Stai a vedere che con questa storia del fondo maltese, scopriamo qualche altra verità sul travagliato progetto del porto di Anzio e sulla sua difficile realizzazione. Nella riunione di mercoledì – della quale ufficialmente nessuno si preoccupa ancora di farci sapere qualcosa – è emerso che la causa intentata dal Comune nei confronti di Marinedi e affidata all’avvocato Cancrini rappresenta un problema per la società di Renato Marconi.
Benché “dormiente“, quel contenzioso è un potenziale rischio e l’ingegnere vuole che sia ritirato o quantomeno “congelato“.
Ci riferiscono più fonti del sindaco disponibile a valutare e del presidente senza poteri della Capo d’Anzio, l’avvocato Ciro Alessio Mauro nominato dallo stesso sindaco, addirittura “sponsor” di una intesa in tal senso.
Della serie: se dobbiamo andare avanti e questo è un ostacolo, aggiriamolo e vediamo poi…
Ebbene l’avvocato Cancrini – del quale aspettiamo la relazione in consiglio comunale da mesi – ha fatto un parere e avviato una causa sostenendo – lo diciamo a grandi linee – che per le quote andava fatta un’evidenza pubblica prima di darle a Marconi, che pure non fosse così il Comune doveva comunque esprimere il suo gradimento, che avendo Marinedi preso onori e oneri di Italia Navigando a un anno dalla concessione (settembre 2012) o metteva i soldi o il Comune si riprendeva le quote. Causa depositata e mai avviata, mentre se non avesse insistito il consigliere comunale Marco Maranesi quel parere neanche lo conosceremmo.
Bene, ma se la causa di Cancrini dà tanto fastidio a Marconi, forse forse un fondamento ce l’ha… Forse non è come a Marina di Balestrate dove l’ingegnere ha vinto perché lì hanno contestato il “passaggio” di quote e non altro e allora perché Bruschini ha frenato l’avvocato dicendogli di aspettare? Avesse già garantito – con altri – che tutto si privatizza e arrivederci Anzio?
Emerge poi la questione del fondo maltese, anticipata qui dallo stesso Marconi a marzo. Non ci giriamo intorno, le obbligazioni emesse a Malta sono di una “scatola” finanziaria dello stesso ingegnere che risulta autorizzata dal 2012 ma non sembra – ci riserviamo di verificare meglio – operativa. “Basta con gli interessi di pochi” – diceva in quell’intervista l’ingegnere, ma nemmeno possiamo dire sì – proni – agli interessi solo suoi e magari della politica trasversale che ce l’ha portato e lo sostiene.
Per esempio, se scegliere o meno un fondo e quindi emettere obbligazioni sul porto di Anzio, oltre a passare per il consiglio comunale finché il 61% è nostro, non deve passare per una procedura di evidenza pubblica?
Pensare che eravamo partiti – con il compianto Gianni Billia – dalla Banca europea degli investimenti e finiamo in un fondo misterioso ma non troppo, perché è chiaramente del nostro socio di minoranza. Che dovrebbe rimborsare le obbligazioni fra x anni, ma se non potesse farlo porterebbe nel default anche la Capo d’Anzio.
Socio che se mai riusciremo a mandare via, o se saremo costretti dalla legge Madia a cedere le quote, non ci farà regali. Immagino già il conto dei piani finanziari realizzati, del sito, della contabilità, dell’avvocato che una volta definimmo “porta a porta” che fa avanti e indietro con Anzio e la Regione Lazio, la direzione lavori persino della demolizione dello Splash Down ( unica opera finora realizzata dalla “Capo d’Anzio” con procedura pressoché “segreta“) e via discorrendo. Non ha fatto così con Italia Navigando?
Altra osservazione: se il piano finanziario è credibile e davvero il bacino interno si realizza con 20-25 milioni di euro, non c’è una banca disposta a dare credito al progetto? Perché tutta questa ingegneria finanziaria, fondi, posti barca, prestiti…. Tanto indebitato per indebitato, il Comune….
L’impressione che abbiamo – sperando di sbagliare – è altra. La politica di casa nostra, questa maggioranza che si allarga a seconda delle necessità, vuole partire e basta. Sono passati 23 anni da quando il Consorzio nautico presentò l’idea del doppio porto, 19 da quando Mastracci lo fece inserire nel piano regionale dei porti, 17 dalla delibera di Consiglio che diceva di andare avanti, 11 anni dalla richiesta di concessione, 5 da quando ce l’hanno data, si fa e basta poi chi vuole Dio se lo prega. Dispiace, ma non funziona così.
E già che ci siamo, dato che sempre un porto di mare resta, le voci che corrono sono di mancato rinnovo dei contratti di chi è stato assunto dopo un regolare concorso. Il porto che doveva dare lavoro, comincia a toglierlo. Speriamo di sbagliare, mentre aspettiamo ancora il parere Anac sul “service” alle cooperative e una soluzione per i soldi che ci hanno salvato il bilancio 2015 ma non abbiamo ancora chiesto alle stesse cooperative. Non vorremmo che il parere facesse la fine del bando per i lavori, uno degli annunci del presidente che finora non si è concretizzato.
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