Il libro sul sangue, i colleghi, l’auto-pubblicità

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Ai tempi dell’università il professor Domenico De Masi ci invitava a fare citazioni tra noi. Sosteneva, a ragione, che altrimenti nessuno ci avrebbe mai indicato per un lavoro fatto. Una lezione che ho evidentemente imparato, se oggi continuo ad auto-promuovere il libro “Sangue sporco. Trasfusioni, errori e malasanità” che da qualche giorno è disponibile nelle librerie di tutta Italia.

Ne hanno parlato agenzie, giornali e siti autorevoli, a cominciare dal “mio” – nel senso che ci lavoro – Messaggero e stiamo presentando o presenteremo  il libro edito da Giubilei Regnani in mezza Italia. Qualche giorno fa al Senato, con a fianco il presidente della Fnsi Santo Della Volpe, il collega e amico Lidano Grassucci e l’avvocato Renato Mattarelli  ho avuto l’onore di presentarlo in una sede istituzionale e il piacere di vedere tanti colleghi, oltre ad amici di una vita e altri invitati.

Mi soffermo sui colleghi perché questo, lo ripeto, è il libro di un giornalista. Di chi fa il proprio mestiere, come tanti e soprattutto nelle redazioni di provincia, in quel lavoro “di prossimità” – come ha ricordato Della Volpe – fondamentale per questo Paese. Perché piaccia o no, di giornalisti abbiamo ancora bisogno. E tanto. Non di chi “copia e incolla”, ma di chi ha ancora voglia di andare a scoprire e raccontare fatti. Non di chi si preoccupa delle possibili reazioni del “potente” di turno, ma di chi prova a mantenere la schiena dritta come ci ricordava il Presidente Carlo Azeglio Ciampi. Non di bavagli e lacci di vario genere, di querele temerarie o maxi richieste di risarcimento che minano la libertà di esprimersi.

Abbiamo bisogno, allora, anche di trovare tutti i modi per raccontare le storture delle nostre città e non solo. Fosse con i media tradizionali o con i libri d’inchiesta che ti fanno riscoprire il gusto di questo lavoro (e ce ne sono molti in circolazione) con i blog o i siti d’informazione, i social network.

Nell’era che stiamo conoscendo, quella dei cosiddetti “personal media” , c’è ancora molto bisogno di chi va, vede e racconta così come di chi si informa, va alla fonte e verifica prima di scrivere.  E’ il nostro dovere, nei confronti dell’unico padrone che ci ricordava Indro Montanelli: il lettore.

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