
Al posto dell’amico Umberto Spallotta, chiederei i “diritti” al presidente della Capo d’Anzio, professore Ernesto Monti, che nell’ultimo consiglio di amministrazione ha parlato di “Rifondazione” della società. Nata per fare il porto, trovatasi a gestirlo, naufragata come e peggio del socio allora Italia Navigando, la Capo d’Anzio prova a mettere pezze per salvare il salvabile. Così dalla nuova Montecarlo dell’ex presidente Marchetti (che farebbe bene a dire ai quattro venti perché ha lasciato) arriviamo alla “Rifondazione”.
Il bilancio, per esempio (siamo fermi alla pubblicazione del 2018) era in discussione nel consiglio d’amministrazione convocato per il 15 settembre, ma anticipandone i tempi il professore ha riferito che erroneamente, in passato, la voce “debito verso Marinedi” non era stata inserita nello stato patrimoniale. Così basta “spostarla” e il bilancio della società è salvo, ma non rimane sempre un debito? Perché di questo si tratta – che lo faccia l’ex socio Marconi o il consiglio attuale poco cambia – di operazioni di ingegneria contabile e finanziaria che consentono di mantenere una società piena di debiti e incapace di farlo, il porto.
Come si spiega, altrimenti, che il bilancio 2018 presentato dall’allora amministratore delegato presentava una perdita di 72.000 euro e poi è magicamente stato approvato con un piccolo attivo? Nessuno lo dice, il porto che doveva essere della città resta di pochi e così nemmeno ci fanno sapere quello che era scontato. Cioè che Gianluca Ievolella, professionista di grande spessore, è il nuovo amministratore delegato. Uscito dalla porta – rinunciando a un credito di 55.000 euro (e quando quadravano i conti….) – entra dal portone, diventa Ad – ai limiti dell’opportunità se non della incompatibilità – nominato dal custode giudiziario e detta le prime condizioni. Perché quel porto cade a pezzi, non c’è una cosa che è una in regola (il verbale è da brividi), ma questo non assolve certo chi da tre anni guida la città. Perché l’operazione Capo d’Anzio è per intero la sua, dall’inizio, e se non altro o da senatore o da finto oppositore doveva controllare quello che accadeva. Invece, al solito, è sempre colpa degli altri.
Eppure con tanto di droni e fidi dirigenti c’era stata una verifica al porto, annunciata in pompa magna, possibile che nemmeno la zelante polizia locale si accorse del degrado? E mica era sindaco qualcun altro eh…. Intanto, però, i pontili sono “senza collaudo” e inagibili mentre le barche lì continuano a essere attraccate e quei pontili utilizzati. Che fa…. Ad Anzio si può.
Ma non è solo questo, anzi aspettiamo di leggere il bilancio per capire le ultime mosse. Una cosa è certa: Capo d’Anzio non può chiudere in perdita, altrimenti deve smettere di esistere. Era così già da un po’, da quando nella relazione al bilancio del Comune si chiedeva di metterla in liquidazione. Si tiene in vita un moribondo, con accanimento terapeutico, questa è l’impressione a leggere le carte. Ma siamo pronti a essere smentiti.
A patto di avere informazioni certe, sapere non da roboanti comunicati ma dai documenti ufficiali qual è la situazione. A che punto è il contenzioso con Marconi (che ha proposto nel frattempo anche un arbitrato), con gli ormeggiatori, con il fisco, con il Comune per Tari e Imu, la fine che ha fatto la fidejussione pagata da noi e che la società deve restituire al Comune. Avere contezza delle richieste fatte dal consigliere Marco Maranesi.
Sapere del nuovo e fantomatico finanziatore pronto a realizzare il porto (ma serve sempre il bando e poi chi mette i soldi gestisce i posti barca o sbagliamo?) nonché del piano di assunzioni del quale parla il presidente negli atti ma che è oggetto – si dice – di precise manovre in maggioranza.
Infine vorremmo sapere come si fa per essere ammessi alle riunioni del consiglio d’amministrazione, dato che nell’ultimo verbale risultano “inoltre presenti” un paio di laureati non si sa a quale titolo.
Un pensiero su ““Rifondazione” Capo d’Anzio, così scopriamo che…”