Voto di scambio, non c’è da gioire. Il problema è altro

La Procura di Roma

Lo scoop del Messaggero di giovedì 11 aprile, ripreso da siti ed emittenti televisive nazionali, ha posto fine al chiacchiericcio su nuove indagini, avvisi e compagnia. Ha anche ridato fiato a qualche giurista da bar o giustizialista da tastiera. Tutto lecito, ci mancherebbe, le accuse nei confronti dell’ex sindaco Candido De Angelis e di quattro appartenenti alla sua maggioranza sono gravi. Gravissime. Ma di accuse si tratta e io, per questo, voglio essere fuori dal coro e stare dalla loro parte.

Perché non è il penale che interessa, l’ho sempre detto e lo ripeto, ma il “sistema Anzio” del quale politicamente sindaco e maggioranze che per 25 anni sono stati alla guida della città sono responsabili.

Un sistema che, purtroppo, ha prestato pericolosamente il fianco alla criminalità organizzata, motivo per il quale il Comune è stato sciolto e abbiamo una commissione straordinaria fino a novembre prossimo.

Sistema che dal diritto scambiato per favore al calpestare la legalità delle cose quotidiane, dagli interessi nemmeno tanto nascosti su appalti e assunzioni, ha allargato purtroppo le maglie e fatto indossare il vestito bello a qualche poco di buono. La politica ha smesso di essere un argine nei confronti del malaffare, questo è. Poi ha provato – disperatamente – a nascondere le carte alla commissione d’accesso per evitare l’onta peggiore che potesse subire la città. Ed è la responsabilità più grande di chi ci ha governato. L’errore è stato ed è “normalizzare” certe cose, come ci spiega puntualmente don Ciotti. Se poi il voto di scambio fosse vero allora, penalmente, ne risponderanno gli attuali indagati. Ma non è semplicemente dividendo i buoni dai cattivi che si va lontano.

Abbiamo scoperto che il Pd, ad esempio, ha una nuova responsabile legalità nazionale che intervenendo su Anzio si è – automaticamente – attirata le ire sui social di chi le ha ricordato le vicende di Bari e Torino. Il Pd dovrebbe spiegare altro, dalle nostri parti, ad esempio perché con Minniti ministro, abbiamo votato nel 2018, quando “le vie infinite della politica” sbandierate in tv dall’ex sindaco ci portarono alle urne. Allora non si doveva votare, la commissione doveva arrivare prima, le vicende emerse in “Tritone” le denunciavamo in pochi. Regolarmente derisi. Dopo quell’operazione, invece, tutti hanno scoperto l’antimafia da una parte, mentre dall’altra c’è chi continua a raccontarci che è tutto a posto. Non è così che si va lontano, perché la “coscienza” della città dovrebbe venire prima di tutto. Un tempo c’era, è andata perduta.

Se poi vogliamo parlare di voto di scambio, l’augurio è che gli investigatori abbiano raccolto altro rispetto a quanto letto nelle carte di “Tritone” dove si palesano comportamenti e frequentazioni inopportune – assolutamente – ma si fatica (da profano, sia chiaro) a vedere il reato previsto dall’articolo 416 ter del codice penale. Perché sono garantista da sempre, non a “soggetto”, ed è comunque indegno di un paese civile far trascorrere sei anni dal presunto reato prima di convocare gli indagati in Procura, esporli – e per il ruolo pubblico ci sta tutto – sui media e magari scoprire tra altri due anni che abbiamo scherzato. Se poi arrivassero delle condanne, allora ne riparleremo, ma al momento la situazione è di persone indagate che non vuol dire colpevoli se siamo ancora in Italia, se vale la Costituzione e con essa la presunzione d’innocenza.

Infine, c’è chi ha “brindato” alla notizia. Non c’era e non c’è da gioire, perché come mi è già capitato di sostenere abbiamo perso tutti, pur essendo ben precise le responsabilità politiche dello scioglimento del Comune. Ora, in prospettiva elezioni 2025, buttarla sul penale serve a poco. L’impegno deve essere ad avere un modello diverso e soprattutto credibile, non voler sostituire quel “sistema Anzio” con un analogo.

Don Ciotti ad Anzio, la pesante assenza della Commissione

L’immagine è del Tg3Lazio

In un Comune sciolto per condizionamento della criminalità organizzata l’arrivo di don Luigi Ciotti ad Anzio avrebbe imposto la presenza istituzionale della Commissione straordinaria, con tanto di fascia tricolore. Un segnale per dire che lo Stato c’è e che coloro che sono stati mandati per gestire l’ente locale e ristabilire almeno le regole della legalità quotidiana, sono presenti. Per dire, a gran voce, perché sono qui e non “lasciar perdere” come sottolineato in qualche occasione. Sarebbe stato un segnale, appunto, ma nessuno dei tre componenti della Commissione ha trovato il tempo e il modo di esserci. Vogliamo sperare che non c’entri il fatto che fosse nel fine settimana…

Si è delegata, e ha fatto un intervento condivisibile, la dirigente Angela Santaniello. Più di un saluto, il suo, la sottolineatura che il Comune è la prima linea, è il posto dove i cittadini chiedono risposte a volte immediate.

La Commissione ha ereditato una situazione pesante, non possiamo dire che abbia brillato in questo anno e qualche mese, non ci aspettavamo certo una rivoluzione che non le compete, ma basta fare un giro in città per rendersi conto che le cose non vanno. Perché no, chiedere a tutte quelle “brave persone” che ama citare la prefetta Scolamiero cosa pensano dell’operato della Commissione stessa.

Magari ci spiegheranno che avevano impegni, comunque che l’ente era rappresentato o che il cerimoniale non prevede la fascia, d’accordo. Ma un segnale andava dato. Perché come ha ricordato don Ciotti le cose dobbiamo chiamarle per nome e qui la ‘ndrangheta (ma non dimentichiamo la camorra) ha messo radici. E in quella “prima linea” che è l’ente locale più di qualcuno si era avvicinato come dimostra l’indagine Tritone ma come era scritto nelle precedenti, per reati “ordinari”. La politica che fino a un certo punto aveva rappresentato un argine, ha abdicato al suo ruolo e i cittadini, buona parte dei cittadini (è la democrazia) ne sono stati felici. Il fondatore di Libera ha ricordato anche che “la violenza penetra in profondità nel tessuto sociale e nei modi d’essere delle persone” e di toni forti ne abbiamo sentiti spesso, in Consiglio comunale. E’ stato un modo di fare che forse si è “adagiato” all’involuzione della città e che oggi ribadisce a gran voce: non ci hanno arrestato, non siamo indagati, siamo candidabili fino alla sentenza di Cassazione, è stata tutta una montatura.

No, non lo è stata. Lo dicono le carte di Tritone, quelle della commissione d’accesso, la situazione che la Commissione si è trovata ad affrontare con un “modello di amministrazione” che forse lo era per il sistema Anzio messo in piedi e non per la cittadinanza tutta. Quella che in larga misura ha abbandonato, non ha votato (e attenzione, non è che voti solo da una parte) e che deve tornare a impegnarsi perché come ha ricordato sempre don Ciotti “la democrazia è partecipazione”. Lo abbiamo ampiamento perso, questo concetto, ma per fortuna sabato c’erano associazioni, ragazzi, giovani e non alla chiesa del Quartiere Europa, che non hanno ancora abdicato.

Soprattutto a loro andava detto, simbolicamente, con la fascia tricolore indossata, che lo Stato c’è.

Don Ciotti e la criminalità “normalizzata”. Come ad Anzio

Nei giorni scorsi, incontrando gli studenti dell’istituto “Volta” di Frosinone, don Luigi Ciotti ha espresso un concetto da condividere: “Siamo passati dalla criminalità organizzata a quella normalizzata”. Diamo ormai per scontato che esista e alla fine nemmeno dispiace troppo conviverci, quella fa affari senza più mettere bombe e magari consente guadagni facili a chi preferisce non combatterla. Invece era e resta un cancro da estirpare.

Una definizione che ben si addice alla vicenda di Anzio, Comune sciolto per condizionamento mafioso. Un’affermazione che trova puntuale riscontro, purtroppo, nelle udienze in corso a Velletri per il processo “Tritone”. Autorevoli rappresentanti delle forze dell’ordine che non ricordano, non sapevano, non conoscevano. Il problema non è, allora, Giacomo Madaffari e i suoi presunti affari illeciti. Intervenendo in collegamento ha detto di aver sempre rispettato la legge e guardate, io voglio crederci. Per me tutti gli imputati in Tritone sono innocenti fino a prova del contrario. Il problema non è lui, è aver “normalizzato” – in questa città e nella vicina Nettuno – la presenza criminale.

La politica che oggi è pronta a ripresentarsi e spinge per votare a giugno ha le sue responsabilità, ma al processo di Velletri stanno emergendo in modo palese quelle di chi doveva controllare il territorio e non lo ha fatto. In certi frangenti fa quasi tenerezza il pubblico ministero Giovanni Musarò: “Davanti alle perplessità del teste, mi arrendo”. Come finirà il processo lo ignoriamo, ma quello che sta emergendo dice che non è mancata solo la politica ovvero non ha responsabilità soltanto chi ha fatto mettere il vestito bello ai delinquenti, avvicinandoli alla cosa pubblica. No, sta venendo fuori che sono mancati i vertici di Polizia e Carabinieri, i prefetti, i ministri dell’interno, i magistrati con particolare riferimento a quelli di Velletri. Quando è “normale” che si possa interrompere un consiglio comunale senza conseguenza alcuna, ed è solo un esempio, poi è “normale” tutto. Ma non prendiamocela sempre con altri, in questa città di “tante brave persone”, come ama ripetere la prefetta Antonella Scolamiero che presiede la commissione straordinaria, spesso ci si è girati altrove. Per quieto vivere o per qualsiasi altro motivo. Fuori e dentro al Comune, solo che in quest’ultimo è ancora al suo posto (sarà normale?) chi nascondeva le carte alla commissione d’accesso su vicende gravissime.

C’è un altro importante concetto, fra i molti, che Don Ciotti ha ribadito con forza: “Le Istituzioni sono sacre, poi possono esserci uomini non degni di rappresentarle”. Da quanto sta emergendo al processo, più di qualcuno non è stato degno. Idem se pensiamo che “va bene scrivere di 30 anni di latitanza di Messina Denaro – ha detto sempre il sacerdote – ma occorre interrogarsi sulle latitanze di chi gli ha consentito tutto questo”. Quante latitanze, su questo territorio….

Infine, smettiamola di parlare di infiltrazioni e cominciamo a dire che c’è una presenza criminale – di ‘ndrangheta e camorra – forte e radicata. Motivo? Gli agganci in Comune, quelli nelle forze dell’ordine, i riferimenti nella sanità e via discorrendo. Così si stabilizza un sistema mafioso, in questo modo prende il controllo e questo è avvenuto ad Anzio e Nettuno. Poi, forse, arrivano anche le bombe, ma intanto scorrono fiumi di cocaina e se c’è un problema qualsiasi da risolvere i riferimenti sono solidi all’interno dei Palazzi. Lo abbiamo “normalizzato” e questa è la sconfitta più grande. Come dissi all’ex sindaco la sera dello scioglimento del Comune, abbiamo perso tutti. Ma possiamo (e dobbiamo) ancora dire la nostra.

Ps: il 21 marzo a Roma c’è la giornata della “Memoria e dell’impegno” per ricordare le vittime di mafia. Andare con il gonfalone della città, come istituzione “sacra”, sarebbe un bel segno.

Porto, la Capo d’Anzio perde altri 608.000 euro. Però ce la teniamo. Perché?

“Mena mena, pure lo fero se piega”. Ormai citare Lidano Grassucci è un piacevole spasso per introdurre argomenti spinosi, come quello del porto di Anzio e della società Capo d’Anzio che doveva realizzarlo (cosa mai fatta) e gestirlo (fatta, ma male) ed è in agonia. Del bilancio 2022 come spesso scritto qui non c’era traccia, fino a ieri (9 gennaio 2024) quando sul sito del Comune all’albo pretorio è comparsa la delibera sulla “Ricognizione delle partecipazioni societarie”. E lì si scopre che il bilancio della Capo d’Anzio è stato approvato – cosa avvenuta, da quanto si apprende in ambienti comunali il 28 dicembre scorso – e che il 2022 si è chiuso con una perdita di 608.202 euro e il passivo totale che supera i 4 milioni. Altri debiti a carico dei cittadini, ma nonostante la perdita consistente il Comune intende procedere con “mantenimento senza interventi” la partecipazione. Non conosciamo i dettagli del bilancio perché sui rispettivi siti ancora non compare e la trasparenza continua (come quando c’era la politica) a essere un optional, ma siamo di fronte a una perdita importante. Dovuta a cosa? E mentre sulla delibera di bilancio si procede con il copia e incolla, come si spiega quanto si affermava nella relazione di un anno fa?

Leggete anche voi che “alla data del 31/12/2022 si è registrato un concreto aumento di fatturato” e che il 31 dicembre appena trascorso doveva essere quello dell'”affidamento dei lavori”. Nulla di tutto questo, anzi altri debiti. Ma chi deve tutelare l’amministratrice unica nominata in fretta e furia un anno fa dal dirigente signorsì? Chi deve tutelare la Commissione straordinaria, ben sapendo che nell’operazione “Tritone” il porto faceva gola alla ‘ndrangheta e che nella relazione sullo scioglimento la gestione della partecipata è stata ampiamente segnalata? Speriamo i cittadini, ma comincia a sorgere più di qualche dubbio. Ah, per la cronaca, il “concreto aumento” è stato di 182.000 euro. Si continua a indicare una fidejussione inutile e inutilizzabile, inseguendo chissà quale chimera o qualche altro immaginario finanziatore turco napoletano, perché dopo il bilancio 2022 e l’erosione del capitale sociale solo qualche altra operazione di ingegneria finanziaria può provare a salvare la situazione. O vogliono farci credere che nel 2023 (quando sapremo qualcosa?) è andato tutto magnificamente bene e la società è tornata a godere di buona salute? E il dirigente signorsì che voleva liquidarla, la Capo d’Anzio, salvo ripensarci dopo il “miracolo” di Monti sui conti del 2018, adesso cosa dice?

A proposito di trasparenza, sul sito della Capo d’Anzio il bilancio ancora non compare a oggi, su quello del Comune siamo rimasti ai conti del 2018 e risulta ancora amministratore unico il professore Ernesto Monti. Se non la Commissione straordinaria, chi deve occuparsi di questo? Sarà il caso di aggiornare i siti?

Ad ogni modo, andranno ulteriormente approfonditi i dati di bilancio appena questi saranno resi pubblici in toto, male che vada si spenderà qualche euro per una visura camerale, quando in realtà essendo la società per il 61% dei cittadini andrebbe fatto sapere loro tutto e subito. Nel frattempo una cosa singolare va segnalata, una piccola bugia – che fa…. – nel capitolo “affidamenti” della scheda inviata al Ministero dell’economia e finanze c’è una domanda: “La società svolge servizi per l’amministrazione?”. La risposta del Comune è no, ma sarebbe stato corretto scrivere che almeno uno l’ha fatto. A chi è stato affidato – dal Comune – il lavoro per riparare la “meda”? Alla “Capo d’Anzio” che a sua volta lo ha dato a una ditta di fiducia. Dai, almeno l’Abc…

Piscina e rimborsi, è bene fare chiarezza

Premessa: chi ha investito sulla piscina di Anzio ha certamente dato alla città un impianto moderno e funzionale, chi scrive alla politica ha “dato” e non ha alcuna intenzione di proseguire ma come racconta il l’amico e collega Lidano Grassucci (ci piace fare citazioni a vicenda), c’era un certo “Piuccio” che “pe gli giusto se faceva accide”.

Ecco, dopo quello che ha pubblicato Agostino Gaeta su Controcorrente (“Un bagno finanziario in piscina”) e dopo il puntuale intervento del Movimento 5stelle (che ha scoperto anche altri “ristori”) attraverso il portavoce, Marco Cesarini, ho deciso di andare oltre e presentare una richiesta di accesso agli atti. Senza altro fine che era quello di “Piuccio” e dopo essermi a lungo impegnato sugli impianti pubblici, dal caso Falasche a quello del Deportivo che – guarda caso – era riferito sempre alla piscina.

Nella determina con la quale il dirigente “signorsì” impegna 230.000 euro dei cittadini di Anzio per pagare gli aumenti di gas e luce che avrebbero fatto saltare il piano economico finanziario della società Anzio waterpolis arl, concessionaria dell’impianto, ci sono una serie di vicende che vanno quantomeno chiarite. Se poi la società ha veramente diritto a quelle cifre ben venga, ma nella massima chiarezza.

Da qui la richiesta di accesso, dalla quale speriamo in tempi di Commissione straordinaria non si provi ad allungare il brodo, come si faceva quando la politica che ci ha portato allo scioglimento per condizionamento della criminalità guidava Anzio.

Ecco, allora, che è bene i cittadini sappiano se è stato rispettato o meno il codice degli appalti, cosa ha chiesto la Anzio Waterpolis con la sua istanza del 9 agosto 2022, cosa ha risposto il Comune il 18 agosto di un anno dopo, se esistono e cosa contengono i verbali del cosiddetto “ampio contraddittorio” del quale leggiamo nella determina del 28 dicembre, cosa contiene la nota inviata dal Comune il 26 ottobre scorso, cosa il verbale del 27 novembre, perché ci si è “uniformati” alle linee guida di una federazione sportiva e qual è la fonte normativa di riferimento per farlo e soprattutto perché non ci si è rifatti alle linee guida Anac-Ragioneria generale dello Stato essendo la concessione un partenariato pubblico privato. Aggiungo che andrebbe risposto anche ai 5stelle sulla regolarità o meno del pagamento del canone. 

Ora, come si dice, domandare è lecito e rispondere è cortesia. Si attende fiduciosi, perché in questo caso è anche una indicazione di legge. Cosa che ad Anzio, almeno in passato, spesso è stata “sorvolata”. Vedremo ora.

Ciao Erasmo, fratello oltre gli scout

Se ne va un fratello. Nel senso dell’appartenenza al mondo scout, ma prima ancora della vicinanza che abbiamo avuto per un lungo periodo della nostra vita. Le nostre strade si erano allontanate ma mai divise con Erasmo Leone, deceduto a Roma dopo un calvario ospedaliero che non si augura a nessuno e sul quale andrà fatta piena luce.

Lo avevo conosciuto che ero un “lupetto”, mi volle al suo fianco quando decise che l’esperienza ad Anzio Colonia doveva ripartire. Mi assegnò responsabilità grandi, standomi sempre vicino. In quel gruppo e fuori.
Furono anni straordinari, impossibile definirli altrimenti. Fatti di impegno, servizio, attenzione al prossimo, partecipazione, sano divertimento. Volontariato vero, sulle orme di ciò che Baden Powell aveva indicato per lo scoutismo e che lui aveva interpretato al meglio e in ruoli diversi, ad Anzio prima, ad Anzio Colonia poi.

Mi ha dato l’onore e l’onere di battezzare Francesco che ho seguito ahimè poco e male. Mi aveva detto di non mollare dopo l’esperienza in campagna elettorale che ci aveva visto perdenti, ma sapeva che l’avevo affrontata con lo spirito di servizio e senza alcun fine di “carriera”. Come aveva fatto lui, in precedenza, con il tentativo di “Forza cristiana” e l’illusione arrivata da qualche “solone” romano. Ci siamo voluti bene, abbiamo avuto incomprensioni, ho forte la consapevolezza che non ci siamo mai perduti.

Ti sia lieve la terra e buona strada, qui continueremo ad essere “sempre pronti” e cercheremo, ancora, di “lasciare il mondo un po’ meglio di come lo abbiamo trovato”. Un grande abbraccio a tutti i familiari.

La mafia, i “giornalai”, una commissione che non brilla

Deve essere l’aria di Villa Sarsina. Intervenendo al concerto per gli auguri natalizi, la presidente della commissione straordinaria – prefetto Antonella Scolamiero (nella foto pubblicata sulla pagina fb del Comune) – ha fatto riferimento a “giornalai”, prendendo a prestito – come lei stessa ha affermato – un termine che un altro componente della commissione, Francesco Tarricone, sembra usare spesso. I ”giornalai” avrebbero osato riportare il suo pensiero rispetto alla tanta brava gente che c’è ad Anzio, sottolineando che aveva detto di tralasciare il motivo per il quale ci troviamo con un Comune sciolto per condizionamento della criminalità. Certo che ci sono tante brave persone, ma se siamo arrivati alla presenza della commissione straordinaria un motivo ci sarà. Siamo pochi ad aver scritto ciò e quindi comprenderà che ci sentiamo chiamati in causa. Quel dispregio, i “giornalai” – ma anche “i giornaletti”, le “belle penne, i “disturbati mentali“, gli “ingegneri navali” – era in uso a chi per 25 anni ha amministrato questa città facendoci arrivare all’onta dello scioglimento. Capirà, la gentile commissaria, che sentirlo pronunciare da chi rappresenta lo Stato e deve riportare la legalità su questo territorio, quantomeno stride.

‘Ndrangheta e camorra qui hanno messo radici e non lo dice semplicemente l’operazione “Tritone” ma anni di rapporti scientifici, i beni sequestrati e poi confiscati alla criminalità organizzata e non. Poi certo, ci sono tante brave persone, ma quelle che erano in Comune gestivano “allegramente” la macchina e questo è nero su bianco nella relazione della commissione d’accesso e nel decreto di scioglimento. Chi sta guidando Anzio dal novembre dello scorso anno conosce nomi e cognomi, avendo la relazione senza “omissis” ma ancora meglio sa come il cosiddetto “modello di amministrazione” tutto era fuorché tale.

Ebbene oltre un anno dopo l’arrivo della commissione sentiamo di dire che non ha dato segno di brillantezza. Perdoneranno il prefetto Scolamiero, insieme ai dottori Tarricone e Anatriello. Sappiamo bene che il loro compito non era e non è facile, ma mentre ci si continua a riferire alle “brave persone” di Anzio (e siamo convinti che sono la maggioranza) c’è una città da mandare avanti. L’impressione, e speriamo di sbagliare, è che stavolta le vie infinite della politica non potendo evitare lo scioglimento del Comune, come nel 2018, si siano adoperate per evitare provvedimenti cautelari e mandare commissari che non rompessero troppo le uova nel paniere. In modo di preparare il terreno a chi, da mesi, dice che si voterà a primavera 2024 e ribadisce: “Vedete? Non ci hanno arrestato, né indagato, eravamo meglio noi….” Ripetiamo: speriamo di sbagliare.

Chi è arrivato a guidare la città sa bene che era indispensabile una sana rotazione del personale, invece chi nascondeva le carte alla commissione d’accesso – come emerso dalla relazione e anche durante le udienze di “Tritone” – è ancora al suo posto. “Faccio riferimento alla tecnostruttura, è stato scritto anche nella relazione conclusiva – ha detto il capitano Francesco Colucci, ascoltato in aula - (…) ha restituito atti parziali, lacunosi e con ritardo”. Senza contare chi ha mantenuto posti di una certa delicatezza e fino al giorno prima era fianco a fianco al sindaco. Né l’affrettarsi a promuovere – vero, il concorso era già in atto – il dirigente “signorsì” buono per ogni stagione. Uno che copia e incolla le relazioni o cambia parere sulla Capo d’Anzio a seconda di chi guida la città

Capo d’Anzio, appunto. Vogliamo parlare della scelta con un bando singolare dell’amministratrice unica, dimessasi un paio di giorni prima dall’Aet? Tutto a posto, peccato che del bilancio 2022 della società non si sappia ancora nulla, ad esempio. E che, sarà ancora l’aria di Villa Sarsina, si è evitato di costituirsi parte civile nel processo per falso in bilancio. La scusa? “Presso gli uffici non veniva rinvenuto nessun documento riguardante il procedimento e neanche l’avviso di fissazione dell’udienza preliminare” – scrissero su un post i 5stelle dopo la risposta della Commissione straordinaria. Perdonerà il prefetto Scolamiero, insieme agli altri, ma una domanda su questa mancanza di documenti? E provvedimenti rispetto a una possibile sparizione? Nulla, ci sono tante brave persone…. Diciamo, allora, anche qui sperando di sbagliare, che non era opportuno costituirsi, dare un segnale di presenza dello Stato e della legalità, per conflitti di interesse nemmeno troppo velati tra avvocati coinvolti e perché sul porto – evidentemente – non si deve/vuole intervenire. La scusa dei tempi stretti (“venivano a conoscenza del procedimento penale il giorno 22/02/2023 a ridosso dell’udienza preliminare”, scrivono sempre i 5stelle) non regge. Anche uno studente di giurisprudenza reduce dall’esame di procedura penale sa che con un incarico ricevuto il giorno prima va in aula e chiede i termini a difesa, ma intanto dice che si costituisce. Sappiamo com’è andata, la stessa Procura ci ha ripensato e delle sentenze si prende atto. Non è stato così, del resto, per la Polizia locale sbeffeggiata in mondovisione che poi ha deciso di lasciar correre nei confronti dell’ex assessore Ranucci? Forti con i deboli, deboli con i forti.

Dicevamo dell’Aet. Qui qualche risposta, oltre alla commissione, dovrebbe fornirla il dirigente “bel 110”, nominato su facebook. Vicenda che è stata “chiusa” troppo in fretta e che avrebbe svegliato anche una Procura normalmente poco attenta ad Anzio se una cosa del genere l’avessero fatta i politici. Ma torniamo alla partecipata, perché una quota in Aet ce l’ha anche il Comune, che sempre secondo il racconto del teste in tribunale e prima ancora nelle carte dell’accesso, ha preso in affitto spazi di chi non poteva. “Una vicenda estremamente grave – spiega l’ufficiale – perché un soggetto con due interdittive è riuscito ad aggirare i provvedimenti andando a contrattare con l’ente pubblico”. E’ ancora in essere quel contratto? E i nomi emersi nell’inchiesta, legati alla ‘ndrangheta (ma che dal Comune evitavano di dare alla commissione d’accesso) lavorano ancora con Aet? O ci limitiamo a dare affidamenti diretti ai direttori di contratto? E con quali risultati? La città la gireranno anche il prefetto e gli altri commissari, non è che brilli. Anzi.

Ecco, con il massimo rispetto, la commissione resterà ad Anzio ancora per un bel po’ (dubitiamo si voti a primavera) e i “giornalai” dovrebbero essere il suo ultimo pensiero .

Lo scioglimento, l’antimafia e chi ancora finge di non vedere

Nel 1985 la Democrazia cristiana decise di non candidare ad Anzio 14 consiglieri comunali uscenti, tra i quali il sindaco Piero Marigliani e nomi già all’epoca famosi in quel partito. Motivo? Furono responsabili, politicamente, dell’onta del primo commissariamento della città nel dopoguerra. La mancata approvazione del bilancio portò allo scioglimento del consiglio comunale e la Dc fece una scelta radicale. Sono passati quasi 40 anni, è cambiato il mondo, ma quella che era la “disciplina di partito” andrebbe ritirata fuori. Perché lo scioglimento di Anzio per la presenza di criminalità organizzata è un’onta ben peggiore. Pregevole l’arrivo della commissione parlamentare antimafia e di quella regionale, ma Fratelli d’Italia, Lega, Forza Italia e alleati che per 25 anni sono stati alla guida di Anzio, se davvero vogliono essere credibili, potrebbero dire “chi politicamente ha avuto la responsabilità dello scioglimento resta a casa”. Sta fermo un giro….

No, c’è chi preme per tornare a votare nel 2024 e si aspettano come fosse manna dal cielo le “incandidabilità” richieste dalla Prefettura e sulle quali a Velletri (siamo in diversi ad avere perplessità su quegli uffici giudiziari, non da oggi) prima o poi decideranno. Incandidabilità che sono una foglia di fico, perché ci si può presentare finché non decide la Cassazione. Intanto si ripete la litania: “Non ci hanno arrestato, non ci hanno indagato, siamo brave persone, lo scioglimento non andava fatto”. Sulle prime tre cose siamo d’accordo, ma letti gli atti della commissione d’accesso lo scioglimento era un atto dovuto. Anzi, sarebbe stato meglio se non ci fossero state le vie infinite della politica delle quali parlò l’ex sindaco Candido De Angelis. Il quale, poi, in quei gangli ci si è trovato e ha finito mestamente la sua carriera. Iniziata nel ’90 proprio in quella Dc che aveva deciso, nell’85, di lasciare fermi un giro tutti.

E letti gli atti della commissione d’accesso, dopo quelli dell’operazione “Tritone” dove rispuntano le indagini da “Malasuerte” a “Evergreen”, ascoltate le udienze in corso nei confronti della locale di ‘ndrangheta è palese come quello che ci spacciavano per “modello di amministrazione” fosse permeabile. Basta pensare a come sono state raccolte le firme per le liste del centro-destra presentate nel 2018. Per non parlare di candidati in casa di persone ai domiciliari, pressioni, telefonate, promesse… Penalmente non avrà rilevanza – e neanche interessa, francamente – ma dal punto di vista politico e da quello della gestione di una macchina comunale che non aveva regole se non quella dell’amico dell’amico, assolutamente sì.

Il fatto che la commissione parlamentare antimafia e quella regionale siano venute ad Anzio è un bene. La passerella mediatica di alcuni meno. Quando parlavamo, in pochi e derisi, di chi aveva fatto mettere il vestito bello ai delinquenti facendoli avvicinare pericolosamente alla cosa pubblica, sembravamo dei marziani. Eppure le avvisaglie c’erano, ma chi guidava Anzio faceva spallucce. E un investigatore non c’era quando accadevano cose singolari, salvo poi arrivare la Dda e scoprire quello che altri fingevano di non vedere. Una cosa lascia stupiti: si continua a parlare di infiltrazioni quando qui, in realtà, ‘ndrangheta e camorra hanno messo radici. Lo dicono il processo in corso, ma anche quelli già conclusi come Appia Mithos o nei confronti del clan Schiavone-Novello.

Con una macchina amministrativa che ha persino provato a nascondere le carte alla commissione d’accesso e con la situazione che emerge anche da recenti operazioni di polizia pensare di tornare al voto nella primavera del 2024 è un azzardo. Servirebbe una “bonifica” culturale che purtroppo difficilmente avverrà, perché la criminalità organizzata si è affermata grazie al brodo di coltura che certa politica ha favorito. Quella di chi faceva la voce più grossa, di chi in cambio di voti dava concessioni, di chi “i nomi ce li hanno dati loro” e via discorrendo.

Che l’attività della commissione straordinaria abbia incontrato difficoltà non dovevano certo dircelo i componenti dell’antimafia, era facilmente prevedibile. Che la stessa commissione abbia agito poco o niente verso una macchina amministrativa che era evidentemente al servizio della politica è un dato di fatto. Anche lì serviva una “bonifica” ma non l’abbiamo vista, ma su questo torneremo prossimamente. Una cosa è certa: la politica è ai margini, anche se si prepara a tornare in pompa magna e non avverte la responsabilità (anzi la vergogna) dell’accaduto, chi favoriva quel “modello di amministrazione” è ancora lì e in alcuni casi è stato addirittura promosso. A che gioco giochiamo?

Capo d’Anzio, altra “tegola” sui conti. E tutti tacciono. Vero Commissione?

La campagna 2008, quando Bruschini fu sostenuto da De Angelis

Facciamola semplice: io avvio un contenzioso perché chi c’era prima di me non ha consentito di svolgere regolarmente l’attività. Sulla base di quel contenzioso penso di dover essere risarcito per 200.000 euro e invece il Tribunale me ne riconosce 40.000. Risultato? I miei conti non tornano.

Alla Capo d’Anzio è successo esattamente questo, nel contenzioso con le cooperative di ormeggiatori che non rilasciarono le aree per un periodo e nei confronti delle quali venne avviata la causa civile. Conclusa con una recente sentenza che riconosce alla moribonda società che doveva costruire e realizzare il porto ma si limita semplicemente a gestirlo, quanto stabilito da una consulenza tecnica e cioè poco più di 40.000 euro. Il che significa che la società – avendo inserito in bilancio con formule di rito rispetto a un’eventuale soccombenza, quella somma – deve mettere una ulteriore “pezza”. Non c’è bisogno di essere esperti in ingegneria finanziaria, materia tanto cara a chi ha diretto la Capo d’Anzio (ricordiamo che c’è un processo per falso in bilancio a carico di ex amministratori) per capire che sui conti prossimi al fallimento adesso c’è anche questa gatta da pelare.

La vicenda venne affrontata nella fase di passaggio tra l’ex presidente, il generale Marchetti che ci prometteva Montecarlo, e l’ultimo amministratore nominato dalla politica, il professore che di crack se ne intende, Ernesto Monti. I crediti andavano svalutati, secondo una consulenza di una società di revisione del 2020 ma il bilancio avrebbe avuto una falla ulteriore e così si è andati avanti. Oggi che la sentenza afferma che la parte attrice ossia la Capo d’Anzio: “Non ha dato prova della allegata sua maggiore capacità (rispetto a quella mostrata dalle due cooperative convenute) nella gestione della zona portuale in esame ovvero della sua maggiore organizzazione operativa che avrebbe potuto in concreto determinare un abbattimento delle spese di gestione (considerato per altro che, come risulta dagli atti processuali, l’attrice ha utilizzato dopo il 22.4.16 e ancora dopo i beni delle due convenute presenti sui luoghi al fine di espletare il servizio di assistenza portuale) ovvero di conseguire maggiori afflussi di utenze tali da determinare un rilevante aumento (…) Inoltre la stessa attrice, ottenuta dalle cooperative convenute la disponibilità materiale della Darsena, ha scelto di conferire immediatamente alle stesse convenute la gestione dei
servizi portuali d’ormeggio in tal maniera non dimostrando di essere pronta strutturalmente ed
operativamente a gestire direttamente il porto
“. Oggi lo è?

Dovrebbero dircelo la commissione straordinaria, che si distingue per un assordante silenzio sulla vicenda, l’amministratrice unica transitata in pochi giorni dalla Aet alla Capo d’Anzio, il dirigente “signorsì” che prima scriveva una cosa, poi un’altra, e non ha mai allegato alle delibere sul bilancio il piano industriale della società citato – copiando e incollando – dai precedenti atti.

Qualsiasi altra società avrebbe portato i libri in tribunale, qui la commissione ha persino omesso – accampando scuse risibili – almeno di costituirsi parte civile nel processo sul falso in bilancio. A chi giova questa agonia sul porto e perché? Ah, come mai del bilancio 2022 ancora non c’è traccia?

Eugenio, quel largo, il mio grazie. Ma chiudiamo via Ambrosini

Mentre Velia scopre la targa che porta il nome di Eugenio Mingiacchi “cittadino e imprenditore” la commozione è inevitabile. A lui sono legati ricordi indelebili: le prime richieste di sponsorizzazione per una caccia al tesoro, quelli della nascita e del consolidamento del “Granchio” (“se ci credete mettete 100.000 lire al mese, se poi aspettate un figlio ce li metto io”), le tombolate, i consigli se avevi un problema, il suo guardare avanti – pochi forse sanno che il primo provider internet ad Anzio e Nettuno lo installò lui – l’amore per la città. Eugenio è stato cittadino nella migliore accezione di questo termine e imprenditore capace di spaziare su diversi fronti. A 18 anni dalla sua scomparsa l’intitolazione di quello spazio di fronte alle scuole di via Ambrosini chiude una vicenda con il Comune che sarebbe lungo e inutile raccontare. I familiari, forti dei suoi insegnamenti, hanno fatto un gesto di generosità che rende onore a loro e alla memoria di Eugenio. A loro va – per quello che conta – il ringraziamento di chi scrive. Simone, il figlio maggiore, ha ricordato che occorre guardare al presente e allora voglio lanciare una sfida che – sono certo – sarebbe piaciuta anche a Eugenio.

È un’idea non di oggi, venne persino immaginata per un periodo prima che l’allora sindaco Luciano Bruschini disse no a cose fatte: chiudere via Ambrosini almeno al momento di ingresso e uscita delle scuole. Niente auto, “riprendiamoci la strada” – così recitava l’iniziativa del Consiglio di istituto di allora che forse la dirigente scolastica intervenuta ieri potrebbe rispolverare. Restituiamo la strada ai bambini, insegniamo loro che pochi passi non sono un problema e non c’è bisogno di “infognarsi” fino davanti al cancello delle scuole. All’epoca venne immaginato un percorso pedonale da Villa Albani da un lato e da via Fanciulla d’Anzio dall’altro, ma anche fare scendere i bambini dall’auto (se proprio non si può fare altrimenti) all’inizio di via Ambrosini e farli proseguire a piedi.

Immagino già le obiezioni, di fronte alle quali Eugenio con il suo indimenticabile sorriso avrebbe convinto tutti. Il problema? La burocrazia, certo, ma anche genitori poco inclini a far camminare i figli per poche decine di metri. Sarebbe l’ostacolo più grande da superare, ma mai dire mai.

Ah, già che ci siamo, almeno finché via Ambrosini sarà aperta e siccome il passaggio tra le due scuole conduce a Villa Sarsina, sarebbe bene dare un piccolo segno di discontinuità, evitando di passare in auto mentre entrano o escono i bambini.

Una piccola riflessione, infine. Nel suo intervento la coordinatrice della commissione straordinaria, prefetto Antonella Scolamiero, ha sottolineato come ad Anzio ci sia tanta brava gente. Non avevamo dubbi. Certo dire “lasciamo stare perché siamo qui” – riferito alla presenza della Commissione – è parso fuori luogo. Non dobbiamo lasciare stare, signora prefetto, perché lo scempio compiuto dal “sistema Anzio” e i legami con ‘ndrangheta e camorra sono scritti nelle pagine dello scioglimento del Comune e dell’operazione “Tritone”. Ah, per quella che mi piace chiamare legalità delle cose quotidiane, ho visto rimuovere due veicoli dal piazzale che si stava per intitolare. A memoria (ma posso sbagliare), non ricordo altre rimozioni in questa città. Anche per questo non dobbiamo lasciare stare…