Io, Danilo e quel piatto di gnocchi…

“Guarda che mica ti abbiamo candidato sindaco”. “Guarda che lo so”. Avevo capito perfettamente che non ci sarebbe stata alcuna alleanza, ma visto che eravamo a Latina – un po’ una seconda casa per me – avrei offerto lo stesso quel piatto di gnocchi a Danilo Fontana. Le amministrative di Anzio del 2018 erano ancora abbastanza lontane, lui era nell’opposizione di lotta e di governo a Luciano Bruschini, insieme a Candido De Angelis e voleva sondare il terreno. Non era venuto autonomamente, avrebbe riferito, e quando dissi che potevo pure starci benché i principi fossero quello di cinque anni prima e cioè che andavano mandati “a lavorare” quelli che avevano scambiato il Comune per l’ufficio di collocamento e che avrei portato un prefetto che era stato commissario nei comuni sciolti per mafia come capo di gabinetto, la discussione prese un’altra piega. Si poteva anche accettare il nome “spendibile” e “nuovo”, ma che qualcuno andasse a mettere le mani nel “sistema Anzio”, no. Erano buoni quegli gnocchi, non c’è dubbio, e mi piace ricordare questo aneddoto oggi che il vice sindaco di Anzio ci ha lasciato. Delle tante cose che si leggono in queste ore ne condivido solo una: il modo nel quale ha affrontato la malattia. Un coraggio e una dignità senza eguali. Poi, come ho scritto sul libro delle firme in ospedale, “avversari sempre, nemici mai”. D’altra parte era difficile essergli “nemico”, benché non condividessi il suo modo di “fare” politica. Quel sorriso sornione, quel prendere una delega oggi da Bruschini e lasciarla domani, l’aver attraversato più partiti nel centro-destra pur di arrivare a essere lì. L’aver sostituito il potere di chi doveva “andare a lavorare” nel 2013 alleandocisi prima e facendo peggio poi, in questa maggioranza.

Passava per il “dottor Sottile”, era stato consigliere anche in Provincia, sapeva di tutto e di tutti, non gli sfuggiva nulla e anzi provava pure a intercettare qualcosa che andasse oltre il suo ruolo. Come nella vicenda del conferimento alla biogas per la quale il sindaco sarebbe andato all’Onu ma poi si è fermato alla Sacida. Di certo aveva un sorriso per tutti, sempre, anche nei momenti più bui. Della malattia avevamo parlato a una manifestazione per l’ospedale, si trattava di qualcosa di subdolo, c’era la cura sperimentale in Toscana, si doveva combattere. E lo ha fatto. Restando fino all’ultimo forse ormai l’unico – anche se parlava a bassa voce – a essere ascoltato dal sindaco De Angelis. Un rapporto che andava oltre la politica, diventato una solida amicizia, e se il primo cittadino faceva come al solito un po’ il presuntuoso lui ribadiva “eh, tu hai studiato, io batto i telai in carrozzeria….”. Invece si era laureato anche lui, nonostante la malattia. Un sogno che si era avverato. L’officina era però la sua “creatura” e se ti serviva una cosa non c’era domenica o festivo che non potessi chiamarlo. Diceva sempre che aveva stima di me e ricordava un episodio delle sue prime esperienze da consigliere, quando fu costretto alle dimissioni, mostrando gratitudine per come avevamo affrontato la cosa sulle colonne del “Granchio”. Non è da tutti, chi “fa” politica ad Anzio ha nel Dna una certa arroganza, lui se pure fosse non la mostrava. Le sue convinzioni sì: “Ma quale prefetto, lascia perde, serve un bravo segretario”. O un segretario che a volte guarda altrove, com’è stato per l’ultima che abbiamo avuto in Comune. Resta quel piatto di gnocchi e – visto quanto accaduto poi – la necessità davvero di un prefetto che se ne intendeva di condizionamento dei comuni. Ah, che non sarei mai diventato sindaco era chiaro da allora, ciao Danilo.

Il #brand, i cassonetti di Fontana, l’inutile caccia alle streghe

Anni fa venni convocato in Procura a Roma, nel lancio Ansa che dava la notizia dell’arresto di presunti talebani ad Anzio c’era la mia sigla. Avevo semplicemente riportato ai colleghi della redazione quello che avevo saputo, non c’era o era impegnata la corrispondente di Anzio e quindi una volta verificato che la vicenda era fondata misero in fondo un J10, la sigla che appunto mi identificava.

La notizia fece il giro del mondo, l’allora ministro dell’Interno Giuseppe Pisanu andò su tutte le furie, venne aperta e chiusa l’inchiesta sulla “fuga” di informazioni della quale ero accusato perché spiegai che quanto accaduto non era un segreto: “Siamo in un porto di mare”. Perdonate l’aneddoto (e il lungo silenzio su questo spazio, gli impegni si moltiplicano) ma sono partito dall’episodio perché leggo che in Comune – ad Anzio – si va cercando chi possa aver fornito a Controcorrente la notizia di un intervento “a gamba tesa” su una gara in corso – come scrive Agostino Gaeta – dell’assessore all’ambiente e vice sindaco Danilo Fontana. E della “fuga” di dipendenti. Sotto “processo” finisce Angela Santaniello, dirigente fino a poco tempo fa del delicato settore, accusata di aver divulgato la notizia e persino insultata, cosa che spero non vera. Se ha una “colpa”, la dirigente, è quella di aver fatto il suo dovere revocando quella gara. Ed è un merito, attenzione.

Mi piace ricordare al sindaco che non arriva da Marte a svolgere questo ruolo, è stato primo cittadino per un decennio, Senatore, è in Comune dal ’90, sa quanto l’ente sia “un porto di mare” e sa qual è la professionalità di Angela Santaniello. Anziché prendersela con lei o fare la caccia alle streghe su chi avrebbe dato la notizia, ci si dovrebbe chiedere se è vera (e lo è) e preoccuparsi di cosa è accaduto.

Insieme al sindaco dovrebbe farlo la responsabile dell’anti corruzione. Perché vedete, l’assessore Fontana che ha chiesto e ottenuto l’elenco dei partecipanti a una gara per poche decine di migliaia di euro non ha commesso reati, e si sarà reso conto egli stesso di aver commesso quantomeno una ingenuità, ma prima di eventuali risvolti penali ci sono responsabilità etiche, deontologiche e politiche. Di questo deve rispondere l’assessore e, di conseguenza, il primo cittadino.

Il tanto sbandierato #brand, unito ai vari #workinprogress e compagnia (a proposito, complimenti per la campagna di marketing) qui si scontra con qualcosa che comunque la si giri è grave. E non perché viola il decreto legislativo 267 del 2000 che dice chiaramente qual è il confine tra assessore e uffici, ma proprio per le responsabilità che dicevamo. E’ grave perché a segretarie “in cassaforte” e dipendenti “allineati” – come diceva l’ex assessore Placidi – abbiamo già dato e se ha da esserci “discontinuità” come il sindaco spesso ricorda e ha scritto nel programma, non è questa.

Ma voi immaginate cosa sarebbe successo se Placidi avesse fatto una cosa del genere? Erano piene le pagine dei giornali… E se la città fosse stata – come era – nelle condizioni attuali? Vi sembra pulita Anzio? No, però nel settore per primi i lavoratori dell’appalto non aspettano altro che “la nuova ditta”. Lo sa bene pure il sindaco e immaginiamo la scena: lui che urla a Fontana, l’assessore che si sfoga in ufficio, i dipendenti stufi che se ne vanno.

L’altro De Angelis sindaco, quello che tolse la delega a Guerrisi per aver aperto un bar senza autorizzazione, anche in questo caso (dopo quello dell’assessore ai lavori pubblici che diede in escandescenza per una gara sulle palestre) sarebbe già intervenuto anziché fare la caccia alle streghe.

E per favore, eviti di raccontarci la storiella di “mister 6%” e compagnia, se vuole intervenire spieghi cosa ha fatto dopo questo scivolone del suo vice e cosa pensa di quanto accaduto in un settore – quello dell’ambiente – che non è delicato: di più.

Un’ultima cosa: il 5 luglio si discute la “sfiducia” voluta dalla maggioranza nei confronti della presidente della commissione trasparenza. Il mio pensiero a riguardo l’ho già espresso, ma sarebbe bello che in quella seduta – tra le varie ed eventuali – l’opposizione tutta chiedesse lumi (e documenti) su questa vicenda dei cassonetti di Fontana. Altro che #brand….