia creato ostacoli nel periodo Marrazzo/Montino/Astorre (spinti dai seguaci locali) lo abbiamo detto mille volte, è vero, ma da quando Capo d’Anzio ha la concessione (2011) a oggi ha fatto poco o niente. E a leggere le carte il Comune, epoca Bruschini, ancora meno per mandare via Marconi. Perché se la causa è ancora in piedi lo dobbiamo alla serietà dell’avvocato Cancrini.

A proposito di Bruschini colpisce che il sindaco attuale, “incaricato” dal predecessore, dica di essere stato fuori da tutto addirittura dal 2008. Suvvia, D’Arpino alla presidenza della Capo d’Anzio era frutto di un accordo preciso, i primi anni del mandato – fino alla nascita di Fli – sono stati d’amore e d’accordo. Poi dall’opposizione di lotta e di governo, dal 2013, si è arrivati a votare i bilanci. Tutto questo, come diceva l’ospite di una delle prime edizioni di Quelli che il calcio, “per la precisione”.

Il porto? Cosa fatta… La parola (anzi le bugie) di Marinedi

marinedi

Vivessimo su Marte, pure pure. Ma siamo ad Anzio, la situazione della società ancora al 61% pubblica – la Capo d’Anzio – è pressoché fallimentare, però leggiamo su un periodico specializzato come “Nautica report” che il porto cresce.

Giova ricordare che la Capo d’Anzio è rimasta senza presidente per le dimissioni del generale Ugo Marchetti e dopo averne cambiati quattro in tre anni. La società da sette anni ha una concessione che non riesce a rendere operativa, da più di tre annuncia improbabili bandi, chiude i bilanci in rosso sistematicamente, ha un contenzioso aperto con gli ormeggiatori, uno ancora più serio tra soci, non paga i canoni di concessione, ha una fidejussione che non si poteva concedere ancora in piedi e sotto la lente della Corte dei Conti, ma continua a vendere fumo.

(…) Un progetto, dunque, impegnativo reso possibile dalla forte partnership pubblico-privato tra una amministrazione comunale lungimirante e una società specializzata nella portualità turistica – la Marinedi srl, forte di una rete di ben 13 marina operativi e 10 in sviluppo – nonché dalla volontà  appassionata di alcuni operatori locali come il “nostromo” Luigi d’Arpino, che hanno permesso il superamento delle iniziali difficoltà tecnico-burocratiche e delle consuete beghe locali di parte“.  La data sul post come potete vedere è quella del 29 novembre, dell’impegno di D’Arpino per il porto sappiamo bene, però non guida più la società ormai da tempo e anzi vanta (o vantava, non sappiamo se è stato risolta la vicenda) un credito per gli stipendi non avuti.

E le difficoltà tecnico-burocratiche non ci sono da quando, nel 2010, è stato firmato l’accordo di programma con la Regione che nel 2011 ha dato la concessione (giunte Polverini) e – nel 2014 (giunta Zingaretti) – ha invertito su richiesta della società il crono programma. Peccato che di quell’accordo, della concessione – che per esempio prevede l’escavo del canale di accesso – e dei vari piani finanziari dall’inversione del crono programma a oggi sia stato solo demolito l’ex Splash down, dipinta qualche bitta, fatto piccoli lavori che hanno “aperto” il cantiere che lì si è fermato. In cambio della gestione del bacino, dopo aver “sfrattato” cooperative che avevano certamente mille difetti (e comportamenti minacciosi) ma delle quali si stanno ancora usando – gratis –  le attrezzature. Peggio, indicando in bilancio la cifra di un potenziale risarcimento dalle stesse coop che nessuno ha ancora stabilito.

Che Marinedi punti a “prendersi” il porto non è un mistero, in questo umile spazio lo vado ripetendo da tempo e chi vuole può scaricare qui una serie di precedenti. E’ il caso che il socio di maggioranza si faccia almeno sentire (sembra abbia revocato i patti parasociali, è già qualcosa) così come la Regione Lazio, magari iniziando a rispondere alle puntuali richieste di Anna Marracino, capogruppo del Pd.

Delle bugie siamo stanchi.

Porto: “Perché è cambiato il codice in Camera di commercio”

Dall’avvocato Antonio Bufalari, consigliere d’amministrazione della Capo d’Anzio, ricevo e pubblico.
antonio bufalari
“Le scrivo queste mie due righe di precisazione leggendo il suo articolo in oggetto apparso sul suo blog e poi ripreso dal quotidiano online “Inliberauscita”.
in merito all’aggiornamento del Codice Ateco effettuato recentemente dalla Capo d’Anzio SpA in Camera di Commercio vorrei tranquillizzare che nulla è cambiato nell’oggetto sociale della medesima Capo d’Anzio, che farà il porto, con le modalità spesso comunicate dagli organi societari, a cui appartengo, e previste nell’atto di concessione (rilasciato ai sensi del DPR 509/97 – proprio per l’appunto per concessioni aventi finalità legate alla nautica da diporto), nel progetto definitivo già a suo tempo approvato e nel conseguente progetto esecutivo in fase di ottemperanza al VIA.
Per costruire il porto la Capo d’Anzio, non essendo una impresa di costruzione, si avvarrà di operatore specializzato scelto attraverso una procedura ad evidenza pubblica (attualmente in fase di ultimazione) che verrà condivisa con l’ANAC.
Pertanto, il codice ATECO più appropriato che la Capo d’Anzio potesse avere è quello riferito alla gestione (attività primaria dell’oggetto sociale e codice di appartenenza dei maggiori gestori portuali italiani) e direttamente svolta dalla Capo d’Anzio.
Inoltre, l’adozione di tale codice lega l’attività della Capo d’Anzio al settore turistico – settore di massima importanza per l’attività sociale e per la città di Anzio.
Lo scopo delle attività che la Capo d’Anzio sta svolgendo, infatti, non devono considerarsi solo tese alla realizzazione della nuova infrastruttura portuale, bensì al un nuovo sviluppo del Porto, del turismo nautico, della marineria e della Città tutta al fine di poter implementare la cultura, l’economia circolante, l’occupazione ed i consumi.
Anzio è stata protagonista della maggiore portualità italiana ed internazionale, della cultura marinara e non ultimo dello sport velico. Lo sviluppo del porto a ciò tende.
Pertanto, il progetto va avanti e il porto si fa.
Ciò detto, non capisco, poi, quali siano le fonti, gli atti e i documenti che dimostrino che il Socio Marinedi voglia “usurpare” le azioni detenuto dall’Amministrazione Comunale. La Capo d’Anzio SpA è e può essere la dimostrazione che in Italia pubblico e privato possano collaborare insieme per la realizzazione di qualcosa di buono, utile ed efficiente per la cittadinanza. Abbiamo avuto l’assemblea dei Soci pochissimi giorni fa per l’approvazione del bilancio ed il rapporto tra i Soci è ottimale, gli stessi, infatti, condividono un percorso che porti speditamente all’avvio dei lavori per la realizzazione del bacino nord (fase II) e di conseguenza del bacino sud (fase III).
Ciò non basta tante attività per lo sviluppo della cultura marinara, velica e di difesa dell’ambiente marino vogliono essere svolte d’accordo con il Comune stesso e la Marinedi, che ricordiamo è uno dei maggiori operatori della portualità turistica.
Esempi si stanno cominciando a dare e siamo ben lieti di raccogliere suggerimenti, consigli, critiche ed idee di chi ci vorrà esser vicino nell’attività sociale svolta.
Chiedo solo una cortesia, visto il momento delicato di avvio delle attività, che – fermo il pieno diritto di cronaca di critica e libertà di stampa – prima di trattare temi che interessano la Società ci sia un momento informativo con lo scrivente o con gli organi societari che sono a piena e completa disposizione. Ciò al fine di non dare inesatte o incomplete informazioni che possano influenzare negativamente eventuali soggetti interessati ad investire sull’iniziativa, con ciò recando un danno alla società ed alla città. Penso che tale mia ultima affermazione possa esser con buon senso condivisa senza strumentalizzazioni alcuna.
La nostra attività non entra infatti nella diatriba della politica ma vuole essere solo buona amministrazione.
Con stima costante, invio cordiali saluti”

Porto: un tweet, la proposta del Pd, le scomposte reazioni di D’Arpino

darpinofb

E’ bastato un “tweet” a scatenare un mezzo putiferio. Recita: “Porto dei cittadini. Il Pd di Anzio lancia azionariato diffuso per evitare che società finisca in mani private”. Una comunicazione in diretta, fatta da chi scrive, durante la conferenza stampa che era in corso nella sede del Pd, dove veniva presentata una proposta. Il che è già notizia, dopo anni di “rincorse” a dire che le procedure erano sbagliate e a non approfondire – invece – quello che Aurelio Lo Fazio, da solo, denunciò sin dall’inizio ovvero che Renato Marconi era già socio di Italia Navigando e che quindi non era pubblica come ci avevano fatto credere.

Il punto non è questo, comunque, ma la reazione scomposta – altro che dotte citazioni di Seneca…. – che il presidente delle dimissioni annunciate ma non formalizzate, Luigi D’Arpino, ha avuto. Annunciate e rispedite al mittente dal sindaco che in Consiglio comunale gli ha confermato la fiducia. Dimissioni beffa, insomma, a meno che D’Arpino ora non ci smentisca e le dia per davvero. Reazione su facebook – quello che si legge nella foto è solo l’inizio, ma basta e avanza – e nelle dichiarazioni rilasciate al Clandestino. Dimenticando di essere il rappresentante istituzionale nella società pubblica che deve (dovrebbe) realizzare e gestire il porto, anziché entrare in questioni di merito attacca. Nei giorni precedenti, sempre usando facebook, aveva dato dei “cazzari” ai giornalisti che scrivevano della candidatura, annunciata da lui, della moglie a sindaco. Nel frattempo è stato anche a Young tv e ha usato parole pesanti – o meglio da denuncia – nei confronti di ormeggiatori e forze dell’ordine che controllano il porto. Speriamo che sia già andato in Procura o che, nel frattempo, siano state acquisite le registrazioni e che si vada fino in fondo. Perché sono affermazioni gravi, fatte da chi rappresenta il socio pubblico nella “Capo d’Anzio” e non da chi passa per strada… Da chi ha un ruolo istituzionale e per questo ha – avrebbe – il dovere di mediare o eventualmente di denunciare nelle sedi opportune.

Non c’è dubbio che sul porto c’è chi abbia vissuto e viva di rendite di posizione, abbia sentito “suo” e non della collettività il bacino portuale. Qui – e prima ancora dalle colonne del “Granchio” – lo si sostiene da anni.

Ma il punto è ancora un altro. Fatte le debite proporzioni: cosa sarebbe successo se il presidente dell’Expo, manifestazione destinata a rilanciare le sorti dell’Italia avesse usato toni a dir poco “coloriti” come quelli di D’Arpino? E se il presidente del futuro comitato per ospitare le Olimpiadi del 2024 cominciasse a dare dei “parassiti” ai titolari delle bancarelle intorno allo stadio? Immaginiamo che capirebbe da solo di dover rassegnare il mandato. Il porto è per Anzio, così ci ripetono da anni, l’occasione di rilancio e chi scrive ci ha creduto e ci crede ancora.

D’Arpino è stanco, ne ha sopportate di tutti i colori come dice lui e dobbiamo credergli, ma fa il presidente della “Capo d’Anzio” per una indicazione squisitamente politica. Era un papabile candidato sindaco, si misero d’accordo Candido De Angelis e Luciano Bruschini, quest’ultimo sindaco e D’Arpino presidente della società del porto che aveva visto – in quel ruolo – il compianto Gianni Billia e Antonio Baldassarre. Oggi, con certe dichiarazioni, D’Arpino si fa fuori da solo. E’ evidente che non può restare lì a rappresentare il socio di maggioranza ovvero la città. Da persona intelligente qual è avrebbe dovuto andarsene prima, quando il sindaco in assemblea dei soci diceva una cosa e poi in Consiglio comunale un’altra. Ora il sindaco dovrebbe intervenire, ringraziare e passare oltre. Non prima di aver dato risposte a domande alle quali sfugge dall’ingresso di Marinedi a oggi.

D’Arpino ha anche rinunciato a parte dell’emolumento per far quadrare il bilancio 2014, gli va riconosciuto, ma va ricordato che resta tra i creditori della società per i soldi da presidente dal 2008 a oggi. Lui come gli altri componenti del consiglio d’amministrazione passati e presenti. E’ un debito – uno dei tanti, circa 2 milioni – che la “Capo d’Anzio” ha.

Pari pari a quello nei confronti di chi ha preparato il progetto “Life” e non ha visto un euro, oggi ha un decreto esecutivo ma di fatto inutilizzabile, mentre con i soldi arrivati dall’Unione europea “è stato fatto altro” – come disse il dirigente dell’area finanziaria in Consiglio comunale. Cosa è stato fatto? Ed è vero che si rischia di entrare in una procedura di infrazione della Ue? E la proposta del Pd di aumento di capitale, piaccia o meno al presidente dimissionario D’Arpino, è fattibile o non? Le alternative sono la liquidazione della società oppure la cessione delle quote del Comune come ha suggerito lo stesso dirigente dell’area finanziaria? E se quelle quote vanno cedute è vero o meno che Marinedi ha un diritto di prelazione? Sono domande alle quali la città deve avere le risposte, non il Pd o chi scrive, tanto meno gli operatori, almeno fino a quando il 61% resterà del Comune.

Perché se proviamo a guardare al futuro – e sarebbe ora, conosciamo a memoria i pareri “a soggetto” e tutto il resto che fa parte di un pessimo passato – il rischio che arrivi un privato al 100% era, è e resta dietro l’angolo. Si deve avere l’onestà di dirlo ai cittadini, a cominciare da quelli che hanno votato il centro-destra come il presidente dimissionario ci ripete a ogni occasione.

Porto, la scusa della “pec” e le risposte che vanno date

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La vicenda della convocazione degli ormeggiatori per risolvere, finalmente, il discorso delle concessioni, la loro assenza perché “non sapevano” e la pezza che hanno provato a mettere il giorno dopo – dimostrando di avere e conoscere una posta elettronica certificata – ha del grottesco. Intanto perché sapevano poiché pubblicamente annunciato dal presidente D’Arpino e poi perché quella della posta certificata è una scusa.

Questa vicenda, però, è  l’immagine – nitida – di come abbiano funzionato le cose finora ad Anzio intorno al bacino portuale. I pochi capelli ormai imbiancati mi fanno confermare ciò che ho avuto modo di sostenere anni fa nel corso di un dibattito organizzato da “Anzio futura”: tutti dicono di volere il porto, tutti al tempo stesso affermano: “Tanto non si farà mai“. E tutti – in questi anni – continuano a vivere delle proprie rendite di posizione pagando poche decine di euro al mese.

Invece dopo quasi 20 anni dall’inserimento nel piano di coordinamento regionale, dopo dieci dalla prima richiesta di concessione da parte della “Capo d’Anzio“, si è finalmente in grado di partire. Con tutti i dubbi di questo mondo – sollevati qui a più riprese – con la società che dice una cosa e il sindaco (rappresentante del 61% delle quote pubbliche) che ne sostiene un’altra, ma la “Capo d’Anzio” ha una concessione e di conseguenza il diritto di provare intanto a gestire l’esistente. Che ci piaccia o meno.

Quando si farà, finalmente, l’incontro con gli ormeggiatori (“ma dai, gli mandi la Pec, ma che ne sanno…” invece hanno dimostrato di sapere e come, provando a correre ai ripari, mentre il Comune 0.3 ha una società partecipata che la Pec la usa….) una spiegazione andrà data loro. Sul presente e il futuro, non sul passato: come fa una società indebitata fino al collo, che secondo il suo piano finanziario continuerà a indebitarsi, a garantire i posti di lavoro promessi? Che garanzie hanno, gli ex concessionari degli ormeggi, che se tutto salta possono tornare al loro posto?

Perché il “Tanto non si farà mai” è finito, ora che siamo in una fase quasi operativa ciascuno deve pretendere chiarezza dalla “Capo d’Anzio” e dal Comune che è socio di maggioranza. Quest’ultimo, ad esempio, come pensa di risolvere quanto previsto dalla “spending review” in tema di società a partecipazione pubblica?   E che fine ha fatto la richiesta di restituzione delle quote private in base ai patti parasociali a suo tempo sottoscritti? Questo e altro dovrebbe dirci il sindaco, è ora che si decida.

Porto, c’è il direttore: lavoreranno in 25. Società e sindaco su piani diversi

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Dobbiamo dedurre dal piano finanziario della Capo d’Anzio che il grosso di quelli che potenzialmente lavoreranno al porto deriveranno dall’indotto. La società, infatti, prevede che “Il personale operativo, al completamento di tutte le fasi di lavori, raggiunge le 25 unità lavorative nel periodo di alta medio/alta stagione (maggio – ottobre). Nei periodi di bassa stagione, il personale operativo si riduce a 17 unità”. Cosa dovrà fare? “Ordinaria gestione e manutenzione della Marina” ovvero “Assistenza alle imbarcazioni in fase di ormeggio, interventi di manutenzione ordinaria, piccole riparazioni, pulizia delle aree portuali, controllo degli arredi, addetti al desk, guardiania”. Al resto ci pensa Marconi: “Le attività amministrative vengono svolte in outsourcing, così come le attività di comunicazione e marketing (che si svolgeranno nel quadro delle attività di promozione della Rete Marinedi, con i conseguenti vantaggi), nell’ambito delle indicazioni impartite dal Consiglio di Amministrazione, cui aspetta anche il coordinamento del Marina attraverso il direttore”. Che ha già un nome, anche se è “designando” come si legge in un recente verbale di assemblea, finalmente reso noto – insieme al resto del materiale – a margine della conferenza di sabato scorso. Si tratta di Emanuele Montani, per intenderci “il collaboratore” – così l’ha chiamato D’Arpino – che a Villa Sarsina prendeva le prenotazioni per gli interventi.  E’ una delle novità che apprendiamo leggendo le carte. Ora il personale “di” un porto è quello, diverso il discorso dell’indotto (cantieri, officine, agenzie e via discorrendo) solo che i fantomatici numeri annunciati in questi anni si smentiscono da soli. Anzi, a dire il vero erano già smentiti ma oggi ne abbiamo ulteriore contezza.

Emanuele Montani

Emanuele Montani

IL PIANO FINANZIARIO

E sappiamo anche un’altra cosa ovvero che è stato necessario ipotizzare “una differente tempistica di realizzazione del progetto, olte ad alcune soluzioni tecniche che, pur mantenendo fermo l’impianto progettuale originario, contribuiscono a ridurre gli oneri di realizzazione. Si è pertanto tenuto conto degli aspetti di criticità del piano originario sollevati dallo studio compiuto da Italia Navigando e presentato al CdA della Capo D’Anzio SpA nel marzo 2012”. Questo verbale non c’è, ma è noto che Italia Navigando disse chiaramente che il bando di gara era sovradimensionato.

Attenzione ai numeri e – per il futuro – al bando che ha in mente il sindaco Luciano Bruschini. Il nuovo indirizzo progettuale, proposto dal management di Marinedi, prevede un investimento complessivo di circa 163.370.000 euro, rispetto ai 192.000.000. A tale importo, inclusivo di IVA, viene prudenzialmente sottratto un 15% di ribasso in fase di gara, rispetto al 20% che costituisce la media di settore, per arrivare a € 138.865.000 che costituisce la somma da finanziare nel presente piano”. Come ci si arriva? Semplice: si tolgono dal bando di prima le opere pubbliche previste a carico del vincitore e incluse nell’atto d’obbligo tra Comune e Capo d’Anzio. Atto che è vigente e che andrà realizzato, come ha detto sabato scorso D’Arpino, anche se a questo punto è da capire come. Perché delle due l’una: o l’atto d’obbligo è vigente e le opere vanno fatte o il bando che ha in mente il sindaco prevede di non contemplarle. Eccoci arrivati ai 30 milioni di euro in meno inseriti in questo piano finanziario rispetto al precedente.

Sono poi spiegate le tre fasi – una inizialmente prevista entro il 2014 ma poi spostata per le vicende legate alle concessioni – per la “immediata messa in operatività dell’esistente, con alcuni interventi preordinati alla messa a reddito di 154 posti barca dotati di servizi di qualità secondo gli standard del gruppo Marinedi”. Bastano 600.000 euro “ indirizzati ai soli lavori di attrezzaggio degli ormeggi, impiantistica e arredo urbano onde liberare dalla situazione di incuria, abbandono e sporcizia l’area interessata”. Dove si trovano? “Un finanziamento soci pari alla metà dell’investimento e per la restante parte da eventuale scoperto bancario che viene ripagato con i flussi di cassa della gestione”. E il Comune può tirar fuori, oggi, i 183.000 euro ovvero il suo 61% sulla metà dell’investimento? No, perché non li ha e pur avendoli non potrebbe. Per questo sarà bene che la prossima volta, in conferenza, venga il sindaco e non D’Arpino, a spiegarci come intende procedere.

Dopo questa fase – che si pensa di chiudere per il 2015 di fatto gestendo l’esistente, si passa alla seconda per “566 posti barca, circa 346 posti auto scoperti, 3 circoli sportivi, lo yatching club, uffici portuali e due edifici per servizi igienici, oltre alcuni interventi relativi alla viabilità”. L’ammontare previsto è di 31 milioni di euro e “le fonti di finanziamento sono rappresentate, per l 35% da finanziamento bancario ad un tasso di interesse su base annua del 6,5% con restituzione in 24 mesi e per la restante parte, dalle disponibilità bancarie generate dagli incassi degli anni precedenti oltre alle nuove vendite”. Sarà… E comunque un’ipotesi del genere sembra escludere il bando per affidare la realizzazione dell’intera opera. E’ chiaro che da una parte c’è quello che approva la società, dall’altro quello che va ripetendo il sindaco.

Infine “l’ultimazione del progetto secondo il lay out originario. Si prevede un investimento che porta a 1034 i posti barca, e mette a disposizione degli interessati gli spazi necessari per la nuova sistemazione delle attività cantieristiche, per le associazioni sportive locali, nuove attività commerciali nel waterfront. Gli investimenti per la creazione degli edifici destinati alla cantieristica ed ai circoli velici, vengono realizzati con oneri a carico della società, che verranno restituiti dai soggetti gestori in 10 anni al tasso di interesse legale. I medesimi soggetti gestori devolveranno alla Capo D’Anzio SpA la quota parte dei canoni concessori relativi alle aree di propria pertinenza. L’investimento complessivo, stimato in 106.440.000 euro è finanziato per il 50% con mutuo bancario della durata di 9 anni, con tasso di interesse al 6,5 % su base annua e per la restante parte dai flussi di cassa generati dalle vendite dei posti barca e dalla gestione”.

Era meglio fornire questi dati sabato scorso, ma intanto averli è importante perché fanno emergere altre perplessità. Tante perplessità.

Porto, almeno Marconi ci fa sapere…

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Chi l’avrebbe mai detto. Occorre ringraziare il socio privato della Capo d’Anzio, Marinedi ovvero Renato Marconi, perché almeno qualcosa riusciamo a sapere di quello che accade con il progetto del porto.

Il sindaco dopo aver solennemente detto in Consiglio comunale che intende fare un nuovo bando di gara per la realizzazione dell’intero bacino e che vuole riprendersi le quote, vede avvicinarsi la scadenza del 31 ottobre e della sua “parola d’onore” rispetto all’avvio delle procedure per riottenere il 39% e dà l’impressione di continuare a  navigare a vista.

La Capo d’Anzio, invece (all’assemblea della quale il sindaco ha dato il via libera) procede con il progetto per fasi, continua i colloqui per i posti di lavoro, pubblica sul sito Marina di Capo d’Anzio registrato dal socio privato il progetto di fase uno e due. E’ quello che ai cittadini dovrebbe far vedere il Comune, proprietario sempre del 61%, ma che continua invece a essere nascosto.

Grazie a Marconi, allora, vediamo disegni diversi da quelli che avevamo finora. Sappiamo che nella fase uno i posti barca saranno 145 (69 da 8 metri, 10 da 10, 26 da 12, 21 da 15, 6 da 18, 4 da 21, 5 da 25, 2 da 30 e 1 ciascuno da 40 e 50) e verranno sistemati in parte nell’attuale banchina di sottoflutto del moletto Pamphili e in parte proprio di fronte a circoli e cantieri, nel cosiddetto “pontile di riva”, quindi nella “testata” del moletto della piccola pesca, nella zona sottostante ai ristoranti e fino a dove si trovano ora gli aliscafi, con lo spostamento di parte delle 72 paranze, mentre ulteriori spazi saranno recuperati verso la punta del molo. A proposito della zona sotto i ristoranti – per capirci – è quella dove secondo il progetto definitivo doveva sorgere una strada che con questa soluzione sparisce.

La fase due, invece, porterà a 558 posti per il diporto (64 da 8 metri, 183 da 10, 22 da 12, 101 da 14, 5 da 15, 107 da 16, 75 da 18, 2 da 30, 1 da 40 e 1 da 50)  e quelli in più rispetto alla soluzione precedente si ricaveranno partendo con un pontile centrale da quello “di riva” dal quale si dipaneranno altri otto pontili mobili.

La fase tre non c’è, ma sarebbe – ormai solo teoricamente, stando alle carte – quella del completamento del progetto per il quale si è ottenuta la concessione. Come si procede? La Capo d’Anzio non ha strade diverse dall’iniziare da questo progetto diciamo di emergenza. Perché la società non ha soldi, deve ripianare i debiti con urgenza o porta i libri in Tribunale. Il sindaco – che continua a tacere con i cittadini, a dire in assemblea della Capo d’Anzio una cosa e in consiglio comunale un’altra – sa che allo stato la situazione è questa. Può procedere come meglio ritiene, ma si ricordi che il 61% non è suo ma della città. Che ha il diritto di essere informata.