Pino e Napoli, ancora un colpo al cuore

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Ho pensato che sarebbe stata la prima volta “senza” e immaginato che il colpo al cuore era garantito. A dire la verità prima, andando a Napoli, non pensavi che Pino Daniele fosse lì ma eri certo che attraverso le sue canzoni conoscevi ogni angolo, qualsiasi sfumatura.

Di fronte alla giornata di svago a Napoli, la prima dopo la sua prematura scomparsa, la memoria è andata subito alle immagini di piazza Plebiscito la sera della tragica notizia e quella del funerale. Ho pensato che non sarebbe stato facile, ma avrei potuto andare in quel vicolo a lui dedicato qualche giorno fa.

Era giusto, doveroso, un omaggio dopo essermi ripromesso che dal vivo non lo avrei più visto dopo quell’indimenticabile 28 dicembre 2012 proprio lì, a Napoli. Ora non resta che sentirlo dall’ultima esibizione live, da quel cd messo insieme dopo la sua morte, con l’inedito giustamente inserito.

Non c’è più ma dove ti giri lo vedi, a San Gregorio Armeno gli hanno fatto statue e icone, poi attraversi San Biagio dei Librai e scendi giù, a fianco a Santa Chiara, in una Napoli come sempre multicolore, lasci alle spalle la città affollata di turisti, vedi i volti di qualche “scugnizzo” moderno, senti i rumori dalle cucine, di domenica, arrivi in via Donnalbina e ti accoglie un murales. E’ lì a due passi, il vicolo di Pino, il “suo” vicolo, il ricordo che resterà per sempre: “Pino Daniele, musicista, 1955-2015”.

Una targa nuova di zecca su un muro che è rimasto sporco, imbrattato, “incasinato” come sono quelli di questa parte di città. D’altra parte “Napule è mille culure“, vero Pino?

E non poteva essere altrimenti, come il tuffo al cuore provato a ogni angolo. Perché “è una canzone che rimane per sempre” come canta Clementino. Anzi, molto più di una canzone. Grazie ancora, indimenticabile Pino.

Raccontare è stato bello, ma purtroppo questa è la città

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Racconterò altro, perché scrivere è la cosa che mi piace di più. Questo spazio resta aperto ma si occuperà meno di Anzio. Forse doveva farlo prima, magari sembrerà una resa, ma francamente la città che ci meritiamo è quella che abbiamo sotto gli occhi. Si appigliano alla democrazia, giusto, alle elezioni vinte, sacrosanto, poi alla prima occasione sono pronti a calpestare le regole basilari del vivere democratico. Una delle quali era, è e resta l’espressione del pensiero.

Ho appreso da più fonti di una prossima “spedizione” di chi – non avendo altro a cui attaccarsi – ha deciso di colpirmi nel lavoro che faccio. Spero – francamente – si tratti di una bufala, non voglio credere si arrivi a tanto, anche se i protagonisti sono pressoché gli stessi che andarono dall’editore Giuseppe Ciarrapico 22 anni fa, ma dico basta lo stesso.

Perché quando il sindaco di una città che viaggia verso i 60.000 abitanti con fare sibillino chiede a un cittadino/giornalista di fare un esame di coscienza perché “siamo nati e cresciuti ad Anzio” (riferendosi a cose che ignoro), quando si dà talmente fastidio per vicende che in un posto normale sarebbero risolte senza bisogno di pensare ai complotti, è giusto che vada così.

Ringrazio chi in questi giorni ha mandato messaggi o mi ha chiamato, chi ha preso una chiara posizione. Gli altri sono parte del brodo di coltura di una città alla deriva politico-istituzionale. Chi ha vinto è giusto che governi, certo, qualcuno spieghi loro che stanno facendo tutto fuorché governare. 

Poi ho sbagliato sì, ad amare profondamente una città calpestata da chi la sta portando a una deriva mai vista prima.

Ho sbagliato sì, a documentare quello che scrivevo, a rendere noto ciò che altri non facevano, a dare quelle che erano, sono e resteranno notizie. 

Ho sbagliato a spiegare – in un italiano elementare – le vicende relative alla mia presunta candidatura e le condizioni per accettarla.

Ho sbagliato perché illustri pensatori di questa città -vecchi e giovani – hanno interpretato a loro uso e consumo quella spiegazione.

Senza preoccuparsi della città che abbiamo di fronte e di quella del futuro ma, evidentemente, solo di rimanere parte di una classe dirigente e politica che è sempre la stessa da più di 30 anni e agisce in modo trasversale.

E’ stato bello raccontarlo e comunque, tranquilli, l’espressione del pensiero in questo Paese resta ancora garantita dalla Costituzione.

“Morosi”, Attoni: “Verifico e se devo pago”

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L’assessore all’urbanistica Sebastiano Attoni  è uno dei destinatari della lettera dell’ufficio tributi e a seguito della pubblicazione della notizia ha rilasciato questa dichiarazione

La domiciliazione era presso mio padre, sono stato dal dirigente dell’ufficio e tornerò domani con le ricevute. Comunque se ci fosse anche un solo euro che non ho pagato chiedo scusa, da uomo pubblico mi trovo nella circostanza di chiarire ed è giusto che lo faccia. Verificherò la rispondenza tra quello che risulta all’ufficio e quello che è in mio possesso e se devo pagherò immediatamente” .

Grazie ad Attoni, a volte basta poco.

Il sindaco e i “morosi”, una caduta di stile

Ricevo e pubblico dal sindaco di Anzio.

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Resto perplesso nell’apprendere dal candidato in pectore del Pd Del Giaccio, ed è tale perchè le osservazioni che leggo sono di un navigato politico, degli avvisi ai Consiglieri Comunali  inviati dall’Ufficio Tributi in maniera irrituale in quanto non vi è stata una messa in mora formale, non è stato indicato un anno d’imposta, di quale proprietà si tratta, di quale tipologia d’imposta parliamo ed è altrettanto illegittimo citare come oggetto nella nota l’art. 63 della 267 che è di competenza del Consiglio Comunale.      

Debbo quindi pensare che la lettera inviata ai Consiglieri sia stata “una nota di cortesia”, che tra l’altro è quanto mai anomalo sia stata resa pubblica in tempo-reale nonostante esista la privacy ed il segreto d’ufficio. 

Ancora una volta si cavalcano procedure amministrative nel tentativo di ribaltare il voto dei cittadini che, nel 2013, hanno eletto questo Consiglio Comunale.

Ricordo al Signor del Giaccio che i Consiglieri Comunali, al pari del sottoscritto, sono stati eletti democraticamente dai cittadini e ritengo che definire “sgarrupato” l’Istituzione del Consiglio Comunale è una grave offesa nei confronti di tutti gli elettori di Anzio.

Il candidato Del Giaccio, prima di dare giudizi sugli altri, dovrebbe farsi un esame di coscienza visto che “tutti noi siamo nati e cresciuti ad Anzio”. Da oggi non dica più di scrivere nelle veste di giornalista perchè al sottoscritto tutto ciò appare deontologicamente non corretto.

Qualora nel 2018 Del Giaccio sarà il candidato del Pd, così come appare, posso tranquillamente sostenere che la Città di Anzio sarà guidata da un Sindaco  del centrodestra.  Si metta l’anima in pace,  lui ed i suoi amici di cordata.

***

Bruschini è nervoso e mi spiace per la caduta di stile. Sulla candidatura non ho niente da aggiungere, da tempo. Di certo non accetto lezioni di deontologia, né insinuazioni sul fatto che siamo “nati e cresciuti ad Anzio” e spiace che vengano da una persona della quale ho stima e rispetto e che, lui sì, è “navigato politico“.  Ricordo che è sindaco anche di chi scrive, fino al 2018. E auguri a chi sarà il prossimo sindaco del centro-destra, i pretendenti sono diversi.

Io sono e resto un cittadino che fa il cronista, “del doman non v’è certezza” diceva chi ne sa più di me. Se gli avvisi sono “irrituali e illegittimi” aspettiamo che Bruschini adotti i dovuti provvedimenti nei confronti  di chi li ha mandati. Al suo posto mi preoccuperei – a prescindere – di far pagare chi non l’ha fatto più che della pubblicazione di una notizia e della caccia alle streghe su chi può averla riferita. E mi preoccuperei di fare quello che era scritto nel programma e che non è certo un cronista a mettere in discussione.

Sullo “sgarrupato” mi si annuncia una querela, dalla quale mi difenderò, come per tante altre. Non era e non è un’offesa istituzionale, ma la constatazione dei fatti, se qualcuno si sente offeso ne risponderò nelle sedi dovute. Comunque la prossima volta, visto che siamo “nati e cresciuti ad Anzio” chi scrive e continuerà a farlo è il dottor Del Giaccio.  Cordiali saluti, signor sindaco Luciano Bruschini.

La rivolta dei “morosi”, persino un vertice di maggioranza

Una premessa è necessaria. Nelle lettere che l’ufficio tributi ha spedito ai consiglieri morosi nei confronti del Comune di Anzio può esserci, senza dubbio, qualche errore. Sentiamo di chi ha fatto ricorso, per esempio, di chi dice di non entrarci nulla con le società chiamate in causa. Sappiamo che alcuni hanno semplicemente dimenticato di pagare una sanzione e nel frattempo si stanno mettendo in regola. Al netto di errori e riconoscendo a tutti la buona fede, quello che non torna è altro. Ed è su quello che è bene concentrarsi

La vicenda doveva passare – evidentemente – sotto silenzio, quindi le questioni che ieri sera sono state affrontate nientemeno che in un vertice di maggioranza sono:

a) Perché l’ufficio si è “permesso” di mandare lettere con quel tono, chiamando in causa i consiglieri e “minacciandoli” di decadenza anche per società a loro riconducibili o per le consorti, cosa che sarà valutata con i legali. b) Se un’attività di recupero riguarda tutti o solo i consiglieri c) E’ chiaro che si tratta di un disegno preciso per minare l’amministrazione d) chi ha dato la notizia.

Il punto e è quello più spassoso e merita un approfondimento. Ai consiglieri sono arrivate lettere per posta ordinaria, quindi nessuno può dire che le abbiano ricevute, pertanto  non c’è  nulla da pagare. Sì, avete capito bene. Devono pagare – e molti cifre di riguardo – e di fronte a un avviso “bonario” fingono (alcuni, almeno) di non saperlo e aspettano la notifica. A questo punto sarà bene che quella notifica avvenga al più presto possibile, magari dopo aver fatto una ennesima verifica sulle somme nel caso ci fossero davvero degli errori.

Bisogna fare attenzione a un altro aspetto e cioè che al momento dell’insediamento i consiglieri hanno sottoscritto di non avere cause di incompatibilità. Ripetiamo: tutta la buona fede di questo mondo, speriamo che in quel momento nessuno sapesse di avere tributi o multe non pagate altrimenti si configurerebbe un falso.

In molti, poi, da ieri chiedono di sapere i nomi. E’ giusto e sacrosanto, ma non avendoli di tutti non si fanno. Come promesso è partita una richiesta per il segretario generale del Comune di Anzio affinché si sappia chi non ha pagato, quando ci sarà l’elenco – che a parere di chi scrive dovrebbe essere sul sito – sarà reso noto senza indugio.

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Finora l’unico che ha detto di aver ricevuto la lettera e che andrà a pagare 780 euro è stato Marco Maranesi, ieri nel corso di una conferenza stampa. Tanti altri hanno telefonato agli uffici, sono corsi a chiedere lumi, hanno persino già incaricato gli avvocati.

Il buon esempio, mai venuto meno, quello che chi amministra o ha un incarico pubblico dovrebbe dare, evidentemente è passato di moda. Proprio ieri la Consulta si è espressa sulla legge Severino. Oggi in un editoriale sul Messaggero Cesare Mirabelli – ex presidente della Corte Costituzionale – spiega perché   la correttezza della funzione pubblica prevale sull’individuo. Anzio è ancora in Italia, se non sbagliamo….

Consiglieri morosi, devono al Comune di Anzio 400.000 euro

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Era nell’aria, di qualcuno si parlava da tempo. Adesso è nero su bianco in quindici lettere spedite ad altrettanti consiglieri comunali di Anzio: sono morosi nei confronti dell’ente, quindi della città che sono chiamati a rappresentare.

O pagano o sono incompatibili, tanto che nelle lettere spedite dall’ufficio tributi viene fissato un termine per mettersi in regola.

Nei loro confronti il Comune ha avviato l’azione di recupero per una somma che si aggira intorno ai 400.000 euro, soldi in larga parte per tariffa dei rifiuti mai pagata in passato o saldata solo in parte, oltre che di contravvenzioni. Per sé direttamente o per società amministrate o in qualche modo rappresentate.

Una cosa assurda, con l’auspicio che i destinatari della lettera vadano immediatamente a saldare il conto e poi ci dicano che l’hanno fatto. Perché da questo momento in poi, ogni giorno, chi scrive chiederà al responsabile dell’anticorruzione e trasparenza, al dirigente del servizio finanziario, a quello dei tributi, chi sono i rappresentanti eletti dal popolo che chiedono ai cittadini di fare sacrifici, ci hanno portato con un bilancio allo sfascio, magari girano su macchine che altri non possono permettersi ma poi si guardano bene dal pagare il dovuto.

Alcuni nomi – anche di vecchi e nuovi censori o paladini della legalità – sono noti ma non è corretto farli perché è bene saperli tutti e quindici. Se esiste un’opposizione, ammesso non ci siano  suoi rappresentanti con debiti verso l’ente, da questo momento chiede chi sono coloro che non sono degni di sedere in Consiglio comunale e decidere cosa dovranno pagare i cittadini, mentre loro sono i primi a non farlo.

A uno “sgarrupato” consiglio comunale mancava solo una vicenda del genere per dire che è stato veramente toccato il fondo in questa città. E se hanno pagato coloro che sono stati condannati – ad avviso di chi scrive ingiustamente – dalla Corte dei Conti, è bene che lo facciano tutti gli altri e subito. Se per un anno si è tenuto nei cassetti un parere del Ministero con l’incompatibilità di Placidi è bene, stavolta, aprirli subito quei cassetti e farci sapere chi non paga.

Nessuno vuole condannare i consiglieri comunali, tutti possiamo avere periodi di difficoltà – i cittadini lo sanno bene – ma poi vediamo super tenori di vita e magari scopriamo che qualcuno fa il furbo. No, non va bene…

Se c’è chi ha problemi lo ammetta, avrà tutta la comprensione dei cittadini, se la legge lo prevede si metta a rate e lo dica pubblicamente. Altrimenti, se non paga, vada a casa. E non ci faccia più la morale.

Ci riprovano con il bavaglio, diciamo no e firmiamo!

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Ci riprovano con le norme bavaglio, anzi forse non hanno mai smesso. Resta valido lo slogan coniato anni fa dall’Unione cronisti: “Liberi di informare, liberi di sapere“. Negli anni, con diversi governi, siamo andati in piazza, a manifestare nei Tribunali, abbiamo scritto ai prefetti, ma ogni volta la priorità di chi guida il Paese è quella di evitare “disturbo” al manovratore.

Diciamo no all’ennesimo tentativo di vietare ai giornalisti la pubblicazione di atti noti e di rilevante interesse per la collettività. E firmiamo la petizione .

Indagini o meno, è il sistema che è marcio

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Se c’è un’indagine o meno sul voto di scambio ad Anzio, ormai, interessa poco. Il punto non è questo, tanto meno la presenza di indagati che – se lo sono – restano innocenti fino a prova del contrario.

Il problema è il sistema messo in piedi, nel quale – secondo atti investigativi – c’è chi ha “abusato della posizione politica per far assumere persone a tempo determinato presso la società e le cooperative aggiudicatrici degli appalti per la raccolta dei rifiuti e la manutenzione dei parchi e giardini del Comune di Anzio in cambio di voto elettorale“.

E’ una questione etico-morale prima che penale, ma nessuno sembra preoccuparsene. Anzi, probabilmente viene ritenuto “normale” che sia così.  Tanto da infastidirsi se qualcuno lo scrive.

E’ normale come le incompatibilità passate e presenti o come le regole calpestate: dal portale della trasparenza beffa alle segnalazioni della Ragioneria dello Stato, da una società a maggioranza pubblica senza organismo anti corruzione alla vicenda del bilancio per la quale la Funzione pubblica ha richiamato all’ordine il segretario generale.

E’ il segno di un sistema marcio e di una città in assoluta decadenza, dove per avere uno straccio di lavoro si deve ricorrere a chi può prometterlo e poi magari riesce anche a darlo. Pazienza se lo si dovrà votare, se non si sarà liberi di scegliere da chi farsi rappresentare per il bene della città. No, viene prima il bene personale, spesso la necessità  vera e propria, e di Anzio chi se ne frega.

Cooperative e favori ci sono sempre stati, sia chiaro, ma a livelli del genere non eravamo mai arrivati. I cittadini se la sono cercata e francamente quando qualcuno vince le elezioni ha sempre ragione. Il fatto è che la politica – dei vecchi e dei presunti nuovi – ha fatto di questo sistema un’arma vincente.

Nel film “Benvenuto Presidente“, durante il discorso finale, il protagonista, Claudio Bisio, chiede ai cittadini di “dimettersi dalla furbizia“.  E’ un quadro perfetto della situazione dell’Italia che noi, ad Anzio, abbiamo elevato all’ennesima potenza.

E’ un sistema marcio, su questo dobbiamo riflettere come cittadini, su questo si interrogherebbe una classe dirigente seria. Gli indagati o meno sono l’ultimo problema.

Intimidazioni mafiose, Maranesi va tutelato

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Il consigliere comunale di Anzio Marco Maranesi non usa mezzi termini e parla di “intimidazioni mafiose” nei suoi riguardi.

Lo fa dicendo chiaramente di non essere indagato per il presunto voto di scambio nel settore degli appalti per i rifiuti di Anzio, insieme all’assessore Patrizio Placidi. Se l’intimidazione mafiosa è la pubblicazione della notizia – che lui contesta annunciando come un politico navigato la richiesta di risarcimento, un classico – è fuori strada. E se si preoccupa dell’uscita in concomitanza con il direttivo del Pd è fuori strada.

Chi scrive ha qualche anno in più del giovane consigliere e conosce a fondo le dinamiche del giornalismo, non solo locale. Correre  al “che c’è dietro” e alle “coincidenze” non porta da nessuna parte, perché in 99,9 casi su 100 le notizie escono quando ci sono. Questa vicenda sembra simile a quella del “Caro estinto“, a dire il vero, ricorda gli articoli e il clima che c’era.

Se poi si tratta di notizie false Maranesi fa bene a denunciare, ma siccome parla di “intimidazioni mafiose” se permette siamo tutti preoccupati. Perché sarebbero rivolte a lui, immaginiamo, che ha un ruolo pubblico e rappresenta i cittadini che lo hanno votato. Perché questo avviene in un Comune dove la situazione è tutt’altro che rosea, anzi non ci fosse stata Mafia Capitale forse le procedure di scioglimento erano già partite.

Nessuna voce si è alzata – negli ambienti della politica locale – dopo la pesante denuncia e questo dispiace. Se quelle intimidazioni ci sono – e non abbiamo motivo di non credere – Maranesi va tutelato. Forse è più importante questo di una querela ai giornali – quelle vanno sempre di moda – sicuramente è più importante pensare a questo e alla città che non alle notizie o alle presunte strategie.

Giornalisti di provincia, più forti delle intimidazioni

Vittorio Buongiorno

Vittorio Buongiorno

La vicenda che ha riguardato il collega Vittorio Buongiorno, capo della redazione di Latina del Messaggero, porta alla luce per l’ennesima volta una situazione molto pesante nel territorio pontino. E’ la punta di un iceberg, non si era mai arrivati a minacce di morte, ma l’elenco di chi vorrebbe mettere il bavaglio è lungo. Lunghissimo.

Nella redazione del Messaggero abbiamo ben presente quella domenica, i giorni successivi con i “passaggi” delle forze dell’ordine a verificare che fosse tutto a posto, le piccole precauzioni, la difficile scelta tra la riservatezza delle indagini e quella di scrivere tutto e subito. Si è preferita la prima e i risultati, per fortuna, si vedono. Perché contro certa gente erano stati pochi, finora, a mettere nero su bianco una denuncia. Vittorio lo ha fatto, noi  siamo stati al suo fianco, oggi tanti altri colleghi e non esprimono solidarietà e apprezzamento per il coraggio di chi aveva scritto raccontando fatti.  E dando evidentemente fastidio.

Ma in questa provincia  è pieno di gente che non è minacciata di morte, magari, ma è subissata di querele temerarie. Chi scrive, per aver riferito di un boss dei Casalesi che chiedeva e otteneva ospitalità in una nota struttura ricettiva, il titolare della quale faceva poi iniziative sulla legalità, è arrivato fino in Cassazione per avere ragione. La querela era stata archiviata, ma il personaggio non intendeva mollare.

Di casi del genere siamo pieni, i colleghi di Latina Oggi hanno avuto un record di querele solo per aver scritto delle gesta – poco eroiche – dell’ex presidente della Provincia, Armando Cusani, al punto che dopo una serie di archiviazioni o assoluzioni l’Associazione Stampa Romana ha presentato un esposto alla Corte dei Conti perché quelle querele erano pagate con i soldi dei contribuenti.

Per non parlare dei giovani collaboratori aggrediti nel Sud Pontino, delle battutine poco piacevoli,  di chi chiama l’editore e “tuona“, di un’altra serie di episodi  come le maxi richieste di risarcimento danni. L’osservatorio Ossigeno, cliccando Latina, fornisce questo quadro. Desolante.

In una provincia dove le mafie sono ormai radicate, perché quando iniziavamo questo mestiere sentivamo di infiltrazioni, mentre oggi abbiamo sentenze passate in giudicato con l’accusa di 416 bis. Con il compianto Santo Della Volpe e la collega Graziella Di Mambro abbiamo lavorato, in occasione della giornata di “Libera” a Latina due anni fa, al Manifesto dell’informazione locale che era e resta il faro da seguire in un territorio dove i tentativi di condizionamento sono pressoché quotidiani.

Nel 2007, in occasione del congresso nazionale dell’Unione cronisti a San Felice Circeo, portammo i colleghi in diversi luoghi della provincia. Volemmo dimostrare quanto, anche geograficamente, fosse difficile raccontare ciò che avviene. Ma le distanze si superano, i viaggi “infiniti” verso il sud, la difficoltà di salire sulle colline con il maltempo,  di arrivare sulle isole se c’è qualche evento, sono nulla di fronte ai tentativi di bavaglio di ogni genere.

Vittorio ha dimostrato che i giornalisti di provincia – quelli che vivono in prima linea, quelli che incontrano ogni giorno le persone delle quali scrivono – sono più forti delle intimidazioni. Con lui, ogni giorno, cerchiamo di essere tutti più forti.