Sbarco, Unicivica e new media. Precedente pericoloso

Al posto del commissario di Nettuno, Bruno Strati, avrei fatto la stessa cosa. Avrei cacciato Chiara Di Fede e Roberto Fantozzi, dandoli in pasto ai vendicatori da social o a quanti si fermano alle “certezze” dei new media. Ma sì, facciamo vedere che esiste una amministrazione pubblica che non guarda in faccia nessuno, decisionista e che non usa mezze misure. L’avrei fatto, se avessi avuto la certezza che quanto sostenuto da interrogazioni parlamentari, da redivivi personaggio del Pd locale, da ambienti del Ministero della difesa e da copia- incollatori di comunicati corrispondeva al vero. Ma così non è.

Ho atteso di capire. Ho letto le ricostruzioni di Controcorrente e del Granchio e ho maturato ancora di più la convinzione che il commissario – evidentemente preoccupato di lasciare Nettuno senza macchie sulla propria carriera- abbia ignorato le responsabilità sue e della struttura. Semplicemente perché se presidente e direttore della Università civica pagano per avere inserito nel programma – noto all’Amministrazione – iniziative alle quali partecipava Pietro Cappellari, allora dovevano essere rimossi tutti quelli che sapevano. E quelli che nel corso di questi anni lo hanno ammesso in Comune per altre manifestazioni. No, Chiara e Roberto non hanno pagato per questo, bensì per le esternazioni che lo storico ha fatto sulla sua pagina Facebook al di fuori di iniziative ufficiali, durante le quali è invece tutto filato liscio.

Affermazioni da rispedire al mittente e fuori dalla storia, senza se e senza ma. Certamente, però,  chi è Cappellari e come la pensa tutti lo sappiamo. Personalmente non condivido nulla di lui, ma una cosa va ricordata: il fatto che proprio grazie alla vittoria della democrazia oggi lui può esprimere le sue posizioni. Al contrario, se avessero vinto quelli di cui è nostalgico oggi non avremmo lo stesso diritto. Questa è la cosa migliore che possiamo opporre a lui e a quanti condividono posizioni fuori dalla  storia.
Il fatto che i social hanno permesso di esprimere tali posizioni a livello globale e che Cappellari lo abbia fatto in modo maldestro (ma nessuno si indignava quando gli stessi “tedeschi” erano ad Anzio) non autorizza a mandare via chi ha predisposto il programma. A farlo – Magari – per “rispondere alla politica”, come scrive il Granchio. O per distogliere l’attenzione da una vicenda – sbaglierò- come quella delle Pro Loco che sembra molto più seria.


Allora va bene seguire e “abituarsi” ai new media, va benissimo farne una fonte – per tutti -ma poi occorre verificare. Perché altrimenti si arriva – come in questo caso – ai licenziamenti causa posizioni altrui scritte su Facebook e si crea un precedente pericoloso. Pericolosissimo. 

Ps, anche il 75′ anniversario dello sbarco è stato- a mio modesto parere- una occasione mancata per far crescere questo territorio 
Ps1, è apprezzabile quanto dichiarato dal sindaco di Anzio sul fatto che finché ci sarà lui non si faranno “guerre” sulla spiaggia che sono anti storiche e abbiamo sopportato (e pagato) per troppi anni. Speriamo solo che nelle mostre fotografiche “liquidate” ci sia qualche immagine nuova, diversa, altrimenti è una ennesima “prebenda”

Lo sbarco, le “solite” divisioni. Continuo a non capire

Cerimonie istituzionali insieme – e ci mancherebbe – altri programmi “separati”. Dopo una sorta di trattativa, messaggi trasversali, iniziative non condivise, tavoli di confronto e chi più ne ha, ne metta. Succede ogni anno, ad Anzio e Nettuno, mancando un progetto comune di ampio respiro e di caratura internazionale come l’evento meriterebbe.

Non voglio tediare oltre, continuo a non capire e comunque l’ho sempre pensata come è possibile leggere cliccando sulle prese di posizione precedenti espresse in questo umile spazio. Per chi ha tempo e pazienza, basta collegarsi.

In ciascuna famiglia con origini in questo territorio c’è chi ha vissuto quell’epoca, chi ha i ricordi di nonni e padri, le città sono decorate con medaglia d’oro al merito civile. Perché continuare a dividersi? Cogliamo l’occasione, pensiamo da oggi all’ottantesimo anniversario, costruiamo qualcosa che resti . E’ chiedere troppo?

Sbarco di Anzio: il bello, l’inopportuno, la proposta

manifestoangelita

Sono belle scene quelle alle quali assistiamo in questi giorni ad Anzio con le celebrazioni per ricordare lo sbarco alleato. Centinaia di bambini coinvolti, addirittura che cantano “Angelita” come si è sentito questa mattina, dopo averla studiata e imparata a scuola.

Credere o meno alla leggenda conta poco, quella canzone – e la scelta di dedicare questo appuntamento a tutte le “Angelita” moderne – è parte della storia contemporanea di questa città, ascoltarla da scolaresche e ricordare gli insegnamenti del maestro Pincini quando a scuola andava chi scrive, fa sempre un certo effetto. E sono state belle le parole del sindaco, apprezzabili per il messaggio di questo “nonno” che invita a lasciare da parte la tecnologia e pensare al confronto e al dialogo.

Sono giornate intese, piene di eventi molto seguiti dai ragazzi, con un lavoro che è stato fatto nelle scuole e che ha coinvolto il territorio. Ricordare la necessità della pace, in un mondo purtroppo ancora martoriato dalle guerre, con le scene che vediamo nel Mediterraneo, con l’Isis alle porte, è il messaggio che l’assessore Laura Nolfi ha scelto ormai da anni. E ha fatto bene. Ora si deve andare oltre, ma ne parleremo tra poco. Perché se questo è il bello, c’è pure l’inopportuno.

Non se la prenda il presidente del Centro di documentazione e ricerca sullo sbarco, Patrizio Colantuono, sulla simulazione che mostra scene di guerra sulla spiaggia di Levante non siamo d’accordo. Ne abbiamo discusso spesso, diventa una cosa quasi carnevalesca, con poco di storico e fuori il contesto del messaggio di pace che si vuole dare.

Dobbiamo andare oltre, si diceva, proporre, con lo sbarco che diventa centrale nella programmazione culturale della città. Bello portare i ragazzi al cinema a vedere “The Wall” ma con la fortuna di avere Roger Waters cittadino onorario, dovremmo farne un ambasciatore di pace della città di Anzio in Europa e nel mondo. Far sì che in questa settimana si svolgano iniziative, certo, ma che durante tutto l’anno si possa “vivere” un’atmosfera come quella degli ultimi giorni. Far sì che da Anzio parta, quotidianamente, un messaggio forte e chiaro. Non solo il 22 gennaio. E si può immaginare – allora – un grande progetto che coinvolga la Sicilia, Salerno, passi da Anzio (con un museo che merita finalmente spazi moderni e adeguati, da inserire in un progetto del genere), arrivi alla liberazione di Roma, ci conduca fino in Normandia. E’ un sogno? Un’utopia? Chissà, ma è solo così che si può immaginare di invertire la rotta rispetto a oggi, passando da belle manifestazioni e belle parole, a manifestazioni durature e capaci di attrarre anche dal punto di vista turistico-culturale.  Ci sarà un sacco di gente, domenica, alla simulazione? Sicuramente, ma sarà il successo di un giorno. Si deve cercare quello permanente.

Ricordando, con Oriana Fallaci, che “quasi niente quanto la guerra e niente quanto una guerra ingiusta, frantuma la dignità dell’uomo” (da “Niente e così sia“)  cominciando a pensare – proprio qui, ad Anzio, città decorata con la medaglia d’oro al merito civile per quello che hanno subito i nostri nonni e padri – che una guerra non sarà mai giusta.

Il premio, il museo, la chiarezza sulle sedi

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(Foto Raniero Avvisati)

La giornata di ieri è stata caratterizzata da un paio di buone notizie per la nostra città. Diciamo due eventi che meritano di essere sottolineati e sui quali dobbiamo e possiamo unirci, anziché continuare a dividerci.

Il primo è il riconoscimento come “Sportivo dell’anno” a Ernesto Salvini, direttore sportivo del Frosinone calcio. Quando entrambi avevamo ancora (o quasi) i pantaloncini corti, le nostre strade si incontrarono inevitabilmente sui campi di gioco. Giovane cronista io, diviso tra radio e carta stampata – di solito chi vuole fare questo mestiere viene sempre “transitato” prima per lo sport – e ancor più giovane dirigente lui. Ha fatto molta strada, è stimato e apprezzato,  dare a lui il premio è un gesto simbolico di grande significato. Bene ha fatto Massimiliano Millaci, allora ancor più giovane calciatore, a volere istituzionalizzare questo riconoscimento. Ci sono tanti anziati, nel mondo dello sport, che fanno grandi gesta ed è sacrosanto che il Comune se ne ricordi.

Di Ernesto, ieri, mi ha colpito l’umiltà e la sottolineatura che servono impegno e dedizione nel fare il proprio lavoro. Poi che sia serie A, B o Lega Pro conta poco.

Poco dopo il Comune, attraverso un comunicato, ha ufficializzato che la sede di Piazza Pia un tempo azienda del turismo, comando dei vigili e non solo, destinata prima alla Capo d’Anzio e poi a una mai aperta collezione di conchiglie, sarà concessa al Museo dello sbarco. Un.”patrimonio della città“, per usare le parole del vice sindaco Giorgio Zucchini. Giusto dare lo spazio – quello attuale è insufficiente – altrettanto sottolineare che il museo è “di” Anzio e non una cosa privata come il suo presidente ha detto durante un convegno.

Nessuno vuole toccare il lavoro che ha fatto Patrizio Colantuono, anzi questa iniziativa del Comune ne riconosce ulteriormente il valore, ma va chiarito l’aspetto della proprietà di materiali, donazioni e via discorrendo. Pezzi, ricordiamolo, ospitati da oltre 20 anni in spazi del Comune e a spese della collettività. Lo sbarco, però, come lo sportivo dell’anno, deve cominciare a unire e non a dividere.

L’assegnazione della sede ha suscitato qualche perplessità espressa sui social. E’ legittimo che associazioni aspirino a uno spazio,  ricordiamo che il centro anziani è “provvisoriamente” ospite in quella che doveva essere la “casa delle associazioni e del mare” e che non s’è mai capito come partiti neonati avessero ottenuto sedi, per esempio. L’elenco finalmente pubblicato sul sito del Comune dopo sollecitazione del meetup  5 stelle “Grilli di Anzio” aumenta i dubbi anziché chiarire la situazione. Basta un riscontro fra indirizzo indicato e occupanti per comprendere che qualcosa non quadra. Certo è che se proprio si devono assegnare nuovi spazi sarà bene fare un bando. Pubblico e trasparente.

Sorpresa sbarco di Anzio: “Il museo è privato”

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Una premessa indispensabile: a Patrizio Colantuono, presidente del museo dello sbarco di Anzio, va fatto un monumento. Per aver immaginato, con altri, quella realtà, per l’impegno che profonde e la passione che ci mette. Detto ciò abbiamo appreso ieri sera, nel corso dell’evento organizzato dall’associazione “00042” su 365 giorni di turismo, che  “il museo dello sbarco è privato“. Cioè?

Non solo, che c’è un non meglio specificato progetto – che da quello che ho sentito sarebbe pure condivisibile – di mettere insieme  i cimiteri di guerra di mezza Europa e farne un percorso della memoria. Proposto da chi? E con il Comune coinvolto o non?

L’intervento di Patrizio Colantuono ha seguito quello di chi scrive – che riporto subito dopo – e di Angelo Pugliese, nei quali si è parlato delle enormi possibilità dello sbarco se non limitato al museo odierno e alle manifestazioni del 21-22 gennaio. Non era, non è e non sarà mai un “attacco” alla persona, ma a una città dove si fa fatica a mettere a sistema il buono che c’è. Altrove potrete seguire dibattito e interventi – personalmente ho molto apprezzato quello dal pubblico di Riccobelli (esperto di pianificazione) e di una signora che ci ha ricordato come prima di tutto dobbiamo amare la città cominciando a raccogliere le carte per terra, ma anche le buone pratiche che già esistono illustrate da Maurizio Criscuolo e Gigi Crescenzi  – qui sorgono alcuni dubbi sul museo “privato” e che ha “dal Comune 5000 euro l’anno, quando li dà“. Ma che significa privato? E’ a Villa Adele – spazio piccolo, angusto, puzzolente ormai – da quando è stato realizzato. Merita una collocazione assolutamente diversa, vero, ma da oltre 20 anni usa uno stabile del Comune, energia e tutto il resto a carico della collettività, ha anche contributi e poi è privato? Vuol dire che domani può anche chiudere e portare via tutto?

E’ comprensibile lo sfogo di chi si è sentito attaccato – ma, ripeto, non era e non è una questione legata alla persona che può solo avere gratitudine – ma questa cosa va assolutamente chiarita. Di seguito, l’intervento di chi scrive. Volto – com’era l’appuntamento di ieri – a costruire insieme un percorso, non a difendere ciascuno il suo “fortino“.

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Dalle occasioni mancate alle nuove possibilità

Due frasi: “Niente di più bello, niente di più quieto, niente di più ameno” (Cicerone) e “Mare, cultura e natura” (Pierluigi Cervellati)

Un paragone azzardato, fuori luogo forse, ma che la dice lunga su cosa è stata questa città e cosa doveva essere anche quando, 2000 anni dopo le parole di Cicerone, si è cercato di mettere mano alla programmazione del territorio e l’urbanista ha provato a dare una linea che ripercorresse quella del passato.

Un atteggiamento: “Siamo Anzio, il posto più bello del mondo, dove c’è il clima migliore, l’enogastronomia senza eguali, dov’è nato Nerone e dove hanno sbarcato gli americani. Devi venire, pagare (tanto) e sbrigare ad andartene perché cominci a darci fastidio”. E’ quello che ci tramandiamo, dal punto di vista culturale, da decenni, quando “la stagione” andava da giugno a ottobre e che le nuove generazioni non sembrano voler scardinare anche se adesso il periodo di presenza dei “forestieri” si è notevolmente ridotto.  Nonostante questo, continuiamo a non avere un’adeguata politica di accoglienza.

La realtà del territorio: “Varianti, cemento e furbizie”. Dalla teoria alla pratica il fallimento del piano regolatore, strumento che si era reso indispensabile dopo anni di stop, è misurabile con uno slogan del genere che traduce – a parere di chi scrive – in modo chiaro il motivo per il quale siamo di fronte a una “villettopoli” fra l’altro di scarsa qualità. Da “palazzopoli” delle vecchie previsioni, dalle convenzioni che hanno deturpato intere aree del territorio (Zodiaco, Anzio 2, Caracol), alla “villettopoli” odierna, l’unico filo conduttore è stato: consumare suolo, costruire, immaginare che fatte le case “qualcuno ci verrà”.

Ecco le occasioni mancate:  nel fiore dei suoi anni, in pieno boom economico, mentre nascevano la Costa Smeralda e la Riviera romagnola, Anzio ha scelto di essere altro. L’edilizia tirava, “qui devono venire”, ma il territorio via via spariva e oggi – come ebbe a prevedere Giuseppe De Rita anni fa – si fa fatica a distinguersi dalla periferia di Roma. Perché lo sviluppo è stato sempre collegato alle case da costruire, mai ai servizi da dare…

E’ possibile invertire la rotta? Lasciamo in pace Cicerone, ma usiamo proprio la frase di Cervellati: mare, cultura e natura.

Sono una linea di sviluppo chiara, marcata, solo da percorrere. Certo, tornare a essere attrattivi è difficile, non basta dire “qui è nato Nerone” per far sì che qualcuno arrivi, soprattutto se trova una villa abbandonata a se stessa, un museo dove si fa tutto – anche provare a promuovere l’archeologia – nessun percorso reale e tanto meno virtuale, manca una promozione, l’approfondimento, l’attività di ricerca su figure come lo stesso Nerone o Caligola. Possibile che Cerveteri fa una mostra al palazzo delle esposizioni a Roma e noi – con quella su Nerone ai Fori – non riusciamo a collegarci?

Non basta dire “qui hanno sbarcato” e ridurci a carnevalesche ricostruzioni o affidarci ai parenti dei reduci, mettere corone o affibbiarci medaglie. Giusta la memoria, ma se Anzio è “la città della pace”, se ha la fortuna e l’onore di avere come concittadino Roger Waters, deve rendere questo un percorso. Da vivere il 22 gennaio, certo, ma anche nel resto dell’anno. Da inserire in un progetto europeo che va dalla Sicilia a Salerno, da Anzio a Roma liberata, alla Normandia.

Il mare, una bandiera blu che deve lasciare le polemiche e trasformarsi – d’intesa con gli operatori – in un’occasione. Il mare tutto l’anno, approfittando del clima mite, pensando ad Anzio come a una sorta di California d’Italia oltre che come luogo vicino a Roma dove continuare a trascorrere vacanze non solo d’estate.

Le aree verdi da valorizzare, insieme agli insediamenti archeologici, affinché siano fruibili a chi svolge attività a contatto con la natura, dall’1 gennaio al 31 dicembre.

La grande tradizione enogastronomica, la ristorazione rinomata in tutto il mondo (ma non stellata, chiediamoci il perché) i prodotti di qualità, sono un altro filone da mettere “a sistema”, quello che farebbe una città vera,  non un paesone che insegue sagre improbabili o bancarelle di quarta serie.

Abbiamo mancato occasioni, abbiamo ancora la possibilità di recuperare. Puntando su mare, cultura e natura con servizi moderni, valorizzazione di quello che abbiamo, qualità assoluta.

 

Grazie Roger, adesso per favore basta giocare alla guerra

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L’immagine di Roger Waters bambino in braccio al padre che ci ha accompagnato nei giorni in cui il grande musicista è diventato nostro cittadino onorario apre il film. Il certificato che parla del padre, morto ad Anzio, è lì sullo schermo in una sala non da tutto esaurito ma comunque gremita. Di quello che è successo in Italia con gli sbarchi alleati e di Anzio si parlerà ancora in un film per il quale dobbiamo dire solo grazie al nostro concittadino.

Sono oltre due ore intense, commoventi, belle, soprattutto che ci danno un messaggio di pace preciso. Nella grande parete di volti che chiude il film, fatta di persone decedute nelle guerre più disparate, c’è il senso pieno di quello che Waters dice al mondo.

E’ assolutamente condivisibile quello che afferma Luca Marra “Waters racconta l’inutilità della Guerra, il muro esempio famigerato del confine, delle divisioni, del dolore“. Sapevamo che aveva perso il padre, per esempio, non che la precedente guerra aveva portato via il nonno. Ci si commuove quando lui e i pronipoti si fermano davanti a quella croce, in un cimitero francese.

Ciò che interessa qui è che davanti agli occhi di milioni di persone è riecheggiato e riecheggerà il nome di Anzio, per questo il film è una grande occasione. Occorre crederci, però, fare come all’avvento della Palmolive. Racconta Castore Marigliani che gli americani chiedevano infrastrutture, certezze, e lui diceva sempre di sì. Ammettendo di non sapere, in quel momento, dove avrebbe trovato i soldi ma di avere chiara in mente l’opportunità che quell’investimento avrebbe dato.

Per questo farà bene il sindaco, Luciano Bruschini (ieri sera in sala c’era la delegata all’archeologia, Valentina Salsedo) a scrivere a Waters e ringraziarlo, dicendogli che Anzio è a disposizione come città della pace, di tutti i muri abbattuti. E’ una grande opportunità.

Tuo padre sarebbe fiero di te” – questo racconta rispetto a un incontro con un ferito in battaglia. E noi dobbiamo essere fieri di averlo come cittadino onorario, provando a coinvolgerlo in un grosso progetto che possa essere al pari della Palmolive più di 50 anni fa.

Allora, fermo restando il rispetto per chi ha combattuto e ha lasciato la vita qui, ricordando sempre l’onta dello sfollamento delle nostre famiglie, cominciamo il 22 gennaio a non rievocare più la guerra. Diciamo basta a finte battaglie che porteranno, è vero, tanta gente, ma sono il messaggio esattamente contrario a quello che non uno qualsiasi ma un personaggio del calibro del nostro concittadino onorario ha lanciato. Non da oggi.

I soldatini tanto cari a chi – sia pure meritoriamente – con lo sbarco si è ritagliato un ruolo, mandiamoli in soffitta con le loro divise che sanno di naftalina.  Giocare alla guerra non serve, quando abbiamo un’occasione come questa da immaginare quale grande, immenso, messaggio di pace. Da Anzio a Salerno, a Roma, alla Normandia….

Un progetto di respiro europeo che faccia essere fieri quanti – nelle nostre famiglie – hanno conosciuto quella guerra e la sua distruzione.

Waters, lo sbarco, la grande occasione per “costruire”

sindacoroger

La cittadinanza onoraria a Roger Waters va annoverata tra gli atti più importanti fatti dal sindaco Luciano Bruschini e – in generale – dalla classe dirigente di questa città nel corso degli anni.

Ne abbiamo eco ancora oggi, con il film “The Wall” che esce nelle sale il 29 e 30 settembre e sarà proiettato  anche ad Anzio. Bene ha fatto il sindaco a ribadire di essere orgoglioso delle scene girate qui. Dobbiamo esserlo tutti.

Questa è la conferma che Waters – che ha girato parte delle scene a Tor Caldara – “tiene” alla cittadinanza conferita e che averlo tra gli anziati – sia pure in modo onorario – era ed è una grande occasione.

Se cominceremo, una volta per tutte, a immaginare lo sbarco come un momento sul quale costruire e non fare pagliacciate fuori dalla storia, allora il legame con Waters sarà la grande occasione.

Immaginiamo un vero museo, legato alla Normandia, legato alla liberazione di Roma, un percorso a ritroso verso i luoghi di sfollamento dei nostri padri e dei nostri nonni, la costruzione di una memoria che parli al mondo di pace.  E che lo faccia tutto l’anno, non solo il 22 gennaio.

Certo, i soldati mascherati e irridenti che ci hanno riservato le ultime ricostruzioni “storiche”  vanno nella direzione esattamente opposta.

Allora il sindaco Bruschini decida se investire sulla “risorsa” Waters in un progetto di respiro europeo e fare finalmente dello sbarco alleato un reale biglietto da visita della città, o restare a compiacersi di un concittadino così illustre tenendosi però le carnevalate.

ps, nota polemica: i cancelli delle scuole di via Ambrosini e le parti “visibili” al passaggio dell’illustre cantante vennero verniciati in occasione della cittadinanza onoraria. Il resto delle inferriate era arrugginito e nel frattempo è peggiorato….

Lo sbarco di Anzio, Ulisse e l’inutile campanilismo

sbarco

Va detto grazie ad Alberto Angela e alla trasmissione Ulisse andata in onda sabato scorso per come è stato ricostruito l’intero contesto dello sbarco di Anzio nell’ambito della seconda guerra mondiale e della liberazione di Roma e dell’Italia.

Anziché pensare al “solito” sbarco, alla carnevalata in piazza e al Tirrena, immaginiamo sin d’ora di invitare Alberto Angela il 22 gennaio 2016 e prima di mandare in onda in tutte le scuole il suo lavoro e quello dell’équipe della trasmissione. Lo sbarco alleato sulle nostre coste, noto come “di” Anzio, è nulla se lo si esclude dal contesto nel quale è avvenuto. Meno ancora se pensiamo semplicemente a stabilire il punto esatto dove sono arrivati gli americani e dove gli inglesi, se alle vicende storiche sostituiamo quelle campanilistiche.

Ad Anzio è stata istituita la giornata della pace, si sta cercando di lavorare in tal senso, poi a gennaio abbiamo visto la guerra scimmiottata. Meglio, ovviamente, quella che ci ha fatto rivivere Angela, inserita in un percorso generale, che riguarda la liberazione di Roma ma anche le sofferenze patite a Cisterna, Aprilia, Lanuvio e quelle a sud del Lazio con Cassino e i dintorni. Perché quella è stata la guerra vissuta dai nostri genitori e nonni, da lì si parte per costruire la pace. A maggior ragione oggi, quando il Mediterraneo vive una guerra non dichiarata che vede morire migliaia di poveri immigrati che sognano semplicemente l’Europa e fuggono da conflitti che fingiamo di non vedere.

Per questo sono inutili tanto il campanilismo quanto le manifestazioni, spesso rabberciate, messe in piedi e che restano fini a se stesse. Spendiamo gli stessi soldi per fare un reale percorso di pace, per cominciare a costruire ad Anzio, Nettuno, Aprilia, Cisterna un grande museo diffuso delle atrocità vissute dalle nostre popolazioni. Un percorso da fare tutto l’anno, non solo il 22 gennaio. Facciamo di questo territorio un simbolo, lanciamo da terre devastate e popolazioni sfollate un messaggio all’Europa e al Mediterraneo. E’ uno nostro dovere per ciò che hanno vissuto e visto quanti ci hanno preceduto.

Lo sbarco, i tedeschi, altre storie. Continuo a non capire….

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Mi chiedevo ieri mattina, girando per il centro di Anzio, se il 22 gennaio del 1944 ci fossero in giro tutti quei tedeschi, per giunta sorridenti e attorniati di belle ragazze. Chiedo conforto a chi, di storia, capisce più di me. Così magari ci spiega se quando gli alleati sono sbarcati hanno trovato ad attenderli lì, sulla spiaggia, i tedeschi stessi dentro a delle trincee. Qui più che di storia serve un esperto di tattiche militari, per quel poco che ne so difficilmente si risponderebbe a uno sbarco con la fanteria, ma anche in questo caso chiedo conforto. Lo faccio perché ci venivano proposti “momenti di 71 anni orsono” con i volantini diffusi in città.

Perché continuo a non capire più di qualcosa rispetto alle rievocazioni che ci vengono proposte e alle manifestazioni che sono – a mio modestissimo avviso – ogni anno un’occasione mancata. Per fare di uno dei momenti più terribili della storia della seconda guerra mondiale un momento di riflessione che guardi – per davvero – alla costruzione della pace. Qui due Comuni non si mettono d’accordo per fare normali cerimonie, figuriamoci manifestazioni internazionali sull’evento. Qui ogni associazione ha il “suo” momento nel programma e sappiamo bene che si guarda diciamo di traverso con l’altra. Sabato pomeriggio a Villa Sarsina, per esempio, ci siamo dovuti accontentare di narratori improvvisati e di collage di foto senza alcuna spiegazione, tra l’altro in assenza di rappresentanti del Comune a dare una presenza istituzionale. Qui nessuno ha chiesto all’addetto dell’ambasciata Usa che lo scorso anno lanciò in pompa magna l’X Ray beach a Nettuno che fine avesse fatto quest’anno. Se persino personaggi che hanno un importante ruolo usano lo sbarco per mettersi in mostra non siamo certo sulla buona strada.

Per questo se sbarco di pace non è solo uno slogan (apprezzabile il gesto del Comune di Anzio per la Francia e la frase di Voltaire), sarebbe il caso di investire i pochi  soldi che ci sono per un evento che metta realmente al centro la pace. Per costruire, con i ragazzi delle scuole, quanto è accaduto e farne un progetto di portata europea. Collegandosi alla Normandia – dove a giugno vedremo cosa faranno per i 70 anni dallo sbarco – ma anche alla Sicilia e a Salerno dove pure sono sbarcati gli alleati. Creando un ponte con le città dove la gente di Anzio e Nettuno è stata sfollata, in Calabria. Riprendendo le pagine di Padre Leone Turco e del suo diario per far capire ai ragazzi che non hanno avuto la fortuna di sentire i racconti di nonni e padri cosa sono stati quei giorni. Una nostra giornata della memoria e della pace, in un Mediterraneo ancora oggi teatro di morte, che si trasforma in un percorso da vivere tutto l’anno. Questo – resta una mia modesta opinione – sarebbe un segno di svolta.

Qualche tedesco in meno, tanto non c’erano (vero intenditori?) e più idee innovative rispetto a ciò che si rischia di trasformare da evento storico a carnevalata.

La guerra, la “musarola” e “a chi appartieni”, addio a Iole e alle sue storie

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Ti riconosceva dalla “musarola” e poi ti diceva “tu appartieni a...” come si faceva da queste parti per spiegare di che famiglia fossi. Se n’è andata ieri, proprio mentre iniziava la Messa di Sant’Antonio, quella dove non era mai mancata praticamente da sempre. Stavolta Iole Figliamonti, vedova Pigliacampi, era in clinica dove si è spenta a 95 anni. Si è portata dietro un ultimo pezzo di paese, di quello che ci piace ancora chiamare Portod’Anzio, anche se ormai è una città che fatica a crescere. I ricordi di “appena rientrati”, quella statua di Sant’Antonio con il fucile in braccio e l’elmetto, la chiesa distrutta come il resto della città, la difficile ricostruzione, padre Leone Turco detto “Presidente”…

Una donna forte, fino all’ultimo, che ha raccontato aneddoti e momenti di vita vissuta indimenticabili, ci dato la sua “storia orale”. Chi ha avuto la fortuna di conoscerla – e di essere riconosciuto dalla “musarola” – potrà confermare.

Agli amici Augusto ed Enrico, figli di Iole, va un grande abbraccio e l’invito a preservare i ricordi di quella storia che appartiene, a pieno titolo, a quella della nostra città.