Il bando per il nuovo porto di Anzio somiglia ormai alla vecchia gestione del trasporto pubblico di Ponza, vale a dire alla signora che con un cappellone di paglia urlava “parte, parte, parte!” e non faceva muovere il bus fino a quando non era carico. Lì, almeno, c’erano i passeggeri, qui una società che si barcamena – è proprio il caso di dirlo – come può.
Sgombero il campo, l’ho fatto pubblicamente e lo ribadisco qui, per coloro che osservano “ma tu sei sempre stato a favore”. Vero, non lo nego. Altri tempi e situazioni. Qualcuno dimentica – conviene – tirai fuori la presenza del privato nella “Capo d’Anzio” che ci era stata data per pubblica e per fare il porto di tutti. Dovevamo mandare via subito Italia Navigando, in Comune non lo fecero. E dovevamo impugnare subito l’atto di cessione a Marconi, in Comune non lo fecero. Ebbene – come, da solo, ripeteva Aurelio Lo Fazio – il problema non erano tanto le procedure (corrette) ma la Capo d’Anzio.
Che da tempo, ormai, pur con una concessione il porto non è in grado di realizzarlo. Lo vuole solo gestire, cosa che interessa il socio privato e la sua rete “Marinedi” che altrimenti – se ne avesse avuto le capacità – doveva apportare i capitali previsti dai patti parasociali e darci il nuovo porto.
Socio privato – nessuno che si è alzato in consiglio comunale a farlo notare – che il sindaco Bruschini prima ha solennemente promesso di “cacciare, parola d’onore” e con il quale ha poi firmato una inutile “road map”, qualche giorno dopo.
C’è chi lo scriveva – in un umile spazio come questo blog – e lo ha scritto. Chi trovava i documenti, i verbali, i bilanci e li rendeva noti e chi ha continuato a guardare il dito e non la luna.
Sgomberato il campo, qualche considerazione e una proposta di via d’uscita. Sulla quale confrontarsi, per chi vuole, senza pregiudizi di sorta.
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Perché la Capo d’Anzio per realizzare il primo passaggio dei lavori – sistemazione del bacino interno – non può andare in banca e chiedere un muto di circa 20 milioni di euro? Perché i suoi conti non tornano, nessun istituto di credito – anche per i criteri di Basilea – concede finanziamenti a chi ha bilanci come quelli della società per il 61% ancora del Comune di Anzio. Da qui il bando, con in permuta i posti barca da quello che capiamo. Bando del quale si parla, ormai, da oltre un anno e che sarà l’ennesima occasione di campagna elettorale.
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Mettiamoci nei panni della banca X: concedereste un mutuo a moglie e marito che dicono di voler comprare casa e intanto si stanno separando? Ecco, il Comune ha – con colpevole ritardo – iniziato la causa contro il socio privato. Nessun istituto si mette a rischio e questo è un altro ostacolo verso la gara gestita direttamente dalla società. Che punta, invece, a restare a galla – poi quando la Cassazione deciderà chi aveva ragione, vedremo – per far quadrare i bilanci con la gestione.
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Come se ne esce? Mandando via il privato, il quale dal primo momento ha chiaro in testa di fare ciò che ha fatto con “Italia Navigando”: prendere più soldi possibili da un’operazione nella quale ha investito ben poco.
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E poi? La Capo d’Anzio ha una concessione (a proposito, quanto vale? La famosa stima, pure quella annunciata da più parti?) che la Regione non ha revocato per chissà quale buon ufficio o carità di patria. Decide di sistemare solo il bacino interno – unico “spendibile” e fattibile – ma deve trovare i soldi…
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Va coinvolta la Regione stessa, attraverso ad esempio l’Autorità portuale che non si occupa di porti turistici, ma potrebbe anche iniziare a farlo e che, comunque, su quelli commerciali ha competenza e potrebbe – ieri…. – pensare subito all’escavo del canale di accesso. Quello che invece compete, da concessione, alla Capo d’Anzio. L’idea, quindi, è quella di coinvolgere la Regione, entrare nell’autorità portuale, far confluire lì la concessione, affidare alla stessa lavori e futura gestione con una clausola di salvaguardia per i lavoratori che c’erano prima – unici a pagare, finora – e per quelli di adesso. Autorità alla quale il Comune non deve chiedere posti, consiglieri d’amministrazione, nulla se non che il porto resti pubblico.
Quello che doveva essere all’inizio e che non si è rivelato.