Capo d’Anzio, ecco il bilancio: “Incertezze sulla continuità”

Ringrazio l’amministratrice unica della Capo d’Anzio, Cinzia Marzoli, per avere celermente risposto alla mia richiesta di accesso civico che puntava a rendere noto il bilancio 2022 della società. L’approvazione si era appresa dalla delibera con la quale – a questo punto inspiegabilmente – il Comune ha deciso di tenere in vita un’azienda decotta. Il bilancio è finalmente pubblicato sul sito della Capo d’Anzio, non ancora su quello del Comune al quale ho inoltrato medesima istanza.

Senza addentrarsi nei “numeri” e nella significativa perdita di 608.000 euro nel 2022, la nota integrativa parla di “significative incertezze in merito alla capacità della società di garantire la continuità aziendale“. Lo confermano sia il collegio dei revisori, sia il revisore unico. La Capo d’Anzio fa acqua da tutte le parti e ci sentiamo vieppiù presi in giro quando leggiamo – copiato e incollato – che esiste un piano di investimenti e c’è la famosa fidejussione che ancora circola. Sapete perché? Come qui si ripete da tempo la Capo d’Anzio non è “bancabile” e la conferma arriva sempre nella nota integrativa che riporto di seguito. Non c’è bisogno di aggiungere altro.

E’ nei documenti ufficiali, più che di “incertezze” sia consentita una battuta, ad Anzio diciamo “so finite le fava a Federico”. C’è rimasto poco da fare, l’inspiegabile accanimento terapeutico e le promesse che sentiamo circolare di un prossimo finanziatore, sono buone per la prossima campagna elettorale della Destra che ci ha portato in questa condizione.

Porto, la Capo d’Anzio perde altri 608.000 euro. Però ce la teniamo. Perché?

“Mena mena, pure lo fero se piega”. Ormai citare Lidano Grassucci è un piacevole spasso per introdurre argomenti spinosi, come quello del porto di Anzio e della società Capo d’Anzio che doveva realizzarlo (cosa mai fatta) e gestirlo (fatta, ma male) ed è in agonia. Del bilancio 2022 come spesso scritto qui non c’era traccia, fino a ieri (9 gennaio 2024) quando sul sito del Comune all’albo pretorio è comparsa la delibera sulla “Ricognizione delle partecipazioni societarie”. E lì si scopre che il bilancio della Capo d’Anzio è stato approvato – cosa avvenuta, da quanto si apprende in ambienti comunali il 28 dicembre scorso – e che il 2022 si è chiuso con una perdita di 608.202 euro e il passivo totale che supera i 4 milioni. Altri debiti a carico dei cittadini, ma nonostante la perdita consistente il Comune intende procedere con “mantenimento senza interventi” la partecipazione. Non conosciamo i dettagli del bilancio perché sui rispettivi siti ancora non compare e la trasparenza continua (come quando c’era la politica) a essere un optional, ma siamo di fronte a una perdita importante. Dovuta a cosa? E mentre sulla delibera di bilancio si procede con il copia e incolla, come si spiega quanto si affermava nella relazione di un anno fa?

Leggete anche voi che “alla data del 31/12/2022 si è registrato un concreto aumento di fatturato” e che il 31 dicembre appena trascorso doveva essere quello dell'”affidamento dei lavori”. Nulla di tutto questo, anzi altri debiti. Ma chi deve tutelare l’amministratrice unica nominata in fretta e furia un anno fa dal dirigente signorsì? Chi deve tutelare la Commissione straordinaria, ben sapendo che nell’operazione “Tritone” il porto faceva gola alla ‘ndrangheta e che nella relazione sullo scioglimento la gestione della partecipata è stata ampiamente segnalata? Speriamo i cittadini, ma comincia a sorgere più di qualche dubbio. Ah, per la cronaca, il “concreto aumento” è stato di 182.000 euro. Si continua a indicare una fidejussione inutile e inutilizzabile, inseguendo chissà quale chimera o qualche altro immaginario finanziatore turco napoletano, perché dopo il bilancio 2022 e l’erosione del capitale sociale solo qualche altra operazione di ingegneria finanziaria può provare a salvare la situazione. O vogliono farci credere che nel 2023 (quando sapremo qualcosa?) è andato tutto magnificamente bene e la società è tornata a godere di buona salute? E il dirigente signorsì che voleva liquidarla, la Capo d’Anzio, salvo ripensarci dopo il “miracolo” di Monti sui conti del 2018, adesso cosa dice?

A proposito di trasparenza, sul sito della Capo d’Anzio il bilancio ancora non compare a oggi, su quello del Comune siamo rimasti ai conti del 2018 e risulta ancora amministratore unico il professore Ernesto Monti. Se non la Commissione straordinaria, chi deve occuparsi di questo? Sarà il caso di aggiornare i siti?

Ad ogni modo, andranno ulteriormente approfonditi i dati di bilancio appena questi saranno resi pubblici in toto, male che vada si spenderà qualche euro per una visura camerale, quando in realtà essendo la società per il 61% dei cittadini andrebbe fatto sapere loro tutto e subito. Nel frattempo una cosa singolare va segnalata, una piccola bugia – che fa…. – nel capitolo “affidamenti” della scheda inviata al Ministero dell’economia e finanze c’è una domanda: “La società svolge servizi per l’amministrazione?”. La risposta del Comune è no, ma sarebbe stato corretto scrivere che almeno uno l’ha fatto. A chi è stato affidato – dal Comune – il lavoro per riparare la “meda”? Alla “Capo d’Anzio” che a sua volta lo ha dato a una ditta di fiducia. Dai, almeno l’Abc…

Capo d’Anzio: vertici assolti, dubbi che restano. La passerella di domani

La sentenza che manda assolti i vertici della Capo d’Anzio rispetto al contestato falso in bilancio ci dice una cosa e lascia almeno cinque dubbi
Ci dice che un’inchiesta non è una condanna e chiunque è coinvolto è innocente fino a prova del contrario. Chi segue questo spazio sa che la pensiamo così, da sempre e per tutti.
La sentenza stessa, però, aggiunge – se possibile – ancora più confusione intorno a una società che doveva realizzare e gestire il nuovo porto e si limita a fare (male) solo la seconda cosa.
I dubbi, dicevamo.
1) L’ufficio del pubblico ministero che aveva chiesto il rinvio a giudizio sulla base di una consulenza tecnica d’ufficio, una volta in aula ci ha ripensato. Può succedere, sia chiaro, ma com’è noto sulla Procura di Velletri in molti abbiamo perplessità e non da oggi.
2) Sul bilancio 2018 chi ha ragione, a questo punto? Uno era in perdita – approvato anche dai rappresentanti del Comune in consiglio d’amministrazione – l’altro, oggetto del processo, in attivo. Delle due l’una…
3) Sulla base del bilancio 2018 – approvato anche dai rappresentanti del Comune in consiglio d’amministrazione – il dirigente “signorsì” proponeva (è nella nota integrativa al bilancio del Comune) di liquidare la Capo d’Anzio. Anche lui ci ha ripensato. Come ha ripensato al bando per nominare il nuovo amministratore, poi preso dall’Aet nella quale eravamo entrati in fretta e furia.
4) Davvero nessuno conosceva Montani e il ruolo che svolgeva da direttore del porto? Suvvia, partecipava a riunioni, firmava documenti. Un po’ è come la storia del sindaco Bruschini che diceva al suo successore Candido De Angelis (allora all’opposizione di lotta e di governo) “caccio Marconi, parola d’onore” ma dieci giorni dopo firmava con lui la “road map“.
5) Se davvero i conti della Capo d’Anzio sono a posto, come mai il bilancio 2022 ancora non viene approvato e pubblicato? L’amministratrice che fino a tre giorni prima di diventare tale era in Aet, cosa sta facendo?

Sono domande, insieme a tante altre, che avremmo voluto fare domani (14 novembre) alla commissione che ormai da un anno guida Anzio. C’è un vertice a Villa Sarsina con prefetto, questore, parlamentari dell’antimafia, consiglieri regionali, ma è precluso al pubblico. I giornalisti potranno fare domande a fine riunione. Si dice che l’incontro nasca per dimostrare la vicinanza delle istituzioni ai cittadini. Bene! Si sappia che nell’ultimo anno dalla commissione straordinaria l’abbiamo vista poco o niente. Quella di domani, allora, rischia di diventare una passerella nella quale verranno a raccontarci cose che sappiamo da tempo, a dire che la guardia è alta, magari come ripete spesso la prefetta Scolamiero che qui ci sono tante brave persone. Intanto sentiamo dalle udienze del processo Tritone quale fosse la permeabilità dell’amministrazione che guidava Anzio e come la ‘ndrangheta (e la camorra) le radici le avesse ben piantate.

Per dovere di cronaca riporto quanto ha scritto – rispetto alla sentenza sulla Capo d’Anzio – l’ex consigliere comunale Marco Maranesi al quale dobbiamo riconoscere che senza la sua insistenza oggi non conosceremmo il parere dell’avvocato Cancrini e forse non sarebbe mai stata fatta causa a Marconi e alla Marinedi. Con Marco siamo schietti da sempre: sa bene chi ha portato Marconi e chi se lo è tenuto, così come immagina il motivo per il quale gli venne opposto il “segreto di stato” su quel parere. Il porto che doveva essere della città risponde evidentemente ad altre logiche e ne stiamo ancora pagando le conseguenze.

IL COMUNICATO DI MARANESI

“La sentenza emessa oggi dal Tribunale Penale di Velletri mette finalmente la parola fine ad un procedimento che ha dell’incredibile. Un’accusa di falso in bilancio dopo aver sistemato e messo ordine  un vero e proprio  falso in bilancio procurato da costi inseriti con procedure illegittime, spese personali pagate con carte di credito di una società pubblica e tanti altri reati che spero  prima o poi la magistratura farà il suo corso.

Questo procedimento penale è l’ennesima assoluzione dopo le tante denunce presentate dall’ex socio privato della Capo d’ Anzio che usa questi mezzi estremi intimidatori nei confronti di pubblici amministratori. Dopo il proscioglimento chiesto addirittura dal PM nei miei confronti e in quelli dell’ex sindaco De Angelis, dopo essere stati querelati per diffamazione dall’ex socio privato della Capo d’Anzio per aver portato alla luce, in pieno consiglio comunale il più grande sperpero di fondi pubblici della storia di questa città e il più grande imbroglio di stato che i cittadini di Anzio hanno subito, arriva oggi l’ennesima conferma che la strada intrapresa nel passato era l’unica corretta da intraprendere.

La sentenza di oggi mette il giusto bavaglio ai tanti, troppi sciacalli che speravano di vedere la società pubblica Capo d’Anzio nel fallimento e ai titoli di coda, magari su suggerimento di chi in realtà,  qualche reato nell’amministrare una società pubblica, lo ha fatto. E qualche domanda dovremmo prima o poi farcela del perché accade tutto questo.

Termino questo comunicato ringraziando la magistratura per la serietà dimostrata in una vicenda estremamente delicata come questa e faccio i miei migliori auguri per questo importante risultato all’ex CDA della Capo d’Anzio, che ringrazio per il  coraggio che hanno avuto nel saper difendere un importante patrimonio pubblico dal fallimento e da losche mani”.

Marco Maranesi, Movimento Civico “Energie per Anzio” Unione Civica di Anzio

Capo d’Anzio, altra “tegola” sui conti. E tutti tacciono. Vero Commissione?

La campagna 2008, quando Bruschini fu sostenuto da De Angelis

Facciamola semplice: io avvio un contenzioso perché chi c’era prima di me non ha consentito di svolgere regolarmente l’attività. Sulla base di quel contenzioso penso di dover essere risarcito per 200.000 euro e invece il Tribunale me ne riconosce 40.000. Risultato? I miei conti non tornano.

Alla Capo d’Anzio è successo esattamente questo, nel contenzioso con le cooperative di ormeggiatori che non rilasciarono le aree per un periodo e nei confronti delle quali venne avviata la causa civile. Conclusa con una recente sentenza che riconosce alla moribonda società che doveva costruire e realizzare il porto ma si limita semplicemente a gestirlo, quanto stabilito da una consulenza tecnica e cioè poco più di 40.000 euro. Il che significa che la società – avendo inserito in bilancio con formule di rito rispetto a un’eventuale soccombenza, quella somma – deve mettere una ulteriore “pezza”. Non c’è bisogno di essere esperti in ingegneria finanziaria, materia tanto cara a chi ha diretto la Capo d’Anzio (ricordiamo che c’è un processo per falso in bilancio a carico di ex amministratori) per capire che sui conti prossimi al fallimento adesso c’è anche questa gatta da pelare.

La vicenda venne affrontata nella fase di passaggio tra l’ex presidente, il generale Marchetti che ci prometteva Montecarlo, e l’ultimo amministratore nominato dalla politica, il professore che di crack se ne intende, Ernesto Monti. I crediti andavano svalutati, secondo una consulenza di una società di revisione del 2020 ma il bilancio avrebbe avuto una falla ulteriore e così si è andati avanti. Oggi che la sentenza afferma che la parte attrice ossia la Capo d’Anzio: “Non ha dato prova della allegata sua maggiore capacità (rispetto a quella mostrata dalle due cooperative convenute) nella gestione della zona portuale in esame ovvero della sua maggiore organizzazione operativa che avrebbe potuto in concreto determinare un abbattimento delle spese di gestione (considerato per altro che, come risulta dagli atti processuali, l’attrice ha utilizzato dopo il 22.4.16 e ancora dopo i beni delle due convenute presenti sui luoghi al fine di espletare il servizio di assistenza portuale) ovvero di conseguire maggiori afflussi di utenze tali da determinare un rilevante aumento (…) Inoltre la stessa attrice, ottenuta dalle cooperative convenute la disponibilità materiale della Darsena, ha scelto di conferire immediatamente alle stesse convenute la gestione dei
servizi portuali d’ormeggio in tal maniera non dimostrando di essere pronta strutturalmente ed
operativamente a gestire direttamente il porto
“. Oggi lo è?

Dovrebbero dircelo la commissione straordinaria, che si distingue per un assordante silenzio sulla vicenda, l’amministratrice unica transitata in pochi giorni dalla Aet alla Capo d’Anzio, il dirigente “signorsì” che prima scriveva una cosa, poi un’altra, e non ha mai allegato alle delibere sul bilancio il piano industriale della società citato – copiando e incollando – dai precedenti atti.

Qualsiasi altra società avrebbe portato i libri in tribunale, qui la commissione ha persino omesso – accampando scuse risibili – almeno di costituirsi parte civile nel processo sul falso in bilancio. A chi giova questa agonia sul porto e perché? Ah, come mai del bilancio 2022 ancora non c’è traccia?

Capo d’Anzio, accanimento terapeutico. Rispunta (copiata) la fideiussione

Nel comunicare l’approvazione del bilancio di previsione del Comune, la commissione straordinaria che guida la città cita – fra l’altro – “la riorganizzazione della società Capo d’Anzio Spa”. Quale sia questa riorganizzazione lo ignoriamo, però andando a leggere qualche atto pubblicato sull’albo pretorio relativo proprio al bilancio, scopriamo che per la società è previsto una sorta di accanimento terapeutico.

I commissari, forse, ignorano che la fideiussione che viene riproposta, immaginiamo dal dirigente dell’area finanziaria – misteriosamente ancora al suo posto nonostante compaia nelle relazioni delle commissioni di accesso di Anzio e Nettuno, con pesanti responsabilità – è stata già “bocciata” da diversi istituti di credito. La dottoressa Scolamiero, il dottore Tarricone e il dottore Anatriello non si saranno accorti che il punto 6 della “nota integrativa” è copiato e incollato – pari pari, per 31 righe – dallo stesso documento del 2022. Pensate, c’è scritto persino che “l’attuale Consiglio di Amministrazione ha invocato l’intervento del socio pubblico, presentando un piano aziendale di investimento (allegato alla presente deliberazione)“. Peccato non esista più un consiglio di amministrazione e che, allegato alla delibera di bilancio, non troviamo il piano di investimento. Comunque già nel 2022 si parlava della fideiussione. Sì, quella che l’allora presidente della società, Ernesto Monti insieme all’allora amministratore delegato, Gianluca Ievolella, ritenevano indispensabile per “rilanciare” il porto. Peccato che la Capo d’Anzio non sia “bancabile”. Se ne sarà accorta anche l’attuale amministratrice unica, dimessasi il giorno prima del bando di Anzio dalla Aet (a proposito, chiude il bilancio 2021 in negativo e il Comune pagherà in quota parte circa 6000 euro) e nominata qualche giorno dopo nel nuovo ruolo. Ah, nel frattempo l’ex presidente è a giudizio per falso in bilancio, a giugno ci sarà l’udienza con rito abbreviato, ma la Commissione non ha avvertito il bisogno di costituirsi parte civile nonostante secondo la Procura il Comune ovvero i cittadini risultino danneggiati dai bilanci presunti taroccati.

L’unico passaggio non copiato è questo: “(…) nonostante la Capo D’Anzio non abbia ancora contratto alcun finanziamento con istituti di credito, si è deciso di mantenere nella programmazione finanziaria la garanzia concessa in attesa di valutare la continuità o meno dell’attività aziendale della società“. Non lo ha contratto semplicemente perché nessuno glielo ha dato. Non sarà sfuggito alla Commissione, invece, che la Capo d’Anzio deve ancora restituire al Comune i 517.000 euro di una precedente fideiussione, escussa dall’allora Banca Popolare del Lazio, pagata dal Comune stesso e mai riavuta indietro. Vicenda che è anche all’attenzione della Corte dei Conti. Nel frattempo basta affacciarsi al porto per notare la desolazione e l’assenza di scafi, come sarà “rilanciata” la Capo d’Anzio resta un mistero.

Ora, comprendiamo tutte le migliori intenzioni, ma qui siamo al paradosso di arrampicarsi sugli specchi per una società che il porto doveva realizzarlo e si limita a gestirlo, anche male. Vero che la Capo d’Anzio ha come unico bene la concessione demaniale, ma ci vuole tanto a dire “abbiamo fallito, non siamo in grado” e dato che il Demanio è ormai competenza dei Comuni a trovare un’alternativa? Già, il Demanio, altra “perla” del dirigente signorsì ampiamente citata nella relazione sullo scioglimento dell’ente per condizionamento della criminalità organizzata.

Anche per questo, giova ricordare che le vicende della Capo d’Anzio e la “confusione” – usiamo un eufemismo – sulla gestione delle società partecipate, sono un ampio capitolo del decreto che ha portato allo scioglimento del Comune. Cos’altro dobbiamo sopportare?

Falso in bilancio alla Capo d’Anzio, chiesti tre rinvii a giudizio. Comune parte lesa

Bastava leggere le carte per capire che qualcuno stava mentendo. O lo aveva fatto il consiglio di amministrazione della Capo d’Anzio precedente, approvando il bilancio 2018 presenti i rappresentanti del Comune con 72.000 euro e spicci di perdita, o lo aveva fatto quello indicato dal sindaco De Angelis dopo la vittoria che invece quel bilancio lo aveva fatto chiudere in attivo.

Adesso la Procura di Velletri ha chiesto il rinvio a giudizio per Ernesto Monti, il professore esperto in crack presentato come colui che avrebbe salvato la patria (e che fino all’ultimo voleva farci credere che con la fideiussione si sistemava tutto) e i consiglieri di amministrazione Francesco Novara e Raffaella Barone. Tutti innocenti fino a prova del contrario, come è sempre stato in questo blog. A chi scrive la presunzione d’innocenza non deve certo insegnarla l’ex ministro Cartabia con la sua norma che è l’ennesimo tentativo di bavaglio alla stampa.

Il 24 febbraio 2023 compariranno di fronte al giudice dell’udienza preliminare con l’accusa di concorso in falso per avere esposto “fatti materiali rilevanti non rispondenti al vero”. Avrebbero cioè “taroccato” – Monti e Novara – il bilancio 2018, portando un utile di poco più di 13.000 euro, omettendo di inserire un fondo “svalutazione” per il compenso del direttore del porto, con il quale il bilancio sarebbe andato in perdita. Ai primi due imputati si unisce la Barone per il bilancio 2019, perché la manovra di ingegneria finanziaria è stata la stessa. Che il direttore non avesse – pare – un incarico formale ma che fosse ad Anzio ogni giorno e firmasse carte come tale, la dice lunga su quale controllo pubblico c’è stato negli anni.

Il 24 febbraio sono chiamate a comparire anche le parti lese, vale a dire la Capo d’Anzio (se sarà ancora in vita….), il Comune e Renato Marconi che aveva sporto denuncia sull’approvazione di quel bilancio. Nel frattempo dall’indagine è stata stralciata la posizione di Antonio Bufalari – che insieme all’altro rappresentante privato non votò il consuntivo 2018 – e Gianluca Ievolella che non c’era proprio. Il pubblico ministero si è basato sull’informativa della Guardia di Finanza di Nettuno e la relazione di un consulente tecnico. I nodi arrivano al pettine, purtroppo, e ha ragione Giorgio Buccolini quando indica il responsabile politico di questa situazione. Perché degli aspetti penali risponde ciascuno per sé e non interessano, di come la vicenda Capo d’Anzio e porto è stata gestita le responsabilità sono per intero di chi dal ’98 a oggi ha guidato e guida la città.

Il 24 febbraio le parti lese potranno costituirsi parte civile ovvero potranno farlo in udienza nel momento in cui venisse disposto il giudizio, per ottenere un eventuale risarcimento. Che farà la Capo d’Anzio e che farà il Comune? La prima è senza guida, il secondo ha la stessa per la terza volta e dovrebbe trovarsi a costituire contro chi ha nominato o gli è stato vicino in campagna elettorale. Cose che forse capitano solo ad Anzio… Di certo Marconi – ricordiamo tutti chi lo ha portato ad Anzio, vero? – si costituirà eccome.

Ah, il bilancio 2018 della Capo d’Anzio avrebbe chiuso in attivo se solo si fosse provveduto a far gestire alla società e non agli eredi di Malasuerte i parcheggi dietro al porto, come spesso abbiamo ricordato in questo umile spazio. E il dirigente “signorsì” voleva liquidarla, la società, è nella nota integrativa al bilancio del Comune. Poi, come dice il sindaco, le “vie infinite della politica…”

Capo d’Anzio, continua l’accanimento terapeutico (con qualche bugia)

Va spezzata una lancia a favore della Capo d’Anzio. Finalmente non c’è bisogno di aspettare le visure camerali, il bilancio 2021 è on line e consultabile da tutti. Mentre il Consiglio comunale si appresta a votare un prestito alla società, già ampiamente indebitata bei confronti dell’ente oltre che con il socio privato, i fornitori e l’erario, si scopre che l’accanimento terapeutico continua.

Sì, perché aumentano gli incassi rispetto all’anno precedente ma il bilancio chiude in attivo solo di circa 2000 euro e solo grazie a una manovra di “ingegneria finanziaria” che grazie a una norma del 2020 consente di non iscrivere gli ammortamenti. L’ex presidente professor Ernesto Monti, specialista in società decotte, e l’ex amministratore delegato Gianluca Ievolella – al quale spesso si rivolgerebbe il neo amministratore unico Francesco Lombardo – hanno fatto quadrare i conti ma sono i primi ad ammettere che le cose non vanno. E insieme a loro i revisori dei conti.

Partiamo dai dati: aumenta il valore della produzione che è pari a 968.000 euro (contro 804.000 del 2020) ma crescono anche i costi che sono 948.000 euro circa rispetto ai 771.000 dell’anno precedente. L’utile come detto è di poco superiore ai 2000 euro, contro i 17.000 del 2020. I crediti sono di poco superiori ai 638.000 i debiti, in totale, poco più di 3 milioni. I primi sono diminuiti, i secondi aumentati, entrambi di circa 20.000 euro.

Tralasciamo la cronistoria, il contenzioso con Marconi portatoci con Italia Navigando dall’attuale sindaco (contenzioso che peserà come un macigno, modesto parere di chi segue la vicenda da 20 anni e più), le immobilizzazioni e compagnia e andiamo al succo. Perché va bene tutto, ma essere derisi è troppo. Ad esempio i bilanci approvati in ritardo dal 2018 al 2020 a causa del contenzioso con Marconi. Bene: ma perché nessuno ci spiega il motivo per il quale nel 2018 c’era una perdita approvata dal consiglio d’amministrazione, inserita nella nota integrativa al bilancio del Comune che prevedeva la liquidazione della società e poi magicamente quel bilancio è andato in attivo?

Dicevamo dell’utile, ottenuto grazie a una deroga di legge che consente di “sospendere gli ammortamenti relativi al comparto delle immobilizzazioni”. D’accordo, è una norma e ci mancherebbe non applicarla, ma poi leggiamo che: “L’ammontare dell’impatto della deroga in termini economici è pari a 82.871 euro, da ciò ne consegue un utile civilistico che consente un maggiore appeal dell’azienda verso gli operatori finanziari”. Così tanto “appeal” che quattro istituti di credito hanno rispedito al mittente le richieste di finanziamento presentate dalla Capo d’Anzio. Però, secondo la relazione, tra campo boe e gestione dei parcheggi – che forse saranno finalmente tolti agli eredi di “Malasuerte” (non è mai troppo tardi) questo sarà l’anno decisivo. Peccato che le cose non stiano proprio così. Calano ancora gli indici che ormai tutti prendono in considerazione come significativi della capacità di un’azienda. Il Roe, cioè il ritorno sul capitale di rischio, che viene universalmente indicato come accettabile sopra il 2 è allo 0,47 , il Roi, vale a dire il ritorno sugli investimenti, è dello 0,05 quando è ritenuto accettabile sopra il 5 . Il professore – e il sindaco che di bilanci se ne intende – possono insegnarci cose del genere. Ma qui va tutto bene. Invece no: l’indice di liquidità primaria – cioè la capacità di fronteggiare i debiti – è 0,29 e per essere minimamente utilizzabile per fronteggiare la situazione dovrebbe essere 1, quello di indebitamento è 5,87. Il professore ammette: “L’ammontare dei debiti ha assunto dimensioni decisamente significative in funzione dei mezzi propri esistenti”.

La “salvezza”? Campo boe e parcheggi, come si ripete nella relazione. Passando per una dichiarazione che stando alle notizie che arrivano dal fronte del porto non sarebbe così vera. C’è un capitolo, per esempio, dedicato al personale e al clima lavorativo. Ebbene si dice che “non si fono verificati infortuni gravi sul lavoro” ma sembra proprio che non sia così.

Torniamo alla “salvezza” e al fatto che la società “sta dialogando in maniera assolutamente positiva con vari istituti di credito in maniera di avere un finanziamento di circa 150.000 euro”. Beh, quando è stata scritta la relazione si sapeva già che nessuna banca l’avrebbe concesso…. Tanto che si chiede al Comune di intervenire. Comunque, a detta dell’ex presidente, nel 2022 si dovrebbero incassare 250-3000 euro in più e sistemare le cose. Che la Capo d’Anzio il porto dovesse realizzarlo, con 1000 posti barca e tanti di lavoro, ormai nessuno si preoccupa più.

Solo che i nodi arrivano al pettine e il revisore indipendente esprime: “(…) incertezza significativa riguardo a eventi o circostanze che possano far sorgere dubbi sulla capacità della società di continuare a operare (…)” poi parla di “incertezza riscontrata in tema di concessione demaniale e della determinazione del relativo canone”. Lo stesso fanno i componenti del collegio sindacale della Capo d’Anzio che pur esprimendo parere favorevole sul bilancio sottolineano: “La situazione debitoria nei confronti della Regione, dell’Erario e gli enti previdenziali” ma anche che “l’utile di esercizio non è dovuto all’incremento dei ricavi della gestione (…) ma a poste straordinarie e alla mancata rilevazione contabile degli ammortamenti”. Secondo il collegio: “In estrema sintesi si rileva come la situazione finanziaria sia particolarmente sofferente”.

Ora di chi saranno le responsabilità – ricordando che chi rappresenta il socio pubblico, cioè il sindaco, non viene da Marte – lo accerteranno cause pendenti, indagini della magistratura sulle reciproche denunce tra Comune e Marinedi, Corte dei conti e quant’altro. Ma dopo 22 anni dalla costituzione e oltre 10 dalla concessione mai usata per costruire il nuovo porto, è bene che la Capo d’Anzio porti finalmente i libri in Tribunale.

Sorpresa Capo d’Anzio, c’è il bilancio 2020. Con qualche dubbio

Stavolta la Capo d’Anzio ha stupito con effetti speciali. Non c’è stato bisogno di visure in camera di commercio, il bilancio 2020 (e insieme quello 2019 che fino a qualche giorno fa non compariva) è stato pubblicato sul sito della società. Su quello del Comune, ancora no, ma d’altra parte la “casa di vetro” che il sindaco ha enunciato nell’ultimo consiglio comunale mica può essere perfetta….

La prima impressione sul silenzio rispetto all’approvazione del bilancio è che quasi si voglia “nascondere” ciò che la società fa di buono. Si annunciano in pompa magna nomine e alzabandiera, svolte epocali con una fidejussione che forse qualche banca un giorno accetterà, ma non si dice che i conti nel 2020 hanno chiuso con un attivo di 17.363 euro rispetto ai 4.959 dell’anno precedente. Come, il professore presidente e l’amministratore arrivati a miracol mostrare non ci fanno sapere una cosa del genere? E nemmeno il sindaco che finalmente vede la luce (lui, almeno) del “suo” porto? Qualche dubbio sorge e non serve scomodare Norberto Bobbio – secondo il quale era meglio seminare dubbi che raccogliere certezze – ma basta leggere tra le pieghe del bilancio. Ah, non c’è la relazione del collegio sindacale allegata. La “casa di vetro”, appunto, non è perfetta. Aspettiamo di trovarla e leggerla, con calma.

Dicevamo delle pieghe, intanto, e qui viene in mente il film “The karate kid” con la frase “Dare la cera, togliere la cera”. Motivo? Semplice, si sposta un pezzo di bilancio e lo si trasforma. D’altra parte il professor Monti non è arrivato per questo?

Andiamo a leggere qualcosa, allora, e scopriamo che i debiti diminuiscono (meno male!) ma al tempo stesso aumenta il patrimonio netto, cioè i debiti verso i soci. Vale a dire Comune e Marconi ovvero Marinedi. Come? Diventa “altre riserve” il progetto cosiddetto di Fase III che il socio privato brutto, sporco e cattivo definito dal sindaco addirittura ladro qualche giorno fa, si era impegnato a fornire “a fondo perduto”. Dai cera, togli cera, cambia posto e il gioco è fatto. Perché mentre i debiti passano da 3 milioni 212.265 euro a 2.987.771 con una diminuzione di 224.000 euro, le passività aumentano da 4 milioni 4000 e spicci a 4 milioni 149.000 euro, con una crescita di circa 145.000 euro. Aumentano i “ricavi delle vendite e delle prestazioni” che sono 724.941 euro contro 648.320 e fanno registrare più 40.000 circa, diminuisce il valore della produzione nel suo insieme che è pari a 804.853 mentre nel 2019 era di 1.028.403 e quindi meno 200.000 circa.

Qualche “chicca”? Nel 2020 dai parcheggi al centro della vicenda Malasuerte e affidati sempre agli stessi la società ha incassato 83.000 euro circa, l’anno prima 106.000. Vedremo con il cervellotico sistema dei gettoni del 2021, ma certo se lì guadagnano terzi difficile che possa farlo anche la Capo d’Anzio che preferisce far gestire ad altri – a un prezzo irrisorio – buona parte dei posti.

Sui debiti è bene leggere il passaggio di bilancio riportato qui sotto, più esaustivo di ogni altra cosa

Stai a vedere che forse Progetto Anzio di Vasoli, Piccolo e Amaducci aveva ragione a presentare l’ordine del giorno che ha fatto infuriare il primo cittadino ed è stato respinto da quello che resta della maggioranza. Speriamo che qualcosa si possa discutere davvero in commissione trasparenza.

Infine, aspettando marzo e il bilancio 2021 con il quale il professor Monti lascerà la Capo d’Anzio, un paio di domande. Sono le solite, mi rendo conto, ma fondamentali: chi ha imbrogliato rispetto al bilancio 2018 approvato in consiglio d’amministrazione con una perdita e poi miracolosamente diventato in attivo durante l’assemblea? La Capo d’Anzio, nelle condizioni date, può farlo il porto?


Capo d’Anzio, porte in faccia sul prestito. E si scoprono nuovi altarini

Come si dice dalle nostre parti: “Se la foglia si muove, il vento tira”. Ebbene, ci vorrebbe un consigliere comunale di buona volontà che andasse a vedere se è davvero arrivata a Villa Sarsina la risposta della Cassa depositi e prestiti che nega gli 1,5 milioni di euro richiesti per mettere una pezza a colori alla disastrosa situazione della società. Il presidente Monti e l’amministratore delegato Ievolella, possono permettersi di non rispondere alle domande dell’opposizione in Consiglio – con una prosopopea degna di chi li ha nominati – ma quando ti presenti a chiedere soldi, servono certezze e non quattro paginette di un piano finanziario al quale credono solo loro. Pontili, centraline ed è tutto a posto.

No, non lo è affatto. Perché trovare una banca che concederà quei soldi è un azzardo. I parametri della Capo d’Anzio sono negativi in tutto e per tutto, c’è un istituto di credito che ha già ritenuto “improponibile” la richiesta, altri lo faranno e se quel prestito fosse concesso con qualche miracolo da ingegneria finanziaria (il presidente non è nuovo a imprese del genere) andrebbe contro le norme che regolano il settore e costerebbe alla collettività in termini di beni ipotecati non si sa quanto. Capo d’Anzio ha bilanci “singolari”, soci in contenzioso, debiti da pre fallimento. Le colpe? Di chi l’ha gestita, politicamente, dall’inizio a oggi. E di chi non si è ancora impegnato – a cominciare dalla Procura di Velletri e passando per i revisori dei conti – perché i libri finiscano in Tribunale e a quelle politiche si uniscano le responsabilità penali e civili.

Perché poi, quando la situazione è esplosiva come quella della società che doveva realizzare e gestire il porto ma si è limitata a utilizzare (male) i posti barca a disposizione, gli altarini si scoprono. La voglia di parlare di chi finora ha taciuto cresce….

Ad esempio, quanto spende di benzina la Capo d’Anzio ed è vero che qualcuno ha fatto rifornimento per se stesso? E’ plausibile che c’è chi non abbia mai pagato il posto barca per motivi, diciamo così, di “amicizia”? Ci sono esponenti della Capitaneria di porto, soliti frequentare gli uffici e non per motivi istituzionali? E’ vero che le spese in una nota ferramenta erano “libere”, tanto paga Capo d’Anzio, sono state abbassate e con il nuovo corso di Monti/Ievolella sono nuovamente cresciute? Chi ha proposto l’aumento dei prezzi per i posti barca causando una comprensibile fuga, dato che i servizi sono minimi? Ci sono state “ritorsioni” verso alcuni scafi che non hanno accettato determinati meccanismi e si sono ritrovati qualche danno o spostati in ormeggi lontani? I lavori per i “corpi morti” sono stati fatti a regola d’arte o ci sono state messe nuovamente le mani, tanto paghiamo noi?

Capitolo a parte merita il personale. Per gli ormeggiatori c’era una graduatoria, alcuni hanno lavorato in base a quelle ma sono stati mandati a casa con la scusa che benché pubblica la Capo d’Anzio non poteva stabilizzare il personale. Sarà stato uno stratagemma per far rientrare dalla finestra – attraverso agenzie interinali – chi era uscito dalla porta, risultando tra gli ultimi in graduatoria? La consigliera d’amministrazione Barone, dopo aver incontrato i lavoratori, ha mai indicato al sindaco quale socio di maggioranza e ai vertici della società le esigenze che erano state rappresentate?

Come dicevo all’inizio, “se la foglia si muove, il vento tira”. E i dubbi sono sempre di più intorno alla Capo d’Anzio e alla sua gestione, vecchia e nuova.

Va posta fine a questa agonia, tanto ripeto da anni che prima o poi Marconi presenta il conto e si prende tutto. Sarà il fallimento di chi ha sempre detto che era tutto pubblico, ma l’ingegnere qui ce l’ha portato…

Il sindaco, Italia Viva, il fallimento. Ecco chi…“scappa”

Poco meno di tre anni fa telefonai al sindaco appena eletto al primo turno, complimentandomi e riconoscendo la sua vittoria. Feci un comunicato a spoglio in corso – ma risultato acquisito – dicendo che avevo avuto il piacere di parlare con il primo cittadino di Anzio. Vedete, si tratta di modi di intendere la cosa pubblica e l’impegno civile. Ho giocato a baseball e allenato, anche, l’insegnamento che ti danno vittorie e sconfitte, l’umiltà e il rispetto per l’avversario, te le porti dietro. O ce le hai o non.

Il nostro sindaco, che torna a tirarmi in ballo in Consiglio comunale, dicendo che sono scappato (aggiungendo altri sproloqui) e trova la claque ad applaudirlo o una presidente che gli consente di dire qualsiasi cosa in assenza di contraddittorio, o sostenitori da social, il rispetto non ce l’ha. Non ce l’ha mai avuto.

Continuo a pensare – sbagliando, evidentemente, visto che tutti tacciono – che il Consiglio comunale dovrebbe occuparsi di altro ma il nostro è purtroppo ridotto a una sorta di Teatro dei Pupi. Il sindaco parla (e se non basta, urla) e tutti eseguono, maggioranza eletta e allargata (a Cafà e Palomba che nel 2018 lo avversarono), da ultimo a Italia Viva (che nel 2018 non esisteva) che tesse le lodi del primo cittadino ma resta (così dice, pochi ci credono) all’opposizione.

Perché sono andato via è noto, chi vuole può rileggere il mio intervento in consiglio comunale (non è on line, ma ne ho chiesto copia alla presidente) o quello che spiegai qui candidandomi.

Chi è scappato, rispetto a quanto sosteneva nel 2013, è stato il sindaco. Costretto ad allearsi nel 2018 con chi cinque anni prima voleva “mandare a lavorare”, pur di vincere. E prendendo meno voti delle liste che lo sostenevano. Unico tra i candidati a quella carica. Perché lui – e il centro-destra – sapevano bene che il ballottaggio sarebbe stato un rischio enorme e non potevano perdere. In questo “sistema Anzio” stai bene a cercare avversari da dileggiare altrove, quando governi ininterrottamente dal 1998…. Sempre durante l’intervento in consiglio ebbi a dire che da quel momento in poi c’era un unico responsabile: il sindaco. Di questo deve rispondere, prima di preoccuparsi come fece in tv di quanti libri avessi venduto, o di ripetere all’infinito che ho preso pochi voti. Viste certe frequentazioni di eletti con le sue liste, ci sarebbe da chiedersi da dove vengono i suoi. Ma è noto, ad Anzio non esiste un investigatore….

E visti i passaggi in maggioranza, forse più gravi di avere mantenuto un impegno (o no?) sono ancora più contento di avere rinunciato a certe proposte. A quella di chi – per non candidarmi sindaco poiché “temuto” – veniva a offrirmi il ruolo di capo di gabinetto una volta eletto De Angelis. Ma pure quella di chi mi invitava a non dar corso alle dimissioni, dopo, tanto se il problema era il lavoro una soluzione si sarebbe trovata, basta che non la davo “vinta ai basisti” come ebbe a dire la Marracino.

Nel primo caso risposi che non mi interessava fare il capo di gabinetto di chi aveva rinnegato gli impegni del 2013 e che non tornavo sui miei passi avendo sempre aspramente criticato la gestione del Comune, nel secondo che se volevo fare “carriera” in qualche segreteria avrei scelto altro più di 30 anni prima. Sono cose che in questo Comune – se fai diversamente da come è sempre stato – ti fanno diventare un assurdo per gli eguali. Per chi sta bene nel “recinto” e non fiata, a cominciare dai giovani che dovevano rappresentare il cambiamento ma guai a dire una parola al sindaco.

Nemmeno quando dice che sta portando avanti il mio, di programma, dimenticando che il suo era copiato e incollato dalla candidatura 2013. Ma che fa? “C’avemo i voti” e per stare tranquilli in consiglio comunale allarghiamo anche la maggioranza. Se poi, da un programma alternativo qual era il nostro – con nessun successo elettorale, ma è la democrazia – si riesce a far revocare i “quattro cantoni” a Puccini, a far realizzare i “Deco” che nemmeno sapevano cosa fossero e a immaginare un asilo nido, ciò non vuol dire che si debba entrare in maggioranza. Anzi….

A meno che l’esempio non sia quello dell’amico Paride Tulli (so che mi perdonerà) che entrando dal Psdi in Forza Italia disse “si può essere di sinistra anche da qui”, poi fece il candidato sindaco Pd, quindi sostenne Bruschini e poi Palomba e in maggioranza è di fatto sempre rimasto.

Quando sui social la Marracino sostiene che il programma di allora era “un libro dei sogni” offende anzitutto se stessa che con me e una squadra di pochi volenterosi che non “c’aveva i voti” lo ha scritto e portato avanti, con una visione della città senza precedenti. Era il programma del Pd con il quale è stata eletta, salvo cambiare inseguendo Renzi. Liberissima, ci mancherebbe, ma lo scandalo non è il sottoscritto.

Allora andrebbe detto, con più forza, che esistono questioni non irrisolte ma fallimentari per chi dal 1998 guida Anzio ed è stato eletto la prima volta nel 1990.

Una su tutti i rifiuti, con una differenziata ridicola, una gara prorogata di fatto nel disinteresse di chi dovrebbe controllare, una società pubblica che andava sì scelta ma con bando nazionale e non all’ultimo giorno utile. Nell’unico dibattito pubblico con me, nel 2018, non era De Angelis a dire che si sarebbe fatta una gara ponte? E che per la biogas sarebbe andato all’Onu? Parole, del resto….. “c’avemo i voti”.

Andrebbe detto che c’è un bilancio carico di residui difficilmente riscuotibili, molti dei quali riferiti proprio ai rifiuti, e sul quale la Corte dei conti ha fatto rilievi precisi. C’è un porto bloccato dal contenzioso con un socio privato che ad Anzio è arrivato – allora in Italia Navigando – grazie all’attuale sindaco. C’è un piano regolatore che ha devastato il territorio e il primo cittadino sa che il sottoscritto era – negli anni 2000 – l’unico a dire che non andava più messo un mattone. Invece si è scelta una villettopoli di pessima qualità, attirando un ceto medio basso con conseguenze che sono sotto gli occhi di tutti. Per non parlare dei servizi da terzo mondo, dall’anagrafe alla pulizia della città. E senza citare le indagini che hanno coinvolto e coinvolgono il Comune, dove la responsabilità era e resta personale penalmente, ma ciò che è accaduto è disdicevole politicamente. A cominciare dall’allearsi con i protagonisti delle pressioni citate nella sentenza Malasuerte.

E ricordando che l’esempio si dà a partire dal rispetto della legalità delle cose quotidiane, come un ufficio relazioni con il pubblico mai aperto e presente solo sulla carta, insieme a tante altre cose…

Ecco, si può decidere da che parte stare e io l’ho fatto. Chi rincorre le sirene della maggioranza è liberissimo, per quanto mi riguarda vorrei che il Consiglio si occupasse di Anzio e non del sottoscritto. Vorrei che il sindaco e i suoi accoliti pensassero a governare e non a chi non ha ruolo diverso di quello di un cittadino attento. Da una vita.

Il mio impegno civile è rimasto lo stesso, attraverso questo strumento e con il sostegno a chiunque avversi questo modo di intendere la politica. C’è chi ha lasciato la maggioranza e sta creando un’intesa di centro, c’è un Pd che deve decidersi su cosa vuole fare da grande, c’è #unaltracittà alla quale non siamo stati in grado di rivolgerci e va coinvolta non con i giochi di palazzo ma su questioni reali. A tutti questi guardo affinché la rivendicata continuità (che nel 2013 era discontinuità, quando si dice la coerenza…) possa cessare. Insieme a questo modo dirigista, provocatore, sprezzante, da despota, di intendere il proprio ruolo di primo cittadino. Non ho pretese, non devo fare nulla, non cerco rivincite.

E siccome tra i tanti “soloni” contrari alla mia candidatura c’è chi al tempo sollevava il rapporto personale – mai negato – con De Angelis, tranquilli: è finito da tempo e non per causa mia. Chiunque arriva a offese che ledono la sfera familiare, con il sottoscritto ha chiuso.