“Che dici?” o “Che sensazione hai?” Lo hanno ripetuto in tanti – a me e ai colleghi – fino a ieri sera prima che iniziasse lo spoglio. Inutile dire che nessuno di noi ci ha preso o quasi. Perché le certezze, i “sentito dire“, le sensazioni, quando sono gli elettori a decidere vengono meno.
E sconfessano sondaggi, exit poll, timori di vario genere. Abbiamo trascorso la serata, per esempio, a preoccuparci se nei Borghi “tenesse” o meno Coletta o se “sfondasse” com’era previsto Calandrini – a Latina – o quale fosse la sorte di Angelo Casto e dei 5 Stelle a Nettuno che per un lungo periodo sono stati davanti a tutti. Per tutto il pomeriggio, noi e tanti analisti o presunti tali, fantasticavamo di affluenza e di chi sarebbe stato favorito o meno. Senza contare che fino all’ultimo c’è chi – dai social – raccomandava in caso di voto con la parità di genere di “mettere le preferenze sotto la stessa lista“.
Prima c’erano stati quelli delle “liturgie” di partito, delle “correnti“, delle ripicche, i perdenti di successo, quelli che “la politica….”
Diciamo, generalizzando, che pensiamo un po’ tutti di avere davanti elettori incapaci di intendere e volere e partiamo da certezze che loro – chi vota – ha superato da tempo.
E ora vediamo chi si sbrigherà a dire “gli elettori non hanno capito“, senza preoccuparsi se sono stati capaci o meno di farsi capire e di spiegarsi per bene.
A mio modestissimo parere chi vota, alla fine, ha sempre ragione. E anche questa tornata amministrativa l’ha dimostrato. Così come le sensazioni di chi scrive e di tanti altri colleghi, alla fine restano buone per ingannare il tempo verso la lunga notte dei risultati – indegnamente in ritardo – e niente più.