Se la politica scende ai mezzucci. A Nettuno (e altrove) non serve

casto

Non nutro grande simpatia per Beppe Grillo, è noto, ma ho rispetto immenso per le scelte degli elettori. Qualunque siano. A Nettuno i cittadini hanno mandato al ballottaggio Angelo Casto, candidato del Movimento 5 stelle, stimato funzionario di polizia, a sorpresa. Dovrà vedersela con Rodolfo Turano, stimato medico, che è arrivato al primo posto ed è a capo di una coalizione di parte del centro-destra con il “soccorso” degli assessori anziati Patrizio Placidi e Roberta Cafà che dalle urne, a dire il vero, non hanno avuto gran riscontro.

Alla vigilia del primo turno è uscita su facebook una notizia infondata relativa al figlio di Casto, prontamente rimossa e al centro di una denuncia. Adesso qualche buontempone – definiamolo così – fa le “pulci” alla sua possibile casta.

Speravo, dico la verità, che certe cose fossero finalmente superate dopo la guerreggiante campagna elettorale di tre anni fa, ad Anzio come a Nettuno. Invece ci risiamo. Qualcuno mi spiegherà che “è la politica….” Ma qui si va su vicende personali – che se uno diventa personaggio pubblico avrà anche il dovere di far conoscere, certo, eliminando eventuali incompatibilità che più della legge sono dettate dall’opportunità  – e non sui programmi.

Poi pazienza i candidati, ma cosa c’entrano quelli che non lo sono? E perché coinvolgerli? L’impressione è che quanti hanno fatto il post sul figlio di Casto e quanti  si sono impegnati nell’ultimo attacco – è stato lo stesso candidato a diffondere questo volantino e quello, improponibile, con la stella a 5 punte che ricorda le Brigate rosse – siano alla frutta.  Ed è bravo Casto  a non cadere nel facile paragone del “senti chi parla….” andando a scorrere candidati, potenziali eletti e loro associazioni, malgoverno del passato.

Il “grillino” non ha esperienza in un Comune, è vero. I suoi non ce l’hanno. Fanno proposte che potranno essere condivisibili o meno, ma se vincessero sarebbero i cittadini di Nettuno ad averlo decretato e loro stessi a dover giudicare, alle prossime elezioni.  Fa così tanta paura la scelta degli elettori? Ma dai…. Come ha detto un’arzilla ottantatreenne incontrata per Nettuno: “I so votati tutti, ecco come semo finiti, chesso (intendendo per Casto) de peggio che po’ fa?” Ecco, cosa può fare di peggio?

Un consiglio comunale sciolto in passato per condizionamento della criminalità, un giovane sindaco che al secondo mandato – dopo essersi “incartato” e aver perso pezzi per strada grazie a perdenti di successo perché “è la politica.…” – ha portato a un altro scioglimento anticipato, una situazione disastrosa alla quale il commissario ha  cercato di porre qualche rimedio. Poi i cittadini sono tornati a scegliere e domenica prossima decideranno a chi spetterà governare Nettuno.

Sul programma, sulla credibilità, sulle cose che faranno per i numeri civici, il parcheggione, le vicende urbanistico/edilizie delle quali da settimane parla Agostino Gaeta sulle sue pagine, le casse del Comune e via discorrendo.

Il resto, francamente, è fuori luogo. Lo dicesse a chiare lettere anche Turano, dissociandosi da certe iniziative.

*** Aggiornamento delle 18,54: apprendo dal Granchio che Turano ha preso le distanze. Bene.

11.395 chilometri per parlare di “Sangue sporco” e non è finita

copertinasangue

Al netto degli incontri ad Anzio (un paio) e Latina (tre) che frequento quotidianamente, alla pausa del singolare “tour” che sto compiendo con il libro “Sangue sporco. Trasfusioni, errori e malasanità” (Giubilei  Regnani, 202 pagine, 15 euro) ho percorso 11.395 chilometri. Da Milano a Lamezia Terme, da Ferrara a Cosenza, da Napoli a Modena, da Bologna a Salerno, da Bari a Cesena passando per Gallicano (Lucca), Ceccano (Frosinone), Rionero in Vulture (Potenza) e le più vicine Roma, Sabaudia, Formia, Gaeta, Aprilia, Terracina….

Un dato quantitativo che si aggiunge ai viaggi per preparare il libro. Un dato che dice poco, forse, ma per il quale devo ringraziare anzitutto la mia famiglia per la pazienza, i colleghi della redazione di Latina con i quali mi sono accordato con corte e recuperi, quindi chi ha organizzato gli incontri e si è prodigato affinché tutto andasse per il meglio. Ho incontrato persone straordinarie, colleghi molto preparati, fatto nuove amicizie, visitato sia pure brevemente città dove non ero mai stato. C’è qualcuno che ha storto il naso, in certo associazionismo, chi ha provato a negare gli spazi, ma pazienza…

Ci sono stati momenti molto partecipati, altri per nulla, tante copie vendute o nessuna, ma l’obiettivo era, è e resta quello di parlare di un argomento sottaciuto, di dare voce ai malati e ai loro familiari, prima ancora di vendere il libro, cosa che ovviamente non guasta. L’obiettivo è quelli di portare all’attenzione dell’opinione pubblica  uno scandalo italiano che “fa” notizia solo quando ci condanna la Corte europea dei diritti dell’uomo, non quando nei Tribunali di tutta Italia – un giorno sì e l’altro pure – viene condannato a risarcire il ministero della Salute che farà di tutto per non pagare.

Mi ha spinto a occuparmi di questo argomento, come ho detto in ogni incontro, la curiosità del cronista. Erano troppe le sentenze, assurde le storie ad esse legate, e poco lo spazio sui media. Normale, non “fa” notizia, e nel mondo della moderna comunicazione – dove conta più un tweet che un approfondimento – scrivere un libro era l’unica possibilità per parlare di questo argomento. L’avevo proposto a editori “impegnati“, a una certa “intellighenzia” della nostra editoria, ma senza Francesco Giubilei e la sua casa editrice non sarebbe mai uscito. E’ un argomento che scotta, dà fastidio, coinvolge le case farmaceutiche e personaggi ancora in vista…

Così come sarebbe stato difficile senza la pazienza e la disponibilità dell’avvocato Renato Mattarelli, di quanti hanno dato un aiuto e degli intervistati che hanno deciso di mettersi a nudo.

Ora che dopo un anno in giro per il Paese c’è una piccola pausa (ma altri incontri sono in programma per l’estate e chi vuole organizzarne ha sempre la mia disponibilità), sappiate che riguarda solo i chilometri percorsi. Perché ci sono due progetti in piedi. Una seconda edizione del libro, aggiornato alla sentenza Cedu e con un capitolo dedicato ai farmaci che qui costano un occhio della testa e non sono per tutti, mentre in India poche centinaia di euro, al punto che si sta organizzando una sorta di “turismo farmaceutico“.

Altra iniziativa in cantiere è la realizzazione di un docu-film sull’argomento, insieme a colleghi che di un lavoro del genere ne sanno di gran lunga più di me: Steno Giulianelli, Sara Lucaroni e Laura Pesino. Una produzione autonoma, perché anche qui se “non ci sono agenzie” o “ma sicuro che interessa?” difficile trovare chi decida di investire per raccontare ciò che in realtà riguarda decine di migliaia di persone.  Cominceremo dal processo a Duilio Poggiolini, destinato a una mesta conclusione. Per ora non diciamo di più. Ma ne macineremo altri, di chilometri, potete starne certi.

Meno male che gli elettori esistono e tolgono certezze

elezioni

Che dici?” o “Che sensazione hai?” Lo hanno ripetuto in tanti – a me e ai colleghi – fino a ieri sera prima che iniziasse lo spoglio. Inutile dire che nessuno di noi ci ha preso o quasi. Perché le certezze, i “sentito dire“, le sensazioni, quando sono gli elettori a decidere vengono meno.

E sconfessano sondaggi, exit poll, timori di vario genere. Abbiamo trascorso la serata, per esempio, a preoccuparci se nei Borghi “tenesse” o meno Coletta o se “sfondasse” com’era previsto Calandrini – a Latina – o quale fosse la sorte di Angelo Casto e dei 5 Stelle a Nettuno che per un lungo periodo sono stati davanti a tutti. Per tutto il pomeriggio, noi e tanti analisti o presunti tali, fantasticavamo di affluenza e di chi sarebbe stato favorito o meno. Senza contare che fino all’ultimo c’è chi – dai social – raccomandava in caso di voto con la parità di genere di “mettere le preferenze sotto la stessa lista“.

Prima c’erano stati quelli delle “liturgie” di partito, delle “correnti“, delle ripicche, i perdenti di successo, quelli che “la politica….”

Diciamo, generalizzando, che pensiamo un po’  tutti di avere davanti elettori incapaci di intendere e volere e partiamo da certezze che loro – chi vota – ha superato da tempo.

E ora vediamo chi si sbrigherà a dire “gli elettori non hanno capito“, senza preoccuparsi se sono stati capaci o meno di farsi capire e di spiegarsi per bene.

A mio modestissimo parere chi vota, alla fine, ha sempre ragione. E anche questa tornata amministrativa l’ha dimostrato. Così come le sensazioni di chi scrive e di tanti altri colleghi, alla fine restano buone per ingannare il tempo verso la lunga notte dei risultati – indegnamente in ritardo – e niente più.

 

Segretaria che viene, segretario che va: i nodi irrisolti

inchesavarino

Marina Inches e Pompeo Savarino

Segretaria che viene, segretario che va. Pompeo Savarino lascia Anzio, saluta, invita a “dire sì” ai cittadini – che purtroppo hanno ricevuto e ricevono troppi no, anche in caso di formale accesso agli atti – e lascia una situazione nella quale alcune cose vanno puntualizzate. Affinché la sostituta, Marina Inches (benvenuta e buon lavoro) sappia. Il diverso ruolo assunto da alcuni segretari comunali – da “grigi” e pressoché “invisibili” burocrati a protagonisti – all’indomani delle responsabilità sulla trasparenza e l’anti corruzione.

Savarino è stato protagonista anche di una chiara “spaccatura” – soprattutto nella fase finale del suo mandato – con la dirigenza. Dire che i rapporti con i vertici delle aree sono stati tesi è poco. Ma ormai è acqua passata, quello che conta è l’eredità che la Inches dovrà affrontare. Proviamo a riassumerla. Non è tanto acqua passata la sospensione – per la quale il Tribunale ha dato torto al Comune – della dirigente Angela Santaniello dopo la condanna in primo grado. Sempre rispetto alla dirigente sospesa è pressoché “sparita” dalla dotazione organica approvata in giunta e comunque è ritenuta assente per l’intero 2016. Dotazione dalla quale i dirigenti sono di fatto scomparsi, la macchina può funzionare ugualmente?

C’è una relazione del Ministero dell’economia e finanze, Ragioneria generale dello Stato, che ha contestato 27 punti alla gestione amministrativa del Comune. Tra questi anche soldi che il segretario avrebbe incassato in più e che era chiamato a restituire. Se l’ha fatto o meno lo ignoriamo, così come non abbiamo mai saputo se e quali “provvedimenti conseguenti” alle contestazioni sono stati adottati dagli uffici.

Altra vicenda in ballo è quella delle incompatibilità. Siamo partiti dalla posizione di 16 tra consiglieri comunali e assessori ritenuti “morosi” da parte dell’ufficio politiche delle entrate (a ottobre) siamo arrivati a oggi con la richiesta di inserire all’ordine del giorno del consiglio comunale la decadenza di 2 che non hanno sistemato la loro posizione. Savarino ha scritto al presidente Borrelli che ha rimandato la palla al segretario. Si può sapere se nel frattempo hanno pagato o se e quando la vicenda andrà in Consiglio?

Da non dimenticare che dopo aver chiesto – sulla condanna della Corte dei conti – un parere al Ministero dell’Interno sulla posizione dell’assessore Patrizio Placidi, la nota arrivata dal Viminale restò misteriosamente in qualche cassetto per oltre un anno. E sempre a proposito di incompatibili, se è vero che alcuni consiglieri hanno dichiarato “prescritti” i tributi dovuti all’ente, non hanno dichiarato il falso al momento dell’insediamento?

La questione trasparenza. Cara neo segretaria, per favore: è possibile che esista un link all’ufficio relazioni con il pubblico senza che a ciò corrisponda un ufficio vero e proprio? E’ solo un esempio, perché si continuano a pubblicare delibere senza allegati, non tutte le sezioni sono aggiornate, si fatica a trovare la documentazione tipo le ordinanze del sindaco che sull’albo on line non compaiono ma vanno cercate in “atti amministrativi”.

Aggiungiamo la società partecipata Capo d’Anzio, gli atti della quale sono un miraggio pur essendo il 61% pubblico.

Ah, già che si trova e a proposito di anti corruzione, sarà bene procedere con il principio della rotazione tra responsabili degli uffici e fare in modo che i contratti per gli appalti si firmino in tempi ragionevoli.

Appalti, è vero: la “stazione unica” non è stata ancora fatta, quindi gare bloccate. Spieghi lei che è un obbligo di legge.

Ancora buon lavoro.

Addio Alì, campione nella boxe e contro il Parkinson

alì

Alì con la fiaccola Olimpica (www.olympic.org)

Mio padre diceva di essere in buona compagnia per il morbo di Parkinson. D’altro canto ce l’avevano Papa Giovanni Paolo II e Muhammad Alì, il campione di boxe che proprio lui mi fece conoscere e amare. Oggi che il mito della boxe se n’è andato chissà se da qualche parte papà avrà modo di incontrarlo….

Il Parkinson è una malattia subdola, della quale non si conosce la genesi, finora si interviene esclusivamente sulla sintomatologia e in questo sono stati fatti passi da gigante. E Muhammad Alì come lottava sul ring, così ha fatto nei confronti del male. Indimenticabile la fiaccola olimpica accesa ad Atlanta 1996 (qui un video) e stupendo, ancora oggi, il pezzo di Emanuela Audisio per Repubblica che leggemmo con mio padre, commuovendoci.

Zi’ Carlo, come tutti amavano chiamare papà, era convinto che se personaggi così celebri avevano da combattere con il Parkinson qualcosa prima o poi sarebbe stato scoperto. E disse chiaramente al professore che lo curava, mentre parlavamo di un possibile impianto di neurotrasmissione (una sorta di pace maker alla base del cervello) “se funzionava, professo’, lo facevano al Papa, lascia perde va….” Vai a dargli torto.

Non c’è ancora stata la scoperta decisiva, anche se notevoli passi in avanti sono stati compiuti, ma sul ring della vita, contro la malattia, Alì ha fatto tanto. Tantissimo. Forse più che negli incontri di boxe che per alcuni medici possono aver scatenato in lui il morbo ma che restano nella storia della “noble art“.

Con le sue mani tremanti, la voce che faceva fatica a uscire, il volto segnato, i movimenti incerti Muhammad Alì andava in giro e raccoglieva fondi per la ricerca. Ripeteva a ogni angolo che sono attraverso la scienza si può capire e provare ad avere ragione di una malattia che colpisce l’1-2% della popolazione oltre i 60 anni ma si manifesta – sempre con maggiore frequenza – in età giovanile. L’ha fatto fino all’ultimo, prima che le complicanze – da una semplice infezione alle difficoltà respiratorie che il morbo porta con sé – glielo hanno consentito.

Un campione nella boxe, certo, ma soprattutto contro una malattia che lo ha consumato. E se prima o poi qualcosa sarà scoperto, lo dovremo anche a lui e a tutti i malati che si sottopongono a terapie sperimentali, che affrontano con dignità la loro condizione, che non sono Alì ma combattono anche grazie a lui.

Un campione che ho qualche motivo in più, lo avrete capito, per amare.

Criminalità, è ora di chiarire. Serve la commissione d’accesso

suerte

Il quadro dell’indagine “Mala suerte”

L’ultima cosa che vorrei per il Comune di Anzio è lo scioglimento del Consiglio per condizionamento della criminalità. E’ un’onta che non meritiamo, anche se quello che si respira negli ambienti della politica in questi giorni è un clima da ultima spiaggia proprio sul fronte scioglimento.

L’indagine “Mala suerte” conferma che molti dei personaggi che sono soliti aggirarsi per il Comune e che hanno sostenuto apertamente esponenti dell’attuale maggioranza, sono coinvolti. E a mettere insieme tutte le indagini che riguardano vicende amministrative legate ad ambienti cooperativi, tornano sempre gli stessi nomi, con riferimenti precisi – fatti dagli stessi indagati – a “napoletani” e “casalesi“. C’è persino chi, con fare sprezzante, risponde dal telefono dicendo di aspettare, perché sta facendo i suoi bisogni a Villa Sarsina. Proprio le vicende degli ultimi giorni hanno fatto tornare di attualità l’ipotesi dello scioglimento, della quale si era già parlato in passato.

Leggiamo quello che dice la Corte Costituzionale sull’utilizzo di questo strumento di prevenzione. Devono esserci: “collegamenti diretti o indiretti degli amministratori locali con la criminalità organizzata o in alternativa il condizionamento che la mafia impone agli amministratori oltre a ciò è necessario connettere al condizionamento o ai collegamenti dei pregiudizi che sono la mancanza di libera determinazione per gli organi elettivi e/o amministrativi (dirigenti, personale), l’andamento negativo dell’ente locale, il malfunzionamento dei servizi affidati all’ente oppure pericolo per l’ordine e la sicurezza pubblica” ancora “affinità, parentela, frequentazioni degli amministratori e/o dipendenti pubblici con soggetti appartenenti direttamente o indirettamente alla criminalità organizzata, precedenti penali o procedimenti penali pendenti a carico di amministratori e/o dipendenti pubblici, la presenza di una o più famiglie mafiose sul territorio comunale, abusivismo edilizio imperante, mancata riscossione dei tributi, adesione culturale o omissioni degli amministratori dinanzi alle gesta della mafia”.

Elementi che, se mettiamo insieme nomi e situazioni, purtroppo ci sono. Senza dimenticare che il presidente della società pubblica Capo d’Anzio – Luigi D’Arpino – si è dimesso perché minacciato e che il consigliere comunale Marco Maranesi in tempi non sospetti ha parlato di “sistema mafioso“.  Qualche sera fa il senatore Centinaio (Noi con Salvini) ha lanciato l’allarme, chiesto di verificare il possibile “inquinamento” da Anzio e Marino delle liste a Nettuno, dove la grande capacità amministrativa dimostrata nella nostra città si sta cercando di “esportare“. Il senatore dimentica che ad Anzio è in maggioranza – o quasi – e che qualche “sassolino” ce l’ha anche in casa nelle liste di Nettuno, ma è bastata la sua uscita per dire che “ci sciolgono“.

Nei link di questa pagina trovate anche la sfilza di precedenti situazioni anomale e soprattutto la richiesta – che allora parve anomala – di commissione d’accesso da parte di personaggi di spicco del Pd. La firmarono, tra gli altri, Walter Veltroni e Felice Casson. Allora era assolutamente fuori luogo, con vicende datate di anni e qualche strafalcione, nel frattempo è successo ben altro e non intervenire è inspiegabile. La criminalità di casa nostra si è “addentellata” con personaggi che arrivano da quella organizzata, si è messa il vestito nuovo, frequenta ambienti della politica, lavora per il Comune con cooperative al centro di indagini e punta – emerge dagli atti – a costituirne altre.

Cos’altro deve succedere perché si chieda l’intervento del Prefetto?