Si torna al voto, i 30 anni di bugie che ci precedono. A futura memoria

La storia siamo noi, attenzione, nessuno si senta escluso
Francesco De Gregori

Tra gli insegnamenti che Giampaolo Pansa forniva a chi voleva fare questo mestiere, c’era quello di avere un buon archivio. Non esistevano i computer di oggi, internet era usato solo a fini militari, chi scrive queste righe aveva il sogno di fare il giornalista. E così applicava alla lettera le indicazioni del grande giornalista, allora a “Repubblica”.

Ora che ad Anzio si torna a votare, dopo l’onta del commissariamento per condizionamento della criminalità organizzata, quell’insegnamento torna utile per questa pubblicazione che per buona parte nasce dall’aver conservato del materiale in occasione del voto amministrativo.

Sono passati circa 30 anni dalla prima elezione diretta del sindaco, la popolazione è cresciuta a dismisura (i residenti erano 35.889 nel 1995, sono 59.335 all’1 gennaio scorso), la tecnologia ha fatto passi da gigante, ma senza tema di smentita i personaggi che hanno guidato la città sono stati praticamente sempre gli stessi.

Come le proposte inserite nei programmi, inizialmente non obbligatorie, e dal decreto legislativo 267 del 2000 da allegare alle candidature.

Le pagine che seguono non hanno pretese diverse da quelle documentali, far sapere chi ha vinto, cosa proponeva, chi erano le giunte e i consigli comunali, cosa ha fatto o non, i fallimenti.

È materiale a disposizione di chi avrà la bontà di sfogliare, perché no stampare e conservare, di chi sarà curioso di sapere quante volte e con chi è stato eletto Tizio piuttosto che Caio.

Un primo dato che balza agli occhi è l’affluenza alle urne che ha avuto il picco nel ’95 (85,59%), è calata lievemente fino al 2008 quando è risalita fino all’83,71% fino a crollare sei anni fa al 54,22%

A proposito del 2018, chi scrive ha avuto l’ardire di candidarsi sindaco (Pd e civica #unaltracittà) perdendo sonoramente e assumendosene la responsabilità. L’unica “divagazione” di questo documento rispetto ai programmi e ai risultati elettorali, sarà l’appendice con il solo discorso pronunciato in consiglio comunale. C’erano tutti gli elementi che hanno portato allo scioglimento, ma è un dettaglio. Si era e si resta convinti che quando i cittadini scelgono, hanno sempre ragione. Nelle pagine che seguono si vedrà come hanno scelto e chi, perché riprendendo la frase del “Principe” Francesco De Gregori: la storia siamo noi, nessuno si senta escluso.

Buona lettura, per chi vorrà.

Porto, l’ultima beffa e ancora bugie sui conti della Capo d’Anzio

L’ormai prossimo affidamento al “Marina di Nettuno” della gestione degli ormeggi ad Anzio – mancano solo pochi dettagli – potrebbe rispolverare un sano campanilismo (tipo “a Nettuno ‘n sanno manco se l’acqua de mare è dorce o salata”) ovvero far immaginare finalmente una collaborazione tra le due città attraverso istituzioni che quando hanno “dovuto” collaborare (leggasi piano di zona per i servizi sociali, ad esempio) non hanno mai brillato e che invece dai trasporti ai rifiuti, potrebbero fare molto insieme.

Il fatto che con la Capo d’Anzio in liquidazione, i mezzi bloccati, l’attività sospesa, si dovesse correre ai ripari ha portato alla soluzione più “vicina”, respingendo la proposta del socio privato Renato Marconi e non considerando quella che i sub concessionari (cantieri e altri operatori) erano pronti a illustrare alla Commissione straordinaria per risolvere il discorso ormeggi e sicurezza. Nessuno li ha ricevuti.

Diciamo la verità, il problema andava risolto e pure con urgenza, la singolare ordinanza della Capitaneria di porto che suona come “arrangiatevi” (ma qualcuno a Civitavecchia queste cose le legge?) aveva acuito le difficoltà, ma quello che doveva essere il bacino che rilanciava Anzio e la sua economia, la nuova “Montecarlo” e via discorrendo affidato al “Marina di Nettuno” suona come l’ultima beffa.

A fronte di questo, serve qualche chiarimento, perché il 61% della Capo d’Anzio è ancora dei cittadini, i quali alla fine della liquidazione si ritroveranno a pagare i debiti, con l’auspicio che la Corte dei conti voglia accertare ogni responsabilità sulla mala gestione della società, la miriade di incarichi legali o consulenze sul “controllo analogo”, qualche acquisto “allegro”, e la Procura di Velletri decida di svolgere appieno il suo ruolo per verificare se c’è stata una intenzione precisa di arrivare a questo punto. Disperiamo, ma non si sa mai…

I chiarimenti, dicevamo: quanto costerà il servizio affidato al “Marina di Nettuno” e chi pagherà? Che fine faranno i dipendenti della “Capo d’Anzio” nel frattempo sospesi? L’affidamento prevede anche l’escavo del canale di accesso che secondo la concessione doveva svolgere la “Capo d’Anzio” che non lo ha mai fatto? Qualcuno ha pensato che si sta affidando a un porto concorrente il servizio e che inevitabilmente arriveranno (come sono arrivate in passato) proposte per portare lì le imbarcazioni a ormeggiare, sottraendo quindi i potenziali introiti di quel che resta della Capo d’Anzio?

In tutto questo brilla per assenza la Regione Lazio, creditrice di svariati milioni e che sovrintende al porto di Anzio. Inutili, finora, le tardive sollecitazioni arrivate dal Pd.

Poi ci sono le notizie che arrivano dal Comune, dove la Commissione straordinaria ha incontrato gli ex sindaci Luciano Bruschini e Candido De Angelis proprio sulla vicenda porto, sollevando le ire di Apa e di “No bavaglio, il silenzio è mafia”. I due ex primi cittadini, insieme al redivivo “Signorsì”, avrebbero sostenuto – il condizionale è d’obbligo – che per la Capo d’Anzio si era intrapresa la strada della salvezza e che i conti erano a posto. Non sappiamo se abbiano davvero raccontato una cosa del genere, ma stando alla relazione al consuntivo 2018 del Comune, ai bilanci depositati della Capo d’Anzio e agli atti di cause civili in corso è noto che quei conti sono sballati. Se l’ex amministratore unico e gli altri imputati sono stati assolti dal falso in bilancio sui documenti relativi a 2018 e 2019, alla luce della liquidazione sappiamo che erano artefatti davvero. Lo sappiamo perché la vicenda del direttore del porto che va comunque pagato è ormai definita (e quindi era un debito che non è stato considerato, mandando il bilancio in attivo quando era in perdita) così come una consulenza tecnica d’ufficio di un altro procedimento, relativo alla progettazione, chiede di rettificare i bilanci precedenti. Forse è ora di dire basta alle bugie e prendere atto del fallimento della società ma prima ancora di quell’idea (lo so, l’ho ampiamente sostenuta e le mie scuse sono pubbliche da tempo, senza aver mai trascurato di leggere le carte) e della vergogna alla quale è stata esposta la città

Infine, se la Commissione straordinaria volesse farsi un’idea a proposito dei rapporti con Marconi, di chi ce lo ha portato, delle responsabilità, vale per tutti il comunicato del 19 luglio 2018 ancora visibile sul sito dell’ente: “Importante Cda. Comune e socio privato formalizzano un accordo (…)”. Era sindaco De Angelis che aveva sostituito Bruschini, i comunicati del quale sono sempre lì. Ecco, basta bugie per favore…

Porto, la grande vergogna. Carte false, “cordate” e avvoltoi

Le immagini vergognose che hanno fatto il giro del mondo, con i proprietari di scafi costretti a raggiungere a nuoto le proprie barche “ormeggiate”, scrivono la parola fine sulla vicenda del porto di Anzio. Non è solo il fallimento della Capo d’Anzio, ma di un’idea perseguita – a suon di carte rivelatesi false – da chi ha guidato la città negli ultimi 25 anni. Hanno responsabilità precise le amministrazioni che hanno governato Anzio e chi le ha sostenute, i dirigenti che si sono prestati, chi veniva a miracol mostrare presiedendo la società, il privato che ha fatto il suo gioco per arrivare a questo punto con l’intenzione di prendersi tutto, da ultimo la commissione straordinaria e – per quanto concerne la sicurezza – la Capitaneria di porto.

Partiamo proprio dalla Guardia costiera: possibile che a fronte del caos che si è creato nel bacino nessuno intervenga? Si può nuotare in porto, benché per raggiungere il proprio scafo? Arriviamo alla Commissione: il prefetto Scolamiero, insieme ai colleghi Tarricone e Anatriello hanno sperato fino all’ultimo che la palla passasse alla politica e di uscirne indenni. Avevano tutti gli “alert” rispetto alla situazione, l’ex amministratrice Marzoli – arrivata passando per Aet e finita a presiedere Acqualatina – ha chiesto invano cosa si volesse fare ma non risulta che la Commissione si sia mossa prima di ora e della delibera adottata all’indomani della liquidazione. Con i poteri di sindaco, giunta e consiglio e senza dover rendere conto a maggioranze, si poteva mettere in conto che l’esercizio provvisorio poteva non essere accordato e si doveva preparare un piano “B”. Non è stato fatto e l’affannosa ricerca di una soluzione, oggi, rischia di mettere una pezza peggiore del buco. Ci sono i posti di lavoro da salvaguardare, certamente, ma nessuna “scorciatoia” e attenzione alle compatibilità o meno di dirigenti che stanno seguendo la cosa.

Chi la “pezza” ce la metterebbe volentieri è Renato Marconi con la sua Marinedi. Che avrebbe fatto ciò che aveva già portato a termine con Italia Navigando lo abbiamo ripetuto, in questo umile spazio, per anni. Ha contribuito alla gestione della società ma, da scaltro imprenditore, ha dalla sua la “road map” firmata da Bruschini, i patti parasociali che secondo lui De Angelis avrebbe disconosciuto, i verbali nei quali il suo fido avvocato Bufalari faceva scrivere che si doveva ricapitalizzare, una serie di crediti che superano il debito che ha nei confronti della collettività per il suo 39% della fidejussione che per ora ha pagato il Comune, quindi noi cittadini. Si è detto pronto a gestire in via provvisoria il porto. Una anticipazione di quello che potrebbe diventare definitivo. Se non fosse che “radio banchina” continui con insistenza a parlare di “cordate” pronte a intervenire. Ne abbiamo sentite di tutti i colori, in questi 25 anni, ma stavolta non sembra un mistero che lo stesso Marconi (che parte in vantaggio come creditore, benché non privilegiato) stia lavorando per una ma che l’altra sarebbe addirittura capitanata – udite udite – da Ernesto Monti.

Sì, il professore del crack Trevitex (e non solo) che insieme ad altri si è salvato dal falso in bilancio prima contestato e poi “rimangiato” dalla Procura di Velletri, con conseguente assoluzione. Non stupisce, conoscendo la storia di quel palazzo di giustizia che come diciamo da queste parti, dove vede e dove cieca. Ricordiamo che Monti riportò in attivo un bilancio che aveva una perdita, anzi due, spostando delle poste. Uno dei tanti “carta vince, carta perde” intorno alla società. Alla luce di quello che successivamente ha scritto la Marzoli e della liquidazione della società, è evidente che quei bilanci erano falsi ma ormai è acqua passata. Lo stesso Monti, insieme all’ingegnere Ievolella non più tardi di due anni e mezzo fa sono stati in Consiglio comunale a proporre una nuova fidejussione che avrebbe risolto i problemi e che per fortuna nessuna banca ha concesso.

A favorire questi “movimenti” c’è stato anche il dirigente dell’area finanziaria, il dottor Luigi D’Aprano, qui ribattezzato “Signorsì”, il quale in una relazione al bilancio consuntivo del Comune la Capo d’Anzio voleva liquidarla, ma cambiato sindaco e sentito Monti ci ha ripensato e ha continuato – copiando e incollando – a dire che la partecipazione del Comune era strategica. Facendolo votare in più delibere, parlando di piano industriale che non abbiamo più visto e via discorrendo. Esiste ancora il falso in atto pubblico? Così, per capire….

Arriviamo alla politica, infine, a chi ci ha portato Marconi, chi se lo è tenuto, a chi diceva che l’avrebbe cacciato ma poi firmava “road map”, a chi ha continuato a promettere, a chi si è girato altrove. Le responsabilità gestionali sono senza dubbio del centro-destra. Si continua a buttare la palla in fallo laterale su quanto fece la Regione guidata da Marrazzo e dal centro-sinistra (eravamo al 2005-2006, secondo le promesse di chi si ricandidava dovevano essere iniziati i lavori) ma si dimentica di dire che dalla concessione del 2011 in poi, in Comune si è dormito assai. O, peggio, si è fatto finta di dormire forse proprio per arrivare fin qui. In tutto questo, il centro-sinistra non è stato nemmeno capace a provare a mettere all’angolo la Regione, a far impegnare la giunta Rocca su una soluzione pubblica che salvaguardasse la concessione. Che so, un ordine del giorno, una mozione, sull’idea – sinceramente difficile da percorrere ma che politicamente si poteva anche immaginare e condividere – di passare tutto all’autorità portuale. Forse oggi non saremmo qui, non avrebbero incertezza i lavoratori, i sub concessionari, non avremmo esposto quel che resta della società a un contenzioso con chi gli ormeggi li ha comunque pagati e oggi deve andare a riprendersi la barca a nuoto, senza sapere chi la controlla o cosa succede se c’è una mareggiata. Solo che i se e i ma non fanno la storia.

La storia è quella di un porto che è stato di Nerone, opera di ingegneria idraulica ancora oggi studiata in tutto il mondo, ha salvato un futuro Papa, è stato realizzato altrove (sbagliando) ma ha visto transitare imbarcazioni leggendarie della marineria italiana. Un porto, come pochi, “dentro” alla città. Una storia che – come non bastasse lo scioglimento per mafia – è stata calpestata da bramosia di potere e carte false. Su queste ultime, “cordate” e avvoltoi sono pronti a intervenire. A noi resta la vergogna, a chi ci ha portato fin qui forse nemmeno quella.

Capo d’Anzio: carta vince, carta perde. Come con i pescatori sportivi

Abbiamo scoperto dalla recente delibera adottata dalla Commissione straordinaria chi ha portato allo sfascio la Capo d’Anzio. Sono stati, nell’ordine, Italia Navigando, quindi Marinedi di Renato Marconi e già che ci siamo anche Invitalia, non si sa mai. Lo leggiamo nell’atto con il quale si prende atto della liquidazione e si incarica il dirigente dell’area finanziaria di chiedere il risarcimento danni. Sì, avete capito bene, lo stesso dirigente che la società voleva liquidarla nel 2018, poi ci ha ripensato (che “Signorsì” sarebbe?), quindi ha portato al processo per il falso in bilancio (con assoluzioni a Velletri), ha copiato e incollato per almeno due volte la relazione sulle società partecipate. Continua, perdonate, il carta vince e carta perde intorno al fallimento della Capo d’Anzio e al faraonico progetto di porto.

Chi ha portato Invitalia, Italia Navigando, Marconi (che si scoprirà solo dopo, era già socio al 3% di quella società che doveva essere pubblica), quindi Sviluppo Italia e Marinedi lo abbiamo ricostruito da tempo. E se è vero, tremendamente vero, che dopo un anno il socio di minoranza doveva portare i finanziamenti, è altrettanto acclarato che il Comune ha dormito. Peggio, ha tenuto nei cassetti il parere di Cancrini, ha firmato la “road map” con Marconi, ha continuato ad avere rapporti, finto di non sapere che c’era un direttore del porto, e oggi ha trovato chi sono i responsabili dello sfascio. Speriamo abbia ragione, ma sappiamo che quella società il Comune l’ha gestita insieme a Marconi e Marinedi. Sappiamo che era necessario ripatrimonializzare e nessuno se n’è mai veramente preoccupato, tranne il rappresentante del socio privato che lo faceva mettere a verbale. Sappiamo che ha fatto operazioni di ingegneria finanziaria che hanno portato al processo di Velletri con assoluzione per l’ex presidente Ernesto Monti e gli altri, provvedimento che alla luce dei successivi bilanci e delle cospicue perdite risulta quantomeno singolare. Ma la gestione e il mancato controllo del Comune, le promesse senza guardare le carte a cominciare dai “copia e incolla”, sono state sempre improntate a “carta vince, carta perde”. La gestione era quella e ne abbiamo un esempio lampante.

IL CIRCOLO PESCATORI SPORTIVI

Una realtà che esiste da 40 anni, ha usato a lungo la banchina della “piccola pesca” e della quale la Capo d’Anzio non si è interessata fino al 2022. Solo allora ci si è resi conto che usavano uno spazio in concessione e si è cercato di regolarizzare la cosa. Benissimo, i pescatori sportivi hanno sottoscritto i contratti per il 2022, hanno pagato e poi chiesto di riavere le medesime condizioni nel 2023. Avete risposto voi che non lo sapevate? Così ha fatto la Capo d’Anzio che però, nel 2024, ha chiesto gli arretrati dell’anno precedente e ha pure mandato via il circolo perché lo specchio d’acqua non è sicuro. Avete capito bene, manca la sicurezza e sapete su quale base? La relazione di un sub del 2021. Sì, di tre anni prima. Rispetto ad allora quello specchio d’acqua, oggi, è sicuro? E perché i pescatori sportivi via e gli altri no? Un piccolo esempio del malfunzionamento della Capo d’Anzio, con responsabilità del fallimento che andranno anche cercate nelle alte sfere ma dal punto di vista della gestione sono tutte qui. Se non si è capaci di risolvere una questione del genere e ci si appella a una relazione del 2021 usandola solo per chi vorrebbe solo fare una pescata con gli amici, è normale che si vada a casa.

LE CORDATE

Mentre i liquidatori iniziano il loro lavoro e l’unico “asset” della società – la concessione – è fortemente a rischio, si parla con grande insistenza di gruppi interessati a rilevare tutto. Con dietro i “soliti noti” che in questi anni in qualche modo sul porto hanno detto la loro. Se sarà possibile o meno, lo vedremo a breve. L’impressione è che si sia arrivati a questo scientemente, bypassando (come per la mancata approvazione del 2006) il livello locale. Se così fosse, c’è un’altra ipotesi che la rediviva Procura di Velletri avrà il dovere di valutare. Si chiama bancarotta fraudolenta.

Porto e Capo d’Anzio, addio ai sogni di gloria

Giugno 2000, luglio 2024. Dai sogni di gloria – iniziati alla fine del ’99 con l’approvazione dei documenti per il nuovo porto in Consiglio comunale e proseguiti con la costituzione della società, appunto nel 2000 – alla liquidazione della Capo d’Anzio che doveva realizzare e gestire il bacino ma si è limitata, nel tempo, ad accumulare debiti e gestire (male) l’esistente.

Finiscono nel modo peggiore i sogni di gloria – chi scrive ci ha creduto e si è amaramente pentito – i 1200 posti barca, i 1000 posti di lavoro (!?!?!), Montecarlo e via discorrendo. Finiscono per responsabilità chiare e inequivocabili della politica e del centro-destra che per 25 anni ci ha fatto credere nel “miracolo” disinteressandosi della situazione della società ovvero limitandosi a nominare presidenti e consigli d’amministrazione con il bilancino, senza leggere le carte di una gestione che era disastrosa non da oggi.

Hanno nome e cognome – De Angelis e Bruschini e le loro maggioranze – quelli che ci hanno portato il privato, Renato Marconi, e se lo sono tenuti dopo aver promesso di mandarlo via “parola d’onore”. Si sapeva chi fosse, più volte da questo umile spazio si è messo in guardia sul rischio che avrebbe fatto come con “Italia navigando”, ci siamo arrivati. L’ingegnere di Marinedi, sia chiaro, ha svolto il suo ruolo, fino a chiedere la liquidazione perché vanta un credito. Ora proverà a rilanciare e prendersi la società, com’era ampiamente prevedibile. Tutto questo mentre pensavano al gioco delle parti, in consiglio comunale, mentre negli uffici si copiavano e incollavano relazioni (verso “Signorsì”?) o prima si chiedeva di liquidare la società e poi ci si ripensava a uso e consumo di quella stessa politica. Nessuno si accorgeva, pensate, che c’era un direttore del porto e solo a Velletri su un falso in bilancio palese si poteva chiudere un occhio, ma si sa che le sentenze vanno rispettate. Quel direttore, oggi, ha avuto riconosciuto ciò che gli spettava. Sarà un altro debito che pagheremo.

Finisce la Capo d’Anzio, si arena il sogno del nuovo porto, e mentre il liquidatore dovrà pensare a sistemare i conti e qualche “falco” (Marconi stesso? o dietro questo epilogo c’è un disegno più ampio?) cercherà di approfittarne, in teoria il Comune potrebbe rilasciare una nuova concessione. Il Demanio è sua materia, ma dubitiamo la commissione straordinaria voglia metterci mano.

Dispiace, perché doveva essere il porto della città, è rimasto quello delle nebbie.

ps, per chi vuole approfondire c’è l’imbarazzo della scelta

Capo d’Anzio allo sfascio, Marconi chiede la liquidazione e la commissione… aspetta

Ai debiti del bilancio 2022 si sono uniti quelli dell’anno successivo, la fuggiasca ex amministratrice unica – nel frattempo diventata presidente di Acqualatina – ha certificato il quadro fallimentare della Capo d’Anzio e la commissione straordinaria continua nel prendere tempo. A questo punto Marinedi, titolare sub judice del 39% delle quote che attualmente sono in mano a un amministratore giudiziario, ha chiesto di liquidare la Capo d’Anzio. Marinedi, quindi Marconi, il socio privato portato con “Italia Navigando” e che sta facendo con la società che doveva realizzare e gestire il porto, ciò che ha fatto con la sua stessa creatura “Italia Navigando”, ritrovandosi quasi dal nulla 10 approdi. A quel punto, offre la soluzione. In attesa della decisione del Tribunale, la situazione è fallimentare e nel caso di liquidazione si apre un fronte nuovo: il porto non si realizza e questo ormai era noto, ma chi lo gestisce? E siccome il Comune è titolare del Demanio, quali intenzioni ha la commissione straordinaria, oltre ad attendere gli eventi e tollerare i copia e incolla del dirigente nel frattempo in aspettativa?

Alle perdite pari a 608.000 euro del 2022, si aggiungono 155.000 euro del 2023, il totale dei debiti è paria 3 milioni 448.593 rispetto ai 3 milioni 373.200 dell’anno precedente. Gli incassi, il cosiddetto “valore della produzione”, resta pressoché identico, scendendo da 1 milione 91.631 del 2022 a 1 milione 90.387 del 2023. Prima di andarsene nel lido più sicuro di “Acqualatina”, l’amministratrice Cinzia Marzoli ha ribadito che la continuità dell’impresa è a rischio, come leggiamo qui sotto. Non da oggi, aggiungiamo noi

La liquidazione e il commissariamento sono dietro l’angolo, anche se a Velletri – inteso come Tribunale – ci sono vie infinite. Non è un caso, comunque, che la vicenda abbia preoccupato almeno i dipendenti che vogliono conoscere il loro futuro, ma aggiungiamo che la stessa preoccupazione è di chi ha un posto barca in affitto (sempre meno) o deve entrare e uscire dal porto tutti i giorni con un escavo (da concessione a carico della Capo d’Anzio) fatto di fretta, pressoché inutilmente e a carico della società che accumula così ulteriori debiti. Divenuti troppo grandi e per i quali un piano di risanamento sembra impossibile, almeno da presentare fra meno di una settimana in tribunale. C’è una via d’uscita: il liquidatore porta al fallimento con tutto ciò che questo comporta, ma il Comune può sempre “darsi” la concessione o metterla a bando. Chi gestisce, poi, il porto? Torniamo alla casella di partenza di oltre 30 anni fa, quando si cercavano amici degli amici e si presentavano mega plastici in campagne elettorali. All’idea del porto che doveva essere “nostro”, della città, abbiamo purtroppo rinunciato da tempo.

I SILENZI

Al silenzio, non solo su questo, della commissione straordinaria, si unisce quello della politica. Tace la Regione che pure ha una concessione con canoni mai riscossi, i partiti locali soprattutto di centro-destra, quelli che ci hanno portato in questa situazione (si veda la foto della campagna di Bruschini che succedeva a De Angelis con lo sloga “continuiamo insieme”), pensano alle liste per le prossime amministrative e alla vittoria che sentono già loro, ma non spendono una parola su questo argomento. Anzi sì, circolano nuovi e fantomatici “fondi” tipo quelli dei turchi-napoletani dell’epoca Bruschini. Il Pd ci va di “fioretto”, gli altri del centro-sinistra continuano a preoccuparsi del progetto – ormai irrealizzabile – e pazienza se noi cittadini pagheremo tutti i debiti accumulati dalla società. Si è distinto il Movimento 5Stelle che almeno ha fatto commissioni trasparenza, ha presenziato alle commissioni in regione, ha smosso le acque sulla Capo d’Anzio.

ps, una delle entrate maggiori è data dai parcheggi, quelli che il centro-destra – complice un dirigente della polizia locale voluto dalla stessa politica – “regalò” ai protagonisti dell’indagine Malasuerte. Che passaggi di quell’inchiesta siano nell’operazione Tritone che ha fatto sciogliere il consiglio comunale, è un dettaglio…

Porto, se fosse la volta buona per una soluzione pubblica condivisa

Non c’era bisogno che la dimissionaria amministratrice della Capo d’Anzio, Cinzia Marzoli, si recasse in Regione a dire che il progetto del porto non è realizzabile. Avevamo scoperto con “il Granchio”, ormai quasi venti anni fa, che Italia Navigando – allora partner teoricamente pubblico della società – diceva al Salone nautico di Genova “tanto non si farà mai”. E spingeva per Fiumicino.

Sempre allora, dopo aver creduto (sbagliando, ahimè) al raddoppio del bacino, scoprimmo con banali visure camerali che Renato Marconi era socio della Capo d’Anzio e che questa, quindi, non era più pubblica. Né l’allora sindaco, Candido De Angelis, né il suo successore, Luciano Bruschini, fecero abbastanza per riprendersi le quote. Il resto è storia recente, di un carrozzone – la Capo d’Anzio – creato per realizzare e gestire il porto e che si trova a fare – male, malissimo – solo la seconda cosa. Di una società che era ed è il reale problema da affrontare e risolvere, se si vuole dare un futuro al bacino portuale di quella che resta una gloriosa città di mare caduta in misera disgrazia.

Per anni si è dibattuto sul progetto, ancora oggi c’è chi “brinda” perché era sbagliato (andavano forse bene Marine investimenti del ’90? O quelli che intervenivano per far rinviare le conferenze dei servizi?), quando la realtà dice che la Capo d’Anzio immaginata per fare quel porto e lasciarlo pubblico è stata, purtroppo, l’inizio della fine. Con partite giocate altrove, in più di qualche salotto romano, purtroppo.

Con l’addio della Marzoli (secondo una versione di “radio Villa Sarsina” voleva liquidare la società, secondo un’altra ha solo un incarico più prestigioso da svolgere) sono 7 i presidenti e/o amministratori che si sono succeduti alla guida della società, a lei va riconosciuto di aver finalmente fatto ordine in conti disastrosi, ben diversi da quelli illustrati dal professore specializzato in crack finanziari che De Angelis, al terzo mandato, aveva chiamato al capezzale per provare a salvare ciò che non era possibile. E cercando di mandare via, troppo tardi, Renato Marconi che Bruschini gli prometteva che avrebbe cacciato (“parola d’onore”, disse in consiglio comunale) ma con il quale intanto firmava la Road map…. De Angelis non viveva sulla luna, era consigliere comunale.

Detto questo, l’addio della Marzoli impone l’obbligo di decidere. La Capo d’Anzio ha i conti in rosso, debiti a non finire, non è “bancabile” (e non da oggi) e si appresta a essere liquidata. Ha un solo patrimonio: la concessione demaniale. E intorno a questa, se ci fosse una politica che ha a cuore i problemi e non solo i voti da prendere alle europee in vista delle amministrative del 2025, si deve fare quadrato.

Se si liquida semplicemente la società, Marconi – che ha le sue quote affidate a un custode giudiziario – può fare la voce grossa e dire che vuole ricapitalizzare. La via d’uscita, istituzionale e pubblica, era e resta quella di inglobare Anzio nell’autorità portuale del Lazio. Con la concessione (il valore da portare nell’autorità) e tutti i suoi debiti, molti dei quali con la Regione Lazio per canoni non pagati, escavo del canale di accesso e compagnia. Per farlo occorre che dal presidente Francesco Rocca al capogruppo Pd Daniele Leodori, passando per tutti i consiglieri di riferimento che ci sono sul territorio dall’una e dall’altra parte (abbiamo anche uno eletto qui, Capolei), e con la spinta della Commissione straordinaria che guida Anzio dopo lo scioglimento, si decida di sedersi e trovare una soluzione condivisa.

Per entrare nell’autorità portuale servono atti concreti, delibere, forse addirittura la modifica di una legge regionale, ma è ormai l’unica via da provare a percorrere. Il tempo delle interrogazioni e delle responsabilità da individuare – che sono chiarissime, d’altra parte – è finito. L’autorità portuale è una soluzione – pubblica – per restituire ad Anzio un porto degno di tale nome, non faraonico (quello è stata una chimera) ma attrezzato e praticabile. La politica – che dovrebbe avere una visione e indicare soluzioni percorribili – farebbe questo. La politichetta, invece, ci ha portato allo sfascio della Capo d’Anzio e alla disastrosa situazione attuale.

Per approfondimenti

Porto, eppur si muove. Giorgetti risponda all’interrogazione Pd

Era ora. Qualcuno si è finalmente accorto, in Parlamento, che la storia della Capo d’Anzio ha del surreale. In una puntuale interrogazione il senatore Verini, del Pd, insieme ad altri colleghi, chiede al ministro dell’economia, Giorgetti, se: “sia al corrente di quanto richiamato nelle premesse e se non ritenga di far svolgere, per quanto di competenza e nel rispetto delle norme, ulteriori verifiche ed accertamenti trattandosi di una spa il cui 61% è detenuto dal Comune di Anzio anche al fine di verificare la sussistenza delle condizioni di partecipazione di un Comune ad una siffatta società per azioni”.

Premesse che vanno dalla mano destra (la commissione straordinaria) che non sa o finge di ignorare quello che fa la sinistra (l’amministratrice unica) e che con il “copia e incolla” del dirigente “Signorsì” pronto ad abbandonare la nave dopo aver contribuito al suo affondamento, dice di voler mantenere la partecipazione. Peccato che nella relazione al bilancio l’amministratrice affermi: “Il risultato conseguito e le analisi della situazione finanziaria della società fortemente indebitata, incapace di far fronte autonomamente alle obbligazioni provenienti dal passato ma presenti anche nel 2022 e nell’esercizio 2023, fanno ritenere che vi siano significative incertezze in merito alla capacità della società di garantire la continuità aziendale”. Soprattutto, l’impossibilità di accedere al credito bancario “stando agli indicatori presenti nei quattro bilanci degli esercizi precedenti”, l’aumento del canone di concessione, i costi per l’escavo del canale di accesso al porto (per i quali la Capo d’Anzio è già indebitata con la Regione Lazio)”.

Cose note a chi segue questo blog, ma anche a chi sfoglia le pagine di “Controcorrente”. A fare le pulci alla Capo d’Anzio siamo rimasti in pochi del resto. Cosa succede adesso? Le strade sono due: i leghisti locali si attivano immediatamente per “arrivare” a Giorgetti e usando “le vie infinite della politica” care all’ex sindaco, gli dicono di buttare la palla in tribuna, rimandare una risposta (che deve essere in aula, l’interrogazione è orale). Motivo? Sembra di sentirli: “Mo se vota, rivincemo e famo er porto, c’è ‘n finanziatore”. L’altra strada – che è auspicabile – è che il ministro invece faccia gli accertamenti dovuti, risponda e faccia finalmente gettare la maschera a chi si sta arrampicando sugli specchi nel tentativo di tenere in piedi una società decotta e non da oggi. Vedremo quale sceglierà Giorgetti, il quale sembra persona lontana da certe logiche di partito. Ma si sa, le vie infinite…

Porto, Marconi pronto al “soccorso” (ma va?) della Capo d’Anzio

L’ingegnere Renato Marconi è uno che ci ha visto lungo, sin dai tempi in cui ha diretto i lavori al porto di Nettuno. Il capolavoro lo ha fatto, però, con “Italia Navigando” – che ci ritrovammo ad Anzio perché avrebbe sviluppato la rete dei porti – che siccome non gli aveva riconosciuto i lavori che aveva svolto gli ha dato, in cambio, 10 porti. Tra i quali Anzio. Quando lo intervistammo non aveva dubbi: “Il porto lo faremo”. E qui nessuno ha mai avuto dubbi sul fatto che l’ingegnere abbia fatto ad Anzio lo stesso percorso di “Italia Navigando”, fornendo i servizi della sua Marinedi e poi presentando il conto.

A prescindere dal contenzioso avviato colpevolmente in ritardo dal Comune, dopo il parere del professor Cancrini tenuto nei cassetti, Marconi ha formalmente ancora il 39% della società e quindi oggi propone (lo aveva fatto anche in passato, diciamo pure con qualche fondo di dubbia provenienza) una ricapitalizzazione. Perché il bilancio è fallimentare, visto che finalmente ci si è decisi a evitare funamboliche iscrizioni nel tentativo di salvare ciò che non era possibile. La commissione straordinaria che da una parte dice di voler mantenere la partecipazione e dall’altra ha l’amministratrice unica che sottolinea le “incertezze” – un eufemismo – per andare avanti, cosa intende fare? L’unico bene della Capo d’Anzio era, è e resta la concessione. Quella andrebbe salvata in qualche modo. Ma se Marconi ricapitalizza e il Comune non può? L’ingegnere è pronto a prendersi tutto, come qui ampiamente sottolineato a più riprese e non da oggi. C’è una via d’uscita? Sì, il demanio è ormai competenza del Comune che dovrebbe restare a garantire la pubblicità del porto. Ma una via d’uscita va trovata e subito.

IL COMUNICATO DI MARINEDI

ROMA – ANZIO 17 GENNAIO 2023 – La pubblicazione del Bilancio al 31/12/2022 della Capo d’Anzio S.p.A., il primo sottoscritto dal nuovo Amministratore Unico, dott.ssa Cinzia Marzoli, dimostra che quanto affermato da tempo dalla Marinedi e dagli Amministratori, a suo tempo dalla stessa nominati nel Consiglio di Amministrazione della Capo d’Anzio, è corretto.

La corretta appostazione delle voci contabili ha portato inevitabilmente ad una chiusura negativa dei conti che, al 31/12/2022, riportano, infatti, una perdita di oltre 600.000 euro e un patrimonio netto contabile negativo di oltre 90.000 euro.

A questo si aggiungono gli ingenti debiti scaduti, anche nel 2023, su cui non sembra esserci certezza della capacità di regolare pagamento. Elementi che rendono obbligatori il risanamento e la ricapitalizzazione della Società – già a suo tempo richiesta non solo dagli Amministratori, ma anche dal Collegio Sindacale e dal Socio Marinedi.

Marinedi, confermando quanto detto in più occasioni, l’ultima alla fine del 2022, ha ribadito alla Commissione Straordinaria del Comune di Anzio la propria disponibilità a supportare finanziariamente ed operativamente la Capo d’Anzio S.p.A. e l’iniziativa di riqualificazione del porto di Anzio, a tutela della concessione demaniale marittima e del pubblico erario, ma soprattutto dei dipendenti della stessa, degli Operatori portuali e dei diportisti.

Marinedi ritiene doverosa una pronta risposta delle Istituzioni e delle Autorità interpellate.

Capo d’Anzio, ecco il bilancio: “Incertezze sulla continuità”

Ringrazio l’amministratrice unica della Capo d’Anzio, Cinzia Marzoli, per avere celermente risposto alla mia richiesta di accesso civico che puntava a rendere noto il bilancio 2022 della società. L’approvazione si era appresa dalla delibera con la quale – a questo punto inspiegabilmente – il Comune ha deciso di tenere in vita un’azienda decotta. Il bilancio è finalmente pubblicato sul sito della Capo d’Anzio, non ancora su quello del Comune al quale ho inoltrato medesima istanza.

Senza addentrarsi nei “numeri” e nella significativa perdita di 608.000 euro nel 2022, la nota integrativa parla di “significative incertezze in merito alla capacità della società di garantire la continuità aziendale“. Lo confermano sia il collegio dei revisori, sia il revisore unico. La Capo d’Anzio fa acqua da tutte le parti e ci sentiamo vieppiù presi in giro quando leggiamo – copiato e incollato – che esiste un piano di investimenti e c’è la famosa fidejussione che ancora circola. Sapete perché? Come qui si ripete da tempo la Capo d’Anzio non è “bancabile” e la conferma arriva sempre nella nota integrativa che riporto di seguito. Non c’è bisogno di aggiungere altro.

E’ nei documenti ufficiali, più che di “incertezze” sia consentita una battuta, ad Anzio diciamo “so finite le fava a Federico”. C’è rimasto poco da fare, l’inspiegabile accanimento terapeutico e le promesse che sentiamo circolare di un prossimo finanziatore, sono buone per la prossima campagna elettorale della Destra che ci ha portato in questa condizione.