Il passaggio di Davide Gatti in maggioranza ad Anzio era ampiamente atteso. E come lui altri dell’insolita opposizione di centro-destra aspettano solo un cenno per fare il salto. E’ naturale nella politica di oggi, dove cambiare casacca è normale e dove ci si preoccupa di “posizionarsi” possibilmente nel gruppo vincente o comunque di “contare“. Così il giovane Gatti (“vedrai che sorpresa” – diceva l’allora candidato sindaco Candido De Angelis) decide di passare nel gruppo che fa capo all’assessore Alberto Alessandroni e al consigliere Velia Fontana. I quali, almeno alle ultime europee, facevano parte dell’Ncd e alle amministrative erano in Forza Italia, domani chissà se con Salvini o altri. Esattamente erano all’opposto di Gatti che con Fratelli d’Italia sosteneva altro. E che evidentemente ha dimenticato di essere stato in corsa con un programma alternativo a quello del sindaco Bruschini. Ci dicono che sia la politica, ma francamente di fronte a questi giovani virgulti del panorama anziate ci viene quasi da rimpiangere i vecchi.
Uno si aspetta che dal rinnovamento ci sia almeno un’alzata di scudi. Un po’ come faceva Candido De Angelis al suo primo mandato consiliare, nel ’90, contro – guarda caso – i Bruschini, Borrelli & C. che ancora ci sono oggi o Aurelio Lo Fazio quando insieme a un allora giovane Bruno Tuscano mandava a casa Piero Marigliani, nell’84. Invece no, Marco Maranesi si accorge che le cose non vanno dopo averle condivise e cambia ma qual è la sua visione del futuro di Anzio la ignoriamo. E’ diventato il censore, ma secondo i bene informati è solo per cercare visibilità e qualche legittima prebenda che in maggioranza non avrebbe più avuto. Diciamo che almeno si è smarcato, via…
Valentina Salsedo dopo l’alzata di scudi di mesi fa è tornata nei ranghi, Massimiliano Millaci era stato “dissidente” con Maranesi ma è diventato capogruppo, di Donatello Campa si sono perse le tracce, Velia Fontana almeno si occupa delle mense che conosce da vicino, Giusy Piccolo è nel “fortino” della sua delega al cimitero che finora non ha prodotto risultati visibili e lì si ferma, Laura Nolfi ha alzato il tiro sulla vicenda mense dopo aver ondeggiato a lungo, Giacoponi è al secondo mandato ma è Attoni-dipendente. Ecco, questa sarebbe la classe dirigente di domani ma al di là di piccoli “aggiustamenti” non riusciamo a vedere – sbaglieremo, per carità – se hanno o meno un disegno di città. No, il problema è oggi. E’ se stare con Patrizio – inteso come Placidi – o contro. Il tutto in vista di elezioni che verranno solo nel 2018, salvo scossoni. A loro cosa importa? Sembrano ben adeguarsi ai leader della vetero politica locale, ai “ragionamenti” fini a se stessi.
E viene da chiedersi se questi esordienti consiglieri hanno qualche dubbio che ogni tanto li assale, fosse sui residui di bilancio o sul tortuoso iter del porto, sul programma che hanno sottoscritto con Bruschini e non è stato attuato o sulla raccolta e smaltimento dei rifiuti. E’ come se vivessero altrove, in quel brodo di coltura di una classe dirigente vecchia ma che resiste. In bocca al lupo, anche se ci aspettavamo ben altro.
Un aneddoto, infine: quando Pasquale Perronace, il consigliere comunale oggi di più lungo corso in assise, lasciò la Dc per passare al Psdi eravamo giovani cronisti e con Ivo Iannozzi aspettammo a lungo di poter sentire il suo intervento in Consiglio o di intervistarlo. Era un momento quasi “tragico“, cambiare partito quando era un “affronto” addirittura andare da una corrente all’altra. Non rimpiangiamo quei partiti, il sistema che rappresentavano, ma c’erano almeno dei punti fermi. e si provava – sia pure a vuoto – a immaginare una città possibile.
Qui basta avere un pacchetto di voti, chiedere fiducia e poi chi vuole Dio se lo prega. La città può attendere, loro devono “ragionare“. Proprio come chi proviene dalla Prima Repubblica.