Lo scoop del Messaggero di giovedì 11 aprile, ripreso da siti ed emittenti televisive nazionali, ha posto fine al chiacchiericcio su nuove indagini, avvisi e compagnia. Ha anche ridato fiato a qualche giurista da bar o giustizialista da tastiera. Tutto lecito, ci mancherebbe, le accuse nei confronti dell’ex sindaco Candido De Angelis e di quattro appartenenti alla sua maggioranza sono gravi. Gravissime. Ma di accuse si tratta e io, per questo, voglio essere fuori dal coro e stare dalla loro parte.
Perché non è il penale che interessa, l’ho sempre detto e lo ripeto, ma il “sistema Anzio” del quale politicamente sindaco e maggioranze che per 25 anni sono stati alla guida della città sono responsabili.
Un sistema che, purtroppo, ha prestato pericolosamente il fianco alla criminalità organizzata, motivo per il quale il Comune è stato sciolto e abbiamo una commissione straordinaria fino a novembre prossimo.
Sistema che dal diritto scambiato per favore al calpestare la legalità delle cose quotidiane, dagli interessi nemmeno tanto nascosti su appalti e assunzioni, ha allargato purtroppo le maglie e fatto indossare il vestito bello a qualche poco di buono. La politica ha smesso di essere un argine nei confronti del malaffare, questo è. Poi ha provato – disperatamente – a nascondere le carte alla commissione d’accesso per evitare l’onta peggiore che potesse subire la città. Ed è la responsabilità più grande di chi ci ha governato. L’errore è stato ed è “normalizzare” certe cose, come ci spiega puntualmente don Ciotti. Se poi il voto di scambio fosse vero allora, penalmente, ne risponderanno gli attuali indagati. Ma non è semplicemente dividendo i buoni dai cattivi che si va lontano.
Abbiamo scoperto che il Pd, ad esempio, ha una nuova responsabile legalità nazionale che intervenendo su Anzio si è – automaticamente – attirata le ire sui social di chi le ha ricordato le vicende di Bari e Torino. Il Pd dovrebbe spiegare altro, dalle nostri parti, ad esempio perché con Minniti ministro, abbiamo votato nel 2018, quando “le vie infinite della politica” sbandierate in tv dall’ex sindaco ci portarono alle urne. Allora non si doveva votare, la commissione doveva arrivare prima, le vicende emerse in “Tritone” le denunciavamo in pochi. Regolarmente derisi. Dopo quell’operazione, invece, tutti hanno scoperto l’antimafia da una parte, mentre dall’altra c’è chi continua a raccontarci che è tutto a posto. Non è così che si va lontano, perché la “coscienza” della città dovrebbe venire prima di tutto. Un tempo c’era, è andata perduta.
Se poi vogliamo parlare di voto di scambio, l’augurio è che gli investigatori abbiano raccolto altro rispetto a quanto letto nelle carte di “Tritone” dove si palesano comportamenti e frequentazioni inopportune – assolutamente – ma si fatica (da profano, sia chiaro) a vedere il reato previsto dall’articolo 416 ter del codice penale. Perché sono garantista da sempre, non a “soggetto”, ed è comunque indegno di un paese civile far trascorrere sei anni dal presunto reato prima di convocare gli indagati in Procura, esporli – e per il ruolo pubblico ci sta tutto – sui media e magari scoprire tra altri due anni che abbiamo scherzato. Se poi arrivassero delle condanne, allora ne riparleremo, ma al momento la situazione è di persone indagate che non vuol dire colpevoli se siamo ancora in Italia, se vale la Costituzione e con essa la presunzione d’innocenza.
Infine, c’è chi ha “brindato” alla notizia. Non c’era e non c’è da gioire, perché come mi è già capitato di sostenere abbiamo perso tutti, pur essendo ben precise le responsabilità politiche dello scioglimento del Comune. Ora, in prospettiva elezioni 2025, buttarla sul penale serve a poco. L’impegno deve essere ad avere un modello diverso e soprattutto credibile, non voler sostituire quel “sistema Anzio” con un analogo.










