
“Scusate il ritardo“, avrebbe detto lo straordinario Massimo Troisi ma nell’ultimo mese e mezzo come immaginerete è successo di tutto. La campagna elettorale, l’elezione a sindaco di Aurelio Lo Fazio che ha dello storico, la sentenza al processo “Tritone”. Per le elezioni avevo promesso silenzio e così è stato, come sapete ho seguito da vicino la campagna di Aurelio, contribuendo a scrivere il programma, mettendo a disposizione il simbolo della civica che aveva (e ha) l’idea di realizzare #unaltracittà, immaginando le cose da dire e il modo in cui farlo, curando con il prezioso aiuto di un giovane professionista il palinsesto dei social.
Che potesse accadere il miracolo no, sinceramente non ci credevo. Già raggiungere il ballottaggio è stata un’impresa, vincere al secondo turno una gioia indescrivibile. Una “liberazione” dopo 26 anni nei quali, l’ho sempre ammesso, a qualcosa di chi ha governato la città avevo pure creduto. Sbagliando. Dopo 26 anni di un “modello di amministrazione” che non c’è mai stato, come ampiamente dimostrato dalla Commissione d’accesso e – se andiamo a ben guardare – già anni fa dalla relazione del Ministero dell’economia e finanze con i “famosi” 27 punti. O con le contestazioni e le relative condanne della Corte dei conti, fino al “sistema Anzio” che insieme a pochissimi altri denunciavamo. Fino alla vergogna dello scioglimento per mafia con un percorso di decadenza avviato nel 2013, con lo scontro fratricida della destra locale.
Nessuno ci credeva, invece è successo e come ho scritto su facebook sono felice….

L’ULTIMO DEI MOHICANI
A volerla raccontare da giornalista che da ormai 40 anni segue le vicende del territorio, Aurelio è L’ultimo dei Mohicani della prima repubblica. Nato e cresciuto democristiano, rimasto sempre dalla stessa parte nell’evoluzione avuta dalla Dc, ha attraversato da consigliere comunale e assessore ad Anzio, da consigliere provinciale e assessore in Provincia, da dirigente prima e direttore poi in Regione, un’era. Alla sua carriera politica mancava solo la ciliegina sulla torta che adesso è arrivata. L’intesa dopo il primo turno non era scontata, serviva un politico navigato per trovarla e c’è riuscito e gli elettori hanno premiato la scelta. Una squadra tutta nuova, per la quale il sindaco farà da “chioccia”. Non sarà una passeggiata, lo sa, ma la città ha scelto e non può deluderla. Lui, ma tutta la “squadra”. Chi c’è stato dall’inizio e chi è arrivato per il ballottaggio.
LA CAMPAGNA
La strategia è stata chiara: nessun attacco personale agli avversari, riportiamo al centro la politica, parliamo della città e alla città (“Anzio!” si è rivelato una scelta indovinata), rimarchiamo che c’erano altri e non noi dal 1998, puntiamo su una figura autorevole e spendibile come Aurelio, mandiamo messaggi positivi, rimarchiamo la responsabilità politica (il penale è affar loro) dello scioglimento. Mai una nota oltre le righe, l’idea della destra-centro che qualcuno ha fatto notare come un errore è stata un modo (riuscito) per attirare l’attenzione, così come il pensare politico e amministrare civico, qualche video sulle differenze nei programmi. Nell’epoca dei social, delle condivisioni, della disintermediazione, non abbiamo dimenticato che le parole restano importanti e farsi capire ancora di più. Per questo abbiamo ripetuto che il dialogo era centrale.
Adesso c’è una grande responsabilità, quella di continuare a farlo perché dire le cose in campagna elettorale è relativamente semplice, mantenerle molto più complesso.
LA GRANDE OCCASIONE
Sindaco e coalizione hanno davanti una possibilità senza precedenti, paragonabile a quello che accadde nel ’98 con l’elezione di De Angelis. In quella campagna elettorale si “sfilarono” dagli schieramenti tradizionali da una parte Piero Marigliani e dall’altra Maria Vittoria Frittelloni. De Angelis arrivò al ballottaggio che aveva 8 voti più dello sfidante, Giovanni Garzia, rappresentante dell’Ulivo, e vinse. Venivamo da due commissariamenti a stretto giro, il primo con Stefano Bertollini sindaco, il secondo con Renzo Mastracci. La città chiedeva un governo stabile e lo trovò, diversi dal centro-sinistra cominciarono a spostarsi (e l’elenco sarebbe lungo…) forti di consensi e preferenze. Ora può accadere il contrario, a patto che ci sia una differenza: non cadere nell’errore del potere fine a se stesso, nelle beghe interne, nell’arroganza del “ho vinto e faccio come mi pare”, nella mancanza di rispetto per l’avversario.
Se a destra devono fare una riflessione, è proprio questa: come hanno gestito, negli anni, consensi che ancora oggi le liste hanno dimostrato di avere. Forse le “guerre” alle quali abbiamo assistito (2013 su tutte), in danno alla città, alla fine sono state pagate. Ecco l’errore che non dovrà fare il “campo largo” e civico che sostiene Lo Fazio. Dall’altra parte, può essere quasi un bene aver perso: gruppo consiliare ristretto e praticamente tutto nuovo, giovani con i quali puntare al rinnovamento reale. Gli altri “Mohicani” della prima repubblica sono arrivati al capolinea politico e non hanno eletto propri rappresentanti in Consiglio. E’ il caso che capiscano che è arrivata l’ora di passare la mano.
TRITONE E LA “MALEDIZIONE” DEL PUPAZZO
In tutto questo sono arrivate, con molta calma e tempi poco degni di un paese civile, la sentenza sulle incandidabilità e quella del processo “Tritone”. Quest’ultima, in particolare, ha riconosciuto l’aggravante del metodo mafioso. Io continuo a pensare quello che ho sempre sostenuto e cioè che i risvolti giudiziari esulano da chi ci ha portato a questa condizione e ha precise responsabilità politiche. Per aver fatto mettere il vestito bello a qualche poco di buono, averlo pericolosamente avvicinato alla cosa pubblica, essersi girato altrove. Con la sentenza – al momento di primo grado – si conferma la “maledizione” del pupazzo. Da quando, in piazza Pia, venne messo un manichino che doveva rappresentare Sant’Antonio ma lo faceva a dir poco in modo irriverente, per non dire blasfemo, è successo di tutto a quella maggioranza. Aneddoto a parte, ciò che abbiamo letto nelle carte e quanto emerso al processo sono da brividi e la sensazione è che noi sia finita. Dispiace, sinceramente, che servano anni per arrivare a tanto ma la Dda ha dovuto colmare, non dimentichiamolo, anche numerose lacune della magistratura ordinaria di Velletri che da queste parti si è vista ben poco.
Detto ciò, mi “taccio”. Questo è stato uno spazio di denuncia, di opposizione, di racconto delle cose che non andavano, scoperte di “copia e incolla”. Ho fatto il “cane da guardia” come si conviene a chi svolge il ruolo di giornalista. Aver seguito da vicino la campagna e aver vinto, comporta una riflessione diversa ma tranquilli, il blog non chiude. Intanto si occuperà d’altro (comunicazione, salute….) senza far mancare un occhio sulle vicende cittadine.
ps, ho finalmente avuto modo di conoscere la presidente della commissione straordinaria, Antonella Scolamiero, alla quale mi sono presentato come “il giornalaio“. Abbiamo chiarito le nostre incomprensioni ed è la cosa che fanno le persone perbene. Ho ringraziato lei e gli altri componenti, confermando qualche perplessità sull’operato, riconoscendo che Anzio è una città difficilissima. Con la prefetta Scolamiero abbiamo appuntamento per un pranzo, insieme a una comune conoscente. Non mancherò.








