Proroghe, assolti Colarieti e De Berardinis. La montagna e il topolino…

La Corte d’Appello ha assolto Italo Colarieti “perché il fatto non sussiste“. La montagna ha partorito il classico topolino, peccato che lui – come Augusto De Berardinis (anch’egli assolto oggi) e Angela Santaniello (già assolta in precedenza) siano stati privati per mesi della libertà. Un’indagine nata male e finita peggio, indegna – come ho avuto modo di dire in tempi non sospetti – di un Paese civile. Perché non si fanno subire sette mesi di domiciliari a chi, se condannato, avrebbe già scontato la pena preventivamente.

Qui no, qui nemmeno sono stati condannati. Dopo oltre sei anni si chiude un capitolo brutto della storia di Anzio ma soprattutto una pessima pagina investigativa. La montagna (intercettazioni telefoniche e ambientali degne di un’attività legata al narcotraffico internazionale, vicende private inserite nei fascicoli, pedinamenti e quant’altro) ha partorito il classico topolino.

Le proroghe erano, forse, “border line” ma non ci fu alcuna corruzione – come la Cassazione disse subito rispetto alla Santaniello, assolta poi in appello – né l’abuso di Colarieti, evidemente , che dopo la condanna in secondo grado si era appellato e aveva visto la Cassazione rinviare il processo ad altra sezione. Oggi la sentenza.

Le proroghe erano, forse, “border line” e l’attenzione si doveva magari incentrare su altro, ma gli investigatori evitarono. Dalle carte dell’indagine sulle proroghe, sulla casualità che “Angelo biondo onlus” facesse i servizi alla Francescana con gli stessi componenti della cooperativa “Raimbow”, emerge che le cose non furono così lineari. Ma da qui a dire che fossero reati ce ne corre. Lo dissi allora, lo ribadisco oggi.

Se si cercavano evidenze penali, era il caso di guardare altrove. Perché non sia stato fatto resterà un mistero.

Inchiesta servizi sociali, la montagna e il topolino

tribunalevelletri

La sentenza della Cassazione che annulla la condanna in appello di Italo Colarieti e Augusto De Berardinis, rinviandola ad altra sezione, dopo che già in secondo grado era stata assolta Angela Santaniello, conferma le lacune di un’indagine nata male e finita peggio. Ci vorrà un ulteriore grado di giudizio, vedremo se l’appello che affronterà il caso la penserà diversamente dal Tribunale di Velletri e da chi aveva rivisto leggermente le pene pur confermando l’ipotesi accusatoria rispetto alle proroghe ai servizi sociali che nel 2012 portarono agli arresti dell’allora assessore, della dirigente e del presidente della cooperativa.

Conosco le carte di quella inchiesta: uomini, mezzi, soldi pubblici impegnati come fossero da scovare dei narcotrafficanti. Gente tenuta ai domiciliari per sette mesi, di fatto scontando – prima della ipotetica condanna – più di un terzo della pena “edittale” come direbbero i conoscitori del diritto.  Vicende private finite nelle carte dell’inchiesta, così tanto al chilo, che problema c’è?

Sbagliano i magistrati? Certo, come sbagliamo tutti. In quel caso, però, l’impressione è che qualcosa non abbia funzionato all’origine. Il prezzo della corruzione, poche migliaia di euro, un’auto da poter usare, un assegno in bianco fra l’altro inutilizzabile, proroghe che forse non andavano fatte, “Durc” irregolari. Tutto qui? Da garantista – e non dell’ultima ora – sollevai una serie di dubbi. Ma c’erano i provvedimenti cautelari, le intercettazioni, soprattutto le ingenuità commesse dagli indagati. Era, in quel momento, “la” notizia. Che andava data, con tutti i particolari. Ma proprio conoscendoli e seguendo il processo, ci si rendeva conto di quanto la montagna stesse partorendo il topolino.

Indagare, certo, ma prima di arrivare ad arrestare e tenere ai domiciliari per mesi una persona occorre pensarci bene. Soprattutto quando ci sono provvedimenti alternativi che possono essere adottati ed evitare, ad esempio, la possibilità che si possa continuare a inquinare le prove. Invece no, si andò avanti. Creando danni alle persone, non dimentichiamolo.

Poi è arrivato l’appello per Santaniello – sulla quale già la Cassazione, pronunciandosi sulla misura cautelare, aveva messo nero su bianco l’inesistenza della corruzione – e adesso c’è l’annullamento per gli altri imputati. Ah, Colarieti nel frattempo è stato condannato dalla Corte dei Conti a risarcire il Comune, mentre ora rischia di andare assolto dal punto di vista penale. Mentre la Santaniello, giustamente, vuole essere risarcita dal Comune per la sospensione comminatale anche oltre il dovuto.

Quando si dice la magistratura… Per carità, fa il suo lavoro e nella stragrande maggioranza dei casi lo fa al meglio, soprattutto quando affronta vicende legate alla criminalità organizzata. Nel caso che stiamo trattando non ha brillato. Soprattutto perché più che delle proroghe o dei “Durc” avrebbe dovuto occuparsi dell’intera vicenda “Francescana“, dei flussi di denaro – quelli veri –  e non di 5.000 euro, dei diversi “passaggi” intorno alla struttura realizzata anche con soldi pubblici (ormai tantissimi anni fa) e finita in mani private.

Ma ormai è acqua passata, questa vicenda sarà uno dei tanti errori giudiziari nel nostro Paese, il problema era ed è: chi paga? L’ingiusta detenzione, la denigrazione degli imputati, l’Ente al centro di una questione che si è rivelata non grave come la si immaginava. E’ retorica: non pagherà nessun altro che il cittadino.

Il compianto Marco Pannella si battè inutilmente sulla responsabilità civile dei magistrati. Si sbaglia, è umano, ma come recita il vecchio adagio inglese: gli errori dei giudici finiscono in carcere, quelli dei medici al cimitero, quelli dei giornalisti in prima pagina.

Li ho lasciati per ultimi, i giornalisti, perché qualche illuminato da tastiera si è divertito sui social a commentare questa vicenda prendendosela, ovviamente, con la stampa. Che ha riportato dei fatti, non dimentichiamolo, e ha provato a ragionare su questa come su tante altre storie, sin dal primo momento. Comprendo che è sport nazionale, ma prima di parlare è sempre bene informarsi.

ps Ricordo una stretta di mano di Italo Colarieti, una volta scarcerato, al quale non avevo mai risparmiato critiche nella sua gestione politico amministrativa. Mi disse: “Scusa per prima, grazie per adesso“. Risposi che non ero un poco di buono prima, non ero il più bravo poi. Semplicemente ho il maledetto vizio di non fare mai questioni di persona e, soprattutto, di documentarmi…

Santaniello assolta, il “sistema” e nessuno pagherà

angela

L’assoluzione di Angela Santaniello avvenuta oggi in appello è la conferma che in questo Paese si è ancora innocenti fino a prova del contrario. Sulla vicenda mi sono espresso a più riprese, anche nell’immediatezza della condanna di primo grado, e non cambio idea.

Dalle riflessioni di allora, però, ne derivano necessariamente altre. La magistratura va rispettata, ci mancherebbe altro, le sentenze ancora di più, ma in quella vicenda più di qualcosa – lo dico sommessamente – non è quadrato. Se la Cassazione – che già in sede preliminare aveva fatto notare che la corruzione non c’era per Santaniello – confermerà la sentenza odierna chi pagherà? La dirigente del Comune di Anzio ha fatto 7 mesi di ingiusta detenzione, è stata condannata e sospesa in meno di 24 ore, ha dovuto appellarsi a più tribunali per vedere riconosciute le sue ragioni e non riesce ancora a vedere un euro, il minimo che possa fare oggi il Comune è emettere un provvedimento domani mattina. La segretaria generale faccia come il suo predecessore, a tempo di record decida che la dottoressa va riammessa in servizio come lui la sospese.

Ma questo, paradossalmente, è il meno. Perché 7 mesi di vita nessuno te li restituisce, l’onta dell’arresto, di tutto quello che ne è conseguito e – peggio – l’onta di far finire negli atti di indagine ciò che non era assolutamente attinente, nessuno li pagherà. L’avvocato Michele Monaco, che ha seguito la vicenda, sicuramente chiederà il risarcimento per ingiusta detenzione, ma alla fine sarà a carico dei cittadini, non del Tribunale, della Procura e tanto meno della Guardia di Finanza che indagò con sistemi che si usano forse per il traffico internazionale di droga più che per presunta corruzione e abuso d’ufficio. Che restano reati, sia chiaro, ma in questo caso la montagna ha partorito il topolino. E se questa indagine serviva alla Procura di Velletri per dire che si è occupata di Anzio, beh non ci siamo.

Il “sistema” che emerge da quelle carte c’era e c’è, l’assessore Colarieti – pena ridotta da due a un anno e  6 mesi – abusava del suo ruolo a favore della “sua” cooperativa, affidata ad Augusto De Berardinis (assistito dall’avvocato Christian Milita, pena dimezzata, da 2 a 1 anno) che aveva necessità di lavorare e si piegava alle volontà del potente di turno. Quel “sistema” è purtroppo la norma, ad Anzio, lo dimostrano altre inchieste, non lo vedono solo i ciechi, ma nessuno è stato arrestato preventivamente scontando prima del processo la potenziale condanna. Sono tutti al loro posto, allora occorre (occorreva) essere garantisti in ogni occasione. Al limite sospendere dagli incarichi, trovare un’alternativa, ma privare della libertà per una proroga di fronte a quello che vediamo quotidianamente era ed è abnorme.

C’è l’aspetto – non penale ma forse ancora più grave – della politica che entra a gamba tesa negli appalti, fa assumere chi dice lei, si presta a mediazioni all’attenzione della magistratura. Della politica diventata altro, rispetto alla città da immaginare e governare.

Però, ripeto, nella patria di Cesare Beccaria era necessario arrestare, mettere carte che non c’entravano e che alla prima udienza è stato chiesto di “espungere” dalla difesa, andare oltre il dovuto? Serviva? E perché? Tornano in mente le battaglie sulla “giustizia giusta” di Marco Pannella e dei Radicali, avanti sull’argomento 30 e più anni fa.

No, non era necessario e dispiace sia stato fatto. Ma nessuno pagherà. Anzi sì, i cittadini.

ps, agli stessi che in Comune andarono in “processione” dalla Santaniello il giorno dopo la condanna di primo grado e poi si sono celati dietro a “vorrei ma non posso“, un consiglio: state a casa

Francescana, finalmente si prende coscienza. Ma quante responsabilità…

francescana

Fa piacere che finalmente ci si renda conto della Francescana. E’ servito arrivare a un’ordinanza di chiusura per svegliare più di qualche coscienza. Quella degli uffici comunali, anzitutto, che si sono accorti – dopo molte lettere alla Asl nelle quali si affermava che “nulla osta” allo svolgimento delle attività – che era necessario chiudere. La stessa dirigente che quando era assessore Italo Colarieti sollecitava la Asl dicendo che si poteva andare avanti, ha poi ordinato la chiusura della struttura. Ma non è questo il punto.

I problemi sorgono prima. Quando nessuno si è preoccupato – era sindaco Candido De Angelis – di difendersi dall’usucapione avviato dalla Provincia romana dei frati minori conventuali nei confronti del Comune. Andava detto che l’opera assolutamente lungimirante di padre Vincenzo Vendetti era stata realizzata su terreni gravati da uso civico e anche grazie al contributo delle casse comunali (30 milioni di lire l’anno dal ’69 al ’74) oltre che dei cittadini che nelle buste fatte circolare in parrocchia e casa per casa mettevano ciò che potevano.

I problemi sorgono quando nessuno è intervenuto di fronte al “passaggio” dalla gestione delle suore a quella imprenditoriale – era sindaco Luciano Bruschini, suo fratello era il gestore in pectore ma poi intervenne la Fondazione Omnia prima della Upf medical center – e le dipendenti venivano messe alla porta.

Non ricordiamo commissioni o richieste di chiarimento sul ruolo che lì dentro ha svolto fino alla vigilia dell’arresto l’ex assessore Colarieti. La legge regionale 41 esisteva già e se l’incompatibilità formalmente non era contestabile – ed è da dimostrare – c’era l’opportunità politica di non essere controllore e controllato. Com’è avvenuto, nel silenzio della città e dei suoi esponenti politici. Con il sindaco che faceva spallucce e l’opposizione che stava a guardare. Quante responsabilità su questa vicenda…

Non è un caso se la vicenda Francescana rientra negli atti del processo a Colarieti, condannato in primo grado con la dirigente Angela Santaniello e il presidente della cooperativa Raimbow che otteneva le proroghe in Comune ma poi con lo stesso personale – ma sotto forma di Onlus – lavorava nella casa di riposo.

Tutto scritto a più riprese sul Granchio e qui, documentato. Così come a più riprese ha scritto Controcorrentenotizie rispetto a documenti sui quali gli investigatori avrebbero sorvolato e a rapporti diciamo commerciali da chiarire.

Ma ora che c’è l’ordinanza  si corre. Giusto, ci sono gli anziani da salvaguardare e c’è una struttura che è un pezzo di storia della città. Lo era anche prima, però, peccato che in molti l’abbiano dimenticato. Persino chi ha firmato l’ordinanza senza notificarla al sindaco.

Adesso l’occasione, forse, è un’altra: parlare di Francescana ma riflettere su quanti sono gli anziani “fragili” nelle case di riposo di Anzio, in che condizioni sono le strutture, cosa fa il Comune, se dovremo assistere ad altri tentativi maldestri tipo la “trasformazione” dell’hotel Succi, quale politica attiva intende portare avanti l’assessore Cafà. Prima della prossima emergenza, per favore.

La solidarietà, il processo, i messaggi in maggioranza

Villa Adele (foto prolococittadianzio.it)

Villa Adele (foto prolococittadianzio.it)

Gli attestati di solidarietà e la processione di venerdì scorso a Villa Adele per esprimere vicinanza ad Angela Santaniello ricordano le lettere che arrivavano al settimanale “il Granchio” quando, a Nettuno, l’amministrazione decise di cambiare posto alla dirigente. E’ umanamente tutto comprensibile e ho scritto che nessuno come me può capire lo stato d’animo di chi è condannato ritenendo di esserlo stato ingiustamente.

Le dichiarazioni e il viavai a Villa Adele – compreso quello di chi, fino a qualche ora prima, l’avrebbe volentieri cacciata dal Comune – non tengono conto di un verità tanto scomoda quanto reale: quella processuale. Sia l’assessore Laura Nolfi, sia l’ex assessore Marco Del Villano, sottolineano la correttezza e rettitudine della dirigente, ma a questo punto è bene esprimere solidarietà anche a Italo Colarieti – assessore insieme a Del Villano in quella giunta e nell’amministrazione sostenuta politicamente da Vincenzo Nolfi, papà di Laura – e al povero Augusto De Berardinis. Perché la verità processuale – inaccettabile quanto si vuole – dice che c’è stato concorso tra assessore, dirigente e un ragazzo che paga solo la necessità che aveva di lavorare. Insomma, solidarietà a tutti o a nessuno. Fermo restando che esponenti pubblici, con tutto il diritto di commentare le sentenze, hanno il dovere come e più di tutti di rispettarle.

Detto questo va fatta una riflessione su quello che accade in maggioranza. Il giovane Marco Maranesi tira dritto sulle mense, denuncia per omissione d’atti d’ufficio la dirigente e alla sua conferenza stampa anziché solo i giornalisti ci sono due consiglieri di opposizione – sì, no, forse….- nonché l’assessore onnipresente Sebastiano Attoni. A fare cosa? Che messaggio, oltre quello di volere delle carte, sta mandando Maranesi?

E cosa vuole dire Del Villano, quando lo invita ad avere lo stesso zelo per la gara per il servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti”? Già, è ferma da mesi dopo l’apertura delle buste e nessuno ci dice il motivo. Lì siamo in presenza altro che della proroga alla Raimbow…

Comunque è come se ci sono settori dei quali uno può occuparsi e altri no, dove uno può pestare i piedi e altri no. C’è una verità sacrosanta che dice l’ex assessore, riferendosi sempre al giovane capogruppo forzista: “Per ora, pur essendo presidente della commissione ambiente, non si accorge del disastro in cui versa la raccolta dei rifiuti”.

Era ora che lo dicesse qualcuno anche dalla maggioranza, perché dopo la conferenza dell’assessore Patrizio Placidi che vuole farci credere che dipende tutto da Romeo De Angelis francamente ritenevamo che in maggioranza tutti pendessero dalle labbra del delegato all’ambiente, senza accorgersi della situazione. Anche in quella conferenza Placidi – uno e trino, ha parlato per la Lista Enea, per Forza Italia e come assessore – ha mandato messaggi chiari alla coalizione.

Tutti contro tutti, il resto può attendere. Meno la solidarietà.

Pressioni al segretario, diteci che non è vero….

ccorrente

Dalla pagina facebook di controcorrente apprendiamo della pressione che il vice sindaco, Giorgio Zucchini, e l’ex consigliere comunale e oggi privato cittadino Vincenzo Nolfi, avrebbero fatto al segretario generale Pompeo Savarino per indurlo a non sospendere la dirigente Angela Santaniello. Vogliamo sperare che Agostino Gaeta abbia commesso un errore. Perché è comprensibile tutta la solidarietà umana nei confronti della dirigente, ma lì occorre fermarsi.

Perché ci sono delle regole e chi amministra la cosa pubblica ha il dovere di conoscerle e applicarle. Possono non piacere, ma ci sono. Si può discettare su una giustizia con tempi da record e in grado di notificare nemmeno 24 ore dopo la sentenza il provvedimento al Comune, ma questa è l’Italia. Si può dire che mentre la Santaniello paga, Colarieti continua a esercitare la sua attività imprenditoriale e questo – da profani – è profondamente ingiusto per chi viene sospeso. Ma di fronte alla sentenza, Savarino non aveva alternative. E se ha subito pressioni, adesso, si regoli di conseguenza.

Per questo speriamo che Zucchini e Nolfi padre (ma a che titolo sarebbe andato?) ci dicano che non è vero…

L’assessore Laura Nolfi, invece, si è pubblicamente espressa con una nota. Anche qui, la solidarietà è un conto, le considerazioni dopo una condanna – fatte da un amministratore pubblico – sembrano poco opportune.

Ex assessore e dirigente condannati, tre aspetti per una riflessione

tribunalevelletri

La condanna dell’ex assessore Italo Colarieti, della dirigente Angela Santaniello e del presidente della cooperativa Raimbow Augusto De Berardinis è un altro evento mai accaduto prima in questa città. Non è una sentenza definitiva, ma dobbiamo prenderne atto. Per fare un ragionamento che ha tre aspetti da valutare: quello umano, quello giudiziario e quello politico.

Dal punto di vista umano nessuno può comprendere quanto chi scrive cosa si provi per una condanna. Soprattutto quando la si ritiene ingiusta, come immagino la avvertano le persone destinatarie della sentenza di ieri.

L’aspetto giudiziario. Le prove, è noto, si formano nel processo. Ritenevo dalle ordinanze di custodia e dal dibattimento – e confermo adesso – che ce ne fossero poche, ma il Tribunale l’ha pensata diversamente. Del resto io faccio un altro lavoro. Le sentenze si rispettano, ci mancherebbe altro, e qui va detto che l’impianto accusatorio del pubblico ministero Giuseppe Travaglini ha retto. Ne dobbiamo dedurre che realmente gli uffici “piegavano” la loro attività alle volontà dell’assessore, il quale – di fatto – attraverso le proroghe si garantiva non solo un ritorno nell’uso dell’auto della Raimbow, ma anche un supporto dai soci della stessa Raimbow alla Francescana dov’era – sia pure formalmente compatibile – controllore e controllato. Si deve aggiungere, inoltre, che parliamo di un piccolo appalto e di ben poca utilità per l’assessore, mentre sfuggiva e sfugge l’utilità avuta dalla dirigente. Al punto che la Cassazione, annullando l’ordinanza di custodia, aveva escluso proprio la corruzione. Ma tant’è.

Quello che resta incomprensibile, a fronte della condanna, sono i 7 mesi di arresti domiciliari. Di fatto una pena comminata ieri e sospesa, ma scontata preventivamente. Comprensibile ogni esigenza cautelare, ma come allora si ripete: era necessario? Non c’erano provvedimenti alternativi per evitare il pericolo di reiterazione del reato?

Altra cosa che va sottolineata, diretta ai tanti giuristi da bar, è che non si può dire che andassero “salvati” dal Tribunale – che è terzo, ne resto convinto – il pubblico ministero e il giudice delle indagini preliminari che avevano adottato i precedenti provvedimenti. L’assoluzione non sarebbe stata la prima né l’ultima nei confronti di chi era stato arrestato e sottoposto a misure cautelari. Oggi saremmo qui a gridare di malagiustizia e a chiedere conto al pubblico ministero. Non credo, quindi, ad alcun “salvataggio” e a maggior ragione è necessario attendere le motivazioni della sentenza.

L’aspetto politico, allora, la responsabilità del sindaco di aver chiuso gli occhi di fronte all’attività “parallela” che Italo Colarieti svolgeva da assessore ai servizi sociali. Al solito Bruschini “non sa”, ma era evidente che intorno alla Francescana – non a caso oggi ancora agli onori della cronaca – ruotasse altro. E’ anche nelle carte del processo concluso ieri e, temo, quella è solo la punta dell’iceberg. Poteva dare a Colarieti un’altra delega, invece ha avallato – girandosi dall’altra parte – tutto ciò che accadeva.

Poi c’è la responsabilità di aver nuovamente dato alla Santaniello, al rientro dai domiciliari, il ruolo che aveva. Chi scrive è garantista assoluto, ma ragioni di opportunità avrebbero suggerito di dar corso a un’alternanza. A tutela della dirigente, non a caso di nuovo nel fuoco di fila delle polemiche e per la Francescana e per le mense e per la vicenda dell’hotel Succi dove, neanche a dirlo, ritroviamo Colarieti. Non era il caso, ma il sindaco ha scelto di andare avanti in quel senso.

Responsabilità che parte da prima: portando ad Anzio senza concorso la Santaniello e il dirigente della polizia locale Bartolomeo Schioppa, li ha fatti “transitare” nei ruoli. Sono dipendenti del Comune per sempre, salvo trovino altro impiego. Logica avrebbe voluto che fossero legati al suo mandato. Perché trattandosi di scelte imposte dalla politica, è più corretto che ci si assuma la responsabilità solo per il periodo della propria gestione. Invece chiunque arriverà dopo Bruschini, si troverà due casi probabilmente ancora aperti. La Santaniello per questa vicenda, Schioppa che è dirigente ma non lo fa per la condanna a Ravenna e nel frattempo si è rivolto al giudice del lavoro.

Ultima considerazione: per la prima volta ad Anzio vengono condannati un ex amministratore e “la migliore dirigente che ho” – parole del sindaco nell’aula del Tribunale di Velletri. Ripeto: la condanna è di primo grado, la sentenza non è definitiva, ma il sindaco, la maggioranza, la classe politica che ha portato a questo (nel sostanziale silenzio dell’opposizione) una riflessione vuole farla o no?

Ordinanza alla Francescana, che tristezza ma quante stranezze

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Un dispiacere enorme e il pensiero che corre a padre Vincenzo Vendetti, il parroco di Anzio che intuì la necessità di una casa di riposo e che adesso si starà rivoltando nella tomba. L’ordinanza di chiusura della Francescana è l’epilogo di una vicenda gestita male dal Comune e sulla quale si sono susseguite mire affaristiche e di potere. Senza contare la copiosa corrispondenza nella quale – siamo al 2012 – la Asl chiedeva lumi e chi oggi chiude la struttura diceva che “nulla osta” a che si andasse avanti.

Proviamo a ricapitolare, a capire perché dietro quella che un tempo era l’avveniristica casa di riposo siamo arrivati fino a oggi. Quando la Provincia dei frati minori conventuali ha deciso di cedere dal Comune hanno taciuto. Dimenticando che se quella struttura è stata realizzate è anche grazie a finanziamenti del Comune stesso, alla fine degli anni ’60, oltre che al superamento di un vincolo di uso civico che gravava sull’area. Di più, quando i frati hanno deciso di proporre usucapione il Comune ha scelto di non difendersi, arrivando a stupire persino il giudice che scrive la sentenza.

Poi i sacerdoti hanno deciso di lasciare e la struttura era prossima ad assere acquisita dalla famiglia Bruschini che gestisce già la “Teresiana”. Un passaggio che gli stessi frati, nel corso del loro “capitolo”, giudicano positivo in quanto la continuità è garantita con un’azienda di Anzio. Qualcosa succede e dalla “Teresiana” si passa alla fondazione “Omnia”, qualcosa a che fare con la Romania, sede nel viterbese. Fondazione che come primo atto licenzia le dipendenti, la scusa sono corsi “oss” sui quali si fa a scaricabarile, anche qui nel silenzio del Comune.

Il “regista” dell’operazione, del resto, è l’allora assessore ai servizi sociali Italo Colarieti che ha lasciato la clinica   Villa dei Pini e punta a realizzare nella vicina casa di riposo una moderna struttura socio-sanitaria specializzata negli anziani. Omnia lascia dopo un anno e arriva l’Upf medical center, Colarieti è direttore generale e formalmente compatibile ma di fatto in evidente conflitto di interesse. E’ lui, per esempio, a firmare un verbale di contestazione dei vigili urbani…

Nei “passaggi” di gestione andrebbe rifatta l’autorizzazione sanitaria ma in Comune preferiscono soprassedere, né si preoccupano dell’incompatibilità – sia pure di semplice opportunità – almeno fino a quando l’assessore finisce agli arresti. La Francescana c’entra perché secondo l’accusa la stessa cooperativa che lavora sui pulmini del Comune con proroghe su proroghe svolge, gratis, lavori nella casa di riposo. Cambia solo il nome della coop, i soggetti sono sempre gli stessi. La Procura si ferma lì, ma stando a quanto a più riprese scrive Controcorrente volendo c’era qualcosa da approfondire. Prima degli arresti, comunque,  la Asl scrive a più riprese sulla situazione della struttura, ma dal Comune ribadiscono che “nulla osta”.

La gestione della Francescana passa alla moglie di Colarieti, il quale anche per vicende personali, non vi metterà più piede.  I controlli continuano e si arriva all’ordinanza odierna. E la storia ci porta poco lontano, a un’ordinanza che risulta ancora non eseguita. Quella nei confronti dell’hotel Succi – che tristezza, anche lì, uno dei migliori alberghi del litorale fino a qualche anno fa – dove in una parte destinata ad albergo per anziani ci sono degli ospiti di un’azienda messa in piedi, ancora una volta, da Colarieti. In questo caso in una struttura di fatto del consigliere comunale Umberto Succi.

Possibile che dove ci sono interessi dei politici di mezzo, assolutamente legittimi, debba finire così? Sembra proprio di sì, anche se ancora su Controcorrente, quello di oggi, scopriamo che Colarieti ha addirittura denunciato Succi.

In queste storie di carte bollate e anziani, strutture che dovrebbero chiudere e restano aperte – come nel caso di Succi – case di riposo delle quali si ordina la chiusura (qui sarà eseguita?),  c’è un comune denominatore: la politica che cerca di sfruttare il potere per un business tanto lecito, se fatto nel rispetto delle regole, quanto redditizio come quello degli anziani.

Nel caso di padre Vincenzo per la Francescana doveva essere l’esatto contrario, ma sono passati decenni, è cambiato il mondo, e soprattutto prima De Angelis non s’è opposto all’usucapione e poi Bruschini non ha avuto nulla da dire sui vari “passaggi”. Le conseguenze le vediamo.

Procure, montagne e topolini. Le indagini mai viste

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L’assoluzione dell’ingegnere Marco Pistelli, insieme a quella di Giulio Godente e Nello Monti – indagati mentre entrambi erano consiglieri comunali, è l’ennesimo buco nell’acqua della Procura di Velletri su questo territorio. La magistratura veliterna è in buona compagnia, attenzione, se solo qualche mese fa è stato prosciolto in udienza preliminare Luciano Mingiacchi, il quale per quell’indagine si dimise da direttore generale della Asl. Le montagne hanno partorito i classici topolini. Allo stato di quanto emerso nel dibattimento – dove poi si formano le prove – sembra incamminato sulla stessa strada il processo per la vicenda Colarieti-Santaniello. Con l’aggravante che lì c’è gente rimasta ai domiciliari per sette mesi.

Un noto avvocato locale, parlando del più e del meno, ha sottolineato come in tanti anni di professione deve ancora vedere condannare un amministratore pubblico. Possibile che, nemmeno per “sbaglio”, ci sia mai stata una condanna? Evidentemente sì.

Quello che non torna – e lo dico con il massimo rispetto della Magistratura – è altro. Possibile che in questo nostro territorio al di là di abusi d’ufficio o tentativi di corruzione non si vada? Ai tempi di Tangentopoli, per esempio, si sapeva quale fosse il sistema ma o sono stati bravi e onesti i politici di casa nostra o non si è proprio indagato.
A memoria, poi, non si ricorda una sola indagine patrimoniale degna di tale nome. Ma possibile che certi inspiegabili tenori di vita li vedano solamente i cittadini? E possibile che sia dovuta arrivare la direzione antimafia a dirci che qui vivevano e si riproducevano cellule di clan? Già, quello è il suo lavoro… Ma quello degli altri? I sequestri preventivi possono farli tutti se ci sono dubbi di illeciti arricchimenti. Così come è inspiegabile che gli affari con il piano regolatore di Anzio non abbiamo riguardato anche qualche soldo da “ripulire” perché o siamo davvero un’isola felice o statisticamente accade che con tanta edilizia da realizzare qualcuno venga e investa soldi ottenuti chissà come.
Intanto, mentre per gli abusi pubblici fioccano assoluzioni non sappiamo che fine abbiano fatto, per esempio, le due inchieste sulla vicenda “Serenissima” che è sotto indagine in Veneto, mentre qui si è parlato di una tangente che ha visto impegnati carabinieri e polizia ma senza esito. Apprendiamo da Controcorrente che nella vicenda Francescana ci si è “dimenticato” qualche computer, ignoriamo le sorti dell’inchiesta sugli spari a Patrizio Placidi e sul movente di quell’attentato. Per non parlare del “Caro estinto” del quale Repubblica ha anticipato le carte ma finito nel dimenticatoio, almeno così sembra
Ecco, vanno benissimo tutti gli accertamenti di questo mondo e si comprendono le difficoltà operative di ogni genere. Ma vedremo mai indagini diverse? Ricordiamo, infine, che ogni volta che si avvia un’inchiesta – da ultimo quella sulle cooperative che si sono occupate di servizi ambientali ad Anzio – si sequestrano carte, poi si effettuano perquisizioni magari alla ricerca delle stesse carte, si espongono persone agli onori delle cronache. Più celerità nelle decisioni finali sono un’utopia in Italia, ma soprattutto qualche indizio più probante da portare in Tribunale, non guasterebbe.

Giustizia: il caso Colarieti, le congetture, la responsabilità dei giudici…

Il 3 aprile è in programma al Tribunale di Velletri una nuova udienza del processo per l’ex assessore Italo Colarieti, la dirigente Angela Santaniello e l’ex presidente della cooperativa Raimbow Augusto De Berardinis. Il 23 aprile si dovrebbe arrivare alla conclusione, ma per come stanno andando le cose la montagna sembra aver partorito il classico topolino. 

Ho avuto modo di sostenere già altrove che anche se venissero riconosciuti colpevoli avrebbero, di fatto, già scontato la pena dopo una lunga quanto ingiustificata custodia cautelare ai domiciliari. Una misura – nei confronti degli imputati, come di molti altri in casi del genere – indegna di un Paese che dovrebbe essere la culla del diritto.

Ebbene a leggere le motivazioni usate dal Riesame, di recente, per togliere all’ex assessore e al giovane ex presidente l’obbligo di firma c’è da restare sconcertati. La Cassazione, citata nell’atto, ha infatti affermato che “la sussistenza del fumus (…) è stata apoditticamente desunta dal rilievo assegnato a elementi di natura congetturale e privi, al fine suindicato, dei necessari requisiti di univocità e valenza dimostrativa in ordine alla configurabilità di un’intesa corruttiva, ossia da una serie di anomalie e irregolarità riscontrate nelle fasi del percorso procedimentale che ha portato all’aggiudicazione dell’appalto”. 

Congetturale, teniamolo in mente. Perché domani ciascuno di noi potrebbe essere l’indagato di turno e fare sette mesi di domiciliari. Certo, una decisione del genere non entra nel merito del processo, sarà il dibattimento a stabilire se ci sono o meno le prove, ma qui – come in casi analoghi – se arriva una sentenza di assoluzione chi pagherà mai?

Una vecchia e dimenticata battaglia dei radicali, un referendum come tanti finito nel dimenticatoio, una questione di assoluta attualità.