Ormeggiatori e non solo. Le risposte della Capo d’Anzio, i silenzi del sindaco

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Speriamo che questa volta la posta elettronica certificata sia arrivata a destinazione e venga aperta per tempo. Comunque il 30 gennaio alle 11 i rappresentanti delle cooperative di ormeggiatori sono nuovamente convocati per cercare – una volta per tutte – la soluzione all’interno della gestione del porto affidata alla Capo d’Anzio unica concessionaria.

Società che non ha perso tempo e questa mattina, perfino con il socio privato Renato Marconi in prima fila (quale onore… ) è andata ad apporre i cartelli relativi alla presa di possesso delle aree. Cartelli che stasera sono misteriosamente spariti, con le fascette tagliate. Non è questo il clima adatto, lo diciamo subito, e se qualche forza dell’ordine legge queste righe – a cominciare dalla Capitaneria di Porto – sarà bene avere massima vigilanza. Ma al di là della vicenda ormeggiatori si nota, non è mai troppo tardi, una certa propensione della “Capo d’Anzio” a far sapere quello che fa. Addirittura con un uso dei social network insolito, altro che il Comune 3.0 che ci aveva promesso il sindaco Luciano Bruschini e che resta – dal punto di vista informatico – 0.3 nonostante le spese esorbitanti che si affrontano.

Torniamo al punto: la Capo d’Anzio risponde al Pd  e alla cittadina “5 Stelle” Rita Pollastrini. Il partito aveva posto tre questioni dopo la conferenza di sabato scorso, la Pollastrini una vicenda concreta sulla Capo d’Anzio intesa come start-up o meno. Ebbene le risposte arrivano pressoché immediate e ci danno qualche notizia. Intanto che la società continua a dire una cosa e il sindaco che rappresenta il 61% pubblico (e nostro) un’altra.

Poi – come si evince dal piano finanziario – che per il 2015 si punta a soddisfare i bisogni di cassa “con l’ausilio e il supporto del ceto bancario, eventualmente andando a rinegoziare gli impegni già presenti“. Vedremo cosa ne pensa la Banca Popolare del Lazio che aspetta ancora le rate dell’ennesimo piano di rientro. Abbiamo conferma, inoltre, del motivo per il quale il capitale è sceso a 70.000 euro: “Al fine di meglio verificare la legittimità di una partecipazione da parte del socio pubblico alla ricapitalizzazione e al fine di non avere una ricapitalizzazione univoca da parte del privato, con le conseguenze automaticamente previste dal codice civile“. Leggi che Marconi – come si sostiene da tempo – si sarebbe preso società e porto. E non è detto che il pericolo sia scampato, perché “andrà verificato quanto stabilito dal legislatore e dalla Corte dei Conti in merito alla partecipazione degli enti pubblici in società di capitali“. Anche questo problema è stato sollevato qui, ora lo conferma la società, ma il sindaco non ci dice nulla.

Scopriamo poi che le opere previste dall’atto d’obbligo restano e “gli importi del piano economico finanziario ne tengono conto“, quindi che si spendono non più 190 ma 160 milioni di euro per la scelta di altri materiali e la rimodulazione del progetto secondo il quale si prevede di “minimizzare l’impatto dell’opera rendendola quanto più integrata con l’attuale realtà cittadina e commerciale, il porto quale nuova piazza e centro di aggregazione della cittadinanza“. Qualcuno vuole spiegarcelo meglio? A dire il vero ricorda un vecchio documento dei Ds, 2007 o giù di lì…

Nella risposta alla Pollastrini si afferma che per trasparenza e start up la società “ritiene che i quesiti non siano stati opportunamente posti alla Capo d’Anzio in quanto tematiche di competenza del socio pubblico“. Ecco un’altra conferma: è il Comune a doverci dire se la fideiussione prestata è legittima o meno. La tesi della Capo d’Anzio che spiega perché sarebbe una start up dopo quasi 20 anni (la concessione è arrivata ora, questa la “giustificazione“) francamente ci interessa poco.

Ma il socio di maggioranza – leggi Comune, leggi sindaco – continua a tacere su questo come su altri argomenti di vitale importanza rispetto al porto. E data la situazione che si sta creando non è più possibile tacere.

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