Porto, non sono i giornalisti a fare confusione

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Una pagina del settimanale “il Granchio” dedicata al bando per il nuovo porto consegnato al Comune e lì rimasto ha scatenato la reazione del presidente della Capo d’Anzio, Luigi D’Arpino, che sui social network – dei quali fa un  uso abbondante e poco istituzionale – ha espresso il proprio dissenso su quanto pubblicato.

E’ un passaggio che serve come punto di partenza per dire chiaramente che sul porto non sono i giornalisti a fare confusione. Dovevamo avere il doppio porto, le crociere e tutto il resto, ci ritroviamo a gestire una bagnarola poco sicura e con il canale d’accesso insabbiato alla prossima mareggiata. Già questo basta e avanza, ma uno capisce che i tempi sono cambiati…

E scopre l’ondivaga posizione di chi rappresenta il 61% pubblico della “Capo d’Anzio” ovvero il sindaco di Anzio, Luciano Bruschini.

Nell’articolo del settimanale si afferma che il sospetto è che si voglia andare avanti con la sola gestione. Non è un sospetto, ma una certezza. E’ quello che ha stabilito l’assemblea dei soci della “Capo d’Anzio” – sindaco presente – per uscire dall’angolo di un mega porto irrealizzabile e cercare di non portare i libri in Tribunale.

Il piano finanziario è di dicembre 2013, poi è arrivata la richiesta (accolta) di inversione del crono-programma e di avvio della gestione per salvare la società. Mentre tutto questo avveniva, il sindaco andava in Consiglio comunale a dire che avrebbe fatto il bando e incaricava uno studio di scriverlo.

E’ cosciente, anche se dice sempre che lui “non sa“, che il bando oggi è un’avventura. Già solo pubblicarlo e aspettare eventuali offerte fa passare quasi un anno, poi? La Capo d’Anzio nel frattempo è andata fallita o ha ceduto la concessione al miglior offerente o per la spending review è finita al socio di minoranza Marinedi, Renato Marconi.

Ecco, la confusione non la fanno i giornalisti ma chi sul porto ci ha detto tutto e il suo contrario. Siccome i cittadini di Anzio hanno il 61% delle quote, il sindaco aveva (e ha) il dovere di avvisarli e di seguire una linea logica.

Invece dal singolare avvento di Renato Marconi in poi (vicenda che in altre sedi andrebbe indagata, ma ha avuto il placet nazionale di governi diversi e trasversali…) Bruschini ha dato una botta al cerchio e una alla botte.

Si poteva impugnare il passaggio di quote, per esempio, c’era un ordine del giorno del Consiglio comunale e un parere legale profumatamente pagato. Ma Bruschini prima ha detto che Marconi serviva “perché il Comune non poteva fare certe cose“, poi si è solennemente impegnato a mandarlo via, quindi ci ha messo un altro anno a scrivere una lettera per chiedere quote che andavano restituite “al valore nominale” secondo i patti parasociali che Marconi stesso aveva firmato quando presiedeva Italia Navigando. Si è atteso, dato carta bianca – dal nome al logo, al nuovo sito – a Marconi e ai suoi uffici, ora mandarlo via costerebbe un occhio della testa oltre a essere difficilmente proponibile.

E la relazione alla Corte dei Conti per dire che la società deve rimanere pubblica in quanto il porto è strategico? Il termine di marzo 2015 è passato da un pezzo, nulla è stato fatto, il Comune sarà costretto a cedere le quote e se arrivasse un nababbo a offrire 10 milioni di euro, Marconi avrebbe diritto a tenere tutto per sé alla stessa cifra.

E gli acquirenti, ora turchi ora russi, ora americani, dei quali si parla da mesi? Mistero. La vicenda della sede in piazza, poi, ha del surreale…. Assegnata, mai usata, affidata non si sa ancora a chi ma per la quale nel frattempo il Comune chiede i canoni arretrati.

Per non parlare della situazione creatasi con gli ormeggiatori: la società fa ricorso sulla sospensiva ottenuta dalle cooperative, vince al Consiglio di Stato, il sindaco – spinto da consiglieri comunali di maggioranza – li rassicura che qualunque sia l’attesa pronuncia del Tar  fanno “la stagione, poi si vede“.  L’hanno fatta, si attende la sentenza, ma la confusione resta tanta. Se dovessero perdere, cosa succede? Qual è l’offerta di assunzione fatta e mai resa nota ufficialmente? Cosa impedisce di farlo, quando è noto dai bilanci il costo che le cooperative hanno per il personale? E’ stato proposto meno di quello?

Senza contare quello che ha fatto la società, prima la vendita dei “Dolt” e poi la restituzione dei soldi, le dimissioni date dal presidente (e comunicate ai giornali) anzi no. Un parcheggio sul quale sono servite due delibere e non c’è ancora chiarezza. Sono i giornalisti a fare confusione?

Ma immaginiamo per un attimo l’assemblea Fca che decide di seguire un percorso, lo annuncia ufficialmente, mentre Marchionne alla prima occasione dice l’esatto contrario e dà mandato agli uffici di fare altro? Ecco,   il porto ad Anzio doveva rappresentare – per chi come scrive ci ha creduto e l’ha sostenuto – un maxi investimento della Fiat/Fca. E’ diventato altro grazie alla politichetta di paese e a qualche guru romano, ma  ripetere la storia è ormai inutile.

Una cosa è certa: al posto di D’Arpino, anziché scagliarsi su chiunque scrive, ce ne saremmo andati da tempo. Perché l’assemblea ha detto una cosa che lui, insieme al resto del consiglio d’amministrazione, ha portato avanti. Nel frattempo il socio di maggioranza ha scelto di fare altro. Alimentando la confusione

Sono i fatti, scriverlo è il nostro mestiere.

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