Così viene infangata solo la memoria di Falcone

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La cerimonia alla “Falcone” (foto Raniero Avvisati)

Confesso di non nutrire particolare simpatia per i magistrati. E’ un pregiudizio che deriva dalle “frequentazioni” – sia pure via Canale 66 – dei comizi di Marco Pannella. Riconosco, però, che come in tutte le categorie – a partire dai giornalisti – c’è chi svolge il proprio dovere e chi non. Premessa necessaria per dire – e sono solo l’ultimo a poterlo fare – che quanto sta accadendo intorno alla cerimonia di venerdì scorso al IV istituto comprensivo per l’intitolazione a Giovanni Falcone, offende la memoria di un magistrato che ha pagato con la vita. Lo ha fatto lui, lo hanno fatto la moglie e la scorta, poco dopo la stessa sorte è toccata a Paolo Borsellino, in questo Paese purtroppo la medesima fine è toccata ad altri magistrati.

Solo il rispetto per un decesso imporrebbe di tacere, in una seduta pubblica, all’interno di una scuola, di fronte a persone che stanno parlando. A maggior ragione se sono ospiti della città e per giunta magistrati. E’ questione anzitutto di educazione, quindi di rispetto, per chiunque parli. Le immagini della mattinata mostrano i due magistrati interrompersi in più occasioni. E non ci facciamo una bella figura.

La dura presa di posizione dell’assessore Laura Nolfi – che ha sottolineato la figuraccia – ha scatenato le ire di docenti, genitori e della consigliera delegata ai gemellaggi, Valentina Salsedo, che è arrivata a chiedere di fatto le dimissioni della componente della giunta Bruschini, mentre oggi si terrà un Consiglio d’istituto nel quale la stessa Nolfi sarebbe sgradita“. Si dimentica – o si finge di non sapere – che gli assessori non compongono gli organi collegiali della scuola. Dal canto suo l’assessore si affretta a replicare e bacchetta la delegata “assente e in cerca di visibilità“. No, per favore, fermatevi. Tutti. Parliamo di Giovanni Falcone e – idealmente – di tutti i servitori dello Stato che hanno pagato con la vita. Si sta scadendo nel ridicolo.

Purtroppo intorno a questa vicenda, già dai giorni precedenti, più di qualcosa non sembrava gradita. Purtroppo nella nostra città nemmeno intitolare una scuola a chi ha pagato con la vita la lotta alla mafia può essere una cosa condivisa. Nemmeno voglio immaginare che le interruzioni a chi parlava fossero “premeditate“, ma di certo il clima prima, durante e dopo l’evento non è stato dei migliori. Se a questo si aggiunge, come si sente negli ambienti, che c’è una sorta di lotta di potere e visibilità beh, siamo assolutamente fuori strada.

Mi piace citare, sempre, una frase del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, ucciso anche lui dalla mafia, insieme alla moglie e al figlio che aspettavano: “Finché una tessera di partito conterà più dello Stato, non ce la faremo mai a vincere“. Riflettiamoci, perché con quello che stiamo vedendo infanghiamo soltanto la memoria di Falcone.

 

Il ricordo di Falcone, che emozione in quella scuola

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Un passaggio fugace, un semplice saluto a chi aveva organizzato la giornata per ricordare Giovanni Falcone, la moglie e la sua scorta brutalmente assassinati dalla mafia 23 anni fa, e una grande emozione in quella scuola.

Oggi che ci sono gli “istituti comprensivi”, per chi la ricorda in costruzione prima (al posto di vecchie “baracche“) e come succursale del “Cesare Battisti“, essere in un istituto intitolato a Falcone è già un passo avanti. Che brutto quel giorno e come vola il tempo. A scuola, oggi, c’erano quanti come me nel ’92 si affacciavano appena al mondo del lavoro e adesso sono genitori. C’erano persone che io vedevo già adulte quando ero bambino ed erano lì per assistere al lavoro dei nipoti. C’erano quegli alunni nati dieci anni dopo la strage di Capaci e in grado di ricostruire quanto accaduto e comprendere il messaggio di Falcone che prima era stato di Chinnici, Dalla Chiesa, poi di Borsellino e di tutti quelli che la mafia ha ucciso. Un messaggio di legalità, speranza, senso di giustizia, coraggio, perché: “Chi ha paura muore ogni giorno, chi non ha paura muore una volta sola” – come ci ricordava proprio Falcone.

Vedere i lavori dei ragazzi, vederli indossare le maglie “No alla mafia“, vedere il fermento dei genitori che hanno organizzato (complimenti ad Andrea e Manuela, non me ne vogliano gli altri che purtroppo non conosco), leggere qualcosa al volo, fermarsi a sbirciare un video, dice che c’è un Paese che non si arrenderà mai.  E che Falcone e gli altri sono stati uccisi, vero, ma vivranno per sempre.

Tenendo a mente una frase proprio del prefetto Carlo Alberto Dalla Chiesa: “Finché una tessera di partito conterà più dello Stato, non ce la faremo mai a vincere“. Una tessera o un interesse particolare rispetto a quello generale, l’interpretazione errata del proprio ruolo pubblico o il potere usato per fare favori anziché amministrare, a volte intimidire anziché rispondere.

Quei ragazzi stamattina ci hanno detto altro ovvero che questa battaglia si può e si deve vincere.