Non sappiamo se la montagna partorirà il topolino anche questa volta. Certo un’indagine che vede coinvolto l’ex amministratore della Capo d’Anzio – Gianluca Ievolella – che in quel momento nemmeno era nel Consiglio di amministrazione parte con il piede sbagliato. Solo che qualcuno, prima o poi, doveva fare chiarezza su alcuni punti della società moribonda che doveva fare il porto e in 20 anni ha accumulato solo debiti. Uno di questi è proprio relativo ai bilanci, con il falso contestato dalla Procura che oltre a Ievolella, estraneo sui conti 2018 e 2019, ha iscritto nel registro degli indagati l’ex presidente – il professore specializzato in crack, Ernesto Monti – l’ex amministratore delegato Antonio Bufalari, gli ex componenti del c d’a Vittoria Biego, Raffaella Barone e Francesco Novara. Tutti innocenti fino a prova del contrario, questo è uno spazio da sempre garantista ma forse finalmente avremo un po’ di chiarezza sui conti del 2018 e 2019.
A presentare denuncia era stato il socio privato, Marinedi, sulle mancate poste in bilancio al direttore del porto, per il quale non c’era un incarico formale ma che quel ruolo svolgeva. Ebbene la Procura afferma che hanno taroccato i conti. Senza appostare il credito vantato dal direttore, nemmeno in via precauzionale, e portando in attivo un bilancio che in realtà non lo era. Bilanci, però, che né Bufalari né Biego hanno votato, in rappresentanza del socio privato, affermando che ci fossero delle irregolarità.
Socio privato, ricordiamocelo, che è entrato nella Capo d’Anzio grazie a chi attualmente guida la città, con una operazione politica attraverso Gianfranco Fini che allora era un plenipotenziario e impose Italia Navigando. Società nella quale era già presente Renato Marconi. Per quello che è successo dopo il riassunto è qui e che sui bilanci c’erano delle domande poste a una commissione trasparenza che non ha mai risposto, è un dettaglio.
Che ci sia un’indagine non fa esultare chi scrive ma forse farà finalmente chiarezza su quei conti. Che in tutto questo la Capo d’Anzio varrà meno di nulla nel momento in cui sarà liquidata, come vorrebbe fare il nostro sindaco a settembre, deve farci stare molto attenti. Perché a quel punto ci sono due possibilità: la prima che ripetiamo da tempo è che Renato Marconi si prenda tutto, forte di un credito iscritto a bilancio di 650.000 euro al quale aggiungerebbe qualche altro spicciolo oppure che il primo cittadino sia già d’accordo con qualche investitore, un po’ come i turchi napoletani degli anni di Bruschini. D’altra parte è stato lui stesso a parlare di continuità.
In tutto questo e dopo le dimissioni al veleno del nuovo amministratore unico, il socio pubblico che è il Comune e cioè i cittadini, si distingue per una sola cosa: tacere.
Un pensiero su “Capo d’Anzio, l’inchiesta sul falso e il silenzio che continua”