Capo d’Anzio, ancora copia e incolla. Cambiate mestiere

Lo hanno fatto ancora, cambiando poco o nulla. Chi firma la nota integrativa al bilancio del Comune di Anzio – immaginiamo il dirigente dell’area finanziaria – e i commissari che per il secondo anno consecutivo l’hanno approvata. In questo paese di “giornalai” c’è ancora chi prova a documentarsi, piaccia o meno alla dottoressa Scolamiero e al “suggeritore” del termine, il dottore Tarricone. Ebbene se un anno fa rispuntava (copiata) la fidejussione, adesso ci siamo di nuovo.

Diceva Umberto Eco, nel suo “Come si fa una tesi di laurea” (Tascabili Bompiani, 1977) che si poteva sempre copiare in qualche ateneo sperduto e nessuno se ne sarebbe accorto. Erano anni in cui era possibile, oggi bastano un po’ di memoria sui documenti del recente passato e un normale programma che confronta i pdf e il gioco è fatto. Nelle foto in alto è in nero il testo rimasto uguale, in verde quello aggiunto, in rosso quello cancellato. Tutte cose che non cambiano la sostanza e, purtroppo, non danno indicazioni certe sulla martoriata Capo d’Anzio. Società, tra l’altro, che mentre scriviamo ancora non approva il bilancio 2022.

Bene, di grazia: davvero c’è, ancora, la previsione di garantire un finanziamento alla società dopo che più istituti di credito hanno detto già “no grazie” ai tempi del sindaco De Angelis? Sanno, i commissari, che parlare di “attuale consiglio di amministrazione”, non più in carica da anni, è una bugia? Esiste un’amministratrice unica della quale, a dire il vero, sembrano essersi perse le tracce. Dovrebbe saperlo ancora meglio il dirigente che con una procedura singolare l’ha nominata poco meno di un anno fa.

Si continua, poi, a fare riferimento a un piano di investimento che nessuno conosce. Si può sapere cosa prevede? Perché magari la commissione straordinaria una soluzione l’ha trovata davvero e visto che i cittadini hanno la maggioranza della Capo d’Anzio, il resto è ancora sub judice, dovrebbero essere informati.

Il timore è che quel piano sia lo stesso di Monti e Ievolella che miracol mostrarono in consiglio comunale, salvo prendersi le porte in faccia degli istituti di credito. Allora mi viene in mente il collega e amico Lidano Grassucci che a “Repubblica” che chiedeva i dati elettorali a “Latina Oggi” (inizio anni ’90, internet era una chimera), rispose: “Ah voi siete Repubblica e volete i dati da noi? Se non avete i mezzi, chiudete….”

Ecco, se dovete copiare e incollare e se non vi accorgete di quello che votate (nel privato si viene licenziati per vicende del genere) è ora che cambiate mestiere. Buon Natale!

Querela a Lina? La voglio anch’io

Leggo dai social che Lina Giannino, consigliere comunale del Pd, di opposizione, prima dell’onta dello scioglimento causato politicamente dal centro-destra e da una macchina amministrativa poco specchiata per quanto emerge dalle carte, rischia di essere querelata dalla polizia locale.

Motivo? Ha espresso le sue idee su facebook rispetto all’attività della stessa polizia locale, quindi – immagino – è accusata di lesa maestà. Come ricordavo in passato, Lina Giannino ha preso il mio posto in consiglio comunale e ha svolto il suo ruolo – con tanto di minacce e sede Pd devastata – come andava fatto. Cosa che ovviamente non piaceva a tutti e che ha avuto il sostegno di chi era fuori da quello che l’ex sindaco aveva definito il “recinto”. Che ci fossero entrati quelli che in campagna elettorale avversavano De Angelis, fa parte del modo di far politica in questa città e più in generale del “sistema” Anzio. Ben noto anche a chi oggi è al vertice dei vigili.

Fatta questa premessa, se la polizia locale querela Lina voglio essere co-indagato, insomma querelato anch’io. Sì, perché rispettando il lavoro di tutti e conoscendo le carenze di personale dei vigili urbani (si trascinano da anni) a me piacerebbe che quel corpo fosse una polizia di prossimità e che i suoi componenti si accorgessero, per prima cosa, di ciò che gli accade intorno. Così, spesso, non è e non è stato. Quando con “Il Granchio”, anni fa, ci accorgemmo che sui basolati romani al faro era stato steso asfalto e avviammo una battaglia, ad esempio, pur passando lì davanti chissà quante volte, nessuno della polizia locale si era accorto dello scempio. A memoria, il dirigente era lo stesso di oggi. Forse un altro quando una ruspa veniva parcheggiata sui resti archeologici, senza che nessuno intervenisse, mentre si costruiva l’eco mostro al “Terzo”. E se – più di recente – alla biogas venivano segnalati odori nauseabondi? “Se verranno rilevate molestie olfattive informeremo la Procura”. E’ stato più fatto? Con quale esito?

Ecco, preoccuparsi di quella che mi piace definire “legalità delle cose quotidiane”, di ciò che accade intorno, è forse il primo compito di una polizia di prossimità. Vicina al cittadino prima che al potere. Sì le multe, giusto, la viabilità, sacrosanto, le strade, ma c’è anzitutto da rendersi conto di quello che si vede e se di competenza intervenire, altrimenti segnalare alle autorità preposte. Accade? Basta ricordare la vicenda Malasuerte (altri dirigenti, va detto) e il parcheggio dato gratis per dire che almeno in quel caso non è accaduto. Oggi? Fatichiamo a vederlo e sarà un problema nostro, però guai a sollevare critiche.

Eppure la polizia locale è stata sbeffeggiata – comandante in testa – a livello globale, quando l’ex assessore Ranucci fece il suo show. Ne seguì una denuncia sacrosanta, peccato che al processo che ha mandato assolto perché “disperato” lo stesso Ranucci, qualcuno si sia dimenticato (o abbia scelto?) di costituirsi parte civile. Indovinate chi? E si può dire questo o è lesa maestà? Sarebbe stato assolto ugualmente, forse, ma non esserci è stato un favore e un pessimo messaggio. Forti con i deboli e deboli con i forti.

Venimmo identificati, per esempio, a una manifestazione sotto Villa Sarsina per il caso rifiuti, dove c’era uno schieramento mai visto anche di polizia locale. Peccato che volessimo far mettere a verbale che quell’appalto era in proroga da tempo e la Camassa stesse lavorando fuori dalle norme (cosa che la commissione d’accesso ha poi accertato) ma ci fu detto che dovevamo solo dare i documenti. Eppure stavamo denunciando un fatto. Come quello che non potè dare la carta d’identità per essere identificato, perché “il Comune mi ha dato appuntamento fra sei mesi”. Era una denuncia anche quella. Meglio girarsi dall’altra parte, suvvia.

Come quando c’è da eseguire qualche ordinanza o andare a chiudere il campo di Falasche e il personale – in forze il giorno di quella manifestazione a Villa Sarsina – sistematicamente non c’è.

Ah, per la cronaca: ad agosto inoltrato i permessi di parcheggio per i residenti ancora non ci sono, si viaggia con foglietti “volanti”. Eppure l’estate arriva ogni anno, forse era il caso di organizzarsi per tempo.

Ranucci assolto, Comune e “vittime” assenti. Si cambi registro

La sentenza che manda assolto Giuseppe Ranucci per lo “show” a seguito dei controlli alla sua palestra nel periodo Covid può stupire ma va rispettata. Non sono tra quelli che gioisce per una condanna o si dispera per un’assoluzione e per le vicende di Anzio ho sempre sottolineato le responsabilità politiche e mai quelle penali. Saranno da leggere le motivazioni, ma l’avvocato Francesco Mercadante ha sottolineato come tutto sia avvenuto in preda all’esasperazione. Il Tribunale ha accolto la sua tesi e la vicenda, salvo appello da parte della Procura, si è chiusa qui.

Il tutto – e torniamo alla politica che ha governato questa malandata città – in assenza del Comune e delle “vittime” indicate da Ranucci quella sera. Nessuno si è preso la briga di costituirsi parte civile, nessuno dall’ex sindaco al quale Ranucci ha riservato epiteti a non finire, al comandante della Polizia locale sbeffeggiato – e usiamo un eufemismo – in quella occasione, ha provato a far valere le sue ragioni in Tribunale. Forti con i deboli, deboli con i forti.

Solo che si crea un precedente pericoloso: da domani – in preda all’esasperazione – chiunque può andare a sdraiarsi sotto un furgone della polizia locale e fare lo stesso. Avrà la medesima garanzia dell’ex assessore Ranucci e cioè che il Comune e la polizia locale non si costituiranno nei suoi confronti?

In quella occasione Ranucci – che alla fine ha pagato con l’addio all’assessorato – dava nel video un sacco di quelle che un tempo si sarebbero chiamate “notizie criminis”. Mettevo in dubbio, allora, la presenza di un investigatore sul territorio ma in realtà la Dda (non certo la Procura di Velletri, assente su molti temi) stava già lavorando. E Ranucci – benché non indagato come i politici indicati nell’ordinanza dell’operazione “Tritone” – era uno di quelli più attivi nei rapporti con esponenti di ‘ndrangheta durante la campagna elettorale del 2018. Eccole le responsabilità politiche. Se poi andiamo a leggere la relazione della Prefettura circolata oggi e ricca di “omissis” ce ne sono di ulteriori, ma sarà oggetto di un altro approfondimento.

A proposito di “Tritone“, la commissione straordinaria non faccia come spesso ha fatto la politica: dia mandato di costituirsi parte civile contro la ‘ndrangheta. L’ex sindaco non lo fece per “Appia Mithos“, ad esempio. Invece è importante per stabilire, una volta per tutte, un principio che si sta calpestando: non è chi denuncia il malaffare e lo racconta il problema di Anzio, ma chi ha fatto sì che esponenti della criminalità organizzata fossero di casa in Comune, dessero sostegno elettorale, portassero fino all’onta dello scioglimento creando un danno di immagine senza precedenti alla città.

Scioglimento, non c’entra solo la politica. Si intervenga

Se fosse accaduto in un’azienda privata c’erano già stati dei licenziamenti. Qui siamo nel pubblico e francamente nessuno vuole cacciare nessuno, però è bene che dopo le responsabilità politiche emergano anche le altre. Perché diversamente abbiamo scherzato e con un Comune condizionato dalla criminalità organizzata non si può scherzare.

Se c’è stata “confusione” di ruoli come leggiamo nella proposta di scioglimento del ministro Piantedosi è evidente che le responsabilità sono non soltanto della politica. Anzi…
A leggere quelle quattro pagine  emergono inequivocabili responsabilità da parte di chi doveva controllare ed era al tempo stesso controllato e da parte di dirigenti buoni per ogni stagione.

Il frettoloso passaggio ad Aet, per esempio, ha avuto il benestare della segretaria generale e del dirigente dell’area finanziaria che in quel momento era anche il responsabile dell’ambiente avendo a interim l’area tecnica. Come ex 110, forse, neanche poteva arrivare a ricoprire quel ruolo, ma  d’altra parte che fa?  Abbiamo avuto un dirigente – voluto dalla politica – con un titolo per un altro e la successiva condanna della Corte dei Conti, vuoi che il cosiddetto modello di amministrazione si preoccupasse? Parliamo di un dirigente che l’ultimo sindaco ha tenuto con sé,  come ha fatto con quello alla polizia locale che poi serviva per togliere i sigilli agli amici…


Ma torniamo ad Aet: possibile che né la segretaria, né il dirigente che ha dato parere favorevole (ancora al loro posto) si siano accorti del copia incolla reciproco? Lo ha  fatto il Comune per entrare nella società e la società per presentare la sua offerta, sulla base del capitolato che il consulente del Comune aveva bocciato. Solo  che è uscito dalla porta ed è rientrato dalla finestra.

E chi è il dirigente che ha firmato il contratto per consentire alla Aet di utilizzare il parcheggio mezzi di una ditta in odor di camorra?
E quello che ha affidato alla biogas della Anzio biowaste (senza termini temporali di scadenza e senza importi  totali) il conferimento dell’umido? Già,  l’ex sindaco doveva andare all’Onu ma poi si è fermato a Sacida e il fido dirigente si è allineato.


Ah, il demanio è ancora sotto sequestro e nelle quattro pagine ci sono riferimenti pesanti. Chi è il dirigente che per anni si è voltato dall’altra parte favorendo –  forse spinto dalla politica a cui ha sempre dato retta – appartenenti ad ambienti cosiddetti “controindicati” dalla commissione di accesso?
Chi ha omesso di chiedere le certificazioni antimafia come è scritto nelle quattro pagine?
Se poi andiamo a rileggere quanto accaduto con il caso Falasche,  il parere legale viene chiesto solo dopo l’insediamento della commissione di accesso perché prima nessuno si era preoccupato di andare a riscuotere ciò che da anni chiediamo in pochi. È solo la punta dell’iceberg della gestione del patrimonio.


Per non parlare delle morosità dei consiglieri, i quali sono accusati di avere dichiarato il falso al momento di accettare l’incarico, sui quali troppo tardi si è svegliata anche la procura di Velletri. Chi doveva controllare – ed era a suo tempo controllata,  perché interi settori del Comune le erano stati affidati – ha detto di non sapere… Che tra quei consiglieri un paio avessero fitti rapporti con affiliati alla ‘ndrangheta è un dettaglio.
è per questo che ci aspettiamo che la commissione straordinaria prima di lodare le condizioni finanziarie del comune (tutte da verificare) intervenga sulle responsabilità che emergono.  Altrimenti avremo scherzato. E non possiamo permettercelo.

Ps: a Nettuno si è provveduto con una sospensione, ad Anzio finora tutto tace

Anzio, la “battaglia” per la commissione trasparenza. Ma pensate a governare…

La sede di piazza Cesare Battisti, dove si riunisce la commissione

In commissione trasparenza ci deve essere un amico o uno scemo”. Paride Tulli, anni fa, amava definire così la presidenza che spettava all’opposizione per legge. Lui, che l’aveva presieduta, di certo scemo non era e non è. La frase dell’ex consigliere Psdi, già assessore nella giunta D’Amico a fine anni ’80, quindi capogruppo di Forza Italia e poi candidato sindaco del Pd, alle ultime amministrative schierato a sostegno di Roberto Palomba sindaco e quindi oggi riteniamo in maggioranza, la dice lunga su come vadano le cose nella politica di casa nostra.

Paride perdonerà, il suo excursus è quello comune a molti di quelli che ancora oggi rappresentano la politica di Anzio, e che nella maggioranza che da un ventennio e oltre guida la città vorrebbero scegliersi oggi anche l’avversario. Quando si svolsero le primarie per il candidato sindaco del centro-sinistra non parteciparono molti esponenti di destra? Su, non ci prendiamo in giro.

Allora, oggi, non basta aver vinto, il manovratore non vuole essere disturbato. E al tempo si deve coalizzare sempre contro qualche “nemico“.

Francamente quale sia il “reato” commesso dalla presidente della commissione trasparenza, Rita Pollastrini dei 5stelle, che oggi si vuole sfiduciare non lo comprendo. O forse sì, è andata a chiedere chiarezza – anche sulla base di sollecitazioni arrivate da non pochi cittadini – sul bando per la spiaggia di Lido dei Pini. Insomma, ha fatto ciò che un presidente né amico né scemo, deve fare. Ma ad Anzio, evidentemente, non è concesso. Lei stessa ricorda le quattro convocazioni, sempre su temi di assoluta attualità, sui quali fra l’altro non c’era né c’è alcuna chiarezza: porto, Consorzio Sant’Olivo, bando per la piscina (qui è arrivata una delibera quadro, va detto per correttezza) e appunto spiaggia di Lido dei Pini. Non si doveva? Non si può? E perché?

Esiste un precedente di “sfiducia“, ricordiamolo, e riguarda l’allora capogruppo del Pd Andrea Mingiacchi che “osò” chiedere chiarimenti sull’appalto mense. Sappiamo che la commissione trasparenza non è un tribunale, ci mancherebbe, ma il buon Mingiacchi – poi passato armi e bagagli nella coalizione di De Angelis sindaco – venne defenestrato per far posto a Eugenio Ruggiero, allora formalmente all’opposizione. Quel volpone di Luciano Bruschini aveva “neutralizzato” la commissione che, di fatto, non si riunì più e se lo fece non trattò temi scottanti. A proposito di discontinuità, ora il sindaco prova a disinnescare le richieste che arrivano da una commissione che per legge deve fare il suo mestiere, per legge spetta come presidenza alla opposizione e che non può essere la maggioranza a decidere di cambiare. Rita Pollastrini è stata indicata dai consiglieri di opposizione – allora presenti anche Cafà e Palomba, poi entrati in maggioranza – e se proprio si deve cambiare sono loro a doverlo decidere.

Ma la maggioranza, alla quale serve il “nemico“, la butta sulla commissione per non affrontare i suoi fallimenti. Sì sì, è vero, il bilancio nei tempi, il “rinascimento“, i “selfie” a ogni lavoro pubblico, la grande stagione estiva che si annuncia (compresi gli spettacoli affidati a un candidato consigliere non eletto nella coalizione, che fa….) ma se andiamo a rileggere il programma del centro-destra quanti punti del programma sono avviati/realizzati un anno dopo? Non dicessero il “De.Co.” per la minestra di pesce, perché era nel programma di altri la denominazione comunale dei prodotti tipici. Come? Ah sì, il mediatico #brandAnzio, unica cosa che corrisponde tra le promesse elettorali messe nero su bianco e ciò che si prova a realizzare.

La maggioranza, divisa e litigiosa su diversi argomenti, pensi a governare e non alla commissione trasparenza e a mettere un presidente “amico o scemo“. Ecco, faccia una cosa di reale discontinuità se ci riesce: e lasci al suo posto la Pollastrini.

E l’opposizione che l’ha indicata, dica all’unanimità che non spetta a chi ha vinto “scegliersi” il presidente.

Criminalità, è ora di chiarire. Serve la commissione d’accesso

suerte

Il quadro dell’indagine “Mala suerte”

L’ultima cosa che vorrei per il Comune di Anzio è lo scioglimento del Consiglio per condizionamento della criminalità. E’ un’onta che non meritiamo, anche se quello che si respira negli ambienti della politica in questi giorni è un clima da ultima spiaggia proprio sul fronte scioglimento.

L’indagine “Mala suerte” conferma che molti dei personaggi che sono soliti aggirarsi per il Comune e che hanno sostenuto apertamente esponenti dell’attuale maggioranza, sono coinvolti. E a mettere insieme tutte le indagini che riguardano vicende amministrative legate ad ambienti cooperativi, tornano sempre gli stessi nomi, con riferimenti precisi – fatti dagli stessi indagati – a “napoletani” e “casalesi“. C’è persino chi, con fare sprezzante, risponde dal telefono dicendo di aspettare, perché sta facendo i suoi bisogni a Villa Sarsina. Proprio le vicende degli ultimi giorni hanno fatto tornare di attualità l’ipotesi dello scioglimento, della quale si era già parlato in passato.

Leggiamo quello che dice la Corte Costituzionale sull’utilizzo di questo strumento di prevenzione. Devono esserci: “collegamenti diretti o indiretti degli amministratori locali con la criminalità organizzata o in alternativa il condizionamento che la mafia impone agli amministratori oltre a ciò è necessario connettere al condizionamento o ai collegamenti dei pregiudizi che sono la mancanza di libera determinazione per gli organi elettivi e/o amministrativi (dirigenti, personale), l’andamento negativo dell’ente locale, il malfunzionamento dei servizi affidati all’ente oppure pericolo per l’ordine e la sicurezza pubblica” ancora “affinità, parentela, frequentazioni degli amministratori e/o dipendenti pubblici con soggetti appartenenti direttamente o indirettamente alla criminalità organizzata, precedenti penali o procedimenti penali pendenti a carico di amministratori e/o dipendenti pubblici, la presenza di una o più famiglie mafiose sul territorio comunale, abusivismo edilizio imperante, mancata riscossione dei tributi, adesione culturale o omissioni degli amministratori dinanzi alle gesta della mafia”.

Elementi che, se mettiamo insieme nomi e situazioni, purtroppo ci sono. Senza dimenticare che il presidente della società pubblica Capo d’Anzio – Luigi D’Arpino – si è dimesso perché minacciato e che il consigliere comunale Marco Maranesi in tempi non sospetti ha parlato di “sistema mafioso“.  Qualche sera fa il senatore Centinaio (Noi con Salvini) ha lanciato l’allarme, chiesto di verificare il possibile “inquinamento” da Anzio e Marino delle liste a Nettuno, dove la grande capacità amministrativa dimostrata nella nostra città si sta cercando di “esportare“. Il senatore dimentica che ad Anzio è in maggioranza – o quasi – e che qualche “sassolino” ce l’ha anche in casa nelle liste di Nettuno, ma è bastata la sua uscita per dire che “ci sciolgono“.

Nei link di questa pagina trovate anche la sfilza di precedenti situazioni anomale e soprattutto la richiesta – che allora parve anomala – di commissione d’accesso da parte di personaggi di spicco del Pd. La firmarono, tra gli altri, Walter Veltroni e Felice Casson. Allora era assolutamente fuori luogo, con vicende datate di anni e qualche strafalcione, nel frattempo è successo ben altro e non intervenire è inspiegabile. La criminalità di casa nostra si è “addentellata” con personaggi che arrivano da quella organizzata, si è messa il vestito nuovo, frequenta ambienti della politica, lavora per il Comune con cooperative al centro di indagini e punta – emerge dagli atti – a costituirne altre.

Cos’altro deve succedere perché si chieda l’intervento del Prefetto?

 

La commissione d’accesso, gli strani silenzi. Non capisco

senato

Diceva una cara e vecchia amica, cresciuta alla scuola del Pci: “Sì sì, leggi e scrivi ma di politica non capisci un c…” Aveva ragione. Ci sono logiche che mi sfuggono assolutamente.

Una – attualissima – riguarda il rischio che arrivi una commissione d’accesso ad Anzio. Se ne parla da qualche settimana, la maggioranza e buona parte della macchina comunale “tremano”, l’opposizione tace.

Ho scritto qualche giorno fa quali sono i criteri e perché, rispetto a tre anni fa, oggi il rischio è più fondato. Ma siccome ignoro di politica, come diceva la vecchia amica, mi piacerebbe ingenuamente sapere cosa spinse allora il Pd a chiedere la commissione d’accesso – sulla base di dati che francamente erano un po’ sconclusionati – e cosa, invece, tiene fermi ora i parlamentari. Casson e Lumia, per esempio,  sono ancora lì, ma non avvertono l’esigenza di chiede al ministro Alfano se ci sono o meno gli elementi per la commissione d’accesso. Né si preoccupano i “grillini” che in consiglio comunale, del resto, è come se non avessero un loro rappresentante. Il segretario generale può andare dal Prefetto ed esporre tutto ciò che sappiamo, ma serve che qualcuno insista se ritiene che la situazione è più grave di quella indicata tre anni orsono. Invece tace. E dobbiamo dedurre che non la ritenga compromessa o non abbia input in tal senso.

Continuo a non capire, insomma, quell’amica aveva proprio ragione.

Anzio, la commissione d’accesso che fa tremare la maggioranza

prefettura

Dalla condanna dell’ex assessore Colarieti a oggi – trascorsa una settimana – il clima politico di Anzio si è fatto incandescente. In maggioranza c’è chi dice apertamente che teme la nomina di una commissione d’accesso, mentre abbiamo assistito a vicende tutt’altro che edificanti.

Quando il Pd presentò una richiesta di commissione d’accesso fui tra i primi a dire che non c’erano i presupposti. Non c’erano per come la vicenda venne posta, mettendo insieme una serie di questioni avulse dalla città, datate, per le quali neanche i processi erano iniziati.

Sono passati quasi tre anni da allora, si è votato di nuovo, conosciamo bene i veleni tutti interni al centro-destra dell’ultima campagna elettorale e sappiamo bene cosa è accaduto in questo periodo. Perciò  oggi il sindaco dovrebbe tirare le somme, prima che quella commissione venga anche solo paventata dal Prefetto.

Ricordiamo una cosa: il prefetto di Roma Giuseppe Pecoraro ha “salvato” Bruschini dallo scioglimento del consiglio comunale per la mancata approvazione del consuntivo 2011 in piena campagna elettorale, poi adesso sulla vicenda dei 10′ di ritardo e i documenti non disponibili per il bilancio c’è la figuraccia dell’opposizione sulla  notifica che invece c’era.

Stavolta dal Prefetto, però, non ci va l’opposizione bensì il segretario Pompeo Savarino. Che è anche il responsabile dell’anticorruzione.

Lo fa per illustrare una situazione che mette alle strette l’amministrazione su più fronti: le condanne a un ex assessore e a una dirigente nel frattempo sospesa, non definitive ma emesse; le inchieste sui rifiuti che coinvolgono un assessore in carica e si sono allargate ad affidamenti a cooperative “vicine” a consiglieri comunali; l’attenzione che la Direzione investigativa antimafia ha su Anzio da qualche tempo; l’ordinanza di chiusura dell’hotel a un consigliere comunale che si guarda bene dal rispettarla; la visita allo stesso Savarino – pare non di cortesia – del sindaco facente funzioni e di un ex consigliere comunale che gli chiedevano delucidazioni sul provvedimento nei confronti della dirigente sospesa; la necessità di fare una disposizione affinché i vigili urbani aprissero una stanza del Comune alla funzionaria che doveva lavorare e dove – speriamo di sbagliare – doveva forse essere conservato chissà quale segreto; l’autorità anticorruzione che chiede i documenti di una gara perché la dirigente non li ha forniti a un consigliere comunale e al segretario medesimo.  Ah, perché il sindaco non era in commissione d’inchiesta sul fenomeno delle intimidazioni agli amministratori locali come i suoi colleghi di Nettuno, Ardea e Pomezia? Qui non hanno sparato a casa di un assessore?

Senza contare quanto hanno asserito gli ispettori del ministero dell’economia e delle finanze e quello che ha scritto la Corte dei conti. Tutti folli?

Ecco il quadro, per difetto temiamo, di ciò che Pompeo Savarino – sul quale pure ci siamo espressi in passato – andrà a dire al prefetto Giuseppe Pecoraro. Sì, direttamente al rappresentante del governo in provincia, non a un funzionario pur di rango.

E’ storia ben diversa da quella che il Pd usava per chiedere la commissione d’accesso. Ed è ancora più grave.

Ma si può sciogliere un Comune per una manifesta incapacità di governare, legata a qualche favore di troppo ad amici degli amici? Detta così sembra proprio di no.

A leggere gli elementi che la Corte Costituzionale ha indicato per la commissione d’accesso, però, l’idea che ci si può fare è diversa. E ognuno, a questo punto, può valutare come crede. Si parla di “collegamenti diretti o indiretti degli amministratori locali con la criminalità organizzata o in alternativa il condizionamento che la mafia impone agli amministratori oltre a ciò è necessario connettere al condizionamento o ai collegamenti dei pregiudizi che sono la mancanza di libera determinazione per gli organi elettivi e/o amministrativi (dirigenti, personale), l’andamento negativo dell’ente locale, il malfunzionamento dei servizi affidati all’ente oppure pericolo per l’ordine e la sicurezza pubblica” ancora “affinità, parentela, frequentazioni degli amministratori e/o dipendenti pubblici con soggetti appartenenti direttamente o indirettamente alla criminalità organizzata, precedenti penali o procedimenti penali pendenti a carico di amministratori e/o dipendenti pubblici, la presenza di una o più famiglie mafiose sul territorio comunale, abusivismo edilizio imperante, mancata riscossione dei tributi, adesione culturale o omissioni degli amministratori dinanzi alle gesta della mafia”.

Mense, le strane certezze e quello che servirebbe. A partire dai bambini

Chi ha qualche anno ricorderà sicuramente il compianto Mike Bongiorno che chiedeva ai concorrenti “quale busta, la uno, la due o la tré?” Ad Anzio siamo alla stregua dei quiz, perché intorno all’apertura delle buste per la gara relativa alle mense scolastiche si è aperto un vero e proprio caso (http://www.inliberuscita.it/politica/30423/mense-aperte-le-buste-per-la-gara-avanti-senza-ascoltare-lo-stop-chiesto-dal-segretario/) dopo che alcuni consiglieri di Forza Italia avevano espresso perplessità sulle procedure. Ora, al di là di un commercialista iscritto all’albo da appena cinque mesi e alla sua sostituzione in tempo di record, qui la vicenda è un’altra. 

Il Comune, infatti, in casi del genere si paralizza. E’ successo ora con le mense, accadrà a breve con i rifiuti. Guarda caso i due appalti più importanti trasformano i consiglieri comunali e gli assessori, oltre al sottobosco politico, in super esperti e/o dietrologi di professione. Nessuno in questi giorni, invece, ha sollevato “la” questione. Vale a dire la qualità di quello che mangeranno i  nostri figli.

Se la gara è sbagliata, certo, è bene provvedere. Ma quello che abbiamo sentito intorno alla vicenda non ci piace affatto. Se consiglieri e sottobosco hanno notizie che ci sfuggono fanno bene a rivolgersi a chi di dovere, altrimenti dovrebbero tacere. E far lavorare chi lo sta facendo, purché al primo posto ci siano – dopo – i pasti dei bambini. 

Ecco, anziché preoccuparsi della gara sarà bene, dopo, verificare il rispetto rigoroso del capitolato. Vedere se i bambini mangeranno o meno. Fare in modo che se l’azienda vincitrice sbaglierà sarà multata. Non con i cento euro, poco più che simbolici, toccati alla Serenissima. Dagli stessi zelanti consiglieri, insomma, ci aspettiamo questo. Assessori e dirigenti più della Serenissima che del Comune li abbiamo già avuti. Ci aspettiamo, magari, qualche pasto a mensa con gli alunni, per rendersi conto della situazione dal vivo. L’ascolto dei genitori prima di dire che sono “strumentalizzati” e perché no la promozione di politiche della sana alimentazione. Finalmente un’informatizzazione degna di tale nome e non che ha cambiato tre sistemi in tre anni senza che se ne venga ancora a capo.

Il resto è polemica di paese, certezze come al solito sul nulla, capaci di paralizzare un’amministrazione che già brilla per non aver fatto nulla e di tutto ha bisogno fuorché di questo.

Peccato non andrà così, perché tra due mesi c’è la gara dei rifiuti…