Porto, gli ormeggiatori dovranno pagare. Parola di Bruschini

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Non solo dovranno andar via – lo dicono le sentenze e dopo un infinito tira e molla era inevitabile – ma la Capo d’Anzio proverà a risanare i suoi conti con i mancati introiti delle aree gestite da luglio 2014 a oggi dalle cooperative degli ormeggiatori.

Lo ha detto ieri in Consiglio comunale il sindaco, Luciano Bruschini, sostenendo che il bilancio 2015 della società non chiuderà in perdita perché vanno conteggiati quegli introiti. Di più: il bilancio è stato approvato dal consiglio d’amministrazione “senza il rappresentante del Comune” – che lui non aveva ancora nominato – e siccome deve andare in assemblea dei soci “io non lo voto“.

Ma quant’è l’introito previsto? Mistero. E quei soldi entreranno automaticamente nelle casse della Capo d’Anzio? Nemmeno per idea, perché per averli sarà necessario aprire un contenzioso con le cooperative o chiedere loro i danni per il mancato avvio dell’opera. Tempi previsti? Vogliamo fare un decennio? Intanto?

Ah, il sindaco dimentica – glielo faceva notare ieri Bernardone del Pd – che mentre quelle aree non erano in uso alla Capo d’Anzio la società ha scritto alla Regione chiedendo di avere lo “storno” delle cifre dovute per la concessione. Circa 80.000 euro sui 200.00 che ogni anno la concessionaria deve alla Regione, essendo l’area interessata pari a circa il 40% di quella che è stata appunto concessa. Soldi che – se si pretendono gli incassi delle coop – vanno inseriti in bilancio di nuovo tra le uscite. Proviamo a farli due conti? Gli ultimi bilanci delle due cooperative danno, insieme, un “valore della produzione” pari a 497.000 euro. E’ questo che chiederà il Comune? Sulla base dei bilanci o di cos’altro? E basta una cifra simile a mandare il bilancio in pareggio? E in quale piano finanziario è scritta una cosa del genere?

Al solito qui si fanno domande, con l’auspicio di avere risposte. A quelle del passato non c’è mai stato riscontro, chissà che fra il sindaco e il neo presidente qualcuno decida di far sapere ai cittadini – ancora proprietari del 61% – come uscire da una situazione che a oggi vede la Capo d’Anzio in perdita e il privato Marinedi in pole position per prendersi l’intero capitale, vuoi per la legge Madia e vuoi perché il Comune non può  mettere un centesimo nella ricapitalizzazione della società.

A meno che – in fondo in fondo – non sia proprio questo l’obiettivo, essendo mestamente fallita, se mai è esistita, la scalata del “gruppo” che aveva 300 milioni di euro in Turchia.

Marconi prende tutto – e sommessamente lo andiamo ripetendo da quando ha avuto il 39%…. – Bruschini finge di opporsi, Candido De Angelis che l’ingegnere ce l’ha portato in casa  con Italia Navigando della quale già deteneva quote, in nome della ritrovata unità nel centro-destra e di un progetto sia pure stravolto ma che ha fortemente voluto dice che purché si parta va tutto bene; i consiglieri di maggioranza che il sindaco ha preso in giro con la storia del bando se ne stanno buoni “perché tanto i lavori iniziano” e alla famosa cordata non pensano più, il Circolo della vela resta lì perché “si sta trattando” (e speriamo senza i posti barca, almeno) e gli altri si arrangiano.

Non avevamo in mente questo quando, con il compianto Gianni Billia, parlavamo del porto “di” Anzio, “della” città.

 

Porto, era ora. Ma qualcosa non torna…

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Il sindaco di Anzio ha finalmente firmato le ordinanze con le quali chiede alle cooperative ormeggiatori e a un’altra attività di restituire le aree. C’è stato un ricorso respinto, chi gestiva gli spazi ha perso, non si è arrivati a un accordo ed è giusto che la Capo d’Anzio venga messa in grado di operare.

Se lo avesse fatto prima non sarebbe nelle condizioni attuali, avrebbe pagato Life, prestito con la banca e via discorrendo, ma doveva anche prima evitare il contenzioso andando a spiegare agli ormeggiatori cosa significava l’inversione del crono programma.

Risultato? Capo d’Anzio può operare, presto diventerà del socio privato Renato Marconi, gli ormeggiatori dei ricorsi e delle minacce vanno a casa. L’auspicio, a dire il vero, è che una soluzione si trovi. Come affermato in passato se l’ultima proposta di accordo per il “service” era 100, ora deve essere minimo 99 dato il tempo passato e i costi sostenuti dalla società, ma non possiamo certo iniziare il porto chiamato a rilanciare l’economia della città… facendo perdere posti di lavoro.

A maggior ragione non possiamo farlo se chi, alla stessa stregua, ha fatto un ricorso dopo l’altro e oggi non è raggiunto da provvedimenti: il Circolo della vela di Roma. Il sindaco dovrebbe spiegare ai cittadini ancora proprietari del 61%  perché non c’è ordinanza, se è stato trovato un accordo e su quali basi. Perché non possiamo mandare via gente di Anzio che avrà mille torti ma lì lavorava e tenerci sia pure importanti “signori” di Roma che hanno speso più di avvocati che di canone da versare annualmente (4500 euro), per ottenere ciò che avrebbero avuto firmando la “manleva” proposta mesi fa dalla società.

Ecco perché dobbiamo sapere se c’è un accordo e cosa prevede, perché sotto al circolo ci sono dei posti barca che erano destinati – da quel poco che sappiamo – ai soci dell’esclusivo club e invece sono della Capo d’Anzio. Ecco perché qualcosa non torna.

Marconi: “Il porto lo faremo, basta con gli interessi di pochi”

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L’ingegnere Renato Marconi

Esce allo scoperto, accetta di parlare della vicenda Anzio, si rivolge ai cittadini che da un’operazione del genere – ma se lo sentono ripetere da troppi anni – non possono che trovare beneficio. Usa termini anche forti, ma con la chiarezza che questa intrapresa ha avuto di rado. L’ingegnere Renato Marconi, a capo del gruppo Marinedi, l’inventore di Italia Navigando con la quale entrò nel 39% della Capo d’Anzio, oggi è l’interlocutore privato della società che per il 61% è del Comune e può finalmente entrare in una fase operativa. Diversa da quella immaginata anni fa, ma concreta

Alla luce degli ultimi accadimenti la Marinedi è ancora interessata all’iniziativa della Capo d’Anzio?

Partendo dal principio che più le cose sono interessanti più sono difficili, al nostro Gruppo non è mai mancato lo spirito di iniziativa e la capacità di risolvere qualunque problema nel settore della portualità turistica e del turismo nautico.

Nel nostro progetto di Rete portuale turistica mediterranea, già operativo da tre anni, Anzio rappresenta il porto turistico di maggior spicco ed interesse economico. Potendo sfruttare la vicinanza di Roma e dell’aeroporto di Fiumicino, vogliamo valorizzare il patrimonio e le potenzialità turistiche di Anzio per far tornare ad essere il suo porto uno dei principali protagonisti del Mediterraneo, per quel che riguarda la nautica, la cantieristica, la manodopera specializzata, la vela e tutte le attività connesse e relative legate all’artigianato, al commercio ed alla ricettività e ristorazione. Negli ultimi due anni abbiamo contribuito in modo determinante a ribaltare le sorti dell’iniziativa che sembrava destinata ad un esito drammatico, dopo il bando di gara a suo tempo indetto ed andato deserto.

Tutti gli sforzi profusi, grazie a professionalità del settore nautico messe a disposizione dell’iniziativa, come l’ingegner Enrico Aliotti e l’avvocato Antonio Bufalari, hanno rafforzato la nostra determinazione ad essere, insieme con i cittadini di Anzio, i gestori di una delle più belle realtà portuali italiane. Perciò per rispondere in maniera sintetica alla sua domanda: “Avanti tutta!”.

Come pensate, visti i debiti accumulati e la situazione di bilancio, riuscire addirittura a finanziare l’opera in tre fasi?

Due anni fa a questa domanda avrei avuto grandi difficoltà a rispondere. Oggi è molto più semplice: l’attività caratteristica prevista in prima fase è più che sufficiente a garantire la finanza necessaria alla restituzione dei debiti ed all’attività corrente, come in parte sta già avvenendo.

I problemi occorsi nell’ultimo periodo in materia di occupazione abusiva di una parte delle aree rappresentano l’unico rischio attualmente emergente per un corretto sviluppo della parte corrente dell’iniziativa. Per quanto attiene alla seconda e terza fase dei lavori, come previsto dagli accordi parasociali, ci siamo attivati per la progettazione esecutiva e per il successivo finanziamento delle opere attraverso il nostro Fondo operativo “Marinedi Finance Fund”. Le operazioni necessarie a valutare cespite ed iniziativa da parte dei nostri Partners sono già in corso e si concluderanno entro giugno prossimo. La gara per l’esecuzione dei lavori di seconda fase potrà essere, pertanto, bandita a partire da ottobre-novembre 2016.

Il Comune ha pagato la parte del debito con la Banca Popolare del Lazio garantita dalla propria fideiussione, per la parte di debito restante c’è un piano di rientro da parte della Società. Lo state rispettando?

Nell’ultimo anno la Banca Popolare del Lazio è stata molto comprensiva e propositiva nei confronti della Società, probabilmente anche influenzata dalla piega positiva degli eventi e dal nostro impegno quali esperti del settore. Il Comune, inoltre, ha contribuito in modo sostanziale ad onorare gli accordi, soprattutto in questa fase nel quale la redditività della Società non è al 100% a causa delle perduranti occupazioni abusive.  Il piano di rientro, seppure all’inizio, è puntualmente rispettato e non prevediamo alcun problema fino alla sua estinzione.

Cosa ostacola questo sviluppo da lei delineato e che tutta la città auspica?:

Al momento non vedo nessun altro ostacolo se non l’abusiva occupazione di parte delle aree. La situazione difficile con il Circolo della Vela, anche a seguito dell’ultimo pronunciamento del Consiglio di Stato, a noi favorevole, è in corso di pacifica ed ovvia regolarizzazione.

A questo punto è necessario e fondamentale provvedere immediatamente allo sgombero delle aree ed anzi speriamo che il Comune provveda immediatamente, viste anche le due comunicazioni ultimative dell’Ente concedente, ovvero la Regione Lazio, ed i due mesi ormai trascorsi dall’invio della prima comunicazione.

Il tempo della trattativa è ormai finito, anche perché ricordiamo che le due cooperative hanno rifiutato qualunque proposta di lavoro o di collaborazione offerta, intentando cause che hanno dimostrato la bontà dell’attività amministrativa svolta dalla Capo d’Anzio e dalla Regione Lazio.

Ricordiamo inoltre a malincuore che alcuni loro membri hanno tenuto comportamenti ostili verso amministratori, dipendenti e collaboratori della Capo d’Anzio, tanto che ci si è trovati costretti in alcuni casi a richiedere l’intervento delle Forze dell’Ordine….

Difendevano un lavoro che svolgono da anni…

Certo, ma ora non si può tollerare la pratica di attività economiche senza autorizzazione come l’uso degli ormeggi e l’attività cantieristica, attività che non stanno permettendo alla Capo d’Anzio il completamento della fase 1 e la messa a reddito delle aree concesse e formalmente consegnate dalla Regione Lazio, con grave danno economico, basti pensare che se la Capo d’Anzio fosse venuta in possesso delle aree un anno e mezzo fa la ristrutturazione economica dei debiti sarebbe stata più agevole e non sarebbe servito l’intervento finanziario dei Soci (vedasi il pagamento del Comune alla Banca Popolare del Lazio dello scorso dicembre)….

La città di Anzio deve avere coscienza di ciò: non si può bloccare lo sviluppo di una città, per tutelare l’interesse di pochi!

Si riferisce alle cooperative?

Guardi, le do un’ultima “curiosa” notizia sulle Cooperative: alcuni giorni fa, proprio mentre il Sindaco cercava ulteriormente un accordo, è giunta una diffida da parte del loro legale per la rimozione dell’impianto di videosorveglianza che la Capo d’Anzio ha installato sulle proprie aree in concessione in quanto “lesivo della privacy ed illegittimo…”. Incredibile! Personaggi che, senza titolo, occupano le aree e che proseguono attività, anche economiche, non autorizzate…invocano la “privacy”…Siamo alla farsa…

Pensa di superare questi ostacoli? E come?

Ogni ostacolo indebitamente frapposto allo sviluppo del Porto di Anzio verrà rimosso ricorrendo agli strumenti previsti dall’ordinamento. La situazione è da tempo all’attenzione delle autorità di Polizia Giudiziaria e della Regione Lazio. Abbiamo lungamente aspettato la pubblicazione delle sentenze da parte del Tar del Lazio a noi favorevoli, siamo sicuri che alla fine la Legge, in ogni caso, prevarrà!

Sono confermate le previsioni dell’accordo di programma?

 

Capisco le ragioni di questa domanda e i dubbi che ogni tanto emergono nel corso di discussioni anche qualificate, ma la risposta è assolutamente positiva: tutto ciò che è stato previsto nell’accordo di programma, base della concessione demaniale marittima in essere, sarà rispettato pena la decadenza e l’inefficacia della concessione medesima.

Alla luce di quello che afferma, il bando annunciato a più riprese dal sindaco sembra improponibile. O sbaglio?

Sbagliare è umano, ma dobbiamo imparare dagli errori del passato…Il primo bando che dovrà essere predisposto, e di cui è stata già preparata una bozza, è quello relativo all’affidamento dei lavori di seconda fase. Ogni bando relativo al dare in subconcessione a terzi la concessione, svendendone la gestione, ritengo sia illogico, irrazionale e contrario agli interessi della Società e della Città di Anzio.

Sarà la volta buona?

Con l’aiuto di chi è il primo interessato allo sviluppo economico del Porto: i cittadini di Anzio, il porto sarà realizzato secondo il progetto approvato e la concessione assentita. Infatti, io credo che il socio di maggioranza della Capo d’Anzio siano tutti gli anziati non le 3-4 persone che pensano di poterne disporre a fini che ormai non comprendo più.

Per le ragioni che ho illustrato alla prima risposta io sarò sempre al fianco della cittadinanza condividendone da imprenditore – anche, ovviamente, nel mio interesse – il fine ultimo: lo sviluppo di una grande e partecipata attività economico-sociale al centro della città.

Il porto tabù, l’approdo di pochi e le buone maniere

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L’ultimo consiglio comunale di Anzio s’è occupato, è ormai noto, di una definizione data dal sottoscritto intorno alla quale ha discusso per oltre un’ora. Con veemenza, termini forti, evitando di parlare della storia delle morosità indicate dall’ufficio politica delle entrate, anzi minimizzandole.

Si può parlare di ciò che si vuole,  chiaro, evitando offese magari, ma questo è un altro discorso. Si dovrebbe anche parlare, però, di ciò che interessa la città e il suo potenziale sviluppo.

La vicenda porto, invece, bandiera del centro-destra dal ’98, con una concessione in essere dopo mille peripezie dovute a chi inventava procedure sbagliate (buona parte di quello che oggi è il Pd)  sembra diventata un tabù.

Del piano di razionalizzazione della società nessuno parla e doveva essere fatto entro marzo. C’è un piano finanziario che dice una cosa, votato anche dal sindaco che rappresenta il socio di maggioranza, ma Bruschini continua a parlare da oltre un anno di un bando possibile ma che allungherebbe ulteriormente i tempi. Senza contare i fantomatici – e mai visti – gruppi stranieri interessati all’opera.

Certo, è pendente il ricorso degli ormeggiatori – sui quali il Tar si sta stranamente prendendo più tempo del previsto – ma la Capo d’Anzio (al 61% ancora dei cittadini) è titolare di diritti che deve poter esercitare liberamente. Oggi c’è stata tensione, ancora una volta, perché l’approdo è considerato terra di pochi. Quello che immaginavamo come “il porto della città” era e resta esclusivamente degli operatori. Che avranno pure le loro ragioni  – e lo vedremo o meno quando il Tar finalmente si pronuncerà – ma non possono certo usare metodi come quelli riportati dall’amministratore delegato nella denuncia presentata.

Si ha il diritto di difendere il proprio lavoro, ci mancherebbe, attraverso un ricorso e paradossalmente anche muovendosi politicamente attraverso consiglieri comunali che minacciano una crisi perpetua, ma a metodi del genere non si deve mai arrivare. E dire che oggi  non c’era nemmeno il contestato Luigi D’Arpino che gli ormeggiatori, è noto, poco possono vedere.

Se ne parlerà in Consiglio comunale? Chissà… Sembra un argomento diventato tabù, quando in realtà oltre alla vicenda del piano di razionalizzazione ci sarebbero da affrontare quelle  del Life (si corre per evitare che il Comune dopo aver usato i soldi per altro finisca nella black list europea) dei conti della società, del rapporto (purtroppo ben noto già dai tempi di Italia Navigando con Renato Marconi socio) con il privato, di un’impossibile, a tre anni di distanza,  causa per contestare il passaggio delle quote a Marconi e il mancato rispetto dei patti parasociali.

Forse c’è chi, maggioranza e opposizione, preferisce l’approdo di pochi e metodi tutt’altro che ortodossi. Del resto quando si arriva, ai vertici istituzionali, a dare dell’infame a chi scrive, come si può pretendere che i cittadini siano ligi almeno alle buone maniere?

Porto, non sono i giornalisti a fare confusione

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Una pagina del settimanale “il Granchio” dedicata al bando per il nuovo porto consegnato al Comune e lì rimasto ha scatenato la reazione del presidente della Capo d’Anzio, Luigi D’Arpino, che sui social network – dei quali fa un  uso abbondante e poco istituzionale – ha espresso il proprio dissenso su quanto pubblicato.

E’ un passaggio che serve come punto di partenza per dire chiaramente che sul porto non sono i giornalisti a fare confusione. Dovevamo avere il doppio porto, le crociere e tutto il resto, ci ritroviamo a gestire una bagnarola poco sicura e con il canale d’accesso insabbiato alla prossima mareggiata. Già questo basta e avanza, ma uno capisce che i tempi sono cambiati…

E scopre l’ondivaga posizione di chi rappresenta il 61% pubblico della “Capo d’Anzio” ovvero il sindaco di Anzio, Luciano Bruschini.

Nell’articolo del settimanale si afferma che il sospetto è che si voglia andare avanti con la sola gestione. Non è un sospetto, ma una certezza. E’ quello che ha stabilito l’assemblea dei soci della “Capo d’Anzio” – sindaco presente – per uscire dall’angolo di un mega porto irrealizzabile e cercare di non portare i libri in Tribunale.

Il piano finanziario è di dicembre 2013, poi è arrivata la richiesta (accolta) di inversione del crono-programma e di avvio della gestione per salvare la società. Mentre tutto questo avveniva, il sindaco andava in Consiglio comunale a dire che avrebbe fatto il bando e incaricava uno studio di scriverlo.

E’ cosciente, anche se dice sempre che lui “non sa“, che il bando oggi è un’avventura. Già solo pubblicarlo e aspettare eventuali offerte fa passare quasi un anno, poi? La Capo d’Anzio nel frattempo è andata fallita o ha ceduto la concessione al miglior offerente o per la spending review è finita al socio di minoranza Marinedi, Renato Marconi.

Ecco, la confusione non la fanno i giornalisti ma chi sul porto ci ha detto tutto e il suo contrario. Siccome i cittadini di Anzio hanno il 61% delle quote, il sindaco aveva (e ha) il dovere di avvisarli e di seguire una linea logica.

Invece dal singolare avvento di Renato Marconi in poi (vicenda che in altre sedi andrebbe indagata, ma ha avuto il placet nazionale di governi diversi e trasversali…) Bruschini ha dato una botta al cerchio e una alla botte.

Si poteva impugnare il passaggio di quote, per esempio, c’era un ordine del giorno del Consiglio comunale e un parere legale profumatamente pagato. Ma Bruschini prima ha detto che Marconi serviva “perché il Comune non poteva fare certe cose“, poi si è solennemente impegnato a mandarlo via, quindi ci ha messo un altro anno a scrivere una lettera per chiedere quote che andavano restituite “al valore nominale” secondo i patti parasociali che Marconi stesso aveva firmato quando presiedeva Italia Navigando. Si è atteso, dato carta bianca – dal nome al logo, al nuovo sito – a Marconi e ai suoi uffici, ora mandarlo via costerebbe un occhio della testa oltre a essere difficilmente proponibile.

E la relazione alla Corte dei Conti per dire che la società deve rimanere pubblica in quanto il porto è strategico? Il termine di marzo 2015 è passato da un pezzo, nulla è stato fatto, il Comune sarà costretto a cedere le quote e se arrivasse un nababbo a offrire 10 milioni di euro, Marconi avrebbe diritto a tenere tutto per sé alla stessa cifra.

E gli acquirenti, ora turchi ora russi, ora americani, dei quali si parla da mesi? Mistero. La vicenda della sede in piazza, poi, ha del surreale…. Assegnata, mai usata, affidata non si sa ancora a chi ma per la quale nel frattempo il Comune chiede i canoni arretrati.

Per non parlare della situazione creatasi con gli ormeggiatori: la società fa ricorso sulla sospensiva ottenuta dalle cooperative, vince al Consiglio di Stato, il sindaco – spinto da consiglieri comunali di maggioranza – li rassicura che qualunque sia l’attesa pronuncia del Tar  fanno “la stagione, poi si vede“.  L’hanno fatta, si attende la sentenza, ma la confusione resta tanta. Se dovessero perdere, cosa succede? Qual è l’offerta di assunzione fatta e mai resa nota ufficialmente? Cosa impedisce di farlo, quando è noto dai bilanci il costo che le cooperative hanno per il personale? E’ stato proposto meno di quello?

Senza contare quello che ha fatto la società, prima la vendita dei “Dolt” e poi la restituzione dei soldi, le dimissioni date dal presidente (e comunicate ai giornali) anzi no. Un parcheggio sul quale sono servite due delibere e non c’è ancora chiarezza. Sono i giornalisti a fare confusione?

Ma immaginiamo per un attimo l’assemblea Fca che decide di seguire un percorso, lo annuncia ufficialmente, mentre Marchionne alla prima occasione dice l’esatto contrario e dà mandato agli uffici di fare altro? Ecco,   il porto ad Anzio doveva rappresentare – per chi come scrive ci ha creduto e l’ha sostenuto – un maxi investimento della Fiat/Fca. E’ diventato altro grazie alla politichetta di paese e a qualche guru romano, ma  ripetere la storia è ormai inutile.

Una cosa è certa: al posto di D’Arpino, anziché scagliarsi su chiunque scrive, ce ne saremmo andati da tempo. Perché l’assemblea ha detto una cosa che lui, insieme al resto del consiglio d’amministrazione, ha portato avanti. Nel frattempo il socio di maggioranza ha scelto di fare altro. Alimentando la confusione

Sono i fatti, scriverlo è il nostro mestiere.

Ormeggiatori e Capo d’Anzio, perché dobbiamo sapere. Subito

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E’ ormai evidente che sarà la giustizia amministrativa a dirimere la questione tra cooperative di ormeggiatori e Capo d’Anzio, la società che doveva realizzare il porto e per adesso dovrà limitarsi a gestirlo. Non c’è spazio per un’intesa, il sindaco – tirato per la giacca da una parte della maggioranza che minaccia l’ennesima crisi – non è riuscito a fare il miracolo e mercoledì la vicenda sarà affrontata dal Tar.

Da ciò che si apprende – perché sulla vicenda continua a esserci un inspiegabile silenzio – le cooperative hanno proposto di restare dove sono nelle more della definizione del giudizio (del quale avrebbero chiesto il rinvio) e come sub-concessionarie. La Capo d’Anzio – che per il 61% è del Comune – avrebbe risposto che al massimo si può fare un contratto di service. Nulla di fatto.

Un passo indietro, allora: senza la firma degli ormeggiatori, a suo tempo, a un accordo che non prevedeva l’inversione del crono-programma poi avvenuta, oggi non saremmo nemmeno a questo punto. Va riconosciuto, alle cooperative, di aver creduto nel porto in cambio del mantenimento del posto di lavoro.

Un altro passo indietro: andava comunicata l’inversione del crono-programma e fatto un accordo prima, a concessione ottenuta, perché immaginare di “sfrattare” pur avendo i titoli per farlo chi è lì da una vita, senza un’intesa, era e resta un’impresa difficile.

Fatte queste premesse, resta il fatto che il sindaco di Anzio, Luciano Bruschini, non avverta la necessità di farci sapere qual è la proposta della società – della quale lui, quindi i cittadini, detiene il 61% – alle cooperative. Un silenzio inaccettabile, perché da tempo si ripete che il porto è degli anziati, tutti, e non solo di cooperative, cantieri (che si sono accordati) attività che operano sul bacino (che si sono accordate) e circoli esclusivi (alcuni si sono accordati, altri hanno fatto ricorso).

Ebbene quel 61%, leggi la città, ha diritto di sapere qual è la proposta, altrimenti resta alle dichiarazioni degli ormeggiatori che parlano di “usura” da parte della Capo d’Anzio.

Ma se il sindaco non parla, proviamo a capire di che proposta possa trattarsi. Se domani dobbiamo comprare un’attività, per esempio, cosa andiamo a vedere? Fatturato e spese, sembra il minimo.

Normalmente ci sono nel “porticciolo” circa 300 barche. Facciamo a 250 euro al mese? Fa 75.000 euro al mese che moltiplicato 12 ci porta a 900.000. Andiamo a spanne, sarà qualcosa in meno perché d’inverno gli scafi si riducono, magari d’estate ce n’è qualcuno in più, diciamo tra 7 e 900.000 euro? Bene, ma prima di rilevare un’attività o proporre un service bisogna vedere i conti ufficiali.

A leggere i dati relativi al 2013 – gli ultimi disponibili nella banca dati della Camera di commercio – le due cooperative hanno un valore della produzione, insieme, di 497.000 euro. E spendono per il personale 307.377 euro. Una ha una leggera perdita, l’altra un piccolo ricavo. Si deve partire da qui per fare un’offerta, poi vedere anche i dati del 2014.

Certo di meno la Capo d’Anzio non può proporre, ma se per il “service” dicesse da 307.377 in più  l’anno non ci sarebbe alcuna “usura”. E’ corretto?

E qui occorre un ulteriore passo indietro, di una quindicina d’anni. L’allora presidente della Capo d’Anzio, Gianni Billia, voleva “liquidare” i concessionari e assumere il personale. Venne chiesto dalle cooperativa un miliardo di lire e la garanzia del posto di lavoro. Quando il presidente vide i bilanci, disse che non si poteva pagare una cifra del genere.

Non vorremmo, oggi, essere nella stessa situazione. E’ per questo che prima dell’udienza al Tar dobbiamo sapere. Perché se gli ormeggiatori e il circolo vip vincono restano dove sono, ma si ridiscute l’impianto non della concessione di Anzio ma dell’intero decreto Burlando, ma se perdono non dovranno esserci altre trattative.

Ricordando una cosa: il presidente della Capo d’Anzio – uscito spesso dalle righe, soprattutto sui social network – e l’intero consiglio d’amministrazione, finora hanno fatto ciò che ha deciso l’assemblea dei soci alla quale il sindaco ha sempre partecipato.

Andare oggi, come fanno da maggioranze e sembra anche da alcuni di opposizione, a chiedere a Bruschini di “chiudere un occhio” o “dare una mano” ai concessionari è lecito e comprensibile, meno minacciare una crisi, ma il sindaco deve ricordarsi di ciò che ha votato. Se così non fosse, almeno la parte di nomina pubblica del consiglio d’amministrazione dovrebbe farsi da parte. Senza ripensamenti.

Porto e ormeggiatori, è ora di decidere

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Forse al Congresso di Vienna hanno impiegato meno tempo di quello che si sta utilizzando per cercare di uscire dalla vicenda con gli ormeggiatori che hanno impugnato la concessione della Capo d’Anzio.

L’ultimo tentativo di intesa, illustrato dal sindaco che rappresenta nella Capo d’Anzio il 61% delle quote ovvero i cittadini, sembra sia stato rispedito al mittente. Le rispettive “diplomazie” sono al lavoro per cercare un’intesa prima che il Tar il 15 luglio si pronunci. Sarà bene che, intesa o meno, si dica chiaramente una volta per tutte cosa si vuole fare.

Di questa vicenda ho scritto molto in passato, continuo a pensare che a crono programma invertito c’era le necessità di andarsi ad accordare con gli ormeggiatori data la mutata situazione rispetto all’intesa che avevano firmato, ma oggi il Comune – azionista di maggioranza della Capo d’Anzio – deve decidere.

E farci conoscere qual è la proposta che gli ormeggiatori ritengono da “usura”. Deve farlo alla luce del sole. Il sindaco Luciano Bruschini deve scegliere se stare con chi, soprattutto in maggioranza, gli tira la giacca e magari lo minaccia dell’ennesima crisi o con la città e il suo porto, la società nata per realizzarlo e gestirlo ma che eventi di ogni genere hanno portato – per ora – alla sola gestione.

Bruschini deve dare corso alle decisioni assunte – in nome e per conto dei cittadini – in assemblea dei soci e andare avanti con le “fasi” o dire che senza ormeggiatori si ferma tutto qui. E spiegare il perché.

Chi vive in quel tratto di porto da una vita ha diritti che vanno rispettati, bilanci che ha prodotto e sulla base dei quali non può essere “affamato”, se poi i conti sono quelli di una società di piccolo cabotaggio il Comune non potrà certo offrire cifre esorbitanti, ma adeguate al fatturato. Se per gli stipendi spendi 100, io posso darti pure 120-130, non certo 200.

E’ un problema che si pose con il compianto Gianni Billia. Le cooperative volevano essere liquidate con un miliardo e il mantenimento dei posti. Disse che andava bene, ma visti i modelli 770 l’operazione non andò a buon fine. Quel miliardo non si poteva pagare. Non sarebbe stato giustificato.

Oggi il Comune, il sindaco che in assemblea, insieme a Renato Marconi, ha dato mandato a D’Arpino, Bufalari, Fantozzi, Pusceddu e Aliotti di procedere come hanno fatto finora, spieghi qual è stata l’ultima proposta. Cosa prevede e cosa chiedono, invece, gli ormeggiatori. Dia a noi 55.000 cittadini, non solo a quelli che rivendicano i loro diritti di concessionari, la possibilità di capire.

Perché il porto resta nostro, questo lo scrivo da quando iniziai ad affrontare la vicenda sul Granchio, non di pochi eletti.

E se Bruschini non vorrà farci sapere, si muova ufficialmente il presidente D’Arpino. Saluti davvero, stavolta, ma prima ci illustri quale proposta “da usura” sarebbe stata fatta.

Poi decida pure il Tar, se hanno diritto a stare lì nessuno caccerà gli ormeggiatori né i circoli velici, se non ce l’hanno…

Ma è ora di decidere: il tempo è scaduto

Porto e ormeggiatori, adesso tutto alla luce del sole

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L’ordinanza con la quale il Consiglio di Stato ha deciso di sospendere il provvedimento che consentiva alle cooperative di ormeggiatori del porto di restare al loro posto fino alla trattazione di merito del 15 luglio dice una cosa elementare: se c’è una concessione unica, non possono esserci “isole” al suo interno.

Di più, si parla di “intervenuta scadenza delle concessioni rilasciate dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti in favore delle Cooperative attuali parti appellate” ed emergono questioni che più volte sono state affrontate, ascoltando le varie parti in causa, nei dibattiti pubblici, negli articoli di giornale e nelle prese di posizione sui social network: la sicurezza e le assunzioni.

Scrivono i giudici dell’appello amministrativo che lasciare le cooperative al loro posto “comporterebbe il ritardo nell’avvio degli interventi di messa in sicurezza delle aree demaniali con evidente rischio per l’incolumità degli utenti del porto di Anzio” e che esiste “la disponibilità della Società appellante ad assorbire la forza lavoro delle cooperative attuali parti appellate nella nuova gestione dello stesso porto“.

L’incolumità degli utenti, bene o male, c’è stata finora come da decenni sono lì le cooperative. Qui si continua a pensare che a crono programma invertito andassero convocati i rappresentanti e spiegato che l’intesa firmata quando si immaginava il “doppio porto” era da rivedere. Il Comune e la Capo d’Anzio dicono di averlo fatto, gli ormeggiatori no, ma è acqua passata ormai. La gestione è iniziata da parte della società e l’interesse intorno al porto è confermato.

Oggi, in teoria, le cooperative potrebbero essere allontanate, fosse pure per una ventina di giorni, da qui al merito, ma resta quella “disponibilità” .

Anche qui, gli ormeggiatori dicono di avere ricevuto proposte tali da “essere presi per il collo“, la Capo d’Anzio sostiene  il contrario.

Allora adesso si faccia tutto alla luce del sole. Una società pubblica capace di comunicare farebbe una cosa semplicissima: “Prendiamo atto della sentenza con soddisfazione, andiamo avanti, ribadiamo che siamo pronti ad assumere con queste condizioni e contratti….” E le renderebbe pubbliche, evitando e addirittura prevenendo la “processione” che ora inizierà da questo o quel politico, se non dal sindaco (che rappresenta pur sempre il 61% delle quote ovvero dei cittadini) per dire che una sistemazione va trovata.

Certo che sì, ma è bene che il 61% che era e finora resta dei cittadini, sappia quale nella massima trasparenza.

Il porto delle nebbie, il sindaco grande assente

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Il sindaco non si confronta in consiglio comunale, il Circolo della vela di Roma presenta una diffida, gli ormeggiatori evitano lo sgombero ricorrendo al Tar, le tensioni sono quotidiane e finalmente – con i tempi delle liturgie di partito – anche il Pd sottolinea come sul porto si stia giocando una partita pericolosa. Pericolosissima.

La città, proprietaria del 61% delle quote della Capo d’Anzio, rischia di perdere tutto. E il porto di finire in mano a un privato. Diciamo le cose come stanno, una volta per tutte. Ha ragione il Pd a sottolineare la scarsa coerenza tra quello che ha fatto la società – nelle assemblee, presente Luciano Bruschini, e nei consigli d’amministrazione – e ciò che invece ha in mente il sindaco. In questo “balletto” – al netto delle iniziative di chi difende il proprio posto ma anche più di qualche privilegio – il grande assente è proprio il sindaco.

Il famoso bando che ripropone una gara – con il rischio che alla realizzazione si unisca la gestione e che la Capo d’Anzio ovvero la città sia nuovamente estromessa – andata deserta due anni fa, non vede ancora la luce. E mentre Bruschini lo annuncia – ma non si presenta a dirlo in Consiglio comunale, portandosi dietro la maggioranza compresi i presunti “nuovi” della politica – la Capo d’Anzio si muove per fare altro. Perché altrimenti fallisce. E lo fa con il beneplacito nei verbali d’assemblea del sindaco. Qual è la verità?

Possiamo parlare giorni del fine per il quale era nata la società, anzitutto costruirlo il nuovo porto, del progetto, dell’ingresso di Renato Marconi (si sapeva chi fosse, gli ormeggiatori che inviano dossier fanno bene a ricordarlo ma la sostanza oggi non cambia), degli errori commessi in questi anni e degli ostacoli posti. E’ il passato, mentre dobbiamo guardare al domani. Per questo non vorremmo che qualcuno stesse realmente mirando a far fallire la Capo d’Anzio proprio mentre è in grado almeno di invertire la tendenza dei propri bilanci, con il porto che finisce in mano a Marconi o chi per lui. A chi giova? Al socio privato? A chi potrà dire politicamente “l’avevamo detto?” A chi ha stretto qualche singolare accordo con imprenditori pronti per un eventuale bando ma che restano alla finestra?

Dal socio di maggioranza, rappresentante dei cittadini proprietari del 61%, ci si aspetta una presa di posizione chiara: la Capo d’Anzio oggi è l’unica concessionaria, piaccia o meno a circoli e affini, e la legge va fatta rispettare. Anche con gli sgomberi se occorre, fatti bene e non impugnabili come quello singolare emesso e poi ritirato dal Comune.  Non si gioca… E invece non si è ancora in grado nemmeno di assegnare una sede alla propria società, quella in piazza Pia sembra “promessa” a una mostra di conchiglie alla quale terrebbe particolarmente il vice sindaco Zucchini. La Capo d’Anzio ha trovato ospitalità dai marinai in congedo…

E’ un esempio che la dice lunga. E intanto Bruschini continua a tacere, anzi parla con pochi intimi, e intorno vediamo troppe manovre e sentiamo troppe voci. Servirebbe – in consiglio comunale, meglio ancora nelle assemblee pubbliche promesse e mai svolte dal primo cittadino – quella di chi rappresenta noi tutti nella Capo d’Anzio e nel porto che – non mi stancherò mai di ripeterlo – era, è e resta “nostro” e non di pochi intimi.

Il porto, i privilegiati, la fuga della maggioranza. E’ meglio chiudere

L'home page del sito Marina di Capo d'Anzio, registrato dal socio privato

L’home page del sito Marina di Capo d’Anzio, registrato dal socio privato

Facciamo un esempio terra terra: sono stato fra i fondatori della cooperativa “il Granchio”, editrice dell’omonimo settimanale. Ne sono uscito dopo diversi anni, adesso decido di andare da un avvocato e diffidare la cooperativa perché edita un giornale. Voglio vedere se è “eventualmente” autorizzata a farlo. Vi starete chiedendo cosa c’entra, ne sono certo.

Ebbene è il modo per introdurre la diffida che il Circolo della vela di Roma ha fatto Regione, Comune e Capo d’Anzio. Legittimo, per carità, se non fosse che a presiedere quel circolo c’è chi è stato in consiglio d’amministrazione della Capo d’Anzio dal momento della costituzione fino al 3 settembre 2008. Quindi anche dopo la richiesta di concessione demaniale, fatta a marzo 2005.

Uno può essere stato disattento, certo, ma chiedere gli atti oggi somiglia a una beffa. Peggio, al tentativo di mantenere un privilegio pagando meno di 3.500 euro l’anno. La concessione e l’inversione del crono programma sono atti pubblici, ma al Circolo della vela fingono di non saperlo. Hanno le loro ragioni da difendere, bene, tanto gli interessi della città alla quale asseriscono di aver dato tanto vengono dopo. Meglio tenersi lo spazio, pagare neanche 300 euro al mese, mantenere corsi, ristorante, bar, spazi in via molo Pamphili occupati tutto l’anno. Il porto? Pazienza. C’è un passaggio che colpisce della diffida, quello che contesta la “asserita esclusiva a favore della Capo d’Anzio del diritto di concedere l’autorizzazione allo svolgimento di attività, anche di ormeggio di imbarcazioni”. Perché il circolo fa anche da ormeggiatore? Non ci sarebbe da stupirsi nel porto dove per decenni hanno fatto un po’ tutto tutti, senza controlli.

Adesso che c’è una concessione, adesso che la Capo d’Anzio – certo, per fare altro rispetto a ciò per cui era nata – ne ha la titolarità, spariscono tutti quelli che volevano (?) il porto. Si passa a diffide e carte bollate.  La società ha sbagliato nella comunicazione e l’approccio, lo ripeto da mesi, ma qui occorre cominciare a dar ragione a Luigi D’Arpino che da tempo asserisce che il porto realmente c’è chi non lo vuole. E ha fatto bene, il presidente della Capo d’Anzio, ad annullare la conferenza dopo la fuga di sindaco e maggioranza, compresi i presunti “nuovi” della politica anziate. Va a rispondere D’Arpino quando il sindaco, proprietario del 61%, si guarda bene dal farlo alimentando i dubbi sull’intera operazione porto? Quando con un comportamento del genere si alimenta il comportamento di chi si batte affinché non si faccia più nulla?

E tanto Bruschini ha ragione, oltre le dichiarazioni stampa che hanno risvegliato persino il 5stelle Tontini aspettiamo ancora un manifesto banalissimo o mezzo comunicato nel quale farlo notare da parte dell’opposizione di varia natura. Ma sì, va bene così… Intanto gli spari ad Alessandroni hanno fatto già dimenticare il Consiglio a vuoto.

Hanno ragione gli ormeggiatori, ha ragione il Circolo della vela. Perché cambiare se finora è andato avanti tutto così, sia pure per pochi? La città può attendere. E quando il porto sarà insabbiato non ci sarà più la Regione a dragarlo, attenzione, quando la Capo d’Anzio sarà fallita allora arriverà il privato e vedremo se ci saranno diffide o atti simili.

Magari è quello che qualcuno vuole davvero. Dovrebbe avere il coraggio di dirlo. Intanto sarebbe meglio cominciare a far rispettare le leggi – tutte – e se necessario chiudere un porto che non è sicuro, dove si svolgono attività abusivamente o al limite della legalità. Speriamo che se non Capitaneria, Finanza e chiunque abbia giurisdizione locale cominci a muoversi qualcuno a livello superiore. La misura è colma.