I richiedenti asilo, gli immigrati, i dati e la pantomima sull’hotel

Umberto Succi

Umberto Succi

Un paio d’ore di discussione, l’uscita schietta e provocatoria  da parte di Danilo Fontana a dire che lui è razzista, i richiami alla dottrina sociale della Chiesa anche da parte di chi non ha mai messo piede in una parrocchia o l’ultima volta che l’ha fatto è stato per la prima comunione e via. Nessun ordine del giorno, alla fine, al consiglio comunale di Anzio, dei diversi proposti sulla vicenda dei richiedenti asilo arrivati a via dell’Armellino, all’hotel Succi e presto in un’altra sistemazione perché qui sono 200 i destinati, come nelle città oltre 50.000 abitanti in tutta Italia.

Soprattutto nessuna idea di politica sull’integrazione. Fortuna che facciamo da soli. Già, ieri risuonava in Consiglio 8.136, come uno spauracchio. E’ il numero di iscritti regolarmente all’anagrafe, molti dei quali alla seconda generazione. Sono circa il 14% sulla popolazione residente, media di 2 punti superiore a quella del Lazio e di 6 a quella dell’Italia. Ci dobbiamo preoccupare? A sentire certi consiglieri sì. Forse non frequentano le nostre scuole o società sportive, non sanno che i bambini non si fanno problemi e che tra genitori c’è una sintonia che supera tutto. Sono troppi? Rispetto a cosa? E delinquono più di noi o, invece, in molti casi lavorano per chi preferisce tenerli – italianissimamente – a “nero“?

Ma vanno aggiunti gli irregolari!” Ha detto qualcuno. Certo. Insieme a controlli inesistenti se non alla tolleranza verso realtà di sfruttamento e irregolarità che tutti conoscono, salvo girarsi dall’altra parte. Via del Cinema in primo luogo.

Cosa dovrebbe fare un Comune, allora, anziché un ordine del giorno? Bernardone e Lo Fazio hanno provato a spiegare che parlarne per tempo forse avrebbe consentito di affrontare diversamente anche la vicenda dei richiedenti asilo. Non c’è dubbio. A maggior ragione va chiesto all’amministrazione e al Consiglio nel suo insieme, le politiche sull’integrazione quali sono? Di questi “pericolosi” 8.136 quanti indiani, romeni, ucraini, filippini, nordafricani? Quali esigenze? Come contemperarle? Non dovrebbe essere difficile avere i dati nel Comune 3.0 e mettersi a studiare. No. E’ più facile cavalcare l’onda perché “non ce la facciamo” e perché servono più agenti di polizia e carabinieri. Allora: quanti reati sono commessi da stranieri ad Anzio e quanti da italiani? Qualcuno prima di aprire bocca se lo è chiesto? Lo sa? Stando all’esperienza da cronista siamo lì. E’ che “fanno” più notizia gli immigrati.

A maggior ragione i richiedenti asilo arrivati e in arrivo, visti come una minaccia ma sui quali in realtà c’è chi sta speculando. Con compiacenza politico-istituzionale, come nella vicenda di Succi che vedremo fra breve.

In tre casi sul territorio, ad Anzio, Nettuno e Ardea, ai richiedenti asilo sono riservate strutture inidonee, usate da chi fa affari con questa storia ai danni dei migranti e delle comunità che li ospitano.  Ieri il sindaco ha detto in consiglio comunale che la Asl ha segnalato la mancanza di norme igienico sanitarie a via dell’Armellino. Ma no? A Nettuno la situazione è nota, ad Ardea il primo cittadino ha impedito che arrivassero in mancanza di agibilità. E qui? Su Succi è andata in scena ieri l’ultima pantomima. Nulla di personale, sia chiaro, lo dicevano più o meno tutti ieri. C’è il bon ton istituzionale. Non si toccano le vicende personali e via discorrendo.

Bene, nessuno ha sentito il dovere di dire: chi ha autocertificato e consentito alla “Tre Fontane” di dire che era tutto a posto in presenza di un’ordinanza di chiusura? E’ vero che un agente immobiliare con ruolo istituzionale ha predisposto la pratica, anzi l’ha urlato ai quattro venti in Comune? Nulla di personale…. ma tutti  a dire che non era il caso di mandarli lì, la stagione è compromessa, sono un rischio, serve la polizia, addirittura che se Succi chiude è perché il Comune mette zero sul bilancio per cultura e turismo. Ma per piacere!

Diciamo, allora, che non ci si può nascondere dietro la foglia di fico della comunicazione arrivata 4 giorni dopo dalla Prefettura, come ha fatto il sindaco. Perché se si sa che la Asl riapre la parte che è possibile riaprire in quell’hotel il 12 marzo e si scrive l’ordinanza di parziale revoca della precedente  il giorno stesso (è così per tutti i cittadini o solo per i consiglieri comunali?), si sa anche dove arriveranno i richiedenti asilo. Se ne parlava negli ambienti politici, lo scrivevano i giornali, l’assessore Cafà era arrivata a Roma ed è tornata indietro quando ha saputo. Ebbene nessuna emergenza giustifica che su una struttura chiusa da un sindaco, si possa fare altro. E un sindaco va lì con la fascia e non consente di farlo, venisse il prefetto ad aprirlo. Invece la comunicazione è arrivata tardi… che vuoi fare? E la comunicazione è dello stesso vice prefetto oggi sub commissario a Nettuno che viene citato nei verbali di “Mafia capitale”? E’ lo stesso che convoca la Cafà che da pasdaran diventa un tranquillo assessore?

Succi ha fatto il suo, con la politica a guardare se non a sostenere, a inalberarsi mentre la Cafà andava dal prefetto: non perché aveva troppa visibilità ma perché si creavano problemi a un’operazione evidentemente già decisa altrove. Per questo ieri abbiamo assistito a una pantomima, senza che dal dibattito emergesse una richiesta di chiarimento sull’hotel – nulla di personale… – ma soprattutto si aggiungesse un’azione, una, positiva nei confronti degli immigrati residenti. Molti dei quali – ormai – nati e cresciuti ad Anzio.

Continuano a dirci che è tutto a posto, beati loro…

sindacosfogo

Non c’è un argomento, uno, che fili liscio al Comune di Anzio. Lo ricordava sabato il Granchio, esaminando le diverse criticità che emergono per l’amministrazione guidata da Luciano Bruschini. Chi fa parte della maggioranza, però, continua a dirci che è tutto a posto. Vedremo già al Consiglio comunale di domani qual è la situazione, dato che la pantomima di sempre “io non entro, anzi forse, diciamo di sì, va bene per senso di responsabilità…” si annuncia come sempre.

All’ordine del giorno domani c’è la vicenda dei richiedenti asilo arrivati nell’hotel che non è più del consigliere Umberto Succi, il quale però si affanna a fare dichiarazioni a destra e manca per spiegare e mostra di avere in quell’attività un interesse diretto. Si legge dai giornali in edicola e on line che mentre era – ed è – chiusa la parte alberghiera con un’ordinanza del sindaco, un rappresentante istituzionale ha certificato che era tutto a posto. Una cura peggiore del male, speriamo che la cosa sia smentita, perché calpestare un’ordinanza sindacale non è mai una cosa positiva, a maggior ragione se lo fa chi è in amministrazione. Così come non pubblicare sull’albo pretorio quella relativa alla parziale riapertura. I migranti ormai sono arrivati e ce li teniamo, abbiamo il dovere di farlo e sarebbero arrivati comunque. Ma se l’hotel non fosse stato di Succi e dietro non ci fosse stato un agente immobiliare, con un’operazione “politica” che è lampante, sarebbe andata così? Ma è tutto a posto, ci dicono.

Si parla, sempre domani, dell’attuazione del programma e qui viene in mente il porto: non sappiamo nulla della gestione della Capo d’Anzio che entra nella fase operativa secondo quanto approvato dall’assemblea dei soci e quindi anche dal sindaco, né del fantomatico bando sempre pronto e mai noto, annunciato dallo stesso sindaco. A chi dobbiamo credere?

E vogliamo ricordare le due gare che tanto sconquasso hanno prodotto? Della revoca di quella sulle mense non c’è traccia sull’albo pretorio, ma i documenti sarebbero partiti in tal senso, mentre sulla gestione delle riscossioni siamo tornati all’età della pietra: bollettini in bianco negli zaini dei bambini. Pagherà chi vuole, sarà difficile risalire a chi non l’ha fatto, un’impresa registrare chi è in regola. Ci piacerebbe tanto sapere come e perché i tre sistemi costati circa 100.000 euro non hanno funzionato nel dopo Santaniello e che fine hanno fatto quei dati. O non erano 3.0?

La vicenda rifiuti rasenta l’incredibile e non comprendiamo il motivo per il quale l’assessore Placidi si scaldi tanto, affrettandosi a far sapere che i documenti sono in arrivo per la vicenda dell’interdittiva. La procedura è stata seguita, se la prima arrivata dimostrerà di avere le carte in regola si riprenderà l’appalto, ma un assessore dovrebbe preoccuparsi delle politiche ambientali e non della gestione delle gare. Ma è tutto a posto, ci dicono.

Così nessuno sembra preoccuparsi di un rendiconto 2014 che si discute il 4 giugno, arriva in ritardo per il “solito” guasto informatico (altro che 3.0…) – che somiglia tanto a una scusa puerile – ed è pieno di criticità, a partire dai residui e da un avanzo di amministrazione che speriamo abbiano una spiegazione. Altrimenti sarà la certificazione di un dissesto prossimo venturo. Nello stesso consiglio, lo dice il sindaco e l’ha confermato oggi l’assessore Giorgio Bianchi, arriva la vicenda Carrefour. Intorno al regolamento qualcosa è successo, inutile girarci intorno, si parla di vertici addirittura con il presidente a vita Sergio Borrelli a intervenire sull’attività gestionale che non gli compete. Questa storia ricorda tanto quella di Anzio 2: “Non c’è nessuna Standa e nessun Berlusconi” – gridava in consiglio comunale Luigi Bruschini, dai banchi del Psi, ormai una vita fa, mentre quelli avevano già deciso l’investimento. Comunque, dissidi politici a parte, l’assessore Bianchi dà delle notizie e ci incuriosisce quella del “mercato ecologico“. Basterebbe cominciare a far pulire adeguatamente i mercati che ci sono….

Comunque è tutto a posto, così ci ripetono. Beati loro….

Informatica in Comune, guasti a orologeria e beffe. Sindaco, per piacere….

sindaco30

Chi li ha acquistati? Perché non funzionano? Due semplici domande che il sindaco 3.0 dovrebbe porre ai dirigenti vecchi e nuovi ogni volta che c’è un problema con l’informatica in Comune. L’ultimo – non nuovo – è quello legato al bilancio. Sembra un sistema a orologeria: siamo in ritardo, non rispettiamo un termine che è uno, et voilà: guasto informatico.

Nessun guasto, invece, per la fatturazione elettronica. Se ne parla dal 2008, una proroga dopo l’altra, è in vigore dall’1 aprile con delibera adottata in extremis dalla giunta (il 31 marzo) ma non parte. Motivo? Il programma della Maggioli non è stato avviato. Sì sì’, avete capito bene, sempre la solita azienda – a dire il vero leader in questo settore – della quale fatichiamo a vedere i benefici nei Tributi e che ora torna protagonista alle mense, dove facciamo un salto indietro di quasi dieci anni perché si emettono i bollettini ma non c’è più la tracciabilità di chi paga e chi non.

E nel Comune 3.0 è largamente in uso che ognuno compra i programmi che vuole, tanto nessuno andrà a dire nulla perché ha altro da pensare. Così sono trascorsi quasi due mesi dall’avvio della fatturazione elettronica e ancora nessun fornitore viene pagato perché chi ha dato il programma non lo avvia. Ma siamo su “Scherzi a parte”? Tempo fa il sindaco ammise di avere l’impressione che ognuno, nell’informatica che oggi muove il mondo ma fa arretrare come i gamberi il Comune di Anzio, facesse un po’ come voleva,

Questa della fatturazione, i guasti a orologeria, il “crash” della Ragioneria che non aveva neanche una memoria esterna mica il “cloud“…, le mense, il mezzo cassetto tributario e chi più ne ha ne metta. Sindaco, per piacere… E’ ora di mettere un po’ d’ordine, anche se il tempo è scaduto.

Bilancio, la beffa 3.0. Ma fateci il piacere….

sindaco30

Puntualmente alla vigilia di un problema con il bilancio, spunta il guasto informatico. Non è la prima volta, ma vogliamo credere che sia andata come riportato oggi da Controcorrente in edicola. Di certo c’è una lettera del 13 maggio – a termini ormai superati – spedita dal dirigente dell’area finanziaria a sindaco e assessore al bilancio. Sarebbe gravissimo, del resto, se si provasse a mascherare errori e ritardi – i residui andavano riaccertati entro il 31 gennaio, che il consuntivo andasse presentato entro fine aprile era noto – inventando un guasto. Suvvia…

La verità è che siamo il paese 3.0 delle beffe e che solo per aver clamorosamente fallito nel settore informatico il sindaco che ha incentrato su questo argomento la sua ultima campagna elettorale dovrebbe andarsene. Perché basta spulciare l’albo pretorio – sperando che siano state inseriti tutti gli atti – digitare software, programmi o informatica per vedere quanto è stato speso in questi anni. Inutilmente.

Circa 100.000 euro per le mense, poi abbiamo il cassetto tributario in varie versioni e passaggi, i “data entry“, i programmi gestionali, i soldi per il sito e quelli per Maggioli che è un po’ come l’insalata e va sempre bene, le varie consulenze, quindi anche ausili informatici che – così ci dicono – non sono “compatibili” con gli altri in uso al Comune. Decine di migliaia di euro, spesi da ciascun dirigente o funzionario, senza una “testa” né coordinamento. Altro che 3.0, siamo all’anarchia informatica e se capita un guasto è la naturale conseguenza del “fai da te” o, peggio, del “fai contro tizio o caio“. Perché al guasto dobbiamo credere, altrimenti sarebbe ancora tutto più grave.

Vedremo se questa storia del ritardo informatico aiuterà a giustificare il fatto che il bilancio non è stato approvato in tempo o sarà semplicemente una foglia di fico. Vedremo cosa avranno da dire i revisori dei conti di un maxi avanzo e residui fuori controllo. Vedremo cosa pensa il prefetto quando leggerà che pure in passato ci sono stati problemi con l’informatica.

Qui viene in mente una battuta del collega Lidano Grassucci, tanti anni fa. Eravamo a Latina Oggi, si votava per le politiche, e da Repubblica chiamarono in redazione per sapere se avevamo i risultati della provincia pontina. Internet neanche esisteva, si andava in Prefettura e si facevano i conti con calcolatrici giganti, lui rispose: “Ah, voi siete Repubblica e chiedete a noi? Se non c’avete i mezzi, chiudete!

Ecco, altro che 3.0: se non ci sono i mezzi, fateci il piacere, chiudete questa esperienza.

Succi, i “giornaletti”, le “belle penne”. L’allergia che ci piace

Umberto Succi

Umberto Succi

Il consigliere comunale Umberto Succi dimentica di essere stato eletto in un’amministrazione 3.0 e sembra vivere fuori dal tempo quando si stupisce degli scambi e delle prese di posizione degli esponenti della politica anziate che ormai arrivano in tempo reale sui siti di informazione e sui social network.

Intervenendo al consiglio comunale di martedì non ha perso occasione – come tanti suoi colleghi hanno fatto in passato – di dire la sua sui “giornaletti” e ha sottolineato come ci sono “tante belle penne“. Mai troppi, caro consigliere, i “giornaletti” e chiunque voglia raccontare questo territorio. Ma Succi oltre a dimenticare il 3.0 deve non sapere come la pensa Luciano Bruschini, il sindaco della sua maggioranza, che fece al Granchio nel 2010 il miglior complimento possibile nel corso della festa per i 18 anni della testata: “Siete stati l’unica opposizione“, mentre l’altro giorno in Consiglio ha ricordato che esiste la libertà di pensiero per la quale lui è pronto a battersi sempre. Poi Bruschini i giornali dice di non leggerli, si arrabbia quando lo fa, ma non li disprezza. Non li chiama “giornaletti” né ironizza sulle “belle penne“. Perché ci sono, caro Succi, consiglieretti, assessoretti e se vuole continuiamo….

I giornalisti, ricordava Joseph Pulitzer – non l’ultimo arrivato – sono gli unici a non avere un committente diverso dal pubblico. E’ per questo che raccontano se un albergo viene chiuso con un’ordinanza che non viene eseguita. Dicono ai cittadini che alcuni consiglieri comunali tengono in “ostaggio” la maggioranza e l’intera assemblea civica aspettando in via Ambrosini senza avvicinarsi troppo a Villa Sarsina e poi riunendosi con il sindaco che altrimenti sarebbe andato a casa. Scrivono di concessioni revocate, ricorsi al Tar, possibili incompatibilità, fatture che dovrebbero arrivare in giunta e vengono bloccate in extremis. Anche qui, possiamo continuare…

Finché i giornalisti  faranno questo raccontando la verità sostanziale dei fatti, rispettando anche continenza e pertinenza, il consigliere Succi e tutti quelli che disprezzano il lavoro che facciamo – più o meno bene – su questo territorio, possono stare tranquilli. Anzi, non saremo mai abbastanza a raccontare. Se poi cresce l’allergia nei nostri confronti, tanto meglio, ci piace. Perché essere “bravi” non è copiare e incollare, non è schierarsi per poter lavorare, ma approfondire, tirar fuori le carte, esporsi. E’ fare il proprio mestiere con onestà intellettuale. Ce ne fossero tanti altri, allora, di “giornaletti” e belle penne, di gente che non è considerata “brava” perché non allineata. Starebbero peggio i politici, molto meglio i cittadini.

La Tari, i tributi, il fallimento 3.0

Come si vede, le percentuali non tornano...

Come si vede, le percentuali non tornano…

E’ ora che il sindaco Luciano Bruschini chiami l’agenzia di pubblicità che ha curato la sua campagna elettorale per dire che potevano almeno fermarsi a 2.0. Perché spesso non si arriva nemmeno a quello… Diciamo che volendo puntare sull’innovazione e, appunto, il 3.0 i comunicatori non hanno reso un bel servizio al sindaco, esponendolo quotidianamente a pessime figure.

Qualche giorno fa il vice sindaco e assessore alle finanze, Giorgio Zucchini, e il responsabile del tributi Luigi D’Aprano, hanno fornito alcuni dati relativi alla situazione dei pagamenti. Senza spiegare  molto, anzi affermando qualcosa almeno singolare. Ad esempio: “C’è un 15% di utenti che non esistono più“. Cioè? Sono morti, trasferiti o cosa? E chi ha emesso le fatture, chi ha i dati, dov’è il 3.0? Mistero.

C’è poi la vicenda delle percentuali di tassa sui rifiuti a carico delle utenze domestiche e non: 80% per le prime, 20% per le seconde. Dati del piano finanziario alla mano sono 75 e 25% – parliamo di circa un milione di differenza – ma qui nemmeno di fronte a un calcolo aritmetico (altro che 3.0) viene ammesso l’errore: “Ci può essere qualche arrotondamento“.

Un accenno al cassetto tributario, la buona notizia che saranno messi on line anche i versamenti Imu e Tasi, i comprensibili intoppi, poi una bugia: costa 3.000 euro l’anno. No, il 4 giugno 2013 con determina 88 è costato 20.993,5 euro per i tributi, con quella 55 del 13 dicembre dello stesso anno 7.320 per le mense. Nei piani finanziari della Tari ci sono 70.000 euro che restano, a questo punto, una incomprensione 3.0

Altra buona notizia è che sarà annullata l’assegnazione dei locali a chi è moroso (speriamo presto) ma poi c’è altro che non torna. Di recente controcorrente ha sollevato il problema del rapporto tra responsabile del servizio e Maggioli, dato che il primo scrive libri per la seconda. Tutto lecito e autorizzato, ma dire che i programmi da Maggioli per il Comune li comprano altri non è vero. L’ultimo acquisto è del 24 dicembre, appena 302 euro per la banca dati, ma ci sono fino al 2012, almeno altri sei atti fra programmi Tia, formazione e altri con acquisto fatto da quell’ufficio. Non siamo un Comune 3.0 ma nemmeno i cittadini hanno l’anello al naso.

Porto, tutto serve tranne la confusione. Sindaco grande assente

marinamateriale

E’ apprezzabile quanto tardivo lo sforzo della Capo d’Anzio di rendere noti i passaggi che porteranno alla gestione dell’attuale bacino portuale e un giorno, forse, alla realizzazione dell’intero intervento. Che la società difetti in fatto di comunicazione non è cosa di oggi, praticamente da quando è stata costituita – nel 2000 – non ha più avvertito l’esigenza di far conoscere ciò che stava facendo. In particolare – è stato sostenuto per anni da chi scrive, sul “Granchio” – in occasione della presentazione dei piani finanziari. Della serie: tu hai il progetto che deve (dovrebbe) rivoluzionare una città e anziché farlo conoscere lo tieni nei cassetti. Come se Marchionne alla Fiat, oggi Fca, tiene nascosto il progetto di un nuovo modello e non lo mostra ai proprietari delle azioni….

Non è bastata nemmeno la legge sulla trasparenza, dato che sul sito del Comune che ha il 61% della società – al contrario di quello che ieri ci hanno spiegato il presidente Luigi D’Arpino e l’avvocato Antonio Bufalari, consigliere d’amministrazione per conto di Marinedi – i documenti indispensabili non ci sono. Ieri in un cd sono stati finalmente forniti, compresi i verbali della società che finora sono stati ottenuti da chi scrive – e ricordiamo che il 61% è sempre pubblico – solo attraverso normali visure alla Camera di commercio. Ma il difetto di comunicazione c’era anche prima, quando inviati del “Granchio” andavano al salone nautico di Genova e allo stand di Italia Navigando si diceva di investire a Fiumicino anziché ad Anzio per un potenziale posto barca. Il difetto c’era quando anziché dire che si vendevano i posti barca sono stati pubblicizzati i “Dolt” o quando il Comune si è trovato – per questioni approfondite a più riprese – un socio privato e non ha sentito il dovere di dirlo a quel 61% pubblico che sono i cittadini. Lo stesso quando si cambiava il logo della società. Bastava dire, prima che si scoprisse e la cosa arrivasse in consiglio comunale: “Si cambia perché…”

E c’è stato ieri, il difetto, in primo luogo perché non c’era il rappresentante dei cittadini proprietari della maggioranza della Capo d’Anzio, il sindaco, che pure a più riprese aveva annunciato che avrebbe tenuto confronti pubblici in tutti i quartieri. Ma anche perché il presidente di una società a maggioranza pubblica ha il dovere di ascoltare i cittadini – soprattutto quelli che non la pensano come lui – e deve evitare di rispondere alle provocazioni. Oppure deve lasciare quel posto. Ma immaginiamo per un attimo se ieri in sala ci fosse stato uno interessato ad acquistare un posto barca? Diciamo che D’Arpino non ne sarebbe uscito con una bella figura nel “siparietto” con l’ex consigliere comunale Santino Adreani e in qualche risposta piccata che poco si addice al contesto di un confronto. A maggior ragione se i citadini, anche attraverso i social network (3.0, sindaco, ricorda?) come il presidente ha riconosciuto alla pagina facebook “Bandiera Nera” sollecitano la necessità di essere informati. Di sapere ciò che è dovuto. E pazienza se qualcuno viene a dire che il porto non gli piace. Si ascolta e si va avanti, mentre D’Arpino – al quale va dato atto di averci messo la faccia – dalla sua proverbiale ironia è caduto nella trappola ed è finito nell’arroganza. Tutto ci serviva fuorché la confusione

E comunque, anche ieri, è mancata chiarezza. Solo nel finale e quando ormai la tensione aveva preso il sopravvento è stato possibile sapere quali sono le fasi previste e i possibili tempi, ad esempio, per sistemare l’attuale bacino. Per il resto abbiamo saputo in buona parte quello che già era noto: il progetto per il quale la Capo d’Anzio ha la concessione è quello e cambiarlo in “corsa” non si può. Il raddoppio lo decide il mercato: o ci sono investitori o si resta con quello di oggi con i pontili mobili, una volta trovate le intese ormai solo con gli ormeggiatori, dato che gli altri alla fine sono d’accordo. Bastava spiegare, con calma, che pagare alla “Capo d’Anzio”, oggi, un canone adeguato e non quello irrisorio degli ultimi decenni vuol dire essersi garantiti di restare lì altri 50 anni e che se un giorno si realizza il nuovo porto avere comunque una sistemazione. Certo che si accordano, mica sono votati al suicidio.

Il sindaco serviva anche per dirci se e quando si farà il famoso bando del quale ha parlato, ormai, quattro mesi fa…

Sapevamo e sappiamo che i soldi non ci sono: “Siamo come un barbone alla stazione Termini” – parola di D’Arpino, chiara quanto infelice di fronte a una platea dove c’erano anche personaggi importanti della nautica – e che il rischio di portare i libri in tribunale è reale. Che al limite venderemo la concessione. Sappiamo che l’atto d’obbligo tra Capo d’Anzio e Comune – con una serie di opere pubbliche previste – è quello e “tale resta”, così ci ha spiegato D’Arpino, ma che per adesso quelle opere ce le dimentichiamo perché i fondi necessari non ci sono. Sappiamo che il progetto “Life” è naufragato, i soldi arrivati sono stati usati per fare altro, i progettisti (questo non è stato detto) hanno avviato le richieste di pagamento per via giudiziaria. L’Unione europea ha chiesto il rendiconto del progetto ma presto – e D’Arpino lo sa – chiederà indietro anche i soldi. Sappiamo, inoltre, che Marinedi ovvero Renato Marconi per adesso fa il benefattore. La Capo d’Anzio ha l’obbligo di investire eventuali guadagni sulla città ma finché i guadagni non ci sono – e difficilmente ci saranno a breve -l’ingegnere si è posizionato, fa le cose pratiche per la società (contabilità, progettazione, sito) e quando sarà il momento presenterà il conto ovvero diventerà proprietario assoluto.

E’ su questo rischio che il sindaco – non D’Arpino – doveva relazionare. E’ questo che possiamo solo immaginare ma non sappiamo. Fa bene il presidente a dare appuntamento tra due settimane, ma nel suo deprecabile intervento Santino Adreani (al quale bastava ricordare che il passaggio da quote ai cittadini a Italia Navigando è stato votato in consiglio comunale all’unanimità) ha chiesto una cosa alla quale D’Arpino non può rispondere: che fine ha fatto il patto parasociale secondo cui se il socio di minoranza non trovava i soldi entro un anno restituiva le quote? Il Comune ha chiesto pareri, il sindaco ha detto in consiglio comunale dando la sua “parola d’onore” che avrebbe ripreso tutte le quote ma ormai è tardi. Non sappiamo, ancora, che succede con l’ultima legge di stabilità e se dobbiamo chiuderla la Capo d’Anzio ovvero dimostrare che fare il porto è un compito istituzionale. Entro marzo alla “spending review” vogliono saperlo. Dopo aver fatto passare la società come una “start up” per prendere una fideiussione altrimenti impossibile, oggi dovremmo dimostrare che tra gli scopi del Comune dal ’98 c’è questo porto. Delle due l’una, evidentemente. Non sappiamo, del futuribile bando del sindaco, se l’atto d’obbligo è previsto o meno, dato che è stato universalmente ammesso che proprio quei circa 40 milioni di opere pubbliche da realizzare sono state un “peso” che ha scoraggiato i potenziali realizzatori del porto. Non sappiamo se per pagare la concessione alla Regione sono stati usati soldi pubblici e quanti. Sforzo apprezzabile, dunque, ma tante cose vanno ancora chiarite. E questo non significa non volere il porto, ma voler capire. E se magari la prossima volta c’è chi rappresenta il 61% del capitale è meglio.

Una città umiliata da veleni e bagattelle di partito. Basta

protestacc

Immaginiamo uno statunitense che digita “Anzio” su un motore di ricerca e vuole avere notizie su quello che sta accadendo in città. Proviamo, anche solo per un attimo, a comprendere lo stupore di un potenziale studioso dello sbarco alleato, o del parente di qualche reduce, di uno interessato alle vicende di Nerone o più semplicemente a un posto vicino Roma da usare come turista. Immaginiamo cosa scopre in questi giorni e tiriamo le conclusioni. Drammatiche.

Il sindaco 3.0 in campagna elettorale ma anni ’90 o “Prima Repubblica” dopo, tace. Non sente il dovere di dire una parola, mentre dai siti internet e dai social network apprendiamo in continuazione delle “guerre” intestine al Comune, di un assessore che non dà le chiavi del suo ufficio a una funzionaria nominata dal segretario dopo la sospensione di una dirigente condannata in primo grado. Di “veleni” in tutti i sensi, persino di un dibattito che si è aperto sulle pesanti accuse che un anonimo (ma molto ben informato) fa su facebook al capo della segreteria dello stesso sindaco e al segretario Pompeo Savarino. Vicenda destinata a nuove denunce, mentre si attende che sempre Savarino vada dal Prefetto e si teme l’insediamento di una commissione d’accesso.

Se poi quello statunitense – o cinese, o di ovunque vogliate – volesse approfondire scoprirebbe che abbiamo rischiato davvero una “Anzio servizi” con un consorzio napoletano, scampato in extremis per vicende giudiziarie. Scoprirebbe che sui residui, nel frattempo, abbiamo fatto poco o nulla, tanto pagano i cittadini onesti. Saprebbe che le spese per le manifestazioni estive – rigidamente “divise” tra proposte dell’assessore e dei delegati – per oltre la metà non avevano copertura finanziaria. E con una street view recente vedrebbe i cumuli di rifiuti in centro, le discariche a cielo aperto ovunque. Sempre su internet apprenderebbe di un settore – quello dei rifiuti – sotto inchiesta. E di un’indagine sul “Caro estinto” che tutti si affrettavano a smentire ma che ha fatto registrare nuovi sviluppi, con un’azienda molto attiva su Anzio coinvolta in pieno.

Ah, se fosse interessato al porto, saprebbe che il sindaco in assemblea dei soci della Capo d’Anzio (del Comune al 61%) dice una cosa, in consiglio comunale un’altra, poi non si sa quale porta avanti.

Ecco, quella che ci stanno consegnando in questi giorni Bruschini e la sua maggioranza è una città umiliata da bagattelle di partito, improbabili strategie per un futuro sindaco, e priva di qualsiasi progettualità. E credibilità.

Una città che ha problemi di ordinaria gestione gravi, gravissimi, mentre chi la amministra continua a “giocare” sulla pelle di 55.000 cittadini. E chi dovrebbe controllare – dall’opposizione – fa sì e no sentire la sua voce anziché andare a Villa Sarsina e convocare un consiglio comunale permanente. O si aspetta che lo facciano i cittadini esasperati?

Occupiamo simbolicamente quell’aula, allora, almeno fino a quando il sindaco non troverà il tempo e il modo di dire: scusate, stiamo facendo un macello, ecco il nostro programma e da qui ripartiamo, i veleni sono superati. Oppure di dire: scusate, abbiamo fatto un macello, me ne vado.

Restare in silenzio, trattare nei bar, provare a convincere questo o quell’altro, assistere inerme a quanto accade, fare “spallucce” com’è abituato, prendere tempo, non serve più a nulla. La situazione è fuori controllo e Luciano Bruschini (che come scrive Agostino Gaeta rifarebbe volentieri una giunta vecchia maniera con Mingiacchi padre, Tuscano, Borrelli, Tulli, Tarisciotti, Zucchini dell’epoca, mantenendo i buoni rapporti con Toselli) – deve prenderne atto.

Anzio, la sua storia, il ruolo che questa città ha avuto e può ancora avere, non meritano ulteriori umiliazioni. Basta.

Nuovo cassetto, vecchi problemi. Altro che 3.0

sitoconforme

Chissà se lo pagheremo con la tassa sui rifiuti…. Il cassetto tributario del Comune di Anzio si rinnova, resta registrato dalla società che lo realizza, ma la grafica certamente migliore della precedente e una nuova veste non nascondono i problemi. No, quelli restano tutti.

In primo luogo l’anomalia per la quale il Comune è lo stesso, il “cassetto” pure, la società che lo ha realizzato anche, ma mentre i tributi vengono faticosamente aggiornati, delle mense non c’è traccia. Né dei pagamenti precedenti, tanto meno delle nuove emissioni di bollettini. Tanti cittadini, per esempio, non si sono visti recapitare il conguaglio dello scorso anno scolastico e non lo trovano certo nel “cassetto”, all’interno del quale risultano pure morosi del pagamento dell’anno passato. Normale? Chissà… L’ultimo avviso in tal senso – 24 giugno scorso – recita che per “motivi tecnici i pagamenti non sono ancora visualizzabili on line”. Non vorremmo che servisse qualche altro “data entry” da pagare, considerati i precedenti. Perché se si fa il “cassetto” e si spendono 70.000 euro oltre gli aggiornamenti, si dovrà pure prevedere nel Comune 3.0 che il sindaco decantava in campagna elettorale che automaticamente chi ha pagato viene registrato. O no?

E si dovrà pure prevedere, qui torniamo ai tributi, che se un cittadino è registrato accede al “cassetto” e trova già il calcolo della sua posizione rispetto alla Tasi, per esempio. Sai chi sono, dove abito, di cosa sono proprietario, la rendita catastale, automaticamente – nell’era digitale – calcoli il mio F24 che io pago anche on line… Invece no, oggi il “cassetto” serve solo a vedere quello che so già: se ho pagato un tributo oppure no, anzi per le mense nemmeno me lo registrano. Da mesi.

Rispetto alla Tasi c’è un comunicato nel quale si spiega come fare e pure i 6.000 iscritti al servizio – tanti dovevano essere i pdf della Tari spediti massivamente via mail, sempre dalla stessa società, ma mai arrivati – dovranno andare da un commercialista o armarsi di calcolatrice e fare da soli. A meno che, la prima scadenza è il 16 ottobre, non ci facciano una sorpresa. Basta che non dobbiamo pagare qualche altro aggiornamento. Perché di 3.0, in questo Comune, come già sostenuto, sembra esserci solo il moltiplicatore di programmi e servizi informatici che ogni servizio acquista per sé. Leggere le determine per credere .

ps: per la cronaca ci sono ancora siti diversi che non riescono a “dialogare” tra loro all’interno del portale del Comune, il cassetto tributario è uno di questi

Comune, tributi e mense il “cassetto” delle beffe. Altro che 3.0…

Immagine

Passo indietro di un anno: “Il servizio on-line consente di verificare la posizione tributaria, di apportare eventuali modifiche se i dati riportati non corrispondono alla propria posizione e di effettuare il pagamento comodamente tramite carta di credito. Un’importante innovazione che i cittadini hanno dimostrato subito di apprezzare visto che in pochi giorni sono state registrate oltre 2.000 attivazioni e i numeri sono in continua crescita. E’ un processo innovativo che l’Amministrazione Bruschini vuole portare avanti ed estendere anche al pagamento di altre entrate, come ad esempio l’IMU. L’utilizzo di Internet consente prassi che portano benefici ai contribuenti e vantaggi anche economici all’Ente, riducendo notevolmente i costi di riscossione, gestione e di spedizione. Il Comune di Anzio si pone all’avanguardia in questo senso (…)”. Era il 27 giugno del 2013 e questo è uno stralcio del comunicato emesso dal Comune.

Passo indietro di qualche mese, novembre 2013: “(…) In particolare, già in occasione dell’acconto Tares, il Comune di Anzio – Settore Tributi ha inviato ad ogni contribuente, unitamente alla comunicazione della somma da versare, la password per accedere al “cassetto tributario” già utilizzato da molti cittadini. E’ intenzione dell’Amministrazione – dice il Vicesindaco di Anzio con delega al Bilancio, Giorgio Zucchini – avviare una campagna di sensibilizzazione che porti ad un maggiore utilizzo dello strumento da parte della collettività, in modo da assicurare tempestività nel recapito delle comunicazioni, trasparenza nei procedimenti e riduzione dei costi di spedizione. Ogni contribuente può iscriversi al cassetto tributario accedendo dal sito istituzionale www.comune.anzio.roma.it nella sezione Tributi, inserendo la propria password o registrandosi attraverso il proprio codice fiscale. Il nuovo servizio telematico – prosegue il Vicesindaco Zucchini – consente di verificare la posizione tributaria, di apportare eventuali modifiche se i dati riportati non corrispondono alla propria posizione e di effettuare il pagamento on-line”.

Situazione attuale: più che tributario il “cassetto” del Comune di Anzio è delle beffe. Il certificato è scaduto da tempo e un utente normale lascia subito il collegamento di fronte al potenziale rischio. E’ possibile verificare la propria posizione, vero, le fatture emesse e i saldi effettuati, ma on-line non si paga più da tempo. Le fatture della Tari, calcolate al 90% delle tariffe stimate, sono state “caricate” solo ieri, domenica, e il pagamento va effettuato esclusivamente con i bollettini postali. Come il saldo Tares, per il quale è stato necessario stampare l’F24 e pagarlo come meglio si credeva. Altro che 3.0, insomma… Ma il sindaco Bruschini si accorge di queste cose? E Zucchini, dopo le dichiarazioni, sui comunicati, verifica quello che succede intorno a lui?

Non solo, anziché ridurre i costi di spedizione – ma ignoriamo quelli dello scorso anno, sul sito non è reperibile l’atto… – il responsabile dell’ufficio Tributi ha affidato, alla Mercurio service che gestisce anche il “cassetto”, l’incarico di recapitare gli avvisi impegnando la somma di oltre 48.000 euro tra gestione dello stesso “cassetto”, invio per mail delle fatture a chi si è registrato, imbustamento e spedizione a casa degli altri e persino “un progetto di grafica per i servizi di stampa bollette”. La scadenza è il 30 giugno, difficile immaginare che arriveranno in tempo, ma facciamo a fidarci.

La cosa singolare è un’altra: la stessa Mercurio – ed è la terza in ordine di tempo a occuparsi della cosa – quest’anno ha lavorato al “data entry” delle mense e attraverso il cassetto tributario è possibile verificare la fattura e i pagamenti effettuati, ma non pagare on line. Intanto sarebbe interessante capire che fine ha fatto il lavoro della Tecnorg prima (i genitori si collegavano e vedevano tutto on-line, mancava solo la possibilità di pagare) e della Maggioli poi, e quante volte si devono inserire i dati. La questione è altra: sul “cassetto” i pagamenti delle mense non risultano anche se effettuati ormai a marzo-aprile. Ebbene interpellato l’ufficio tributi la risposta è disarmante: “La parte relativa alle mense non è gestita dall’Ufficio tributi. Non conosco la tempistica di aggiornamento delle informazioni. Occorre rivolgersi all’Ufficio Mense”.

Nel Comune che doveva essere 3.0 e dove la posta elettronica è “ballerina” non funzionano nemmeno i telefoni, sono andati in tilt i sistemi della ragioneria e delle paghe, la delibera sulla fibra ottica è ferma negli uffici, abbiamo una certezza: un solo cassetto tributario, la stessa società che lo ha realizzato, ma due uffici diversi che lo gestiscono. Benvenuti ad Anzio…