E’ ormai evidente che sarà la giustizia amministrativa a dirimere la questione tra cooperative di ormeggiatori e Capo d’Anzio, la società che doveva realizzare il porto e per adesso dovrà limitarsi a gestirlo. Non c’è spazio per un’intesa, il sindaco – tirato per la giacca da una parte della maggioranza che minaccia l’ennesima crisi – non è riuscito a fare il miracolo e mercoledì la vicenda sarà affrontata dal Tar.
Da ciò che si apprende – perché sulla vicenda continua a esserci un inspiegabile silenzio – le cooperative hanno proposto di restare dove sono nelle more della definizione del giudizio (del quale avrebbero chiesto il rinvio) e come sub-concessionarie. La Capo d’Anzio – che per il 61% è del Comune – avrebbe risposto che al massimo si può fare un contratto di service. Nulla di fatto.
Un passo indietro, allora: senza la firma degli ormeggiatori, a suo tempo, a un accordo che non prevedeva l’inversione del crono-programma poi avvenuta, oggi non saremmo nemmeno a questo punto. Va riconosciuto, alle cooperative, di aver creduto nel porto in cambio del mantenimento del posto di lavoro.
Un altro passo indietro: andava comunicata l’inversione del crono-programma e fatto un accordo prima, a concessione ottenuta, perché immaginare di “sfrattare” pur avendo i titoli per farlo chi è lì da una vita, senza un’intesa, era e resta un’impresa difficile.
Fatte queste premesse, resta il fatto che il sindaco di Anzio, Luciano Bruschini, non avverta la necessità di farci sapere qual è la proposta della società – della quale lui, quindi i cittadini, detiene il 61% – alle cooperative. Un silenzio inaccettabile, perché da tempo si ripete che il porto è degli anziati, tutti, e non solo di cooperative, cantieri (che si sono accordati) attività che operano sul bacino (che si sono accordate) e circoli esclusivi (alcuni si sono accordati, altri hanno fatto ricorso).
Ebbene quel 61%, leggi la città, ha diritto di sapere qual è la proposta, altrimenti resta alle dichiarazioni degli ormeggiatori che parlano di “usura” da parte della Capo d’Anzio.
Ma se il sindaco non parla, proviamo a capire di che proposta possa trattarsi. Se domani dobbiamo comprare un’attività, per esempio, cosa andiamo a vedere? Fatturato e spese, sembra il minimo.
Normalmente ci sono nel “porticciolo” circa 300 barche. Facciamo a 250 euro al mese? Fa 75.000 euro al mese che moltiplicato 12 ci porta a 900.000. Andiamo a spanne, sarà qualcosa in meno perché d’inverno gli scafi si riducono, magari d’estate ce n’è qualcuno in più, diciamo tra 7 e 900.000 euro? Bene, ma prima di rilevare un’attività o proporre un service bisogna vedere i conti ufficiali.
A leggere i dati relativi al 2013 – gli ultimi disponibili nella banca dati della Camera di commercio – le due cooperative hanno un valore della produzione, insieme, di 497.000 euro. E spendono per il personale 307.377 euro. Una ha una leggera perdita, l’altra un piccolo ricavo. Si deve partire da qui per fare un’offerta, poi vedere anche i dati del 2014.
Certo di meno la Capo d’Anzio non può proporre, ma se per il “service” dicesse da 307.377 in più l’anno non ci sarebbe alcuna “usura”. E’ corretto?
E qui occorre un ulteriore passo indietro, di una quindicina d’anni. L’allora presidente della Capo d’Anzio, Gianni Billia, voleva “liquidare” i concessionari e assumere il personale. Venne chiesto dalle cooperativa un miliardo di lire e la garanzia del posto di lavoro. Quando il presidente vide i bilanci, disse che non si poteva pagare una cifra del genere.
Non vorremmo, oggi, essere nella stessa situazione. E’ per questo che prima dell’udienza al Tar dobbiamo sapere. Perché se gli ormeggiatori e il circolo vip vincono restano dove sono, ma si ridiscute l’impianto non della concessione di Anzio ma dell’intero decreto Burlando, ma se perdono non dovranno esserci altre trattative.
Ricordando una cosa: il presidente della Capo d’Anzio – uscito spesso dalle righe, soprattutto sui social network – e l’intero consiglio d’amministrazione, finora hanno fatto ciò che ha deciso l’assemblea dei soci alla quale il sindaco ha sempre partecipato.
Andare oggi, come fanno da maggioranze e sembra anche da alcuni di opposizione, a chiedere a Bruschini di “chiudere un occhio” o “dare una mano” ai concessionari è lecito e comprensibile, meno minacciare una crisi, ma il sindaco deve ricordarsi di ciò che ha votato. Se così non fosse, almeno la parte di nomina pubblica del consiglio d’amministrazione dovrebbe farsi da parte. Senza ripensamenti.