Sant’Antonio, il palco, la barca. Citofonare Bruschini/Salsedo

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Avrei aspettato, per rispetto al Santo patrono e a quello che rappresenta – credenti o meno – per la nostra città. Ma l’amministrazione 3.0 nel pomeriggio ha annunciato via social, sulla pagina del sindaco, che questa sera non ci sarebbe stato lo spettacolo perché – testuale – “mancano gli atti a firma del dirigente e del funzionario“.  La comunicazione, ci riferiscono i siti locali, è del delegato al turismo (!?) Luciano Bruschini, l’omonimo del sindaco.

Gli atti mancano, è vero, perché quel palco non è in regola e non poteva esserlo. Prendersela con i dirigenti e i funzionari è un tentativo di bassa lega. La festa del Patrono si fa da secoli, l’idea di programmare per tempo le cose no, vero? E’ stata, invece, una corsa contro il tempo, anche per le recenti norme anti-terrorismo che la dirigente del commissariato di Polizia ha preteso venissero applicate. E ha fatto bene. Come hanno fatto bene Angela Santaniello e Aurelio Droghini che non hanno firmato per un palco senza scarico a terra, di misure inferiori a quelle previste, senza prove di carico e via discorrendo. Serviva una relazione tecnica che non c’era e non si può dare la responsabilità a chi fa rispettare le norme, né chiedergli di “aggirarle“. In passato, forse, è avvenuto. Sulla “commistione” tra dirigenza e politica ci siamo espressi più volte, ma solo a chi finge di non vedere sfugge – oggi – la tensione che si respira in Comune su ogni atto. Perché la politica continua a pretendere, c’è la campagna elettorale che incombe, la minaccia che vinca qualcuno di diverso terrorizza, chi nella struttura non sta con il sindaco, gli assessori o i consiglieri di maggioranza è “contro“, ostacola.

Ebbene stasera, per la prima volta nella storia, non ci sarà lo spettacolo di chiusura in piazza Garibaldi, una “cover” che avrebbe messo insieme Ligabue con Albano e Romina. Spettacolo del quale si è appreso  a cinque giorni dall’evento e del quale – oggi – si conoscono anche le modalità di scelta. Altro che trasparenza, ci pensa il delegato che ha chiesto e valutato i preventivi e deciso chi si sarebbe esibito. Questo è quanto accaduto, non è solo un problema di palco, ma di procedure ordinarie e banali che si volevano violare. Ora il sindaco farà “spallucce“, dirà che non sapeva, il suo successore incaricato rivendicherà il “modello di amministrazione“, ma il responsabile dello sfacelo al quale siamo arrivati, della lotta interna al Comune, della colossale figuraccia della serata saltata è solo il primo cittadino. L’unico in grado, del resto, di tenere in piedi quella che un consigliere di maggioranza è solito chiamare “Armata Brancaleone” .

Dal delegato al turismo alla ex  delegata all’archeologia, Valentina Salsedo, uniti nel destino politico di “Noi con il cuore” e in questa vicenda della processione. Motivo? La consigliera ha portato con sé sulla seconda barca – a seguito del Santo – sei ospiti.

Per carità, su quello scafo in passato sono salito anch’io insieme a un capo redattore dell’Ansa come ospite, diciamo che ho “abusato” della mia professione chiedendo – allora – la cortesia alla segreteria del sindaco. In questa occasione, però, ai giornalisti era stato chiesto di indicare chi volesse partecipare (e nell’elenco ce ne sono un paio) e ai consiglieri e assessori di indicare massimo un’altra persona da portare. E’ giusto, chi ha un incarico pubblico può avere un riconoscimento del genere in occasione della festa. Fra l’altro sembra finalmente finito il pessimo andazzo di portare sullo scafo che imbarca il Santo anche presunte autorità e si è scelto – da tempo – di avere una paranza di “appoggio“.

Erano state messe delle regole, anche lì, ma c’è chi le ha aggirate. Se l’anno prossimo Salsedo sarà ancora consigliere comunale di maggioranza, i cittadini sapranno a chi chiedere.

 

Cafà ci ripensa (forse) Nolfi no, il sindaco dà l’ultimatum

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Ti arrivano comunicati in “politichese” e poi provano a farti l’interpretazione “autentica“, al solito sei te, insieme ai colleghi ma da quando esistono i social anche i cittadini, a non capire.

Allora devi affidarti all’esperienza, all’interpretazione, provare a fare un minimo di analisi. Le assessore Cafà e Nolfi se ne vanno con una lettera di dimissioni “irrevocabili” e durissima. Le segue la Salsedo che riconsegna le delghe. Quando la missiva esce provano ad addolcire la pillola con un comunicato fiume dopo dieci giorni di silenzio e una serie di incontri – l’ultimo a pranzo con il sindaco –  che sono serviti a chiarire. Tutti capiamo che tornano sui loro passi, ma loro si affrettano a dire che abbiamo compreso male: le dimissioni sono confermate.

Le parole, però, hanno un peso e gli altri assessori, quelli rimasti, coloro dei quali si chiede la testa ma senza il coraggio di dirlo ufficialmente (lo facciamo noi, ce l’hanno soprattutto con Placidi e Zucchini, più di qualcuno potrebbe dire “benvenute nel club“) replicano al comunicato e lanciano la sfida: riuniamoci.

Le assessore vacillano, ma non troppo, e questa mattina si rivedono con il sindaco al quale si erano “affidate” per una soluzione e che già un anno fa le aveva fatte tornare sui propri passi. Fallito l’azzeramento per poi di fatto  rinominare tutti, si era provato – devi stare alle fonti e alle interpretazioni, ricordiamolo – a fare qualche “aggiustamento” e a tirare a campare fino al 2018. Perché così non va – guarda un po’, cominciano ad accorgersene anche gli amministratori – e qualcosa occorre inventarsi. “Padre Luciano” ricorda che c’è il porto, agita lo spauracchio di Grillo, non vuole chiudere indegnamente la sua lunga carriera politica.

Nuovo vertice al Bar Nolfi e alla fine un ultimatum: entro lunedì devono scegliere, rientrare o lasciare. Tra le cose che sono state sollevate in Prefettura sembra – lo riferiscono ambienti vicini al sindaco – che la più preoccupante sia la mancanza di “quote rosa“. Circolano nomi alternativi, gli assessori non molleranno e allora? Cafà sarebbe pronta a tornare, la Nolfi non ci pensa proprio, Salsedo resta comunque consigliera e pazienza le deleghe. Nel pomeriggio, si dice, altro bar e altro vertice ma solo tra le dimissionarie. Lunedì sapremo, forse.

Le condizioni della città? Spettacoli estivi fai da te, un palco montato per nulla (e senza trasparenza, a oggi) e figuracce come questa? Ma sì… c’è la crisi politica.

Qualcuno ha scritto, giustamente, che nemmeno Pirandello avrebbe saputo immaginare di meglio. Però adesso basta, finite questa tragicomica, chiedete scusa e se siete in grado governate fino al termine del mandato. Altrimenti andate pure a casa.

Dissidenti pronte al rientro, ad Anzio la pantomima è servita

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Da sinistra il sindaco Luciano Bruschini e le dimissionarie pronte a ripensarci Valentina Salsedo, Roberta Cafà e Laura Nolfi

Un pranzo e l’accordo per il rientro vicino, anzi dato quasi per scontato negli ambienti della politica anziate. Roberta Cafà, Laura Nolfi e Valentina Salsedo sono pronte a tornare sui propri passi. Il “pressing” del sindaco – che oggi si è intrattenuto ancora a lungo con loro in un ristorante – è andato a buon fine. Luciano Bruschini, è noto, in questo è maestro. Si tratterà ora di trovare la via per spiegare alla città questa nuova pantomima.

A fronte delle pesanti accuse mosse nelle lettere di dimissioni, sarà interessante capire cosa avranno da dirci le assessore e la delegata all’archeologia che dieci giorni fa hanno sbattuto la porta.

E quali ragioni politiche le hanno spinte a ripensarci, cosa si aspettano che cambi rispetto  alla mancanza di “trasparenza e corretta amministrazione” e di fronte a “politiche illogiche, arroganti e incontrollabili“.

Si dimisero già un anno fa, adesso avevano rassegnato “irrevocabile rinuncia al mandato” e invece già domani potrebbero accettare di essere rinominate,altro che irrevocabile…. con buona pace di chi al sindaco aveva fornito già i  nomi alternativi.

Se pure non rientrassero, poi, è stucchevole che Cafà, Nolfi e Salsedo siano state zitte per dieci giorni, non abbiano sentito il dovere di spiegare ai cittadini perché si erano dimesse. Lo apprendiamo oggi, grazie ai servizi dei giornali on-line, gli stessi ai quali loro si rivolgevano un giorno sì e l’altro pure per apparire con i loro comunicati e che hanno fortunatamente “carpito” la lettera di dimissioni.

Un modesto suggerimento ai siti e giornali locali. Se le assessore e la delegata richiamano o mandano un comunicato, pubblicatelo 10 giorni dopo o comunque per il tempo che vi hanno fatto attendere e hanno portato in giro i cittadini. E fate così ogni volta che presenteranno iniziative.

Perché il silenzio dalle dimissioni in poi è irrispettoso dei cittadini, vero, ma anche di chi lavora in siti o giornali locali che non possono andare bene solo quando fa comodo e c’è “smania” di comunicare.

Cafà, Nolfi e Salsedo: se ci siete battete un colpo….

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E’ passata una settimana dalle dimissioni delle assessore Roberta Cafà e Laura Nolfi e dala riconsegna della delega da parte della consigliera Valentina Salsedo. Le prime due hanno fatto parte di una maggioranza che si è presentata alla città per essere 3.0, hanno sempre comunicato a spron battuto, siamo nell’era della comunicazione globale ma loro ancora non ci fanno sapere perché sono andate via. Non a chi scrive, attenzione, ma ai cittadini di Anzio. A chi le ha votate, anzitutto, ma anche a chi le ha viste operare. Perché uno quando amministra lo fa per tutti, non solo per chi l’ha votato. La terza è ancora consigliere di maggioranza 3.0, invece

Gli apprezzamenti tardivi arrivati alle assessore sanno, diciamoci la verità, di presa in giro. Sono state a lungo sulla graticola, sono state pesantemente accusate dentro e fuori dalla maggioranza perché troppo “visibili” o perché presenzialiste e piene di iniziative, sono andati a far loro le pulci su tutto – in certi casi anche giustamente – ma adesso devono far conoscere il motivo per il quale sono andate via aprendo una crisi che solo i vecchi politicanti di casa nostra fingono di ignorare. E ovviamente  anche Valentina Salsedo dovrebbe dirci perché ha riconsegnato la delega ai beni archeologici.

Le tre donne “ribelli” ieri sera si sono riunite a lungo, del loro come di altri incontri nei bar sappiamo grazie ai social network o a chi vede i nostri politici riunirsi per cercare di uscire dall’angolo nel quale sono finiti, mentre la città è allo sbando.

Tra le altre cose c’è la vicenda quote rosa, per le quali è ancora in piedi una petizione on line, e l’amministrazione anziate non solo è fuori legge ma adesso è sotto l’attenzione del Prefetto e della Consigliera regionale di parità  Alida Castelli – che ha risposto al nostro sollecito dicendo: “Condivido la vostra posizione e rimango in attesa di un fattivo atto che ponga fine all’inapplicazione di una norma per la quale le donne, ma non sole, si sono battute“.

Ecco, un bel comunicato (dall’amministrazione ci arriva di tutto, meno le cose serie) o una conferenza stampa, per dire: “Siamo andate via perché...” E per smentire le voci – che tali sono, ma come recita il vecchio adagio “se la foglia si muove il vento tira…” – secondo le quali Cafà e Nolfi rientrerebbero se si azzera la giunta, sarebbero state convinte, si sottoporrebbero a una colossale figuraccia per “salvare” l’amministrazione. Ovvero che hanno lasciato per paura della possibile commissione d’accesso.

Serve trasparenza, dunque, ma capiamo benissimo che avendo fatto parte di questa amministrazione che ha un sito istituzionale ancora lontano dal rispettare le norme, non è facile. Affidiamoci allora al più pratico Cafà, Nolfi e Salsedo: se ci siete battete un colpo….

Così viene infangata solo la memoria di Falcone

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La cerimonia alla “Falcone” (foto Raniero Avvisati)

Confesso di non nutrire particolare simpatia per i magistrati. E’ un pregiudizio che deriva dalle “frequentazioni” – sia pure via Canale 66 – dei comizi di Marco Pannella. Riconosco, però, che come in tutte le categorie – a partire dai giornalisti – c’è chi svolge il proprio dovere e chi non. Premessa necessaria per dire – e sono solo l’ultimo a poterlo fare – che quanto sta accadendo intorno alla cerimonia di venerdì scorso al IV istituto comprensivo per l’intitolazione a Giovanni Falcone, offende la memoria di un magistrato che ha pagato con la vita. Lo ha fatto lui, lo hanno fatto la moglie e la scorta, poco dopo la stessa sorte è toccata a Paolo Borsellino, in questo Paese purtroppo la medesima fine è toccata ad altri magistrati.

Solo il rispetto per un decesso imporrebbe di tacere, in una seduta pubblica, all’interno di una scuola, di fronte a persone che stanno parlando. A maggior ragione se sono ospiti della città e per giunta magistrati. E’ questione anzitutto di educazione, quindi di rispetto, per chiunque parli. Le immagini della mattinata mostrano i due magistrati interrompersi in più occasioni. E non ci facciamo una bella figura.

La dura presa di posizione dell’assessore Laura Nolfi – che ha sottolineato la figuraccia – ha scatenato le ire di docenti, genitori e della consigliera delegata ai gemellaggi, Valentina Salsedo, che è arrivata a chiedere di fatto le dimissioni della componente della giunta Bruschini, mentre oggi si terrà un Consiglio d’istituto nel quale la stessa Nolfi sarebbe sgradita“. Si dimentica – o si finge di non sapere – che gli assessori non compongono gli organi collegiali della scuola. Dal canto suo l’assessore si affretta a replicare e bacchetta la delegata “assente e in cerca di visibilità“. No, per favore, fermatevi. Tutti. Parliamo di Giovanni Falcone e – idealmente – di tutti i servitori dello Stato che hanno pagato con la vita. Si sta scadendo nel ridicolo.

Purtroppo intorno a questa vicenda, già dai giorni precedenti, più di qualcosa non sembrava gradita. Purtroppo nella nostra città nemmeno intitolare una scuola a chi ha pagato con la vita la lotta alla mafia può essere una cosa condivisa. Nemmeno voglio immaginare che le interruzioni a chi parlava fossero “premeditate“, ma di certo il clima prima, durante e dopo l’evento non è stato dei migliori. Se a questo si aggiunge, come si sente negli ambienti, che c’è una sorta di lotta di potere e visibilità beh, siamo assolutamente fuori strada.

Mi piace citare, sempre, una frase del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, ucciso anche lui dalla mafia, insieme alla moglie e al figlio che aspettavano: “Finché una tessera di partito conterà più dello Stato, non ce la faremo mai a vincere“. Riflettiamoci, perché con quello che stiamo vedendo infanghiamo soltanto la memoria di Falcone.