Capo d’Anzio, continua l’accanimento terapeutico (con qualche bugia)

Va spezzata una lancia a favore della Capo d’Anzio. Finalmente non c’è bisogno di aspettare le visure camerali, il bilancio 2021 è on line e consultabile da tutti. Mentre il Consiglio comunale si appresta a votare un prestito alla società, già ampiamente indebitata bei confronti dell’ente oltre che con il socio privato, i fornitori e l’erario, si scopre che l’accanimento terapeutico continua.

Sì, perché aumentano gli incassi rispetto all’anno precedente ma il bilancio chiude in attivo solo di circa 2000 euro e solo grazie a una manovra di “ingegneria finanziaria” che grazie a una norma del 2020 consente di non iscrivere gli ammortamenti. L’ex presidente professor Ernesto Monti, specialista in società decotte, e l’ex amministratore delegato Gianluca Ievolella – al quale spesso si rivolgerebbe il neo amministratore unico Francesco Lombardo – hanno fatto quadrare i conti ma sono i primi ad ammettere che le cose non vanno. E insieme a loro i revisori dei conti.

Partiamo dai dati: aumenta il valore della produzione che è pari a 968.000 euro (contro 804.000 del 2020) ma crescono anche i costi che sono 948.000 euro circa rispetto ai 771.000 dell’anno precedente. L’utile come detto è di poco superiore ai 2000 euro, contro i 17.000 del 2020. I crediti sono di poco superiori ai 638.000 i debiti, in totale, poco più di 3 milioni. I primi sono diminuiti, i secondi aumentati, entrambi di circa 20.000 euro.

Tralasciamo la cronistoria, il contenzioso con Marconi portatoci con Italia Navigando dall’attuale sindaco (contenzioso che peserà come un macigno, modesto parere di chi segue la vicenda da 20 anni e più), le immobilizzazioni e compagnia e andiamo al succo. Perché va bene tutto, ma essere derisi è troppo. Ad esempio i bilanci approvati in ritardo dal 2018 al 2020 a causa del contenzioso con Marconi. Bene: ma perché nessuno ci spiega il motivo per il quale nel 2018 c’era una perdita approvata dal consiglio d’amministrazione, inserita nella nota integrativa al bilancio del Comune che prevedeva la liquidazione della società e poi magicamente quel bilancio è andato in attivo?

Dicevamo dell’utile, ottenuto grazie a una deroga di legge che consente di “sospendere gli ammortamenti relativi al comparto delle immobilizzazioni”. D’accordo, è una norma e ci mancherebbe non applicarla, ma poi leggiamo che: “L’ammontare dell’impatto della deroga in termini economici è pari a 82.871 euro, da ciò ne consegue un utile civilistico che consente un maggiore appeal dell’azienda verso gli operatori finanziari”. Così tanto “appeal” che quattro istituti di credito hanno rispedito al mittente le richieste di finanziamento presentate dalla Capo d’Anzio. Però, secondo la relazione, tra campo boe e gestione dei parcheggi – che forse saranno finalmente tolti agli eredi di “Malasuerte” (non è mai troppo tardi) questo sarà l’anno decisivo. Peccato che le cose non stiano proprio così. Calano ancora gli indici che ormai tutti prendono in considerazione come significativi della capacità di un’azienda. Il Roe, cioè il ritorno sul capitale di rischio, che viene universalmente indicato come accettabile sopra il 2 è allo 0,47 , il Roi, vale a dire il ritorno sugli investimenti, è dello 0,05 quando è ritenuto accettabile sopra il 5 . Il professore – e il sindaco che di bilanci se ne intende – possono insegnarci cose del genere. Ma qui va tutto bene. Invece no: l’indice di liquidità primaria – cioè la capacità di fronteggiare i debiti – è 0,29 e per essere minimamente utilizzabile per fronteggiare la situazione dovrebbe essere 1, quello di indebitamento è 5,87. Il professore ammette: “L’ammontare dei debiti ha assunto dimensioni decisamente significative in funzione dei mezzi propri esistenti”.

La “salvezza”? Campo boe e parcheggi, come si ripete nella relazione. Passando per una dichiarazione che stando alle notizie che arrivano dal fronte del porto non sarebbe così vera. C’è un capitolo, per esempio, dedicato al personale e al clima lavorativo. Ebbene si dice che “non si fono verificati infortuni gravi sul lavoro” ma sembra proprio che non sia così.

Torniamo alla “salvezza” e al fatto che la società “sta dialogando in maniera assolutamente positiva con vari istituti di credito in maniera di avere un finanziamento di circa 150.000 euro”. Beh, quando è stata scritta la relazione si sapeva già che nessuna banca l’avrebbe concesso…. Tanto che si chiede al Comune di intervenire. Comunque, a detta dell’ex presidente, nel 2022 si dovrebbero incassare 250-3000 euro in più e sistemare le cose. Che la Capo d’Anzio il porto dovesse realizzarlo, con 1000 posti barca e tanti di lavoro, ormai nessuno si preoccupa più.

Solo che i nodi arrivano al pettine e il revisore indipendente esprime: “(…) incertezza significativa riguardo a eventi o circostanze che possano far sorgere dubbi sulla capacità della società di continuare a operare (…)” poi parla di “incertezza riscontrata in tema di concessione demaniale e della determinazione del relativo canone”. Lo stesso fanno i componenti del collegio sindacale della Capo d’Anzio che pur esprimendo parere favorevole sul bilancio sottolineano: “La situazione debitoria nei confronti della Regione, dell’Erario e gli enti previdenziali” ma anche che “l’utile di esercizio non è dovuto all’incremento dei ricavi della gestione (…) ma a poste straordinarie e alla mancata rilevazione contabile degli ammortamenti”. Secondo il collegio: “In estrema sintesi si rileva come la situazione finanziaria sia particolarmente sofferente”.

Ora di chi saranno le responsabilità – ricordando che chi rappresenta il socio pubblico, cioè il sindaco, non viene da Marte – lo accerteranno cause pendenti, indagini della magistratura sulle reciproche denunce tra Comune e Marinedi, Corte dei conti e quant’altro. Ma dopo 22 anni dalla costituzione e oltre 10 dalla concessione mai usata per costruire il nuovo porto, è bene che la Capo d’Anzio porti finalmente i libri in Tribunale.

Capo d’Anzio: ladri, champagne, misteri e il porto che verrà (forse)

Il programma di De Angelis nel 2003
La campagna 2008, a sostegno di Bruschini per la “continuità”
La campagna 2013. Nel 2018 dopo l’accordo con Bruschini che aveva osteggiato, De Angelis il porto nemmeno lo citava nel programma

Le pesanti parole del sindaco nel consiglio comunale di ieri, 14 febbraio 2022 (si veda lo streaming da 1 ora e 17) confermano che il problema del porto non è mai stato il progetto, ma la società di gestione costituita nel 2000 (sindaco lui) e che fino a oggi si è trascinata tra debiti, contenziosi e ladri.

Sì, avete capito bene: il sindaco ha detto ieri che il rappresentante del socio privato, l’ex amministratore delegato Antonio Bufalari “prendeva buste con i soldi e le portava non si sa dove”. Fermi tutti, perché nella migliore delle ipotesi questa è una appropriazione indebita. Lo stesso sindaco ha riferito che ci sono ulteriori denunce, presentate dall’avvocato Guido Fiorillo, nei confronti di Bufalari e quindi attendiamo che la magistratura faccia chiarezza. La durissima presa di posizione è arrivata con la richiesta al consigliere “traditore” Flavio Vasoli e agli altri cinque firmatari di ritirare la proposta di istituire una commissione speciale sulla vicenda del porto.

Apprendiamo, dal primo cittadino, che il mirabolante professor Ernesto Monti lascerà a marzo 2022 con l’approvazione del bilancio e che l’amministratore delegato, Gianluca Ievolella, lo farà anche prima perché nominato commissario straordinario per le strade provinciali in Sicilia. Per questo il sindaco avrebbe bloccato “la fideiussione e i colloqui con gli istituti di credito”. Come, il milione e mezzo era indispensabile per andare avanti e ora si blocca tutto? E’ vero o non che la Cassa depositi e prestiti ha respinto al mittente la richiesta di finanziamento e altrettanto hanno fatto un paio di banche? Perché se davvero la Capo d’Anzio è “una casa di vetro” e in passato “la gestione Marinedi non ha investito un euro e i soldi non so che fine abbiano fatto” dobbiamo sapere tutto.

Possiamo avere qualche dubbio, allora? Perché Marconi ce lo ha portato l’attuale sindaco, all’epoca. Poi, mentre accadeva che qualcuno portava via gli incassi – come ha sostenuto – senza investire, il primo cittadino era consigliere di finta opposizione ed evidentemente si fidava delle parole di Luciano Bruschini pur conoscendo il rischio che il porto stesse finendo in mani private. E c’è una domanda, alla quale non risulta mai arrivata risposta: perché il bilancio 2018 approvato dal consiglio d’amministrazione, presenti anche i rappresentanti del socio pubblico e cioè il Comune, chiudeva con un passivo al punto che il dirigente “signorsì” dell’area finanziaria proponeva di sciogliere la società e poi, miracolosamente, è andato in attivo? Hanno detto e scritto un falso i consiglieri d’amministrazione o il professor Monti ha usato le sue riconosciute capacità per aggiustare quei conti? Il bilancio 2018, ricordiamolo, è stato approvato dopo l’elezione dell’attuale sindaco, sostenuto dalla maggioranza che aveva osteggiato nel 2013 salvo poi tornarci insieme per vincere. E se davvero le barche ” venivano ad Anzio però pagavano Ischia o Procida” il sindaco dovrebbe sapere che Italia Navigando prima (Marconi) doveva portare il suo “know how” e la “rete dei porti” e lo stesso ha fatto Marinedi (Marconi) poi. Sappiamo, ad esempio, se qualcuno ha pagato Anzio ed ha ormeggiato a Ischia o Procida, gestiti dal network di Marconi? E se esistevano le “tariffe Bufalari” non avevamo presidente e consiglieri d’amministrazione pubblici che dovevano controllare? E cosa facevano i consiglieri comunali, sindaco compreso? Se davvero qualcuno ha rubato, non sarà il caso di assumersi almeno la responsabilità politica di un’operazione finora fallimentare?

Il problema, allora, non è chi va al posto di Monti o Ievolella a costo zero perché “amanti della città”, ma se e come la Capo d’Anzio può continuare a svolgere la sua missione. Vale a dire costruire e gestire il porto, cosa che finora ha fatto (male) solo per il secondo aspetto. Se poi aspettiamo il finanziatore che ha 160 milioni pronti – peccato, i turchi-napoletani ne avevano 300…. – allora si tratta di un progetto di finanza che comunque “cancella” l’idea di un porto “della” città. Ecco, dunque, la mozione dell’ex “delfino” Vasoli e degli altri consiglieri non era semplicemente “strumentale e poco rispettosa di chi si sta impegnando e lavorando con fatica enorme a riportare la società nell’alveo della legalità” – parole del sindaco – ma sarebbe stata un’occasione per capire se e quale porto verrà dopo 21 anni e mezzo dalla costituzione della società. E rispondere a qualche semplice domanda sul porto che forse verrà: può costruirlo la Capo d’Anzio? E solo il bacino interno o tutto? Con quali soldi? Può presentarsi in banca e prenderli? Chi con i contenziosi aperti e infiniti dà fiducia?

Infine, al sindaco piace solitamente insinuare e parla di “qualche giornalista” che oggi fa le pulci a Monti e Ievolella che andava a fare “sciampagnini” in via XX settembre insieme all’ex amministratore delegato. Della vicenda porto si sono occupati chi scrive e Agostino Gaeta, il quale non ha semplicemente fatto le pulci a Monti ma ha riportato la sua presenza in diversi scandali del nostro Paese. Per carità, sono medaglie in certi ambienti….

Ebbene il primo cittadino può stare tranquillo, quando mi capita in quella enoteca bevo Terre di San Venanzio, con amici di sempre, non ho mai fatto “sciampagnini” con Bufalari e dubito li abbia fatti Agostino. Ho visto l’amministratore delegato, è vero, a una cena in casa di quello che era all’opposizione ma poi ha sostenuto questa maggioranza nel 2018, in cambio di qualche catalogo e finanziamenti annuali del Comune per un’iniziativa culturale. Forse il primo cittadino è stato informato male o forse si riferiva al presidente che lui mise alla Capo d’Anzio e che, insieme all’ex direttore generale del Comune (da lui nominato) e consigliere della società oltre all’avvocato che lui non poteva vedere ma oggi assiste il Comune, erano soliti incontrarsi lì. Ignoro se pasteggiassero a champagne.

Porto, altro che commissione. Basterebbe un po’ di trasparenza

Sei consiglieri comunali di Anzio chiedono una commissione speciale sul porto. Poco più di un mese fa hanno alzato la mano – così imponeva il “recinto” – per una fidejussione che rischia di essere più farlocca della precedente e oggi si rendono conto che il piano industriale allegato (!?!?) e illustrato da presidente e amministratore delegato più imbonitori che altro in quella occasione, è “ridotto nei contenuti”. Si potrebbe dire meglio tardi che mai, peccato che questa richiesta ha tutta l’aria di inserirsi nella disputa infinita all’interno della coalizione che ha vinto le elezioni, nel discorso della ricandidatura del sindaco (scontata) ovvero delle future regionali e delle “strategie” che riguardano anche Nettuno.

Perché sul porto, vedete, basterebbe un po’ di trasparenza. A cominciare dall’ultimo bilancio approvato – quello del 2019 – non ancora pubblicato sul sito della società (sono le 10,30 del 31 gennaio 2022) e “non trovato” per un errore sul server in quello del Comune.

A dire il vero, c’è molto, molto altro da sapere. Al posto dei sei consiglieri – e non solo – al sindaco andrebbe chiesto “a chi ci hai messo in mano?” dopo che Agostino Gaeta ha tracciato il profilo del presidente Ernesto Monti in tre pagine (vedi sotto) piene dei flop del professore, molto simili a quelli della Capo d’Anzio.

Si dovrebbe sapere, dato che siamo nel 2022, perché non si approva ancora il bilancio 2020 e a che punto è quello del 2021. Andrebbe reso noto ai cittadini – proprietari delle quote della Capo d’Anzio – a che punto sono i contenziosi con Marconi (altro “acquisto” per il quale dobbiamo ringraziare il sindaco che ce lo portò insieme a Italia Navigando) e la sua Marinedi, quelli con gli ormeggiatori, con i fornitori e i lavoratori che erano in graduatoria ma sono stati “scavalcati” da chi è stato preso da un’agenzia interinale. E andrebbe spiegato che il prossimo contenzioso sarà con il circolo Pescatori sportivi, “sfrattato” tra qualche giorno, che quando c’è stato il passaggio alla Capo d’Anzio non è stato mai coinvolto e ha continuato a pagare i suoi canoni al Comune.

Ancora di più, andrebbe detto che non solo la Cassa depositi e prestiti ma anche un paio di istituti di credito hanno detto “no, improponibile”, alla richiesta di prestito che i due imbonitori hanno fatto votare dal Consiglio comunale con un piano finanziario inesistente. Quale banca darà credito alla Capo d’Anzio che non ha mai restituito la precedente fidejussione (contestata dalla Corte dei conti), fuori dai canoni per la richiesta di prestiti, indebitata fino al collo? Chi lo farà, sapendo che la Procura di Velletri – tramite la Guardia di Finanza – ha acquisito documenti sulla società dopo gli esposti a vicenda tra Comune e Marinedi?

A proposito, ci sarà qualcuno – tra magistratura ordinaria e contabile – che un giorno ci spiegherà perché il bilancio 2018 approvato dal consiglio d’amministrazione chiudeva in negativo e poi magicamente ha avuto un saldo positivo? Quale operazione di ingegneria finanziaria è stata compiuta e chi ha dichiarato il falso? I consiglieri – i sei della commissione speciale, ma volendo anche gli altri – perché non vanno dal dirigente dell’area finanziaria “signorsì” del sindaco, a chiedere per quale motivo proponesse lo scioglimento della Capo d’Anzio (nota integrativa al bilancio, si veda qui sotto)

e oggi copia e incolla la delibera della fidejussione nella nota integrativa al bilancio 2022-2024, recependo i “miracoli” illustrati da Ievolella e Monti?

Infine un altro paio di questioni: siamo ancora certi che la Capo d’Anzio abbia le caratteristiche minime per stare in piedi e non debba portare i libri in Tribunale? E siamo sicuri che tra un contenzioso e l’altro, fatturato medio e via discorrendo, Marconi non si stia già preparando a prendersi tutto? La responsabilità politica di tutto questo è nota: quella di chi governa la città dal ’98 a oggi, hai voglia a fare commissioni speciali…

“Rifondazione” Capo d’Anzio, così scopriamo che…

Al posto dell’amico Umberto Spallotta, chiederei i “diritti” al presidente della Capo d’Anzio, professore Ernesto Monti, che nell’ultimo consiglio di amministrazione ha parlato di “Rifondazione” della società. Nata per fare il porto, trovatasi a gestirlo, naufragata come e peggio del socio allora Italia Navigando, la Capo d’Anzio prova a mettere pezze per salvare il salvabile. Così dalla nuova Montecarlo dell’ex presidente Marchetti (che farebbe bene a dire ai quattro venti perché ha lasciato) arriviamo alla “Rifondazione”.

Il bilancio, per esempio (siamo fermi alla pubblicazione del 2018) era in discussione nel consiglio d’amministrazione convocato per il 15 settembre, ma anticipandone i tempi il professore ha riferito che erroneamente, in passato, la voce “debito verso Marinedi” non era stata inserita nello stato patrimoniale. Così basta “spostarla” e il bilancio della società è salvo, ma non rimane sempre un debito? Perché di questo si tratta – che lo faccia l’ex socio Marconi o il consiglio attuale poco cambia – di operazioni di ingegneria contabile e finanziaria che consentono di mantenere una società piena di debiti e incapace di farlo, il porto.

Come si spiega, altrimenti, che il bilancio 2018 presentato dall’allora amministratore delegato presentava una perdita di 72.000 euro e poi è magicamente stato approvato con un piccolo attivo? Nessuno lo dice, il porto che doveva essere della città resta di pochi e così nemmeno ci fanno sapere quello che era scontato. Cioè che Gianluca Ievolella, professionista di grande spessore, è il nuovo amministratore delegato. Uscito dalla porta – rinunciando a un credito di 55.000 euro (e quando quadravano i conti….) – entra dal portone, diventa Ad – ai limiti dell’opportunità se non della incompatibilità – nominato dal custode giudiziario e detta le prime condizioni. Perché quel porto cade a pezzi, non c’è una cosa che è una in regola (il verbale è da brividi), ma questo non assolve certo chi da tre anni guida la città. Perché l’operazione Capo d’Anzio è per intero la sua, dall’inizio, e se non altro o da senatore o da finto oppositore doveva controllare quello che accadeva. Invece, al solito, è sempre colpa degli altri.

Eppure con tanto di droni e fidi dirigenti c’era stata una verifica al porto, annunciata in pompa magna, possibile che nemmeno la zelante polizia locale si accorse del degrado? E mica era sindaco qualcun altro eh…. Intanto, però, i pontili sono “senza collaudo” e inagibili mentre le barche lì continuano a essere attraccate e quei pontili utilizzati. Che fa…. Ad Anzio si può.

Ma non è solo questo, anzi aspettiamo di leggere il bilancio per capire le ultime mosse. Una cosa è certa: Capo d’Anzio non può chiudere in perdita, altrimenti deve smettere di esistere. Era così già da un po’, da quando nella relazione al bilancio del Comune si chiedeva di metterla in liquidazione. Si tiene in vita un moribondo, con accanimento terapeutico, questa è l’impressione a leggere le carte. Ma siamo pronti a essere smentiti.

A patto di avere informazioni certe, sapere non da roboanti comunicati ma dai documenti ufficiali qual è la situazione. A che punto è il contenzioso con Marconi (che ha proposto nel frattempo anche un arbitrato), con gli ormeggiatori, con il fisco, con il Comune per Tari e Imu, la fine che ha fatto la fidejussione pagata da noi e che la società deve restituire al Comune. Avere contezza delle richieste fatte dal consigliere Marco Maranesi.

Sapere del nuovo e fantomatico finanziatore pronto a realizzare il porto (ma serve sempre il bando e poi chi mette i soldi gestisce i posti barca o sbagliamo?) nonché del piano di assunzioni del quale parla il presidente negli atti ma che è oggetto – si dice – di precise manovre in maggioranza.

Infine vorremmo sapere come si fa per essere ammessi alle riunioni del consiglio d’amministrazione, dato che nell’ultimo verbale risultano “inoltre presenti” un paio di laureati non si sa a quale titolo.

Porto, l’entusiasmo e la realtà. Qualche domanda

I roboanti annunci che si leggono rispetto al porto di Anzio ricordano tanto il clima di avvio dell’attuale sindaco nella sua esperienza di primo cittadino. Era la fine degli anni ’90 – avvio 2000 – e alla sua seconda campagna elettorale lo slogan era “porto, inizio lavori 2004”. Poi venne l’indicazione di Luciano Bruschini sindaco e i due – abbracciati – ci dicevano “continuiamo, insieme” mettendo ancora il porto al primo posto.

Nel 2013 ci fu la guerra del centro-destra, furono avversari, Bruschini insistette sul porto del quale – nel frattempo – aveva ottenuto la concessione, il sindaco attuale lo “dimenticò” nel programma che poi ha riproposto copiato e incollato, alleato di nuovo di Bruschini, Placidi e tutti quelli che voleva “mandare a casa”, nel 2018. Adesso siamo a un punto di svolta certamente importante, ma da qui a iniziare i lavori ce ne corre, mentre chi scrive – che quell’idea non nega di averla sostenuta nella fase iniziale – qualche domanda sente di porla. Non fosse altro che l’atteggiamento è cambiato dopo una vecchia copertina del Granchio con la quale titolavamo “Italia naufragando”, scoprendo che Marconi era già socio della Capo d’Anzio, senza che il Comune facesse nulla. Salvo, forse, qualche lettera per pulire le coscienze.

Prima, però, giova ricordare (e chi segue questo spazio lo sa) che molto delle questioni poste qui sono arrivate al pettine, a cominciare dal ruolo di Marinedi e dell’ingegnere Renato Marconi.

È senza dubbio una gran buona notizia che le quote siano tornate interamente al Comune. Sarebbe rimasto tutto così se Marco Maranesi non avesse preteso il parere del professor Cancrini e non fosse stata intentata la causa che oggi ci vede vincenti. Il porto era, è e deve restare della città, questo è pacifico. Troppi hanno pensato fosse, invece, affar loro. A cominciare da chi ha annunciato e mai fatto assemblee pubbliche, visto che i cittadini sono primi azionisti (e al momento coloro che hanno sulle spalle 3,5 milioni di debiti) e si è girato dall’altra parte dopo le decisioni unanimi del consiglio comunale. O ha detto “caccio Marconi” – Bruschini rispondendo all’attuale sindaco – e poi se l’è tenuto. Nel frattempo l’ex avversario tornava alleato e santi benedetti.

Ma come sottolinea qualcuno, dobbiamo guardare avanti. Bene, facciamolo. E siccome la questione – sin dall’inizio – era ed è l’assetto societario, quindi la concessione, sarebbe interessante sapere:

  1. Come si pensa di chiudere il contenzioso con Marconi, il quale come ha fatto per Italia Navigando presenterà certamente un conto salato. Solo il direttore del porto chiede centinaia di migliaia di euro, non osiamo immaginare a quanto ammonta il resto. Solo l’avvocato Bufalari che andava a far firmare i contratti…. Il tutto mentre non solo lo hanno portato, Marconi, ma se lo sono tenuti e gli hanno chiesto di fare tutto (progettazione, gestione, sito, contabilità e via discorrendo) senza di fatto interferire. Chi guidava e guida la città? Ci sono, inoltre, due denunce alla Procura – una del Comune contro Marconi e una dell’ingegnere verso il Comune. Ah, vero, guardiamo avanti: come se ne esce?
  2. La Capo d’Anzio ha la concessione per realizzare il doppio bacino. Finora si è limitata a gestire quello interno, grazie alle stesse strutture degli ormeggiatori (cacciati e ai quali si deve anche un risarcimento riconosciuto dal Tribunale). Grazie all’inversione del cronoprogramma proposta da Marconi e accordata dalla Regione a guida Zingaretti, si può iniziare dal bacino interno. Ma la concessione prevede due passaggi, l’attuale e il raddoppio del porto. Sono ancora queste le intenzioni? E con quali soldi?
  1. L’ultimo bilancio noto, quello del 2018, fa segnare un leggero utile e ci dice che fino ad allora Capo d’Anzio ha 3,5 milioni di debiti. Il precedente schema di bilancio, approvato dall’allora consiglio di amministrazione presentava una perdita e i revisori dei conti – ma anche il Comune nella relazione al proprio bilancio – proponevano lo scioglimento della società. L’ingegneria finanziaria qual è stata? Inoltre, i bilanci 2019 e 2020 perché non vengono ancora approvati? Cosa sarebbe successo a una “normale” società che non li approva? Un tribunale – diverso evidentemente da quello di Velletri – sarebbe già intervenuto
  2. Data la situazione dei bilanci, dei conti, dei debiti, può la Capo d’Anzio andare in banca a chiedere i 20-25 milioni necessari per realizzare il bacino interno? O si immagina un’altra gara come le due andate deserte? O c’è un finanziatore (speriamo non turco-napoletano, abbiamo visto anche questo….) nel cilindro?
  3. La Capo d’Anzio, controllata pubblica, nell’assegnare ruoli dirigenziali deve sottostare alle leggi o (tanto siamo sempre sotto Velletri….) può fare come vuole?
  4. Inizia una nuova stagione estiva, affitteremo ancora a un prezzo irrisorio alle società che gestiscono i parcheggi per Ponza l’area dietro al porto o la società la gestirà direttamente? Pensa, la Capo d’Anzio o il Comune come socio di maggioranza, di costituirsi parte civile nel procedimento per truffa avviato contro una delle aziende che ha gestito a due spicci quell’area fino alla scorsa stagione?
  5. Il dragaggio – secondo la concessione – spetta alla Capo d’Anzio. È una buona notizia quella dell’acquisto della draga, ma intanto – e chiedendo solo 3 anziché 5 preventivi (siamo pur sempre nella libera repubblica di Anzio) – si affidano lavori subordinati “all’ottenimento dell’autorizzazione alla movimentazione dell’arenile a cura e competenza della Regione Lazio – Area difesa del suolo” per 253.760 euro. La compriamo o no?

Fermiamoci qui, guardiamo avanti davvero, ma le risposte a queste domande vanno date. Non a chi scrive, ma ai cittadini proprietari ora al 100% di una società che è più vicina al fallimento di quanto si voglia far credere. Ma per i “crack” abbiamo un esperto in società e ci fidiamo. Ora si debbono risposte, se vogliamo davvero voltare pagina e realizzarlo questo porto. Ah, per la cronaca: restano sempre le domande inviate alla commissione trasparenza, svolta tra chi ci faceva lezione e chi rinviava, della quale aspettiamo la prosecuzione.

Il porto, la trasparenza, il “Carrozzone”

“Il carrozzone va avanti da sé…” cantava Renato Zero e le vicende del porto e della Capo d’Anzio sembrano ricalcare alla perfezione quel testo. Regine, fanti e re – aggiungerei guitti di paese – abbiamo visto di tutto in 21 anni dalla costituzione della società e in 10 da quando ha ottenuto la concessione.

Ebbene mettiamoli dei punti fermi, perché al gioco di dare responsabilità sempre agli altri occorre rispondere con fatti concreti. Il primo: Italia Navigando – e quindi Renato Marconi che ne era amministratore delegato e già socio con una piccola quota, anche se in Comune se ne accorgeranno solo dopo, perché al momento delle visure non compariva ancora – è stata portata ad Anzio dall’attuale sindaco. Il suo successore, Luciano Bruschini, era un autorevole esponente di maggioranza e sapeva bene cosa stava avvenendo. La regia, si dice, era di Gianfranco Fini, all’epoca leader di An.

Il secondo: si poteva ottenere la “delega di funzioni” nel 2004 ma l’allora presidente della Regione, Storace, fece sapere che già si era chiuso un occhio sul piano regolatore, dopo la vittoria se ne sarebbe riparlato. Perse.

Il terzo: dopo una conferenza dei servizi che sembrava risolutiva, tra luglio 2006 e settembre 2006 qualcosa è cambiato e la Regione guidata da Marrazzo ha detto che non andava più bene la “doppia progettazione e unica procedura”. Cosa sia accaduto in un mese e mezzo lo sanno l’allora (e attuale) sindaco e un ex primo cittadino che è stato, anche lui, senatore. Molto influente nelle scelte del centro-sinistra di Anzio.

Il quarto: si poteva ottenere la concessione – chiesta nel 2005 – ma buona parte del centro-sinistra fece di tutto per non farla avere, mentre mandava avanti i porti degli amici a Formia e Fiumicino. Intanto si era scoperto che Marconi era socio e l’allora (e attuale) sindaco si preoccupava (è nei verbali delle assemblee) perché era un problema con la Regione. A sollevare i problemi legati alla società già allora era solo Aurelio Lo Fazio, il resto si concentrava sul progetto. Con la copertina “Italia naufragando” il Granchio svelò la drammatica situazione della società. Il Comune fece poco e niente.

Il quinto: l’accordo di programma poteva essere firmato, ma la Regione guidata da Montino (Marrazzo si era dimesso per lo scandalo) disse no, prendendo in giro il sindaco Luciano Bruschini. L’attuale primo cittadino era senatore e conosceva bene quello che accadeva, anche ad Anzio.

Il sesto: la Polverini firmò nel 2010 l’accordo ma solo un anno dopo arrivò la concessione, intanto Italia Navigando per “accontentare” Marconi che aveva fatto causa cominciava un’operazione di ingegneria finanziaria che avrebbe consegnato all’ingegnere dieci porti, Anzio compreso.

Il settimo: nel 2012, proposto da Gianni De Micheli, allora Pd, il consiglio comunale ha votato all’unanimità un ulteriore ordine del giorno nel quale si ribadiva che il porto doveva essere pubblico e che andava respinto l’ingresso di Marconi nella Capo d’Anzio. Parte del Pd era sull'”Aventino”, a togliere le castagne dal fuoco al sindaco Bruschini che aveva una maggioranza vacillante, anche perché l’ex sindaco – all’epoca senatore – aveva cominciato a remare contro il suo successore, quello del “Continuiamo insieme”. L’ordine del giorno ne seguiva uno degli anni precedenti, presentato da Ivano Bernardone, sempre Pd, per la pubblicità del porto.

L’ottavo: dopo lo scontro elettorale tra Bruschini e l’attuale sindaco, nel 2013, vinto da primo, si decide di chiedere un parere allo studio Cancrini per capire se il Comune poteva tornare in possesso delle quote e come. Quel parere sarà “secretato” e solo Marco Maranesi riuscirà a tirarlo fuori dai cassetti. Due anni dopo

Il nono: sollecitato dall’attuale sindaco – allora di lotta e di governo – Bruschini afferma in consiglio comunale: “Caccio Marconi, parola d’onore”. Dieci giorni dopo firma con l’ingegnere la “road map” per realizzare il porto. Nel frattempo la Regione di Zingaretti invertiva il cronoprogramma, faceva l’escavo che era invece a carico della Capo d’Anzio e chiudeva gli occhi sul canone di concessione mai pagato.

Il decimo: non è vero che l’attuale sindaco per un decennio non s’è occupato del porto, era senatore (e fece un’interrogazione sulla scissione di Italia Navigando) e poi consigliere, almeno per “sentito dire” sapeva bene ciò che accadeva e ha fatto nulla.

Sulle vicende relative a Marconi (che oggi, guarda caso, va in Procura….) nome, debiti, progetti, ormeggiatori, cordate, banche, fideiussione e compagnia se avete la bontà di leggere trovate qui una serie di interventi. Se non altro come andassero le cose c’è chi lo ha messo nero su bianco, chi fa politica in questa città doveva almeno incuriosirsi. Non è questione di scaricare responsabilità: se non abbiamo un porto degno di tale nome e una società fallimentare è grazie al “sistema Anzio” nel suo insieme.

Considerato che giovedì la vicenda va in Commissione trasparenza, ho scritto alla presidente e ai capigruppo per chiedere che sia trasmessa in streaming e che siano lette – se ritengono – dieci domande su questioni pratiche.

Un’ultima cosa: solo Luigi D’Arpino, presidente della Capo d’Anzio scelto nell’accordo per il quale Bruschini sarebbe andato a fare il sindaco, ha avuto il coraggio di trattare in un’assemblea pubblica la questione Capo d’Anzio. Doveva essere il porto della città, è stato quello di pochi.

Capo d’Anzio in Consiglio subito e la Regione dia tutto all’autorità portuale

Continuare a pensare di salvare la Capo d’Anzio affinché realizzi e gestisca il porto secondo la concessione ottenuta più di otto anni fa è utopia. La società, anche alla luce delle ultime notizie (avvio della decadenza della concessione, altra assemblea deserta, ulteriore debito con la Regione per l’escavo del porto) va liquidata. Come sistemare le esposizioni debitorie sarà materia da affrontare più avanti, ma questa storia deve finire e pure subito.

E va affrontata intanto in Consiglio comunale, se non a quello sul bilancio in uno che spero l’opposizione abbia la forza di convocare superando ogni steccato. Un Consiglio nel quale si prende atto del fallimento. Sì, so bene che il sindaco dirà che è tutta colpa del centro-sinistra e della Regione che sotto la gestione Marrazzo/Montino bloccò tutto. Ha ragione, forse oggi il porto lo avremmo. Solo che i se e i ma non fanno la storia e da quando la concessione è stata ottenuta la Regione ha fatto di tutto per agevolare la Capo d’Anzio. Prima con la Polverini, poi con Zingaretti. Nel corso della gestione dell’attuale presidente si è invertito il crono-programma, inutilmente. E nel corso della gestione dell’attuale presidente si sono chiusi gli occhi, negli uffici, sui canoni di concessione non pagati, il comitato tecnico che non si riuniva, gli avanzamenti lavori che non c’erano. Chiusi almeno al pari dell’epoca in cui si dava parere negativo ad Anzio e si diceva sì a Formia e Fiumicino.

Regione che, adesso, deve riprendere la concessione e far sì che il porto resti pubblico. Dimostrare che non è contro Anzio – sì, De Angelis dirà anche questo e ripeto che in parte ha ragione, anzi ha già spostato il tiro sui finanziamenti culturali solo per i Castelli, com’è noto ha bisogno del “nemico” – ma vuole mantenere il controllo sul porto.

Perché le strade possibili, tolta la Capo d’Anzio, sono diverse. Proviamo ad analizzarle:

  1. Tornare alle mini-concessioni spezzettate di un tempo, con un porto in mano a pochi e gestito alla bene e meglio
  2. Fare un bando per una nuova concessione, “privatizzando” il porto. Torneremmo ai tempi di “Marine investimenti” (inizio anni ’90) creata ad hoc o alle mire di Sofim e compagnia che avevano chiesto la concessione per “frenare” Capo d’Anzio in infinite conferenze dei servizi. Come sostengo da tempo, il primo a intervenire sarebbe l’ingegnere Renato Marconi che un po’ di guai alla società li ha creati, da Italia Navigando in poi. Ah, Italia Navigando ci venne presentata – dall’allora e oggi sindaco – come la panacea di tutti i mali.
  3. Prendere atto del fatto che la situazione è quantomeno ingarbugliata e fare una scelta politica forte: far entrare anche il porto di Anzio in quelli di “Roma” ovvero nell’Autorità portuale. Qui c’è un problema, si occupa solo – almeno finora – di scali commerciali. Ecco la necessità di un ragionamento fuori dagli schemi e dai tatticismi: interessa Anzio? Sì? Allora il modo di usare l’Autorità portuale si trova.

E il porto resta pubblico, non sarà più – come avevamo pensato – gestito “dalla città” – ma non avremo un privato a dirci cosa fare. Tipo a Nettuno, per intenderci.

E’ un’idea, se qualcuno vuole farsene carico…

Porto e Capo d’Anzio addio, la società va sciolta

No, stavolta non si comunica. Nessun #brand, né #soldout, tanto meno mirabolanti primati nazionali o mondiali. Niente di tutto questo, perché si deve prendere atto di un fallimento, uno di quelli pubblici per cui – e meno male – non avremmo primati. Il fallimento della Capo d’Anzio e – di conseguenza – del porto dei miracoli. ” Nel corso dell’esercizio del 2018 la società ha però fatto evidenziare una perdita di esercizio che ha eroso il capitale sociale al di sotto del minimo legale (Euro 50.000,00 per le S.p.A.), configurandosi così una causa di scioglimento ai sensi dell’art. 2484 comma 1 codice civile“. E’ scritto nella nota integrativa al bilancio consolidato 2018 del Comune di Anzio, approvato dalla giunta.

Il passaggio della nota integrativa al bilancio consolidato del Comune di Anzio

Sono finiti i tempi – cari anzitutto all’ingegnere Renato Marconi, portatoci dal primo De Angelis sindaco (“via” Fini), ma anche a Bruschini che prima voleva cacciarlo e poi siglava la “road map” – dell’ingegneria finanziaria. Sono finiti i tempi del presidente suggerito dall’attuale sindaco, il generale Marchetti, che si è dimesso quando ha capito la mal parata. Pensate, la società è senza guida da oltre un anno, non c’è un rappresentante del Comune a presiederla. E’ stata fatta morire e non da oggi. E’ nero su bianco. Era nero su bianco quando lo riportavo in questo umile spazio e prima ancora sul Granchio, dalle colonne del quale scoprimmo e denunciammo “Italia naufragando” e la presenza di un privato (Marconi) nel capitale che doveva essere pubblico. Vicenda che nel 2007 era nota anche all’attuale sindaco e che risulta dai verbali nei quali ci si preoccupava di risolvere la situazione, perché altrimenti la Regione avrebbe fatto storie.

Quando questo era segnalato – da anni – dal Pd (il primo a mettere il dito nella piaga della società fu Aurelio Lo Fazio, poi ci fu il tentativo di De Micheli di lanciare l’aumento di capitale destinato a terzi che venne sbeffeggiato, andrebbe risentito l’intervento di Anna Marracino in consiglio comunale sul bilancio dello scorso anno con puntuali osservazioni) e qualcuno della intellighenzia di sinistra di questo strano paese che è Anzio continuava a preoccuparsi del progetto.

Che ci avessi creduto, a quella idea, è noto. Che abbia seguito gli sviluppi proprio per averci creduto, senza fare sconti, è altrettanto dimostrabile e per chi vuole un riassunto è qui.

Sostenevo che i libri dovessero andare in Tribunale e forse è il caso che ci vadano. L’ultima perdita di esercizio – bilancio 2018 – è di 73.979 euro che uniti ai debiti fa saltare ogni tavolo. Il già ridotto capitale sociale – per ripianare precedenti perdite – non c’è più e il patrimonio netto della Capo d’Anzio è di appena 18.680 euro. Vogliamo aggiungere i 517.794 euro “ballerini” di una fideiussione per registrare la concessione che il Comune ha pagato e la Capo d’Anzio mai restituito? E’ iscritta all’attivo del primo come crediti verso altre amministrazioni, al passivo della seconda come debiti verso il Comune. Che ha già provveduto a saldare la Banca Popolare del Lazio, a carico della collettività.

E per quella concessione, i canoni pagati a una Regione Lazio sorda e cieca, sono stati ben pochi se non nulli, così come è ormai scaduto non il termine per iniziare i lavori ma ultimarli. Solo dopo la presentazione di un ordine del giorno in Consiglio regionale proposto da Mattia e Minnucci (Pd) e approvato, qualche burocrate – magari gli stessi che dicevano no al progetto di Anzio ma approvavano Fiumicino e Formia – sembra essersi svegliato.

Ricordare i passaggi, a questo punto, serve per dire che c’era chi poneva dubbi e veniva preso per matto da una parte e il “sistema” Anzio dall’altra. Ad esempio le illusioni di cordate americane, di finanziatori turco-napoletani, di Igea banca, del fondo maltese? E le annunciate manifestazioni d’interesse, seguite da bandi inesorabilmente deserti? Montecarlo? Le centinaia di posti di lavoro?

Aveva un senso, questa operazione, forse quando la pensò il compianto Gianni Billia. Viene da dire che se ci fosse stato lui sarebbe realizzato da un pezzo. Anche per rispetto alla sua memoria, è bene che il sindaco stacchi la spina: lui l’ha creata e lui la chiude, la Capo d’Anzio. Ne uscirà meglio di quanto pensi.

Il porto, l’illuminazione, il rischio Depfa bank…

E’ di qualche giorno fa la notizia che il Tribunale ha dato ragione al Comune di Anzio sulle quote della società che doveva realizzare e gestire il porto, sostenendo che quanto previsto dai patti parasociali andava rispettato. A un anno dalla concessione – quindi settembre 2012 – dovevano esserci i soldi che il socio minoritario si era impegnato a mettere. Non sono mai arrivati, addio.

Le quote che erano di “Italia navigando” e che il suo “inventore” Renato Marconi si era preso, insieme a quelle di altri nove porti (di fatto senza tirar fuori un soldo ma “monetizzando” un contenzioso milionario) tornano al Comune. Per la prima volta l’ingegnere vede svanire una partecipazione ottenuta in un modo che a parere di chi scrive era e resta singolare.

E’ una buona notizia quella della restituzione delle quote che erano nate originariamente per essere dei cittadini di Anzio, ma intorno alle quali si sono giocate, evidentemente, ben altre partite.

La domanda, adesso, è che fine fa la “Capo d’Anzio” che agonizzante era e agonizzante resta. C’è un bando pubblicato per la realizzazione del porto e in una intervista il sindaco (che da senatore chiese invano “lumi” sull’operazione Italia Navigando/Marconi, sentendosi rispondere che era tutto a posto) ha parlato di un prestito di Marinedi. Cioè dello stesso Marconi. Non c’era ancora stata la sentenza, arrivata dopo solleciti a non finire all’ex sindaco Bruschini, un mandato pieno del Consiglio comunale su proposta dell’allora consigliere Pd De Micheli (il resto non entrava in aula, consentendo a un Bruschini in difficoltà di governare comunque il consiglio comunale….) e dopo che la caparbietà di Marco Maranesi consentì di avere il parere dell’avvocato Cancrini, coperto persino da “segreto di Stato”. Ebbene il bando è pubblicato, non crediamo che Marinedi dia ancora quei 7 milioni dopo la sentenza, anzi aspettiamoci un ulteriore contenzioso. Ma se volesse darli, sarebbe il caso di dire: no, grazie…. Si è sostenuto in questo umile spazio che dovrebbe essere Marconi a pagarci per andare via, siamo certi che il sindaco non vorrà cedere a proposte diverse.

Perché un eventuale finanziamento, attraverso un fondo che poco piace, ricorda l’operazione che Acqualatina fece con Depfa Bank. La società che gestisce il servizio idrico integrato ha rischiato di finire in mano alla banca irlandese, qui andremo verso un gruppo maltese sconosciuto o quasi. Anche no, grazie….

Resta la necessità intanto di manutenere il porto, a cominciare dal canale di accesso. La Capo d’Anzio non ha mai ottemperato alla concessione, ora la Regione Lazio è pronta a intervenire “in danno” e potrebbe essere il primo passo per rimettere sul tavolo l’intera vicenda porto. Certo, Zingaretti ha altro a cui pensare adesso, ma può dimostrare una volta ancora che la Regione ha chiuso il periodo buio del “porto ad Anzio non si fa” e dire che la Regione stessa diventa parte attiva nel suo rilancio: porto pubblico, a partire dal bacino interno sistemato.

Non è facile dal punto di vista burocratico/amministrativo, ma sarebbe un’azione qualificante e quando vuole la Politica (la maiuscola è voluta) le soluzioni sa trovarle.

Sembra l’uovo di Colombo, cambiando radicalmente argomento, quello dell’illuminazione pubblica. In un apprezzabile slancio comunicativo, avremo anche una conferenza nella quale la società aggiudicataria spiegherà i benefici per la cittadinanza dell’adesione alla convenzione Consip. Ricordiamo il sindaco che all’epoca del primo mandato ci evitò provvidenzialmente una “Anzio servizi”, mentre Nettuno, Aprilia, Pomezia e mezza Italia si infilavano in un vortice del quale ancora si pagano le conseguenze. Qui, speriamo di sbagliare, si parte da una base (gli atti li conosce solo la giunta che li approvati, all’albo pretorio non ci sono) ma non sappiamo cosa succede se chi interviene sul territorio scopre che – banalizziamo – i pali non a norma sono di più, come le luci da cambiare e via discorrendo. Anche in questo caso, torna utile l’esempio Depfa Bank. L’istituto mise nero su bianco: voi fate, se non riuscite ci prendiamo tutto noi. E’ stato evitato, per fortuna, anche se in extremis.

Dire “voi fate” alla società che rifarà l’illuminazione necessita di un controllo capillare, perché a passare da circa 10 milioni a molto di più ci vuole poco e avere evitato la “Anzio servizi” per infilarsi in un vortice con l’illuminazione, sarebbe poco onorevole.

Il sindaco, Puccini-Vignarola e il porto. Parliamone

La commissione urbanistica sulla Vignarola

Chi segue questo spazio perdonerà i silenzi. Altre vicende mi tengono un po’ troppo lontano dall’esprimere qui il mio pensiero. Anzitutto tranquilli, se avete sentito o continuate a sentire l’ultima “certezza” della politica di Anzio non date retta: non farò il capo di gabinetto al sindaco, tanto meno mi occuperò della sua comunicazione. Dopo il voto nessuno me lo ha chiesto, comunque non avrei mai accettato, e prima avevo scartato l’ipotesi che alcuni avevano paventato a patto che ritirassi la candidatura. Su questo non c’è altro da aggiungere.

Sull’intervista che il sindaco ha rilasciato ad Agostino Gaeta una settimana fa, sia concessa qualche riflessione. Ho avuto modo già di dire come la vicenda per la quale De Angelis è indagato – e innocente fino a prova del contrario – poco interessa. Non deve stupirsi, però, della eco avuta e del fatto che fosse sui giornali prima che finisse di essergli notificata. Nell’epoca del web, lui “erede” di un sindaco che si diceva 3.0, le forze dell’ordine hanno imparato da tempo a fare dei “lanci” stampa.

E veniamo al contenuto che ci riguarda più da vicino. Il sindaco assume per la terza volta l’impegno sulla vicenda Puccini-Vignarola, in settimana l’assessore all’urbanistica lo ha confermato in commissione .

Al netto della agiografia che alcuni fanno sulla vicenda, va ricordato che nel suo programma “copia e incolla” De Angelis non aveva la revoca della delibera. E’ sempre stato contrario allo “spacchettamento” e gli va dato atto – salvo allearsi con chi lo aveva fatto – si è impegnato in un dibattito pubblico a revocarla, lo ha fatto in Consiglio comunale, poi alla proposta dell’opposizione ha risposto picche. Ora si prepara una delibera che non ci sarebbe mai stata – perché in maggioranza non tutti sono d’accordo – se il Tar non l’avesse imposto. Ne prendiamo atto e non ci giriamo troppo intorno: la previsione di piano esiste, se e quando la proprietà potrà realizzarla bene, altrimenti l’area resta così e non c’è da scandalizzarsi. Come non deve scandalizzarsi un politico navigato qual è il sindaco se l’opposizione al primo consiglio comunale porta avanti una sua proposta programmatica e cerca di farla approvare… Altro che fretta, è stato un passaggio che oggi deve essere rivendicato, insieme alla mobilitazione del comitato.

Sul porto qualcosa va puntualizzato. Intanto che l’approvazione dell’ordine del giorno proposto dai 5stelle in Consiglio regionale e nel quale è confluita anche una mozione del Pd, non fa decadere domani la concessione. Però è un segnale chiaro: non si gioca più alla telenovela degli annunci e si rispettano gli impegni, a cominciare dai canoni che vanno pagati e ora sono a ruolo. E se mai la concessione dovesse decadere, è evidente che la Regione – per la storia che ha il porto “nella” città – non potrebbe che passare per un discorso pubblico. La decadenza non sarebbe “alla cieca” come qualcuno suppone e dobbiamo salvaguardare la pubblicità del porto per eventualmente rivedere anche il progetto originario – partendo dal fare solo il bacino interno – e non viceversa.

Perché qui l’impressione, forse qualcosa in più, è che invece il porto rischiamo di affidarlo a Marinedi e Marconi. Il 31 gennaio, tra una settimana, è atteso per l’ennesima volta un bando. Così dice il sindaco e vedremo. Certo vogliamo capire cosa significa che Marinedi “conferisce” alla Capo d’Anzio 7 milioni al tasso del 5,5%, dopo aver detto non solo che intende cedere le sue quote a un fondo (sì, sempre quello maltese….) ma ha presentato anche un’offerta al Comune per prendersi il 61%. Su questo il sindaco che ha sempre difeso la natura pubblica del porto deve essere categorico. E poi, ci facciamo “conferire” 7 milioni mentre abbiamo un contenzioso aperto con il socio privato? Già in passato, banalizzando, ho sostenuto che è un po’ come una coppia che sta divorziando e va in banca a chiedere un mutuo per la prima casa….

Sui bilanci della Capo d’Anzio, invece, De Angelis conosce bene la situazione. Sono “ballerini”, per ammissione stessa di chi li ha compilati, forse il generale Marchetti ha lasciato la presidenza proprio perché si è reso conto di cosa sarebbe andato a sottoscrivere. Di certo il sindaco non può dire che nel 2005 la società “era pronta per fare una gara da 140 milioni”. Il motivo? Nel 2005 è stata chiesta la concessione, non c’era alcuna gara all’orizzonte. Poi che la Regione abbia creato ostacoli nel periodo Marrazzo/Montino/Astorre (spinti dai seguaci locali) lo abbiamo detto mille volte, è vero, ma da quando Capo d’Anzio ha la concessione (2011) a oggi ha fatto poco o niente. E a leggere le carte il Comune, epoca Bruschini, ancora meno per mandare via Marconi. Perché se la causa è ancora in piedi lo dobbiamo alla serietà dell’avvocato Cancrini.

A proposito di Bruschini colpisce che il sindaco attuale, “incaricato” dal predecessore, dica di essere stato fuori da tutto addirittura dal 2008. Suvvia, D’Arpino alla presidenza della Capo d’Anzio era frutto di un accordo preciso, i primi anni del mandato – fino alla nascita di Fli – sono stati d’amore e d’accordo. Poi dall’opposizione di lotta e di governo, dal 2013, si è arrivati a votare i bilanci. Tutto questo, come diceva l’ospite di una delle prime edizioni di Quelli che il calcio, “per la precisione”.